COLLETTIVA D'ARTE (Genovese, Mattaliano, Risica, Termini, Zaffuto)





Gli Artisti


CATIA GENOVESE
PAMELA GENOVESE
FABIO MATTALIANO
BARBARA RISICA
ZEUDI TERMINI
ALDO ZAFFUTO

  espongono negli spazi
dell’ex Monastero dei Benedettini








CATIA GENOVESE: L’arte per Catia è sangue, pulsione, colore, creazione istintiva e passionale. Una ricerca che lei stessa definisce ossessiva di linee e corpi in movimento, ridotti nello spazio ristretto e bidimensionale li costringe, li impasta e li cattura, fissandone il moto, quasi come membrana appiccicosa in cui restano invischiati. Questa urgenza si manifesta anche nell’uso delle cromie accese e di colori primari nella figura scomposta nelle sue parti o in relazione ad altre, ridotta ai tratti essenziali tanto da sfiorare talvolta una rappresentazione quasi  futurista o astratta, è la protagonista delle ricerche figurative dell’artista.

Catia Genovese (Palermo 1968) ha seguito studi umanistici fino al 1989, anno in cui la svolta verso studi artistici ha segnato l’inizio della sua attività come pittrice. Si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo nel 1994. Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali. Vive e opera a Palermo.











PAMELA GENOVESE: Volti e alberi sono i motivi conduttori del lavoro di Pamela: volti tristi e segnati dalle esperienze, alberi che offrono rifugio, simboli di vita. Dolore e speranza tuttavia coesistono, l’una non riesce a far dimenticare l’altro e la malinconia è uno dei tratti distintivi di queste opere. La natura con le sue forme affascinanti diviene luogo ideale dove l’artista può ritrovarsi ed esprimersi, dove dalla tristezza rinasce la vita.  Questa Arcadia interiore magica e rigeneratrice difficilmente può esprimersi di getto e sceglie infatti come mezzo d’elezione per esprimersi e svelarsi la lenta e meditativa tecnica incisoria.

Pamela Genovese (Palermo 1975) consegue la maturità artistica presso il Liceo Artistico Almeyda di Palermo. Consegue il diploma quadriennale in pittura presso l?Accademia di Belle Arti di Palermo nel 1997. Si abilita all’insegnamento delle Discipline Pittoriche. Completa gli studi nel 2006 specializzandosi in Grafica d’Arte presso la stessa Accademia. Dal 1966 partecipa a numerose mostre d’arte collettive in Italia e all’estero. 













FABIO MATTALIANO: Un grande dipinto raffigurante mani, un totem dipinto nel quale la figura umana si trasforma in mani. Dagli schizzi anatomici più antichi ad Escher, per non citare che esempi notissimi, le mani, per espressività dei loro gesti sono spesso state al centro delle ricerche figurative. Le mani caratterizzano l’uomo, in quanto solo l’uoo ha saputo fare di esse così compiutamente un prolungamento del proprio pensiero, servendosene per costruire ed utilizzare utensili; ma non è meno importante il fatto che attraverso le mani, si può costruire un linguaggio, si possono esternare sentimenti ed emozioni. Raffigurare le mani è come fare un ritratto. Ed attraverso il “fare” simboleggiato” dalle mani si può esprimere e liberare il proprio pensiero.

Fabio Mattaliano (Palermo 1963) laureato in architettura, ha inaugurato la sua prima mostra personale, dal titolo Realtà e Sogno, il 14 dicembre 2003 presso l’ex monastero di San Basilio a Palermo. Creare lo entusiasmo, i suoi interessi spaziano dalla pittura al web dalla fotografia al design. Dal 2000 è ideatore e direttore dell’azione culturale promossa dal sito non profit www.mioStudio.it  





BARBARA RISICA: Con i suoi lavori Barbara ci racconta il suo mondo intimo e colorato, la sua quotidianità e i suoi affetti. Il dato reale viene amplificato, caricandolo cromaticamente, ripetendolo o ingrossandone i tratti, viene reso più sensibile ed evidente. Il risultato è una figuratività allegra e divertente, che rende omaggio talvolta ad esempi famosi trasformandoli e reinterpretandoli in un gioco di citazioni. Le tecniche espressive sono decisamente tradizionali, e tra esse è singolare la scelta dell’incisione a più matrici , la cui precisione e lentezza di esecuzione nulla toglie alla freschezza e all’immediatezza delle immagini.

Barbara Risica (Palermo 1962) si è diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha frequentato la Scuola libera del Nudo dal 1992 al 2004 e si è specializzata in Grafica. Coltiva numerosi interessi ed ama gli animali (in particolare, il suo cane Ciccina).










ZEUDI TERMINI: Nei dipinti di Zeudi, il volto umano è il protagonista indiscusso, ripetuto e moltiplicato, indagato minuziosamente nelle sue diverse qualità. Volti metafisici che nascono l’uno dall’altro o si dispongono come grappoli, collegati da linee sinuose. Volti che rappresentano i fantasmi e i pensieri che nel viso si fanno leggibili, anche se non sempre in modo chiaro, e lo segnano con l’esperienza. Volti impenetrabili o volti trasparenti, mutevoli a seconda del mutare degli stati d’animo. La faccia è il diaframma che mette in comunicazione il cosmo interiore con il mondo esterno: i volti di Zeudi sono stilizzarti e irreali perché danno corpo alle idee.

Zeudi Termini (Palermo 1978) dopo aver conseguito la maturità artistica ha proseguito gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, conseguendo il diploma di pittura e specializzandosi successivamente in grafica e tecniche dell’incisione. Suoi lavori sono stati esposti in numerose mostre personali e collettive.






























ALDO ZAFFUTO: Le opere di Aldo sono decisamente informali. L’assenza di una figuratività precisa lascia volutamente al pubblico capacità interpretativa e libertà di “impressione”, permettendo l’affioramento di stati d’animo ed emozioni. L’artista lavora sul segno e sul colore, accostando le sfumature con grande senso cromatico. La pittura viene concepita secondo l’artista come una danza, nella quale coesistono tensione e vivacità, colore  e azione; essa è sintesi di un’azione intellettuale e fisica, tanto che talvolta al colore si accosta una scrittura o un segno che la evoca. Il risultato è come un fermo d'immagine di un movimento, fissato sulla superficie bidimensionale dell’opera. Per ottenere questo risultato sono predilette le tecniche miste, la cui scelta riflette la necessità di immediatezza e libertà espressiva.

Aldo Zaffuto (Palermo 1968) dopo avere sviluppato diversi interessi formativi ha concluso gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha partecipato a diverse mostre collettive. Vive e lavora a Palermo. 







CHIESE CHIUSE...MONREALESI






Chiese monrealesi
chiuse al culto

Dal libro
“DIETRO UN MURO TRA LE CREPE”

di ANTONELLA VAGLICA *


fotografie di Simone Cangemi






*ANTONELLA VAGLICA (Palermo 1977), in seguito alla maturità classica, si laurea in lettere classiche con il massimo dei voti, all’Università degli Studi di Palermo. Studiosa di storia dell’arte, continua e approfondisce gli studi presso il Dipartimento di studi storico-artistici dell’Ateneo palermitano. Conduce sul territorio monrealese una ricerca sul campo, prendendo in esame gli edifici religiosi chiusi al culto e non, ed individuando all’interno di essi opere d’arte inedite e trascurate dalla critica.





