DUOMO DI MONREALE



Territorio


DUOMO DI MONREALE, una breve dissertazione






La scelta di un luogo sacro e l’individuazione del terreno di una fondazione, si doveva basare secondo la tecnica tradizionale del sistema cosmologico.

Doveva cioè essere una rivelazione ottenuta dall’orientamento e,  la collocazione al suolo dell’edificio, aveva come tema lo schema a croce o il riporto di tipo stellare.
Questi criteri di scelta appartenevano alle antiche civiltà che veneravano rocce, boschi, sorgenti come luoghi sacri, considerando le scienze, astronomia e gnomica, componenti  importanti per decifrare i fenomeni celesti come rivelazione divina dell’uomo.
Tale decodificazione “era alla base di ogni progetto architettonico”, importante per capire le considerazioni sulla scelta del terreno di fondazione del duomo di Monreale in quanto i culti solstiziali influirono direttamente sull’architettura medioevale.
Verificando la pianificazione territoriale, gli studiosi scoprono infatti che la scelta del luogo del tempio di Guglielmo, non è casuale ma progettato sulla base di orientamenti solari.
La cultura medioevale concepiva la costruzione sacra come imitazione terrena di un operato originario divino e questa ripetizione della nascita del cosmo era alla base dei lavori architettonici. Per gli antichi latini la costruzione di un edificio sacro significava dover congiungere cielo e terra e, in termini geometrici, il passaggio dal cerchio al quadrato.
E’ questo il trattato di Vitruvio punto di riferimento progettuale per la cultura medioevale  dove si descrive che,  nel mezzo di una spianata stabilita, il progettista doveva piantare un palo di fondazione, ovvero il centro da cui tracciare il cerchio (il cielo) col quale, secondo il modello cosmogonico, instaurando un rapporto calcolato tra la conformazione dello spazio e la luce che quotidianamente filtra al suo interno, si ottiene il quadrato (la terra). Un progetto regolato dai fenomeni luminosi: alba, tramonto e mezzogiorno che costituisce l’accoglimento della volontà e della rivelazione divina e che agli uomini giunge attraverso la mediazione della luce.
A Monreale, pur non avendo un pilastro centrale, la porta del paradiso rappresenta la prima pietra del cantiere guglielmino, in coerenza con i principi cosmogonici dell’epoca per la presenza di tre segni (le stelle poste lungo il battente bronzeo sinistro quando le ante sono chiuse; la botola sul pavimento che vuole segnalare un accesso agli inferi;in verticale ad essa,il cerchio stellato posto nell’arco) che lo dimostrano.
In tal modo e a differenze delle chiese francesi che occupano il centro della soglia con un pilastro vietando all’uomo il passaggio al sistema terra-cielo-inferi, nel duomo di Monreale tutti hanno accesso dal centro della porta del paradiso permettendo a ciascuno di fare parte dell’ ”axis mundi”: l’uomo al centro della propria cosmogonia.
Per mezzo dell’architettura, il manifesto medioevale benedettino contribuì alla preparazione culturale dell’Europa alla concezione rinascimentale.
Considerare il Duomo di Monreale sradicato dal contesto che lo lega, sia al momento del massimo splendore della monarchia normanna in Sicilia che al grandioso Complesso Monumentale
(Palazzo Reale, Monastero dei Benedettini, Chiostro), sarebbe molto riduttivo.


La splendida città di Monreale è collegata alle origini normanne in Sicilia, recuperata all’area cristiano-occidentale contro gli arabi e contro l’impero d’oriente.
Una trasformazione equilibrata grazie alla straordinaria capacità dimostrata dai normanni in politica di utilizzare ogni elemento preesistente (civiltà occidentale latino-germanica, quella orientale bizantina e quella arabo-islamica) e adattato a tutte le arti. Il re, come legato pontificio per il suo regno, designa i vescovi, nomina i curati e gli abbati dei monasteri. Obiettivo principale della politica interna dei sovrani normanni è la restaurazione del Cristianesimo, favorendo l’elemento latino e servendosi della Chiesa come migliore strumento.
Re Guglielmo II accorda le sue preferenze a Monreale, le cui origini coincidono con il sorgere dell’abbazia–vescovato ed il formarsi di un agglomerato urbano. Tesi discordanti di studiosi del passato sostengono invece che già prima di Guglielmo esistevano precedenti costruzioni e che il re normanno avrebbe ripristinato anziché gettato le fondamenta.
La fondazione del Duomo dovuta al grande impegno di re Guglielmo II, è circondata  da una suggestiva leggenda che narra l’apparizione in sogno della Vergine al re normanno, assopitosi, durante una battuta di caccia, ai piedi di un carrubo.
Gli fu indicato il luogo in cui si trovavano i tesori del Padre. Disseppelliteli, egli decise di innalzare un Tempio dedicato alla Madonna dell’Assunta.







