Concerto da camera (in Biblioteca)





"Il suono dei Giovani"

CONCERTO DA CAMERA  
in 
CASACULTURACATERINA (SANTA)
giovedi 29 giugno 2017



con il Trio del Liceo Musicale Regina Margherita di Palermo

Flauto                                  Beatrice Arcuri
Violino                                Daniele Antinoro
Violoncello                         Daniele D’Amat

e al pianoforte, la piccola Matilde Vittorino





PROGRAMMA

J. HAYDN                                              London Trios
               n. 1 in do maggio Allegro
               Andante
               Presto

               n.2 in sol magg.
              Allegro
              Andante
              Allegro

D. B. KABALEVSKIJ                                               Valzer                                                                                                                                                  The  fair tail                                                                                                                                                                                                 

P. Il’ ic CAJKOVSKIJ                            Melodie dal Lago dei cigni

V. JONES                                              Summer







    



    





                                            



                                            




                                               

Al pianoforte Silvia Vaglica e la piccola Matilde Vittorino


G. PITRE' ESPOSIZIONE LIBRI






 I libri del PITRE'...
 in Biblioteca




 EDIZIONE NAZIONALE(delle opere di Giuseppe Pitrè) - XXVI - Società editrice del libro italiano ROMA
trentalire nette
finito di stampare il 10 novembre 1940 













NOTA

Questo libro fu scritto da Giuseppe Pitrè appena compiute le ricerche, che nel 1906 condusse per ben sei mesi con grande pazienza e passione, intorno alle pareti delle vecchie celle dello Steri di Palermo un tempo destinate a carceri degl'inquisiti del S.Uffizio.
Alla fine del manoscritto si legge, di mano dell'Autore, la data del 24 giugno di quell'anno: lo stesso giorno che il Pitrè lesse alla Società di Storia Patria di Palermo una relazione sulle scoperte fatte in quelle squallide prigioni.
Il manoscritto fu subito ricopiato dalla figlia Maria (alcune pagine dal genero A. D'Alia) e poi riveduto dall'Autore. Il quale aveva vivamente interessato e commosso; e con la fantasia, dopo che il lavoro era stato condotto a termine, dovette, come soleva, restare a meditare sui temi studiati e ad aggirarsi per le tragiche celle dalle parlanti pareti. Corresse quella copia-che sola si conserva-tutta di sua mano, aggiungendo qua e là quanto nuove letture o documenti non prima conosciuti gli venivano suggerendo a meglio delineare e colorire il suo quadro. Le citazioni incomplete  ..che l'Autore, sempre in questa parte diligentissimo,-e chi scrive ricorda quel che della importanza da lui attribuita alla precisione e compiutezza delle citazioni gli soleva dire come di uno dei canoni che più scruposamente egli s'era sempre fatto dovere assoluto di osservare-si riservava di completare, le note segnate nel manoscritto per memoria e non più scritte, il rinvio che una volta si incontra a un capitolo che non si trova nel manoscritto e che probabilmente non fu mai composto poichè si conserva pure un indice autografo esattamente corrispondente alla divisione presente del libro e al titolo dei singoli capitoli; tutti questi sono indizi da far pensare che l'Autore negli ultimi due lustri della sua vita, sempre riservandosi di riprendere in mano il suo lavoro, magari al momento di pubblicarlo definitivamente per la stampa. Così non furono mai apprestate le illustrazioni a cui l'Autore molto teneva e per cui con l'aiuto del nipote, Dott. Francesco Turbacco, ora prefetto del regno, aveva eseguite via via, molte fotografie durante i suoi lavori sui vari strati di intonaco delle celle esplorate. Ne rimangono poche, e cosi mal ridotte dal tempo da riuscire presso che indecifrabili; e la maggior parte andarono perdute nell'alluvione che nel 1925 distrusse in Palermo la tipografia Sandron, che di questo volume e di tutte le opere si era assunta l'edizione e aveva iniziato la stampa. Un saggio se ne è andato a parte in fondo al volume. Da quattro di esse furono ricavati a cura dello stesso Autore disegni stilizzati e corretti che vennero inseriti in un articolo pubblicato a firma CAM nel Giornale di Sicilia del 25-26 giugno 1906 col titolo: Un'importante scoperta del prof. Pitrè: Le carceri del Sant'Uffizio nel palazzo di Tribunali: Disegni, motti e poesie dei prigionieri  *: articolo scritto evidentemente su materiali forniti dallo stesso Autore in seguito alla lettura che il 24 di quel mese, come si è detto, egli aveva tenuto alla Società siciliana di Storia patria intorno alla sua scoperta.
E altre quattro ne vennero riprodotte fotomeccanicamente dal Pitrè in un suo articolo pubblicato nel settembre 1911 nell'Italia illustrata: Del palazzo Chiaramonte in Palermo e di un carcere del S. Uffizio in esso recentemente scoperto la G. Pitrè, quindi riprodotto in un fascicolo della Sicili a illustrata che reca la data dell'agosto 1911, ma che evidentemente dovette uscire più tardi. in una nota di questo secondo articolo era detto: < la casa editrice Maraffa Abate imminentemente prepara la pubblicazione del libro di Giuseppe Pitrè: Sul S. Uffizio in Sicilia. Il libro in ottavo sarà arricchito da numerosissime illustrazioni inedite>. Speranza che, purtroppo, anch'essa fallì. Entarmbi questi articoli s'è creduto opportuno riprodurre qui nella seconda delle Appendici con cui si chiude il volume.......ecc..
GIOVANNI GENTILE