  
 “Spesso, nel corso della storia si è parlato, e si parla ancora oggi, di Monreale, delle sue grandi realtà artistiche, quali il Duomo di Santa Maria Nuova, il Chiostro Benedettino, il monastero, le quali, in molti casi, hanno messo in ombra bellezze altrettanto importanti: parlo delle tantissime chiese che Monreale ha al suo interno e soprattutto di quelle oggi chiuse al culto. Spesso tesori d’arte rimangono nascosti dietro muri cadenti, dietro vecchi portali che indossano ancora quella bellezza maestosa e antica che tutti hanno dimenticato”.
...Sono qui esaminati edifici che ricoprono grandi superfici, e che presentano tre navate, ariosi presbiteri, dotati di ampie absidi, cappelle laterali larghe e profonde, anche se spesso oscure.
Grandi navate maestose, conducono, nella maggior parte dei casi, ad altari sfarzosi che esprimono una devozione vistosa, che vedremo accomunarle tutte.
Altri presentano una planimetria più semplice, ad un'unica navata.
Altri ancora, si riducono a piccole cappelle, ma nelle quali le ridotte dimensioni dell'edificio sono riscattate dalla qualità delle decorazioni.
... Molti di questi magnifici scrigni ogi sono chiusi al culto e agli studiosi, che vi troverebbero un campo fertilissimo di studio e una affascinante luogo d'arte. 
…La loro condizione odierna, almeno per gli edifici chiusi al culto, è pessima. Si rileva uno stato di grave degrado: pavimenti sventrati, volte puntellate, stucchi cadenti, lacune dovute al trafugamento di oggetti, pitture scrostate.
…E’ bene finalmente che questi edifici, che hanno per anni interpretato parti secondarie sulla scena monrealese, tornino a rivestire la parte che ebbero nella storia. 
Il mio primo intento è quello di diffonderne la conoscenza.
...conoscenza feconda, che permetta di guardare attentamente a queste seducenti realtà, affinchè si ponga mano ad una loro veloce e sincera rinascita.
Redigere una tesi di laurea è per molti aspetti il giusto coronamento di un corso di studi universitari.
Nel mio intento particolare, questo lavoro, oltre ad un traguardo vuole anche essere l'avvio di una ricerca che possa ridare luce a queste chiese, alla loro storia e al loro valore artistico.

… La nascita di Monreale è conseguente alla fondazione della Cattedrale e del gruppo abbaziale, che ormai, come <Arcivescovato Metropolitano> diverrà centro di attività religiosa, politica ed economica. Infatti un movimento di popolazioni verso i territori della nuova Arcidiocesi, favorirà la formazione di un abitato intorno al monumentale Duomo.
ANTONELLA VAGLICA



 CAPPELLA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI

























Nella teoria degli Arcivescovi che si succedettero a Monreale, dalla fondazione dell’Arcidiocesi ad oggi, un ruolo importante svolse Mons. Ludovico I del Torres. Egli nel 1573 salì al soglio Arcivescovile e portò a termine il mandato nel 1584, anno della sua morte che avvenne a Roma.
Dopo la sua elezione avviò a Monreale la realizzazione di diverse opere pubbliche e fu >un vero pastore, sul modello del concilio di Trento>.
Nel 1575 volle che si avviassero i lavori per la realizzazione di una via che collegasse più agevolmente Monreale a Palermo: La costruzione della Cappella di Santa Maria degli Angeli va collegata cronologicamente a questo evento, che dovette essere di grande importanza e utilità per i monrealesi e per tanti palermitani.
Ciò è confermato da una iscrizione su una lastra di marmo bianco che sormonta la porta della Cappella. Dice infatti il Lello:

<fece fare ancora la strada diritta da Monreale fin’ a confini di Palermo, che però per memori dopo la sua morte vi si è posta questa iscrizione sotto ad una cappella, che fece fabbricare ad honore di nostra donna D. LUDOVIEUS DE TORRES ARCHIEPISCOPUS VIAM AUT INVIAM AUT CERTE NON FACILE PERVIAM D. FINES USQUE PANHORMI DIREXIT, AEQUAVIT SILICE STRAVIT MDLXXV>

La piccola Chiesa sorge ad un livello inferiore rispetto alla strada, a cui la collega una scala a due ali. E’ una costruzione a pianta circolare, coperta da una cupola. La porta d’ingresso è sormontata da un rosone semplice e piccolissimo, che peraltro rappresenta l’unico accesso per la luce solare.
… Forse proprio l’esigua dimensione dell’edificio, unita alla collocazione fuori dal centro abitato, ha fatto sì che esso non fosse annoverato tra le Chiese di Monreale … Oggi all’esterno il corpo è dipinto di bianco, la cupola invece e color mattone …
La facciata non è rivolta sulla strada, ma sulla Conca d’Oro … Ciò che sorprende è il contrasto tra la semplicità lineare dell’esterno e la ricchezza decorativa dell’interno.





Un piccolo altare parzialmente rivestito in marmo, di tono povero, alto circa 93 cm, sorge sulla parete di fronte alla porta d’ingresso, affiancato da due sedili in muratura.




Sopra l’altare, incassato nella parete, si trova un affresco di grandi dimensioni … Vi è rappresentata la Vergine incoronata Regina …
Si tratta di un’opera collocabile nel XVI secolo..di ignoto autore … 



Allontanandosi dalla iconografia tradizionale, la sacra Colomba è resa con un sottinsù, e ciò crea un effetto illusivo per cui sembra che essa voli non solo sulla sacra scena, ma anche sulle teste dei fedeli.


 … Anche la cupola è interamente decorata …
La cupola è divisa in sei spicchi. … Ogni spicchio, oltre ai motivi decorativi, contiene un piccolo riquadro rettangolare.
 Tra di questi quadri sono ancora leggibili e ritraggono rispettivamente : La nascita della Vergine, lo Sposalizio, La Visitazione.



 In queste tre scene ancora leggibili si intravedono i grani di un rosario da cui pende un Crocifisso: motivo, questo, che serve da legame ideale tra le scene. …
Sulla base della cupola, proprio sopra l’affresco dell’altare, s’intravede ancora lo stemma di Mons. Ludovico I De Torres, a conferma della collocazione della cappella negli anni 70 del ‘500. Anche il Lello riporta il suddetto stemma che raffigura cinque torri con una scritta di saluto alla Vergine:<Ave Maria grazia plena>, ad indicare la devozione mariana dell’Arcivescovo, che proprio alla Vergine dedicò la Cappella.  …
Lungamente ho ricercato documenti relativi all’identità dell’artista capace di un tale lavoro. Le mie aspettative, disattese in molti casi, hanno trovato tuttavia un appiglio in un’analogia (invero quasi una completa identità), riscontrata fra gli affreschi della cappella ed una fascia, anch’essa decorata a grottesche
che si trova all’interno della Cattedrale di Monreale, in una piccola sala attigua alla sacrestia. …




CAPPELLA DELL’EX CONVENTO DEI CAPPUCCINI



…G.L. Lello nella sezione del suo libro relativa alla vita dell’Arcivescovo De Torres I scrive:

<Al fin dell’anno partì per Monreale dove ritornato alle sue pastorali occupazioni, cominciò a fabbricar la Chiesa, e il convento per li frati Cappuccini poco fuori della città vicino al palazzo dell’arcivescovato>

L’anno di cui parla G.L. Lello è il 1580. Il convento dei Padri Cappuccini sorse nel 1581. Inoltre Padre Antonio da Castellammare, a conferma dell’autentico trasporto interiore dell’Arcivescovo verso l’ordine Cappuccino, scrive:
<L’Ill.mo Mons. D. Luigi o Ludovico Torres, primo, Arcivescovo di Monreale, spinto da affetto e divozione verso la nostra Riforma, fabbricò a sue spese un convento ai Cappuccini, distante dal suo palazzo quasi a tiro di palla, in contrada dalla porta della città chiamata Sciambra. Fabbricò un convento vicino al suo palazzo, per avere la comodità di visitare spesso i religiosi, che egli amava con tenerezza di padre>.
Poco dopo, nel 1584, l’Arcivescovo De Torres I morì. Il nipote, De Torres II, nominato Arcivescovo nel 1588, si occupò con uguale zelo di completare l’opera del suo predecessore.
Scrive sempre il Lello:
<Monsignor Arcivescovo ha fatto alzare, allargare una strada che conduce al monastero de i Padri Cappuccini,
fondato dall’Arcivescovo Don Luigi De Torres suo zio, finito da lui havendo, circondato il giardino di muro, condottovi l’acqua, finito, finalmente la Chiesa, consacrata da esso in honore dell’uno e dell’altro san Luigi Vescovo e Re, come apparisce per questa inscrizione in marmo sotto l’immagine de i detti Santi sopra la porta della Chiesa:
LUDOVICIS DUOBUS SANCTIS
LUDOVICI DUO ARCHIEPISCOPI>

