Vita e gesta di Gugliemo II di Fsco Testa


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Francesco Testa
VITA E GESTA DI GUGLIELMO II  
pag.129



DE VITA ET REBUS GESTIS GUILELMI II SICILIAE REX
di Francesco Testa

( I PRIMI ANNI DEL REGNO DI  GUGLIELMO…TRAPASSATI INFRA CONGIURE, PERFIDIE, SEDIZIONI, SPERGIURI, UCCISIONI, SACRILEGJ…)

I Normanni, ch'è quanto a dire uomini del Settentrione, i quali mossisi dalla Scandinavia fermaronsi nella Neustria, provincia delle Gallie, dal nome loro Normandia quinci chiamata, i medesimi nella spiaggia meridionale d'Italia sede insieme, ed impero si procacciarono.
i siciliani...Postisi pertanto sotto la condotta dè Normanni, e prestata loro egregia opera nel debellare i barbari, con pieno consentimento in protezione, e signoria loro si diedero....
Furono sacri tempj edificati, e adornati magnificamente. Fondati Vescovadi, e altri benefizj,....

Guglielmo adunque di questo nome II, e dopo la fondazione del regno, terzo Re di Sicilia, dell'inclita gente de' Normanni, ebbe per padre il Guglielmo ... I Re di Sicilia per madre Margherita figliola di Garzia II Re di Navarra, e per fratelli Rogero, e Roberto di età maggiori, ed Enrico minore. Nacque in Palermo nell'anno 1154 l'anno medesimo, nel quale,, morto Rogero suo avolo, il di lui padre entrò con solenne pompa al governo del Regno; di modo che le feste per l'avvenimento del padre al soglio furono seguite dalle congratulazioni pel nascimento del figliuolo. E per vero dire allegrezza alcuna della nascita di qualche Principe non fu presa giammai più giusta di quella, onde fu festeggiato il natale di Guglielmo; dappoichè tale era egli per essere, che in sua persona avverossi quello appo noi trito proverbio, dalla spina nascer la rosa; e rimase al nome del padre la nota di malo, non tanto perchè costui tali costumi avuti abbia, quanto perchè dal figliuolo, al quale gli opposti costumi l'opposto soprannome di buono meritarono, si distinguesse. La qual bontà fin dall'infanzia in lui tralusse, a somma venustà, a grazia di aspetto, e all'altre doti del corpo congiunta: per lo che a tutti caro era, ed amabile, ...
Alla tutela di Margherita loro madre, donna di sagace ingegno, commise l'uno, e l'altro figliuolo: e ordinò che infino a tanto, che Guglielmo non ancora in età da governare, far non potesse da per sè, essa siccome tutrice amministrasse il regno, adoperando què consiglieri medesimi,  ch’egli avuti avea principali, e più favoriti, …Venuto il re a morte nel mese di maggio dell’anno 1166 Margarita temendo, non il popolo al subito improvviso caso si commuovesse in odio della paterna dominazione contro il figliuolo, per alquanti dì celò la morte del marito fino a tanto, che cò maggiorenti del regno, chiamati alla Corte, si tenne consulta, e deliberassi, che nel tempo medesimo, in cui la morte del marito si pubblicasse, fosse acclamato Re il figlio. …
Trapassati i giorni alle reali esequie prefissi, fu il Re nella reale cappella sepolto. E acciocchè il pubblico lutto non fosse più presto di quel, che si convenisse, interrotto, non prima del mese di luglio il nostro Guglielmo con grandissima acclamazione dè Vescovi, ed Ottimati, e con applauso universale del popolo nella Chiesa Cattedrale di Palermo, secondo l’usanza, e l’istituto dè suoi maggiori, ricevette la Reale corona. …Presa la corona il giovanetto Principe passando a cavallo per le principali contrade della città con solenne pompa, e gran concorso di popolo alla reggia si restituisce, avendo sì per la bellezza della persona, cui nuova dignità. E nuova grazia pareano essersi, in quel giorno aggiunte, sì pel concetto, che si avea della sua indole, e sì ancora per compassione alla età, piegati a sé gli animi di tutti, e di coloro eziandio, il mal talento dè quali contra il padre mirar sembrava alla distruzione della schiatta: imperocchè si era ognuno ben persuaso, che l’odio paterno tornar non dovesse in pregiudizio dell’innocente figliuolo; e che meglio fosse sotto un principe di ottima speranza il riserbarsi a flici successi, che l’esporsi a nuovi tumulti, e a nuovi pericoli. Né altrimenti avvenne, che il loro avviso era stato, e la loro aspettazione; imperocchè per la Reale dignità non si scemò punto in Guglielmo la natia benignità: crebbe però in lui colla maggior facoltà di dare la liberalità; ed il cominciare a regnare, e l’usar munificenza principalmente inverso le Chiese fu per esso una cosa medesima. La Regina poi assecondando l’inclinazione del figliuolo niente lasciò in dietro di ciò, che gli potesse confermare la benivoglienza, con cui era stato acclamato. …
Fra i costumi in verità così corrotti, e guasti di coloro, che stavan più d’appresso a Guglielmo, egli come in età, così felicemente in virtù cresceva: tanto salda indole alla virtù avea sortita. Né le turbolenze, che messa aveano la Corte sossopra, furon di ostacolo alla attenta cura della sua educazione. …
Dopo lo studio della religione, e delle lettere in niuna altra cosa più volentieri occupa vasi il giovanetto Principe sommamente conviene. Né luoghi a lui mancavano dà suoi antenati a sì fatto esercizio, come si è detto, molto opportunamente adattati.
Non lungi da Palermo eravi un luogo di caccia, dall’avolo di lui infra monti, e boschi costrutto, assai dilettevole, e di ogni maniera di alberi, e di piante diverso fornito; nel quale cinto di mura, damme, capriuoli, e cinghiali rinserravansi. A questo unita era splendida villa, in cui da purissima fonte per doccie acqua viva, che alta vena sempre premea, conducevasi. (37) Ma quella, che Guglielmo per vaghezza o di villeggiare, o di cacciare le più volte frequentava, era la villa non più di quattro miglia lontana dalla Reggia, dalla parte, che guarda l’occidente. Questa villa situata era su di una collina, comechè adjacente ad un monte aspro, e nudo, degna nondimeno, e perché di dolce salita, e da limpide fonti irrigata, e per l’amenità dè circostanti giardini, e selve, e per la vista piacevolissima della sottoposta pianura della campagna di Palermo, e di tutta la città stessa, e del mar Tirreno, e finalmente per la clemenza dell’aria, che i Re scelta l’avessero per luogo di lor frequentato diporto; e che perciò Monreale si dinominasse. (38)

