"Il sogno di Guglielmo" di Gildo Matera


THE FREAK EDITORI 

presentano  
il libro di Gildo MATERA 
"Il Sogno di Guglielmo"



CASA CULTURA Santa CATERINA




Al confine tra ricostruzione storica ed invenzione letteraria si muove questa rappresentazione teatrale di Gildo Matera, nella quale l'evento dell'edificazione del Duomo di Monreale rivive insieme al suo promotore, Guglielmo II, il Re illuminato che mosse mondi interi e diversi per la realizzazione del proprio progetto. Voci ed urla di contadini ed operai, marinai e maestranze, riecheggiano una Sicilia lontana e contraddittoria che prende forma sulla scena: dalla campagna al mare in tempesta, tutti si ritrovano nella Babele della costruzione, il composito scenario del cantiere fatto di arabi, africani, veneziani bizantini, siciliani, mille anime che sembra impossibile fondere insieme. E' il senso del divino, pare voglia dire Matera, che fonde la pietra alla pietra e la pietra alla terra, che tiene così elementi diversi, a volte opposti, che muove gli intenti a convergere verso un unico scopo, i viaggi ad un medesimo luogo, le menti ad un unico sogno.


GILDO MATERA (1930-1999) MONREALESE DI ADOZIONE, HA LAVORATO PER LA rai E PER IL CINEMA, è STATO ASSISTENTE DI sTORIA DEL tEATRO PRESSO L'iSTITUO sUOERIORE DI GIORNALISMO ED HA FATTO PARTE DEL GRUPPONUOVOTEATRO. E' AUTORE DI DIVERSI TESTI TEATRALI e  VINTO NUMEROSI PREMI DI POESIA. 


Quando vidi per la prima volta il Duomo di Monreale - ero ancora un ragazzo - rimasi incantato da tanta bellezza, come si incantano tutti coloro che varcano la soglia del Tempio per la prima volta e non soltanto. Da allora, senza sottrarmi allo sguardo benevole del Cristo, ho cercato di scorgere qualcosa di nuovo, di nascosto, di lasciato nell'ombra: il tracciato di un segno, la morbidezza d'una veste intessuta di pietre e divenuta una trina, uno sguardo di pietre colorate che penetra l'anima e la seduce. Ma quello che ha sollecitato in me la curiosità è il periodo storico in cui il Tempio venne edificato. Un periodo in cui Palermo passava dal dominio degli arabi a quello dei normanni - dei soldati di ventura al soldo di potenti, ma soprattutto della Chiesa di Roma, con la quale strinsero un patto di fedeltà - che andavano incontro al nemico al grido di: "Dex aie, Dio, aiuta!"
Degli avventurieri, dunque, capaci di dar di spada, ma sensibili alla civiltà superiore - quella musulmana - trovata nell'isola che, scrive Jean Hurè, "essi vollero assimilare nel campo intellettuale ed artistico", tanto da rivaleggiare con lo splendore del mondo bizantino facendo edificare opere di rara bellezza come il Duomo di Monreale. Molte volte ho tentato di scrivere una rappresentazione storica e spettacolare di quell'avvenimento, così tanto importante. Soltanto in questo 1998 dopo mesi e mesi di ricerche, sulla scorta di fonti attendibili, desunti dagli archivi storici della Storia Patria, della biblioteca dei padri cappuccini e da quella della Regione Sicilia, dalle miscellanee, dai testi di un cronista di quel tempo, ho potuto, inserendovi quel tanto di fantasia credibile che l'insieme delle fonti mi ha suggerita, ricostruire quei giorni, così tanto lontani, i personaggi, immaginare il loro mondo. Cosi disse Guglielmo quando vide nella sua interezza, la realizzazione del suo sogno. Aveva seguito le varie fasi della costruzione sin dai progetti, aveva dato suggerimenti, aveva senz'altro discusso lungamente con l'architetto il cui nome si è perso nella polvere del tempo, aveva immaginato come sarebbe venuto il tempio, ma il vederlo dovette senz'altro dargli una sensazione di stupore tale da trapassargli l'anima. E' come parlavano lui e gli altri allora? Qui ho abusato. C'era la necessità di rendere un testo drammatico comprensibile. Le fonti in mio possesso parlano latino, seppur molte volte tradotte in italiano moderno. Ma la scuola poetica siciliana di Federico II, Ciullo D'Alcamo, dante, Petrarca, Boccaccio, dovevano ancora arrivare. La lingua italiana ancora non era nata, anche se già si affacciavano delle vistose trasformazioni. Ed il popolo come si esprimeva? Come si esprimeva quel coacervo di etnie diverse stabilitesi nell'isola attraverso le varie conquiste? Quale dialetto parlavano i Greci, i Latini, gli Arabi che vivevano nei diversi quartieri di Palermo e nell'isola con le loro pregiate mercanzie, con le loro pratiche d'usura? Ho preso la scorciatoia. I miei personaggi parlano, gli uni in italiano a volte un pò arcaico, gli altri un siciliano "stretto", un pò simile al dialetto di taluni centri del'interno dell'isola, dove la contaminazione, come per la lingua italiana, non è avvenuta. Non so se vi sono riuscito per il linguaggio e le altre cose, se ho lasciato sfuggirmi fatti e avvenimenti che meritavano di diventare corpo e anima della mia rappresentazione. Diciamo che ho fatto, con i limiti propri degli umani, qualcosa che fosse meno indegna possibile - direbbe un poeta - di cotanta magnificenza.

Gildo Matera



Il sindaco Avv. Pietro Capizzi 

L'Assessore alla Cultura Dott. Giuseppe Cangemi




Valerio Tripoli, Pietro Maria Sabella gli editori; Prof. Andrea Le Moli di storia e filosofia dell'Un. di PA, Prof. Giuseppe Spinnato, Noemi De Pasquale , dottore di ricerca linguistica 


.........Chiddu è mari grossu, ca si un 'nt'arruspigghi e un t'aggiusti a vista, ci 'u va cunti e pisci ca chidda è terra. La Sicilia è senza negghi. Lu celu è splinnenti e la marina è sempri chiara. E' terra biniritta. Quannu lu mari sfua la sò rabbia, la costa addiventa bianca di scuma ca pari latti. E ci viri vulari l'ancili.
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