Il convento, negli anni successivi alla morte del Torres II ebbe come benefattori anche Cosimo Torres, Arcivescovo di Monreale dal 1634 al 1652, nipote del Torres II, il quale fu <emulatore della devozione che gli zii ebbero per i Cappuccini, che soccorse con quotidiane elemosine, la chiesa arricchì di doni, e gli altari di sacre suppellettili; e allargò loro il giardino attaccato al convento>.
E infine l’Arcivescovo Giovanni Torresiglia, nipote di papa Sisto V, il quale, come dice Padre Antonio da Castellammare, <per amore di noi Cappuccini si privò della gioia più preziosa che possedeva, cioè: del magnifico quadro della Natività di nostro Signore dello Stomer; facendolo mettere sull’altare maggiore della nostra chiesa>.
Il convento aveva una planimetria rettangolare.
Due cortili si articolavano al suo interno, mentre la chiesa del complesso conventuale era arretrata rispetto all’ingresso loggiato del corpo principale.
Una relazione eseguita dal Comune nel 1960 afferma che lo stabile era composto da un pianterreno, da un primo piano, da una cappella e da cortili interni.
Da un documento del 1872 si apprende che, la Chiesa del convento aveva:

<cinque altari formanti quattro cappelloni, al di dietro dell’altare maggiore con due gradini, avvi un coro con in centro altare, in essa sopra l’altare maggiore che è in prospetto della porta d’ingresso esiste un celebre quadro sopra tela ad olio indicante la Sacra famiglia in dipintura originale della Nascita dello Stomer>.

Inoltre:

<sotto la Chiesa in un sotterraneo della stessa lunghezza che è servito fin dalla fondazione a cimitero d’individui di ogni classe di Monreale. In esso esiste pure un altare, diverse camere mortuarie e cosiddette scolatori>.

Infine da questo documento è possibile apprendere che all’interno della Chiesa, oltre alla tela sopraccitata vi erano altre numerosissime tele, di cui il medesimo documento fornisce puntuale elenco.
Alcune di queste si trovano oggi al Museo Diocesano di Monreale.
Il monastero aveva all’esterno un grande giardino che, intorno al XVIII secolo, fu oggetto di risistemazioni.
Alla fine dell’ottocento con la soppressione dei beni ecclesiastici il convento passò al Comune di Monreale (fatta eccezione per gli scantinati) e la Chiesa al demanio, nel fondo per il Culto.
Così, abbandonata la sua originaria funzione, il convento cinquecentesco fu utilizzato dal Comune, che adottò il piano terreno a carcere mandamentale e il primo piano, un tempo dormitorio dei frati, ad abitazione per le famiglie indigenti.
Ma nel 1960 le condizioni del monastero sono così rovinose che il Comune viene costretto dall’Autorità Giudiziaria a chiudere il carcere, imponendone quindi la demolizione per poterne ricavare un’area edificabile.
In questo preciso momento, il Comune avanza la richiesta di una permuta tra l’ara edificabile dell’ex convento e alcuni locali appartenenti al Seminario Arcivescovile, contigui al palazzo municipale.

Sull’area dell’antico convento furono poi costruiti la Chiesa, intitolata Regina Apostolorum  …
Dell’intero edificio si è conservata soltanto una Cappella che doveva trovarsi all’interno del giardino del convento. …
Entrandovi, ci si trova di fronte, nel catino absidale, sopra un altare in muratura, un grande affresco, raffigurante un’Adorazione dei pastori.


 Benchè le condizioni del dipinto siano pessime, ancora oggi, dopo anni d’incuria, è possibile cogliere i tratti , quasi larvali, di un’opera di alto livello, eseguita da una mano sicura e appartenente ad un pittore di notevole personalità.
Al centro, su un alto basamento, (probabilmente una mangiatoia), è adagiato il Bambino, fulcro dell’intera rappresentazione.
Intorno, le altre figure si dispongono su vari piani, rivelando una pregnanza espressiva, che indubbiamente è segno di una stesura studiata e di qualità.
La Madonna, dietro la mangiatoia solleva un lembo del bianchissimo panno che accoglie il Bambino, mentre volge lo sguardo verso i pastori giunti per portare doni e rendere omaggio.
In un angolo a sinistra dell’affresco campeggia la figura di San Giuseppe il quale, in piedi, pensieroso e in silenzio, osserva a distanza l’evento.
Accanto alla Vergine si affacciano il bue e l’asino, mentre in primo piano, a terra, nella parte ancora visibile è riposta una semplice greppia che contribuisce a dare alla scena l’effetto di una realistica intimità.

 Nel registro superiore volano un grande angelo e un putto, reggendo tra le mani una fascia su cui s’intravede sola la parola Gloria, mentre altre testine angeliche compaiono tra le nuvole.



 Ancora più in alto, sopra il catino absidale, vola la Colomba dello Spirito Santo emanando una luce dorata che, infiltrandosi tra le nuvole, dà l’unico tocco ultraterreno alla scena che, altrimenti, avrebbe un carattere concretamente umano.
Questa breve descrizione risulta però riduttiva, rispetto alla importanza che questo affresco riveste, sia per la sua qualità che, in particolar modo, per il suo carattere di insospettata scoperta.
Siamo sicuramente di fronte ad un’opera di cultura tardo-cinquecentesca, ma la cui datazione si può posticipare sino ai primi decenni del ‘600.
 Sappiamo infatti che <dopo la consacrazione della chiesa nel 1592, l’intero seicento è interessato da lavori di abbellimento e di decorazione che privilegiano gli interventi di artisti locali>.
Alcuni elementi nelle figure mi hanno guidata ad effettuare un paragone con un altro affresco, una Natività, realizzato nel 1630 da Pietro Novelli a Palermo, per l’Oratorio dei Pollaiuoli. …
… In aggiunta alle analogie stilistiche… esistono alcune interessanti notizie  storiche che possono offrire indizi di un rapporto tra Pietro Novelli e l’opera di Monreale.
Infatti si conosce l’esistenza di frequentazioni tra il Torres II e Pietro Antonio Novelli, tanto che il Millunzi, nel suo libro <Dei pittori monrealesi Pietro Antonio Novelli e Pietro Novelli>, edito nel 1911-12, afferma che il 5 settembre 1599 il pittore Pietro Antonio Novelli era presente come testimone all’inventario della sacrestia, infatti pare che in quegli anni fosse in ottimi rapporti con il Torres, …
Ma abbiamo notizie anche sulla sua grande devozione per i Cappuccini: …..



CHIESA DEL MONTE DI PIETA’


Nota introduttiva dell’Autrice al capitolo che segue:
…Si ringrazia l’Architetto Natale Sabella di Monreale per la disponibilità accordata nell’utilizzo della propria ricerca originale (Relazione storica-illustrativa-tecnica-strutturale, redatta a corredo del progetto di restauro conservativo e di consolidamento della chiesa di Sant’Agata del Monte di Monreale), che ha contribuito alla stesura del seguente capitolo.




…Fu eretta nell’odierna via Pascoli, nel quartiere Duomo … poco distante quindi dalla piazza Vittorio Emanuele e di conseguenza dalla Cattedrale di S. Maria la Nuova.
Dietro assenso del Cardinale Alessandro Farnese, la Compagnia Del Monte di Pietà (Monte di Prestamo), che era costituita da alcuni membri del facoltoso gruppo dei Bianchi, nel 1565 eresse la Chiesa del Monte.
…La chiesa quindi, fondata nel 1565 e poi ingrandita nel 1592, sarà decorata con magnifici stucchi nel ‘700: gioielli che ancora oggi, nonostante il degrado, la caratterizzano.
Furono chiamati a lavorare al suo interno gli artisti Procopio Serpotta, figlio del più famoso Giacomo e Domenico Castelli, discepolo di quest’ultimo.