NOTE N. 37 e N. 38 di pag. 153 (ivi)
(37)

Questo luogo di caccia era quello, che presentemente dicesi Parco vecchio. Parco in lingua tedesca suona lo stesso, che luogo d’intorno cinto a custodir fiere di pali, di grati, di mura, di fosse. Vedi Cangio Gloss. alla parola Parco; e il Muratori dissert.33 t.2. Che poi il luogo di caccia, di cui fa menzione Romualdo di Salerno nella Cronaca l’anno 1149 fatto fare da Re Rogero, sia il Parco Vecchio, e non il nuovo, come inconsideratamente alcuni si sono avvisati, da ciò assai chiaro si fa, che il luogo da caccia costrutto da Re Rogero, e da Romualdo descritto, era situato in fra monti; e quivi l’acqua scaturisce nel sito medesimo, dove era la Villa Reale, e sgorga in sì larga vena, che diede al luogo il nome di Altofonte. Aggiungasi, che il Fazello, e l’Inveges, due lumi della nostra Storia, affermano essere stato fondatore del Parco nuovo, come a suo luogo esporremo, il nostro Guglielmo: nel che a torto dà più recenti scrittori sono di sbaglio notati, quasi sentano diversamente da Romualdo di Salerno; poiché, come si è dimostrato, Romualdo fa parole del parco vecchio, e non del nuovo.
(38) Avvi in Monreale la contrada, che ancor oggi il nome ritiene di Ciambra corrotto vocabolo tolto dal Franzese Chambre, come quella, in cui comprendevansi i reali appartamenti. Il Fazello di Monreale così scrive nella prima dec. libro 8: Questo luogo per l’amenità degli orti, per le limpide acque dè fonti per tutto sgorgnti, e per la giocondissima veduta di tutta la pianura a sé sottoposta di Palermo, e della medesima Città tutta, e del mar Tirreno, e pel temperamento dell’aria, bellissimo essendo, e per lo spesso ritirar visi dè Re, i quali erano usi di quivi condursi a diporto, e sollievo dell’animo, fu Montereale a buona ragione denominato.

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LA ROSALIA Poema epico di Petru Fudduni


.... in Biblioteca.....



La ROSALIA
Poema Epico di Petru Fudduni




Eu su' Petru Fudduni
E sugnu di lu meu Palermu beddu
E natu sugnu sutta un cristalluni,
Unni si teni giudicu e macellu
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Frontespizio dell'edizione originale del poema "La Rosalia" 
(presso La Biblioteca Centrale della Regione Siciliana )











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Cù tia, per tia Signura santa, e pia
Spera la Navi mia pigliari portu
Si per tua caritati, e curtisia 
Nun fù di serpi devoratu, e mortu,
Cussì à lu fini di la morti mia
Dammi l'aiutu tò lu miu deportu
Acciò chi la valanza nun trabucca
Fà chi sempr'haia lu tò nomu in bucca.





(cfr. anche post "SANTA ROSALIA")