 *...Nello storico palazzo del Chiaromonte che si ergeva maestoso alla Marina, circondato di ubertosi giardini, nello Steri che fu palazzo reale, albergo di ogni delizia, nel 1600 fi stabilto il Tribunale dell'Inquisizione, che vi rimase fino al 1782, anno in cui fu abolito dal vicerè Caracciolo, che fece dar alle fiamme gli archivi, sicchè nulla ci è rimasto di quanto si riferisce al S. Uffizio in Palermo. Non sappiamo nemmeno dove e come erano le carceri del S. Uffizio, che finora abbiamo dovuto vedere in un sotterraneo, dall' alto della dogana, additato come l'antico carcere, ma forse per semplice tradizione. In questi ultimi mesi, volendo il Municipio, adattare alcune stanze della R. Procura ad aule d'udienza, nei lavori di scrostamento delle vecchie muraglie, venne fuori un primo affresco. Di tal cosa fu informato l'illustre prof. Giuseppe Pitrè, il quale, recatosi presso la R. Procura (primo piano), trovò nella prima stanza a destra di chi entra dalla porticina che dà sulla scala, un disegno colorato, che lo animò a continuare per conto suo il lavoro di scrostamento del muro; che egli fece, lavorando con tenace pazienza per ventun giorni consecutivi. Prima di arrivare alla muraglia lavorata, il Pitrè incontrò non meno di quattro intonachi, sovrapposti nei vari tempi. Durante il suo faticoso lavoro, di giorno in giorno, di ora in ora, egli vedeva spuntare alla luce, miracolosamete conservati dalla calce, disegni, graffiti, poesie, tracciati e scritti tre secoli e mezzo or sono, negli orrori d'un tetro carcere dell'Inquisizione.
<V'avertu ca cca prima dunanu corda...>
<Statti in cervellu ca cca dunanu la tortura, arti infami>

Notevole la figura di S. Rosalia, che ha sotto di sè la carta geografica della Sicilia. Sulla figura è scritto:
O Rosalea, sicut liberasti a peste Panhormum me quoque si libera carcere et a tenebris






...dalla figura dello spagnolo disegnata sulla parte ovest, rappresentante un signore in costume spagnuolo del '600, dall'aria inspirata, inginocchioato in atto di preghiera; a destra è lo stemma della sua casa..



...un mascherone (carbonella, giallochiaro e rosso) rappresentante un mascherone, dalla cui bocca escono due cornucopie, su una delle quali, un carcerato dipinse la figura d'un inquisitore che l'ossessionava......


Tavole



IL DRAGONE E L'AQUILA


S. ROSALIA


CRISTO RISUSCITATO


S. CATERINA E CRISTO


SANTI DELLA SECONDA CELLA E S. VITO


FRATE ORANTE E SAN MICHELE ARCANGELO


IMMAGINE DI SANTO


S. LEONARDO ABBATE





























ESPOSIZIONE LIBRI PUPI SICILIANI


PUPI E MARIONETTE...
Libri in Biblioteca


"Storia di pupi e di pupazzi" 
di Monica Saito

(tratto dalla Rassegna "L'Italia che scrive" N. 3 pag. 23)