Aspetti generali:  

L’esterno

La pianta complessiva della costruzione è longitudinale e presenta tre navate. … Due torri campanarie con ingressi separati, contraddistinguono l’edificio…. Sul fianco sinistro, che costeggia la via Palermo, è incassata un’edicola votiva nella quale è dipinta un’immagine sacra della Madonna. Sotto l’edicola, in una lastra marmorea datata MDCXII, si legge: < Ferma i tuoi passi viaggiatore, inchina il capo a Maria rifugio dei peccatori. Pensa che si muore>.
Un’altra edicola, ormai illeggibile, si trova sul fianco destro della Chiesa, in una via che è divenuta un semplice passaggio pedonale, in seguito alla crescita abnorme dell’edilizia abitativa.
… La facciata principale della Chiesa del Monte si apre su una piazzetta, a cui si accede  tramite una piccola scalinata, che scende da via Pascoli e fu realizzata nel 1604 dall’artista palermitano Salvatore Lo Servo; un’altra scalinata collega quest’ultima alla via Palermo. …Il portale principale, in pietra locale, è inquadrato da due lesene che si ergono fino a poco più della metà dell’altezza dell’intero edificio.
E’ sormontato da una nicchia, dentro la quiale si trova una statuetta dell’Ecce Homo, proveniente probabilmente dalla prima Chiesa Del Monte, simbolo della Compagnia del Monte di Pietà. Il portone in legno, con apertura quadripartitica, ha borchie a forma di stelle.
Si trovano peraltro tracce di un altro ingresso, aperto un tempo su via Palermo, oggi murato.
… Da una ricerca ho potuto apprendere che la chiusura di questo secondo ingresso è d’attribuirsi probabilmente al fatto che la via Palermo, su cui esso si apriva, è stata tagliata a quota più bassa rispetto alla Chiesa. …


L’interno




La Chiesa è divisa in tre navate da archi a tutto sesto che si ergono su colonne in pietra arenaria, su piedritti, con pulvino allungato e doppia trabeazione.
… La grande navata centrale è illuminata da dodici finestre rispettivamente: cinque sugli archi delle colonne della navata destra, cinque su quelli della navata sinistra, mentre una grande finestra si apre sopra il portale e un rosone sopra l’altare maggiore.

… con l’arricchimento apportato dagli stucchi, la luce, scivolando sulla superficie liscia delle pareti e delle colonne, e insinuandosi tra le increspature degli stucchi, ha attenuato l’effetto dell’ascensionalità rinascimentale e ha creato quell’alternarsi di luci  e di ombre, di chiari e di scuri, che sono oggi l’anima vera della Chiesa.
La cupola, compresa entro un vano murario le cui strutture perimetrali sono rette da archi a tutto sesto, si alza su pilastri contornati da quattro finte colonne e termina con una lanterna.
… Al centro, sotto il rosone nell’area absidale si trova il grande altare centrale rialzato su tre livelli di gradini in pietra di Billiemi. Anch’esso, sovrastato da un arco e da un timpano spezzato, è affiancato da paraste in stucco.
Il rosone è circondato da foglie di edera stuccate, le quali sono solo un piccolo ornamento rispetto ai putti e agli angeli realizzati a tutto tondo che, qua e là graziosamente adagiati, guardano lo spettatore.




… Quattro cantorie, in legno dipinto color oro, realizzati tra il XVII-XVIII secolo da un ignoto artista, si affacciano, sporgendo due per lato, rispettivamente sull’area presbiteriale e sull’area del transetto.



Tutte e quattro sono dotate di prospetti e gelosie. Fanno d’accesso a queste, archi decorati con tondi stuccati, all’esterno dei quali angeli-suonatori fanno da fastoso contorno.



Le due navate laterali si distinguono da quella centrale per le dimensioni più ridotte e per la semplicità delle decorazioni. …Finestre si aprono anche in queste navate laterali, ma a più bassa quota rispetto a quelle della principale. Due grandi cappelle si trovano, una di fronte all’altra, sulle pareti di fondo del transetto.




Gli stucchi

Ma l’essenza vera della Chiesa che ancora oggi, nonostante tutto, la fa vibrare, è costituita dai magnifici stucchi settecenteschi.
Fu precisamente nel 1709 che Procopio Serpotta e Domenico Castelli furono chiamati dalla compagnia del Monte per rendere più preziosa e significativa la Chiesa, sede della loro Congregazione.
… Il tema portante di tutta la decorazione a stucco della Chiesa è quella della Passione e Morte di Gesù Cristo.
…due scene ne divengono protagoniste, poiché scandiscono l’inizio e la fine di questo processo: L’Ultima Cena



che è posta sulla parete d’ingresso sopra il portone e la Crocefissione, sull’altare.






… Ma oltre a questo unico tema decorativo e didascalico, l’intero edificio è ricamato da altri stucchi che contornano le aperture delle finestre, che seguono tutte le volte e che ne disegnano i contorni e le linee costitutive.


La parete dell’altare è come una scena teatrale dentro la quale molti personaggi guardano da diverse angolazioni, i cui sguardi sono puntati sul miracolo dell’altare. 
Esso è arricchito inoltre dalle statue di Santa Rosalia e di San Castrenze, opere di ignoti artisti del XVIII secolo.

Il pavimento in maiolica

Di notevole valore artistico era la pavimentazione originaria in maiolica, di fattura siciliana, risalente ai primi anni del XVII secolo, le cui mattonelle, il simbolo della compagnia del Monte di Pietà,costituito appunto da un monte stilizzato, a tre punte.
Inoltre, secondo le testimonianze di chi ha avuto modo di prendere visione della Chiesa prima che cadesse in rovina, si apprende che al centro della navata, le mattonelle in maiolica disegnavano un grande Pellicano, simbolo probabilmente di Cristo.


Le opere d’arte appartenenti alla Chiesa


La Chiesa del Monte aveva anche al suo interno dei beni mobili, oggi in parte trasferiti all’interno del locale museo Diocesano.
Il dipinto che si trovava sulla parete dell’altare maggiore, la Madonna delle dodici Stelle o Madonna dello Stellario, opera di Orazio Ferraro del 16\12 di cm 400x280.
…il fatto che risulti velinata non mi ha permesso di fare riprese fotografiche.

Si trovano all’interno della chiesa altri due dipinti di artisti ignoti del XVII secolo, rappresentanti San Girolamo Penitente 

e I Sette Arcangeli, anch’essi di grandi dimensioni, rispettivamente di 320x240 cm e 250x170cm circa, entrambi di ignoto artista siciliano. Il primo risale ai primi decenni del XVII secolo;

 il secondo invece alla metà del XVII secolo.



 Anche una Crocifissione, ascrivibile al XVII secolo di ignoto, apparteneva ai beni della Chiesa del Monte; oggi questa tela si trova presso i locali del Palazzo Arcivescovile.


… Al momento del rilevamento condotto nel 1975 dalla Sovrintandenza ai Beni Culturali, altri oggetti di grande valore appartenevano ancora alla chiesa: un’acquasantiera, opera di un ignoto artista del XVII secolo, con alto piede, tutta in marmo e un paliotto di color rosso granato con ricami in argento e oro, chiaramente di mano siciliana e risalente al secolo XVIII, le cui dimensioni erano mt. 2,15x1,05. Ma fino al 1943, data della completa chiusura al culto, la chiesa era dotata di altre opere d’arte. 