Molti studiosi hanno rivolto la loro attenzione allo studio della Cattedrale, illustrandone i diversi aspetti. Coloro i quali si sono  occupati in modo specifico alla chiesa sono stati Gian Luigi Lello, prestanome dell’arcivescovo cardinale Ludovico II Torres con l’opera pubblicata a Roma nel 1596 che contiene l’illustrazione del tempio sacro e la successione cronologica dei titolari della sede arcivescovile. Nel 1702, l’abate Michele Del Giudice riprende ed aggiorna l’opera del Lello rivolgendo  maggiore attenzione al tempio.
Nel 1859 il Gravina, ultimo degli abati dei benedettini di Monreale, pubblica l’opera la  più illustrata fra tutte; in due volumi, il primo contiene il testo, il secondo le illustrazioni.
Negli anni tra il 1960 ed il 1965, Kroenig  ha trattato l’architettura, Kitzinger ha rivolto la sua attenzione ai mosaici,  Salvini  si è dedicato allo studio del Chiostro.
I lavori per la costruzione della Chiesa iniziarono nel 1172 e nel 1174 quelli per il Monastero ed il Palazzo Reale. Papa Alessandro III con la Bolla “Attendentes quomodo” del 29 dicembre 1174 accorda all’abbazia importanti privilegi spirituali.
Nel 1176 dal Convento dei benedettini di Cava dei Tirreni ottiene 100 monaci, esperti amanuensi, per vivere nel monastero. Il 15 agosto di quell’anno, con la “Bolla d’oro”, inizia una lunga serie di concessioni in favore dell’abbazia. L’esigenza di crearsi uno spazio lontano da interferenze ecclesiastiche  o il desiderio di “placare Dio” per il fatto di essere rimasto senza figli, spinsero re Guglielmo a costruire un luogo alto ed isolato che diede a Monreale un volto nuovo, con la cinta muraria di difesa. L’effetto di sospensione  dall’alto alla città di Palermo che suscita la salita a Monreale  è la prima emozione che si coglie nel rapporto tra la chiesa, la montagna e il cielo. Un movimento simbolico ascensionale che lentamente crea uno spazio mentale.
Un intreccio di motivazioni socio-politiche e di ispirazione religiosa, consapevole del proprio ruolo a… sigillare, per così dire, nella pietra il senso del servizio reso per la liberazione della cristianità dal dominio musulmano.
Una costruzione che celebra la trascendenza divina testimoniata innanzitutto dalla luce che simboleggia la possibilità d’incontro tra Dio e l’uomo.
Acquisizioni del passato dunque, assimilate in un contesto cristiano; eredità classica versata nel Medioevo nella persona di Cristo. Ora, il compito è quello di dare forma cristiana, in tutti gli aspetti della storia, della produzione artistica, delle acquisizioni tecniche.
La concezione medioevale della città-abbazia-chiesa, fortificata dall’esterno e dall’interno,  evoca la discesa dal cielo sulla terra tra gli uomini. Il senso della città Medioevale come Monreale si coglie nettamente dove la Chiesa-forza divina,  stabile e solida nella costruzione  sembra davvero sostenere una lotta spirituale e storica contro il male che incombe in tutti i suoi aspetti.
L’impianto basilicale si trova ad essere un punto d’incontro tra cultura latina e quella orientale mentre, iconograficamente, la presenza di influenze bizantine e anche siciliane, si appropria di una tradizione musiva facente parte di un progetto narrativo della storia della salvezza.
L’ingresso viene preparato da passaggi quali il portico,la facciata, la porta d’ingresso.



La bellezza dell’ingresso in chiesa deve esprimere la consapevolezza che Dio sorprende l’uomo;  il senso del sacro per cui Dio si differenzia   dall’uomo e, come dimora del re, in Dio si antropomorfizzano le caratteristiche del  re terreno; la convinzione teologica dell’attraversamento dell’ingresso come il passaggio da fuori a dentro,          evocativo … del transito-pasqua dal mondo dell’uomo a quello di Dio.
Due sono le porte d’ingresso, 
lateralmente, quella di Barisano da Trani, 




quella centrale di Bonanno Pisano: quest’ultima anticipa i temi interni della chiesa.