Nella collana <Problemi di storia dello spettacolo> curata da Nicola Mangini (ed. Mursia) Carmelo Alberti pubblica un interessante saggio si <Il teatro dei pupi e lo spettacolo popolare siciliano> utilizzando un materiale quasi sconosciuto ma che rientra in parte nei risultati raggiunti dal Pitrè, dal Gotti e dal Toschi nell'ambito degli studi svolti sulla drammaturgia popolare.
Nell'introdurre l'analisi del fenomeno dell'opera dei pupi, l'autore cerca di chiarire, nella prima parte del libro, le ragioni di una esplosione spettacolare a caratter tendenzialmente epico; prendendo poi in esame la concezione spettacolare tardo settecentesca, viene a delinere le fasi iniziali del pupo. I vari <pupi> a <a filo>, di pezza e di legno compaiono comunque per la prima volta nel 1774, anno di nascita dei <casotti>, costruzioni di legno, adibite a teatro, che occupavano per tutoo il periodo estivo quei luoghi, il piano della Marina per esempio, dove prima si svolgevano le manifestazioni in occasione delle feste popolari.
In quel periodo quasi contemporaneamente, inizaino le prime rappresentazioni delle <vastasate> che in un certo senso si avvicinano ai modelli scenici delle commedie dell'arte; molte novità subentrarono con questo nuovo tipo di spettacolo: da una parte si registra la tendenza a creare delle forme spwettacolari ancorate alla vecchia tradizione comica e nello stesso tempo c'è il tentativo di <tipizzare> i personaggi buffi; dall'altra ancora si nota la partecipazione delle corporazioni artigianali estesa fino al campo finanziario, la presenza di un capocomico e infine il tentativo di specializzazione nella professione dell'attore di farse popolari da parte di un gruppo di artigiani dilettantio.
Da questo momento in poi, le marionette a filo evolveranno e nel corso dell'Ottocento riceveranno un grosso impulso dall'incontro con la tradizione del <conctu> dei cantastorie. Come osserva l'Alberti, si tratta <di un innesto di una tradizione epica con una abitudine marionettistica evoluta e diffusa come spettacolo d'attrazione>; su questa via si viene a stabilire il nesso fra il conctu e l'opera dei pupi.
Vari tentativi vengono poi fatti dall'autore per stabilire l'epoca della nascita di queste <marionette armate con repertorio cavalleresco>: le uniche traccie sono quelle esistenti nell'800 a Roma, Napoli e in Sicilia; a Napoli in particolare pupi cavallereschi si esibivano al <teatro Sebeto> e al <teatro del Carmine>.
Nel libro viene messo soprattutto in risalto il ruolo fondamentale svolto dalla componente artigiana  nel corso dell'evoluzione del pupo.
<Il confluire nell'opera, aggiunge l'autore, della tradizione epico cavalleresca e la disponibilità degli artigiani, a collaborare per una diffusione del pupo costituiscono i poli di un rilancio in maniera più artificiosa del fenomeno>.
L'apporto professionale degli artigiani consiste non solo ne <contributo scultoreo>, ma si allarga al settore della pittura devota, delle immagini su vetro e degli ex voto fino alle decorazioni dei fondali dei teloni, deicarri e delle barche. Entriamo poi nel campo tecnico della preparazione dei pupi che svolgono ruoli di eroi e di principi: gli elementi stilistici presenti qui sono comuni a quasi tutta l'esperienza artigianale salvo che per tre zone, Palermo, Catania e la zona fra il polo messinese e il polo siracusano, dove cambia la dimensione del pupo, il movimento delle marionette e la sua articolazione a seconda se le ginocchia siano smontate o prive di giunture.
Infine emerge anche un diverso gusto per la decorazione delle armature. Già si possono avvertire nell'eoluzione del pupo delle novità: alla nova pomposità corrisponde un pubblico diverso quello fatto da borghesi e intellettuali. Inoltee, nota l'autore, <la linea di sviluppo marionettistico predilige i moduli del teatro ufficiale e presto al posto del puparo si vede il capocomico.
Nell'ultima parte del libro, l'Alberti cerca infine di studiare le ragioni del declino del tatro dei pupi che si avverte subito dopo la prima guerra mondiale, quando, trovandosi in situazioni economiche disastrose per la crescente disoccupazione, molti pupari decisero di emigrare. Ma la crisi comunque era cominciata molto prima, e cioè dall'immissione di nuovi strati sociali nei tatri. Questi nuovi spettatori infatti, appartenenti tutti al ceto medio borghese, cambiano la linea del tatro dei pupi e i suoi contenuti aviandoli verso sbocchi frenetici e sofisticati. 

CARMELO ALBERTI, Il teatro dei pupi e lo spettacolo popolare siciliano, Mursia ed., Varese 1978, p.170