 CHIESA DI SANTA MARIA DELL’ORTO

La chiesa della Madonna dell’Orto di Monreale rappresenta una tappa obbligata e affascinante per chi svolga un lavoro indirizzato alla riscoperta di luoghi pregevoli e dimenticati, e altresì volto alla conoscenza in favore del recupero.
Purtroppo il tempo, l’oblio e quella sorta di lassismo proprio di noi siciliani, ha grattato via per sempre l’originario splendore di questo edificio; nonostante ciò, oggi resta ancora l’impronta forte e concreta di una macchina artistica davvero unica.
Essa sorge in un quartiere dove l’edilizia abitativa l’ha pian pianino inglobata, precisamente <si localizza in contrada Tavola Rotonda, alla periferia settentrionale dell’abitato>, Risulta infatti difficilmente individuabile per chi non conosca  il paese e tanto meno la sua articolata geografia. La Chiesa fu fondata nel 1619 dal Can. Pietro Castagna, <in luogo amenissimo, ricco di acque e fontane>.
<La tradizione riferisce che ivi sorgesse una cappelletta contenente una immagine della Madonna, pitturata nel muro dell’Orto, sin dall’epoca araba. Tale cappelletta stava nella parte alta di Monreale e conteneva un’ara di pietra, sulla quale dopo venne costruita una piccola Chiesa poi ingrandita da Mons. Girolamo Venero, uomo insigne e benemerito, rendendolo al culto per i poveri abitanti di quel rione che ben presto numerosi incominciarono a frequentare le sacre funzioni>.
… L’Amministrazione di detta Chiesa, dal fondatore Sacerdote Castagna venne affidata al Capitolo della Collegiata del SS. Crocifisso in detta Città, e ciò venne confermato dall’Arcivescovo Venero.
… fu nel 1680 che la Chiesa venne adornata di stucchi dorati e di pitture.
Il Can.  Giuseppe Lombardo… non solo ornò l’intero edificio, ma lo dotò anche di arredi di pregevole fattura.
Con lui giunse nella Chiesa la devozione per San Filippo Neri, a cui è dedicata una cappella. Inoltre sotto il medesimo rettorato sorse all’interno dell’edificio una congregazione femminile.
Alcune donne decise a voler condurre una vita monacale abitarono le case adiacenti alla Chiesa, come fossero le celle di un convento. Utilizzarono l’orto come luogo dal quale attingere prodotti della terra, ma anche come chiostro. In esso infatti, sono ancora oggi rilevabili pezzi di colonne su cui forse poggiavano pergolati, una fontana ormai in completo disuso e delle panche in pietra, addossate ai muri perimetrali dell’orto. Inoltre, da questo rigoglioso giardino le donne attingevano l’acqua, che, abbondante, giungeva in una piccola fontana a muro, ancora oggi esistente al’interno di una stanza, alle spalle dell’altare.
Questa comunità fu dal momento della sua istituzione l’anima vera di questa realtà religiosa, influendo sull’aspetto spirituale dei fedeli e facendosi esteriore tramite tutta la decorazione stuccata e affrescata.
…Dal 1827 invece il Sapienza fa partire una lunga schiera di canonici, alcuni tristemente famosi e altri la cui vita fu degna di stima.
…Nel 1925 durante l’arcivescovo di Mons. Ernesto Filippi, la Chiesa, che per secoli era stata sotto il rettorato del Capitolo della Collegiata, passa alla parrocchia di San Francesco, per poi essere affidata definitivamente, nel 1960, dall’Arcivescovo C. Mingo alla parrocchia di San Vito. Nonostante l’impegno dimostrato dai sacerdoti che si succedettero negli ultimi anni e gli sforzi profusi per cercare di risollevarne le sorti, questa Chiesa barocca dalla fine dell’’800 ad oggi, ha vissuto gradatamente periodi di sempre più grave abbandono.

Aspetti generali:
l’esterno


Il prospetto principale, che si apre su una via angusta, è incorniciato da lesene che evidenziano le parti strutturali dell’edificio. Al centro, il portale in pietra scolpita, risalente alla seconda metà del XVII secolo, è affiancato da due piccoli affreschi incassati nella parete.
Sul portale, una finestra è chiusa da grate di ferro battuto.

L’interno


… L’intreccio di stucchi e affreschi che percorre tutta la superficie della Chiesa la rende interessante, rivelando, nella pienezza decorativa, la sua unicità.
Benchè la decorazione a stucco con fiori e frutti denoti un clichè seicentesco, credo che nel caso della Madonna dell’Orto sia particolarmente esasperato.
… Essi sono doni che il cielo fa agli uomini, ma anche offerte degli uomini a Dio.
Fiori, frutti, conchiglie, volute e putti, oltre ad essere ornamento per se stessi, fanno da cornice a piccoli affreschi che si incastonano, naturalmente, all’interno del percorso che le loro cornici seguono.
… quadretti biblici, caratterizzati ancora (nonostante tutto) da una policromia scintillante. Benchè di essi rimangono sporadici esempi, possiamo intuire che si tratti di episodi della Bibbia, inerenti alla vita di Maria Vergine.
… L’edificio è diviso in tre navate. Alla navata centrale, grande ed illuminata da una luce naturale densa e viva, fanno da contorno quelle laterali non meno pregevoli nello stile, ma più danneggiate e meno luminose.

L’area presbiterale

Una volta che finge una crociera, copre l’area presbiterale.
…divisa in quattro lunette trapezoidale ai lati, mentre un piccolo rettangolo al centro fa da legame materiale ed ideale tra i trapezi che gli stanno intorno.
… Al centro è infatti ritratta l’Assunzione della Vergine al Cielo…. Come in una processione solenne, dai quattro lati, gli angeli in stucco, ne reggono le frange. Completano l’intero quadro stucchi dorati e bianchi, nei quali si alternano volute, foglie d’acanto, fiori, teste angeliche.


L’affresco a sud dell’Assunzione raffigura le sante Vergini e Martiri, con le palme del martirio fra le mani, mentre nella gloria dei cieli, ricevono la ricompensa per una vita di santità.


A sinistra, in un altro riquadro, sono affrescati Santi Martiri, tra i quali è possibile riconoscere San Lorenzo che ha in mano la griglia del suo martirio e Santo Stefano protomartire.




Nel terzo affresco a destra dell’Assunta, possiamo leggere un doppio riferimento al Vecchio e al Nuovo Testamento.
… Nella parte sovrastante il quadro centrale l’artista ha ritratto la Chiesa docente, fra i vari personaggi infatti è possibile riconoscere San Gregorio Magno, San benedetto  da Norcia e san Filippo Neri.




… Arricchito da festoni di frutti in stucco ed incorniciato da doppie colonne tortili decorate da piccole spirali, questo affresco è il più integro rimastoci. Al centro, all’interno di un arco trionfale, intrecciato dagli angeli con i fiori del giardino, siede la Madonna nell’atto di incoronare le Sante vergini e Martiri.




… Oltre alla scena principale anche quelle complementari sono ambientate in un giardino fiorito e rigoglioso, metafora dell’Orto della Chiesa. Cieli azzurrissimi, alberi carichi di frutti, coloratissimi prati coperti da fiori di ogni genere,verdi colline (forse quelle intorno a Monreale), fanno da ambientazione mentre recinti di legno completano l’insieme, dandogli un tocco reale di carattere graziosamente arcadico.



Sulle pareti laterali del presbiterio, all’interno delle lunette che sormontano le finestre, è ancora possibile intravedere un cielo azzurro, interrotto solo da nuvole rade e dai rami verdi di un albero, probabilmente un fico.  Dai riquadri generali che affiancano l’affresco con al Vergine si dipartono verso di Lei dei putti che intrecciano corone di fiori.





 … Al di sotto di questo grande affresco, si erge l’altare, una vera e propria macchina artistica, che accoglie il dipinto su ardesia raffigurante la Madonna col Bambino.
Il dipinto, realizzato intorno al XVIII secolo, come peraltro conferma la scheda della Sovrintendenza, benché ricopra un grande valore devozionale, dal punto di vista artistico tradisce una mano popolaresca.




… A destra e a sinistra di questo altare monumentale, dentro nicchie incorniciate da ghirlande a motivi vegetali, si trovano due busti-reliquiari. Al centro del petto infatti presentano un piccolo incavo, all’interno del quale erano riposte le reliquie.




Al di sotto di queste due nicchie, dentro cornici di stucco, sono affrescati due angeli che rispettivamente fanno il gesto di offrire dei gigli bianchi ed un mazzetto di rose e viole.




Di grande pregio sono i due matronei (forse fungenti anche da cantorie), di legno dorato che si affacciano sul presbiterio.




Nel matroneo a destra dell’altare sono ritratti tre Arcangeli: Gabriele, Michele e Raffaele.



In quello a sinistra invece, è narrata probabilmente la vita di San Gerolamo penitente nel deserto, come è confermato anche dai simboli presenti: il libro, il teschio e la croce, particolari che vengono rilevati anche nelle schede della Sovrintendenza aggiornate nel 1991.





… L’intera struttura dei due matronei è in pessime condizioni. Pregevolissimo è tutto l’apparato a stucco, teatrale, che circonda i due corpi aggettanti.