Sicuramente, lo scultore ha tenuto conto dell’ iconografia dei mosaici interni al duomo del linguaggio medioevale  ma variando con la  sua esperienza toscana; diversamente dal punto di vista dei contenuti che vengono intonati al progetto iconografico della chiesa, anticipando  i temi dell’interno del duomo. Scene dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Lo schema fondamentale della decorazione musiva si articola in tre tempi: quello dell’attesa del Messia: la creazione, la storia di Noè, di Abramo, Isacco, Giacobbe fino alla lotta di Giacobbe con l’angelo; quello della venuta di Cristo: dall’annuncio a Zaccaria sino alla Pentecoste; il tempo della Chiesa e  il ritorno di Cristo alla fine del mondo.
Motivi cristologici che sulla porta d’ingresso preparano alla visione interna. Dentro questo scrigno…tutto sia di una grandezza di fronte alla quale si resta tanto più stupiti quanto più essa è inattesa e gratuita.
Il primo messaggio è quello della salvezza dell’uomo e la prima attenzione è rivolta al legame tra decorazione musiva e architettura.
L’enorme superficie di circa 6.500 mq di oro e di colori, coglie ed unifica tutto in un unico contenitore con estrema  adeguatezza .
Dall’ingresso e di fronte si pone il Cristo Pantocratore, ‘Colui che tutto contiene’,  di visione globale nel contesto della creazione e del mondo invisibile. Tutto parte da lui e a lui ritorna. E la realizzazione della sua immagine( come dice il Kitzinger) fu sicuramente prevista dallo stesso artista che ideò l’architettura dell’interno della chiesa.
Icona costante dell’arte cristiana dal V-VI sec. fino al Medioevo, da lui, prende movimento sia la costruzione che la decorazione musiva. Il suo volto  lascia trasparire la Luce che viene incontro agli uomini; l’immensità del suo abbraccio sembra voler contenere tutto ciò che c’è all’interno del duomo e tutta quanta la creazione fatta dal nulla e che  qui protegge col suo abbraccio.
Restando sulla soglia, oltre allo splendore dell’oro delle pareti e alle religiosità dei contenuti, si può cogliere tutto il movimento della narrazione musiva.
Lo schema fondamentale di tutta la decorazione musiva tratta scene dell’Antico e del Nuovo Testamento e si articola in tre tempi: il tempo dell’attesa del Messia e cioè 1) la creazione, lastoria di Noè, di Abramo , di Isacco, Giacobbe; 2) il tempo della venuta di Cristo, dall’annuncio a Zaccaria sino alla Pentecoste; 3)  il tempo della Chiesa e del ritorno di Cristo alla fine del mondo.
Lo schema si sviluppa in cinque cicli principali:
1) L’Antico Testamento, nella navata maggiore, 42 quadri dalla creazione del mondo a Giacobbe
2) La  vita  del  Redentore,  nel quadrato  del  transetto, dall’annunzio a Zaccaria al battesimo di Cristo.
3) Il Pantocratore con la sua corte celeste, centro di convergenza dell’Antico e del Nuovo Testamento
4) Il ciclo della “mirabilia Dei”ovvero i miracoli operati da Cristo durante la sua vita pubblica
5) Il ciclo di San Pietro e di san Paolo
6) Cicli minori

Fatti biblici e sacre leggende dalla creazione al giudizio finale che racchiudono una grande quantità di idee archeologiche sugli usi e costumi sacri del medioevo.


R.M.



Per la bibliografia sono stati consultati i seguenti testi:
“Il Duomo di Monreale” di Belfiore, Di Bernardo, Schirò, Scordato
“La Chiesa di Monreale” annuario 2001”
“Il Duomo di Monreale” AA.VV.







Piazza Vittorio Emanuele: Ingresso laterale quotidianamente aperto ai visitatori







































Cappella del Crocifisso

I Mosaici





















Nel 1595 il Cardinale Ludovico II Torres fece erigere in Cattedrale la Cappella di San Castrenze dove si trova un dipinto di Pietro Novelli che raffigura San Castrenze con gli abiti pontificali e, in ginocchio, il Card. Ludovico II Torres che chiede protezione per sè, per la città e per la diocesi.
Sotto il baldacchino con colonne di marmo, l'urna con le reliquie del Santo.








Tomba di Guglielmo detto il Malo

Tomba di re Guglielmo II