La navata principale



Tramite un grande arco rialzato si accede alla navata principale della Chiesa. Sulla fronte di quest’arco, due angeli dalle ali spiegate, portano in volo un medaglione con su scriotto: “VENI IN HORTUM MEUM/ SOROR MEA SPONSA/ VENI DE LIBANO CORONABERIS/ CANTUI ET V…”.
Queste parole estrapolate dal Cantico dei Cantici, introducono tutte le decorazioni della navata principale, legandole e rendendole maggiormente significative. Al centro della volta della navata si apre un grande ovale allungato, con un affresco che ritrae nuovamente la Madonna Assunta in Cielo.



… Tutta la decorazione della navata principale e dei sei archi che si aprono quasi tutti gli stucchi della chiesa, essi nella maggior parte dei casi sono ancora visibili; al contrario, pochissimo rimane degli affreschi.



Due sono posti nella fascia più alta, proprio sotto le lunette… Sembra rappresentino, rispettivamente, Maria Bambina nel Tempio e una ulteriore, atipica, Madonna Assunta al cielo che lascia la tomba raffigurata al centro; in entrambe le scene, ma in controparte, si ripete il personaggio di spalle con il turbante sul capo.



Proprio a destra dell’ingresso principale è rappresentato L’incontro tra la Madonna e Santa Elisabetta.


Su uno sfondo naturale, di sapore locale, è possibile riconoscere le figure principali, che in muta conversazione con i volti consapevoli, discutono sugli eventi miracolosi di cui sono protagoniste.
Nella cornice a sinistra è rappresentata La fuga in Egitto



 Nel riquadro più grande sopra il portone ci viene proposta un’Adorazione dei Magi.

 Il punto di vista è molto più ravvicinato e meno spazio è lasciato al paesaggio. Un accenno di architettura classica colloca la scena in luogo semiaperto, dove su un alto gradino è posta la Madonna con il Bambino e dietro di lei san Giuseppe.
… Benchè l’affresco sia reso opaco dalla polvere, permette ancora di scorgere la ricchezza delle vesti dei Magi, gli atteggiamenti, il movimento delle figure e persino le espressioni dei volti, soprattutto in San Giuseppe.



Gli ultimi due lavori ancora esistenti lungo la navata sono una Immacolata e uno Sposalizio della Vergine.
Tutti questi affreschi sono accomunati da una vivacissima policromia: raffinati azzurri, intensi rossi, brillanti gialli e verdi smaglianti.
Una luce densa e naturale invade tutta la navata. Entrando dalle alte finestre, si fa materia, temporeggia nelle pieghe degli stucchi e scivola sulle superfici lisce degli affreschi, tanto che lo spettatore, come in un antro naturale illuminato dal sole, viene investito da una grande suggestione.


Le navate laterali

Sei archi, fittamente stuccati e un tempo arricchiti forse da affreschi o piccole tele, danno accesso alle navate laterali e quindi alla sei cappelle che in esse si trovano.

















… Ciascuna delle sei cappelle ha un altare in marmi policromi risalenti alla seconda metà del XVIII secolo, di ambito siciliano e alzato su gradini di maiolica settecentesca, di produzione siciliana.






L’unica cappella i cui affreschi siano ancora leggibili è quella dedicata a san Filippo Neri.



Le  due lunette laterali della volta riguardano eventi della vita terrena del santo, mentre il riquadro centrale, il riconoscimento dei suoi meriti in cielo.





In questa cappella anche il vano al di sopra della finestra è affrescato; tra le scrostature, si possono scorgere contornate dalle nuvole tre testine angeliche, incoronate da fiori e frutti tra le nuvole.




Uno stralcio di affresco davvero interessante appartiene ad un’altra cappella.






Le sue condizioni pessime di conservazione non mi permettono di dire quale ne sia il tema, anche se la presenza, in passato, all’interno di questa cappella, del quadro de L’Angelo Custode del Novelli, mi fa pensare ad una tematica attinente ad esso. Questo affresco mi sembra caratterizzato da un uso della linea di natura molto diversa rispetto agli altri e da un linguaggio più colto.

La maiolica, le lastre tombali e i locali attigui

La pavimentazione presenta mattonelle quadrate di fine maiolica decorate con motivi geometrici e floreali, disposte a gruppi di quattro. Colori brillanti la impreziosiscono.








Come si dice nella scheda della Soprintendenza, si tratta di maiolica di produzione siciliana risalente al XVIII secolo.
Di questa oggi rimangono tratti nell’area presbiteriale e al centro della navata principale.
… La Chiesa è inserita in un corpo più ampio che comprende dei locali usati un tempo dalle suore.
Alle spalle dell’altare maggiore, infatti, invece delle absidi si trova un ampio salone.
… Il soffitto ligneo, interamente dipinto con motivi floreali, è ancora in discreto stato do conservazione.








Inoltre, il fatto che se ne trovi uno identico all’interno del vecchio seminario arcivescovile di Monreale, lascia supporre che esistesse nel paese un artigianato artistico specializzato nella pittura sul legno e che questa pratica fosse costume usuale. 







Il Sapienza sostiene che questo locale fosse adibito a coro  per le suore, ma la presenza a metà del salone di un arco d’ingresso con il simbolo mariano al centro, mi fa pensare che sotto vi fosse un portone e, quindi, che questo ambiente fosse semplicemente un atrio interno. Da questo si accede, tramite delle scale, all’orto ormai in totale abbandono.
Su quest’ultimo si affaccia  un’immagine in maiolica della Madonna col Bambino, incassata nella parete esterna, al centro di un quadrato di maioliche settecentesche a sua volta inserito, con dubbio gusto, in un contesto di maioliche più antiche e cromaticamente diverse, che ricoprono il resto dell’intera parete.







Le tele appartenenti alla chiesa

Oltre alle lunette, oggi conservate nei magazzini di Palazzo Abatellis, altre tele  facevano parte del patrimonio artistico di questa chiesa.
Alcune si trovano al museo Diocesano di Monreale, mentre altre sono in custodia nella chiesa di San Vito.
Nella prima cappella a sinistra, entrando dal portone principale, era collocata la tela dell’Angelo Custode attribuita al Novelli. ….oggetto di continui spostamenti…


Nella cappella a sinistra, era collocata la tela di san Filippo Neri della seconda metà del XVII secolo.



Quest’opera presenta la medesima iconografia di un’altra tela, anch’essa seicentesca, di uguale soggetto, oggi custodita nella chiesa di San Vito, ma proveniente dalla sacrestia della chiesa della Madonna dell’Orto.


La mano di quest’ultima però appare notevolmente più pesante, è probabilmente quindi che si tratti di un’opera di un pittore locale ispiratosi al dipinto dell’Orto, che si trova oggi nel locale Museo Diocesano.



Nella terza cappella a sinistra era collocata la tela raffigurante il Crocifisso con Santa Chiara e Santa Maria Maddalena, del XVII secolo, oggi al museo Diocesano di Monreale.

Questo dipinto del quale oggi non si conosce l’autore, mostra una buona qualità, soprattutto nelle linee morbide e decise dei panneggi e nella soffice chioma della Maddalena, ma anche nell’atmosfera colma di pathos di tutta la composizione. …


Nelle cappelle di sinistra si trovavano partendo dal fondo della navata, rispettivamente la tela di Sant’Isidoro Agricola, quella del Tre Sante Vergini e Martiri (Santa Cecilia, Sant’Agnese e Santa Caterina d’Alessandria) ed infine la Messa di San Giovanni Evangelista, con i due diaconi assistenti San Lorenzo e Santo Stefano, mentre somministrano la Comunione alla Santa Vergine (irreperibile).







Facevano parte del corredo artistico dell’edificio anche altri due dipinti, oggi conservati nella chiesa di San Vito: una settecentesca Sacra Famiglia.



Ed un seicentesco San Francesco Saverio entrambi di autore ignoto





All’interno della chiesa rimane ancora oggi ma in cattivo stato di conservazione una statua lignea di San Paolo Primo Eremita, alla cui base è apposta la diciture Rosario Bagnasco f. 1898 di proprietà della congregazione dei cestai, che all’interno della chiesa aveva la sua sede. Il santo rappresentato in preghiera con le braccia rivolte al cielo ha sulla testa il corvo che secondo la leggenda gli forniva il cibo necessario per sfamarsi.
Ai suoi piedi una cesta, colma di frutti, probabilmente datteri.




In fondo ad una delle navate laterali si può ancora ammirare, deposta entro un vano di legno, una statua di cera che raffigura una Dormitio Virginis.


La statua, vestita con abiti di merletto bianco e con dei sandali ai piedi, è opera di un artista settecentesco.









CHIESA DI MARIA SS. ODIGITRIA

…E’ un altro di quegli edfici chiusi al culto, traccia presente e obliata, tassello indispensabile nella mappa artistica della storia locale.
La chiesa dell’Odigitria costituisce, insieme agli altri edifici religiosi analizzati in questo lavoro, un percorso artistico di notevole interesse per un pubblico sia di specialisti che di semplici appassionati.
L’attributo Odigitria  (dal verbo greco odeghetèo che significa mostrare la via), allude alla funzione di guida a cui Maria assolve.
Il suo nome riporta chiaramente alla sua origine greca.
Infatti fu fondata nel 1562, probabilmente da un gruppo di immigrati greco-albanesi. Non bisogna dimenticare a questo proposito la vicinanza di Monreale al grosso centro di Piana degli Albanesi, dove peraltro esiste una chiesa omonima.
Ma edifici dedicati alla Madonna dell’ Itria esistono anche a Carini, Contessa Entellina e Corleone, tutti centri interni alla diocesi e sicuramente riconducibili a quest’unico e particolare culto.
La chiesa dell’Odigitria, collocata geograficamente nel cuore del paese, sorge nell’antico quartiere denominato Giardino della Corte, adiacente al carmine, nella contrada della Beveratoria Vecchia.
Il prospetto principale si apre su una piazzetta, crocevia di tante piccole strade che la collegano rispettivamente al già citato quartiere del Carmine, al convento Benedettino, alla piazza Vittorio Emanuele e alla via principale di Monreale, un tempo detta <Via Ranni>.
Tutto il corpo della Chiesa e i locali annessi sono contigui a quelli dell’antico Ospedale Santa Caterina, ormai in completo disuso. Delle lesene intonacate disegnano la facciata mettendo in evidenza il timpano e la finestra centrale, accentuando peraltro quella verticalità così maestosamente evidente, da fare apparire tozzo e pesante il campanile.
Su quest’ultimo inoltre si può ancora intravedere uno stemma mariano per gran parte cancellato dal tempo.
Sulla facciata principale si apre una piccola edicola votiva, molto più recente rispetto all’intero edificio, sotto la quale sono impresse sul marmo le parole di un’indulgenza; sul fianco destro dell’edificio inoltre, si possono ancora vedere tracce labili di un’altra piccola cappella, orami quasi totalmente scomparsa.
Il corpo più basso e contiguo alla chiesa, visibile nel prospetto principale, è la cappella di San Bernardo, internamente comunicante con l’edificio principale. Questa, illuminata da finestre indipendenti, era dotata, un tempo, di un ingresso proprio oggi murato.

L’interno

Al centro della facciata principale si apre un portone di legno, da cui si accede all’interno della chiesa. Una realtà visibilmente diversa si manifesta oltre questa soglia, che non ha nulla in comune con i connotati esterni.

L’edificio, ad unica navata, è illuminato da sette finestre, di cui, eccettuata quella che sovrasta il portone d’accesso, sei, tre per lato, scandiscono le pareti della navata.








Il presbiterio è rialzato su due gradini; al centro è posta la macchina dell’altare in stucco…Sopra la mensa, si levano ai lati due colonne tortili, decorate con foglioline dorate e completate alla base da teste alate, che sostengono capitelli riccamente ornati, su cui poggia una pesante architrave. Al di sopra di questa, e all’interno di un tondo contornato da volute, girali d’acanto e frutti, è un cartiglio nel quale sono impresse le parole <Ave Maria>, affiancato a sua volta da due putti.


Inoltre altri due angeli in basso affiancano le due colonne tortili. Al di sotto di queste, due false lesene in stucco fingono una profondità inesistente, ricoprendo una funzione puramente decorativa.
Sulle due pareti laterali dell’area presbiteriale, cornici più semplici, accoglievano due tele, oggi tolte dal loro sito originario e conservate presso il locale museo diocesano.
La volta a botte che sovrasta il presbiterio è ornata da tre cornici mistilinee in stucco che accolgono altrettanti affreschi.


Nell’affresco centrale è raffigurato San Francesco che riceve le stimmate. In alto Cristo, seduto su una nuvola, porta tra le mani il vessillo della Croce da cui, secondo la tradizione, il Santo in ascesi mistica, avrebbe ricevuto i sacri segni. Bisogna inoltre notare come lo spazio celeste nel registro inferiore, si faccia rosato in quello superiore dove, quasi una diversa ambientazione avvolge il Cristo, mettendo in evidenza la differenza tra il cielo degli uomini e quello di Dio.
L’insieme è reso con estrema perizia, nell’uso della linea, della luce, dello sfumato e delle regole del movimento e delle proporzioni. Nelle cornici mistilinee laterali su sfondi azzurri, volano angeli reggicorone.


…L’arco trionfale a tutto sesto, poggiato su colonne, tramite pulvini, fa d’accesso al presbiterio.
Alla sua sommità, due angeli in stucco a tutto tondo reggono il simbolo francescano della confraternita, sopra il quale una grande corona aggettante, si protende sulla navata.

Le pareti di questa sono ornate da grandi cornici stuccate, di varie dimensioni, che dovevano contenere affreschi di cui oggi non rimane alcuna traccia.


Particolarissime figure dagli arti alati, si appoggiano alle linee curve delle cornici.


Altre decorazioni circondano le finestre, con foglie di acanto, fiaccole, angeli, e la luce che passa da queste finestre illumina l’intera Chiesa.
… La volta a crociera della navata è decorata da affreschi e stucchi. Le vele della crociera poggiano su mensole, disegnando grandi rombi, all’interno dei quali sono racchiusi affreschi con le vicende della vita del profeta Geremia. …




Ipotesi: l’attribuzione degli affreschi al Novelli

Gli affreschi sono racchiusi dentro eleganti cornici mistilinee a festoni, dalle quali pendono a loro volta, eleganti cornici mistilinee a festoni, dalle quali pendono a loro volta, eleganti nastri e nappe, in stucco.
Nel primo riquadro, Geremia, odiato dagli uomini per le sue profezie, viene calato per punizione dentro una cisterna.

Nel secondo, il Profeta prega Dio, che brandendo probabilmente una verga, si accinge a punire gli uomini.
Gli altri due riquadri sono di dubbia interpretazione...



Gli affreschi presenti all’interno della Chiesa dell’Odigitria denunciano tutti un identico progetto artistico ed un’unica maniera esecutiva. Una particolare sapienza nella sintesi delle scene rappresentate, la resa, elegantemente risolta, del primo e secondo piano, oltre ad un uso di colori brillanti, tersi e sfumati, sono tutte caratteristiche che mi trovano concorde circa la possibilità di un’attribuzione di questi affreschi a Pietro Novelli.

Gli stucchi

… Esemplare e rappresentativo della pregevole decorazione a stucco è l’apparato che si snoda nella cantoria, intorno alla superficie incassata, in cui sicuramente era inserito l’organo della Chiesa.


Alla sommità di questo vano, posta quasi al centro, si può vedere la testa, come di un satiro con gli occhi aperti, e con un grosso naso tondeggiante, la cui bocca, dalle carnose labbra, rimane aperta lasciando intravedere la lingua e atteggiandosi ad una larga risata.
Ai rispettivi lati, due uccelli aggettanti, sono rappresentati a testa in giù. Questi, dotati di una insolita coda e di zampe, incurvano la loro parte inferiore, prendendo le fattezze di una schiena umana e terminando con un piumaggio dalla forma indecifrabile. Forse si tratta di aquile, ma benché se ne possa supporre la natura, non si può altrettanto definirla logicamente. Ancora oltre, completano il quadro due grandi teste leonine. Curvate sui due angoli del riquadro, lasciano appena intravedere il volto con le fauci aperte, che appena tracciato in alcuni punti, diviene quasi invisibile accanto alla voluminosa criniera. Quest’ultima lungi dal dare una idea di pesantezza, si diparte lieve dal volto dell’animale, per divenire poi leggera e quasi mossa da un vento naturale. E’ chiaro che dietro una tale perizia, si nasconda un’artista di un certo livello, espresso non solo dall’originalità dei soggetti rappresentati, ma anche dalla capacità di renderli. Infatti questi volti così plasticamente definiti, questi piumaggi morbidi e i drappi, le capigliature mosse, le fiaccole e le volute, sono tutte componenti ugualmente pregevoli e provenienti da mani esperte ed estremamente colte. Proprio per questi motivi, concordo col giudizio che la Sovrintendenza ai Beni Culturali ha espresso circa l’attribuzione di questi stucchi al Serpotta.
Anche Donald Garstang sostiene infatti, che la decorazione della chiesa dell’Itria rappresenta la prima commissione ricevuta dal Serpotta nel 1677; …

La maiolica, le sepolture e la cappella di San Bernardo

La maiolica siciliana che copriva l’intero pavimento dell’edificio, oggi non esiste più; nonostante ciò, mi è stato possibile prenderne diretta visione da frammenti, da me reperiti all’interno della piccola Cappella di San Bernardo.


 Volute, ovvero motivi vegetali stilizzati, color verde smeraldo, si stagliano su un fondo bianco, fermati qua e là da piccoli nodi color giallo. Vista la somiglianza con le mattonelle di maiolica presenti nelle altre chiese analizzate, credo si tratti di un prodotto dell’artigianato siciliano, collocabile probabilmente tra la fine del seicento e i primi del settecento. …

Riguardo all’attigua cappella di San Bernardo non mi è stato possibile fare delle riprese fotografiche idonee. Totalmente puntellata, presenta delle condizioni di conservazione pessime, che potrebbero peraltro coinvolgere anche la statica dell’intero edificio cui è attigua. … La cappella, tutta realizzata in pietra grigia, è dotata di un profondo e altissimo presbiterio in cui era sicuramente collocato un altare. …. Nessuna decorazione a stucco e nessuno affresco vi si trova. Tutto è realizzato con estrema linearità, estranea peraltro alla Chiesa cui la cappella appartiene. Il suo stile visibilmente posteriore, è confermato dalle fonti storiche.

Le tele appartenenti

Facevano parte del patrimonio artistico della chiesa quattro dipinti di pregio.
Oggi , esposte al Museo Diocesano

Madonna dell’Itria
San Francesco che riceve le stimmate
Madonna con il bambino in braccio
Madonna di Monserrato










CHIESA DI MARIA SS. ADDOLORATA

Dietro una facciata completamente moderna e per nulla pertinente ad un edificio religioso, oltre la quale nessuno si aspetta di trovare un pezzo d’arte e di storia, la chiesa esiste, ed è ancora, nonostante tutto, foriera di grande raffinatezza.
…La chiesa fu fondata nel 1703, “come cappella dei padri conviventi attigua alla loro abitazione o ritiro che si edifica alla stessa data”.
…Dallo statuto organico di questa piccola comunità si apprende che il numero dei padri assistenti a ben morire, era di otto, e che ricoprivano una loro importanza nell’ambito delle opere di pubblica beneficienza,
Dallo statuo infatti si legge:” lo scopo dell’Opera Pia è quello di assistere in tutti i tempi, di notte e di giorno anche nel caso di malattie epidemiche e contagiose i moribondi dimoranti dentro le mura della città, escluse le Comunità, eccetto il Convitto Municipale Guglielmo”.
Credo quindi che il particolare servizio svolto da questa comunità, questo vivere sempre a stretto contatto con la malattia e la morte, abbia creato nell’immaginario comune, una sorta di superstizione e di paura. Si narra infatti che i padri, fossero soliti seppellire nella cripta della chiesa, i morti infetti, per timore del contagio. Tutto ciò potrebbe spiegare l’assenza di notizie storiche; o al contrario, la loro assenza avrebbe potuto creare questo alone negativo intorno alla chiesa.

Caratteristiche generali: l’esterno

L’accesso alla chiesa è possibile internamente dai locali oggi appartenenti alla Casa del Pellegrino e dall’esterno tramite la via Ritiro.
Intorno a questo accesso nessun limite è stato rispettato, tanto che esso risulta stretto in mezzo ad un’edilizia che l’ha quasi fagocitato. … Quindi da una facciata totalmente moderna, tramite un portone, è possibile entrare all’interno di questo elegante, piccolo edificio.

L’interno


A navata unica, la chiesa è dotata di una piccola area presbiteriale innalzata su un gradino.
Sulla parete di fondo si apre una piccola porta, posta in alto rispetto al piano calpestabile, che tramite una precaria scaletta di legno, conduce a dei locali attigui alla Chiesa, che a loro volta la collegano alla casa del Pellegrino e che sicuramente dovevano servire da sacrestia.
Al centro della parete, una grande cornice in stucco, accoglieva la tela della Madonna Addolorata.




Dalla cornice si dipartono dei raggi che invadono quasi l’intera parete, mentre al di sopra della centina, fino a toccare anche la volta del soffitto sono adagiati ramoscelli con rosette fiorite; ai due lati, sui raggi, vengono fuori nuvole stuccate che completano la decorazione.
L’altare è scomparso.
Il soffitto, a volta ribassata è decorato con stucchi che evidenziandone le parti strutturali, le abbelliscono con motivi vegetali, a mio parere straordinari.




… Le pareti laterali sono divise in due registri.


In quello superiore si aprono sei lunette, oggi vuote, ma che probabilmente dovevano essere occupate da tele, di cui oggi non si conosce nulla.
Questo è diviso dal registro inferiore tramite un cornicione, poggiato su mensole che si susseguono una accanto all’altra per tutto il perimetro della Chiesa, da cui si dipartono doppie lesene sormontate da finti capitelli corinzi.

All’interno dei tre spazi risultanti, per ciascuna parete, sui due lati esterni, l’artista ha voluto raffigurare in stucco, dentro cornici grigie mistilinee, puttini intenti ad occupazioni, a cui è difficile dare un’interpretazione….



Al di sopra di questa superficie un tondo in stucco grigio racchiude in bassorilievo, un busto di donna. …



Nella parete della controfacciata si trovava un piccolo matroneo o forse una cantoria






L’accesso a questo piccolo luogo sopraelevato, oggi non più praticabile, non era dotato di una struttura in muratura, quindi di una scala sicura e permanente, ma vi si accedeva da un piccolo vano vicino all’ingresso, tramite una scala di legno.
La cantoria oggi quasi completamente distrutta è dotata di un ampio arco che fa quasi da contraltare alla cornice dell’area presbiteriale, di cui riprende le decorazioni floreali.

La decorazione a stucco

L’intera decorazione è sapientemente concertata, tanto che ogni più piccolo particolare è curato e nulla vi è di incompleto e di trascurato.

La maiolica e la tela di Maria SS. Addolorata

Pregiate mattonelle in maiolica coprono, ormai solo in parte, il pavimento.


Organizzate a gruppi di quattro formano un grande fiore giallo dai petali trilobati con una corolla blu e verde; intorno ad esso, più piccoli motivi floreali, insieme alla ricca cornice gialla e verde, completano la decorazione. Una notevole differenza allontana questa maiolica dalle altre presenti nelle Chiese precedentemente analizzate. Per questo concordo con gli esperti del settore che ipotizzano la provenienza di questa maiolica dal settecentesco ambito napoletano.
Apparteneva alla Chiesa una tela raffigurante Maria Santissima Addolorata.
Oggi questo dipinto si trova presso la Chiesa di Santa Teresa a Monreale, ma auspica un ritorno al suo sito originario, dopo il restauro della chiesa.



Si ringrazia l'Autrice ANTONELLA VAGLICA per la sua gentile concessione