LE FONTANE

Territorio


LE FONTANE
di Monreale
                             
a cura di Prof. Salvatore Autovino
                                                  
Monreale, ridente cittadina normanna, distante pochi chilometri da Palermo, oltre che sulla sontuosità del Duomo e dell'annesso Chiostro, considerato uno dei più belli del mondo, può contare anche su un prezioso patrimonio artistico ed ambientale da scoprire e valorizzare.
A tal proposito, ricche di fascino e di storia sono le fontane che vanno oltre i limiti del complesso monumentale.
Un vero e proprio itinerario turistico-culturale di opere d'arte esistenti nella città normanna e nelle località limitrofe.
Una visione di quella che è la fisionomia storica, culturale ed artistica di questo Centro che è considerato uno dei luoghi più incantevoli della Sicilia.
Splendide sono le fontane settecentesche che si trovano lungo la strada che collega Palermo con Monreale. Dalla Rocca, sobborgo che segna il confine tra il territorio del capoluogo dell'isola e la città normanna voluta dal re Guglielmo II, si diparte, in continuazione del Corso Calatafimi, la strada Rocca-Monreale costruita nel settecento, per volere dell'Arcivescovo Mons. Francesco Testa (1754-1793).
L'illustre prelato, insigne illuminista, per la sua realizzazione si ispirò al gusto dell'epoca ed egli stesso si adoperò per dettare i versi che ancora oggi si leggono nelle lapidi esistenti. Ornata da diversi apparati decorativi, come i piloni di Filippo Pennino, su cui fino a qualche decennio fa poggiava la funivia che collegava Palermo con Monreale, essa rappresenta una felice sintesi  tra la bellezza della natura e l'opera dell'uomo espressa nel lavoro e nell'arte. Le bellissime fontane site lungo  il suo percorso, con il loro contenuto simbolico e l'intenso messaggio iconografico trasmesso dalle acque, monti, conchiglie e altri elementi decorativi, rimandano più o meno ermeticamente a concetti di fecondità, di abbondanza, di fertilità e di rigenerazione.
Tra queste, la "Fontana del Pescatore" 


situata a destra della predetta strada, esattamente alla prima curva dopo la Rocca (per chi proviene da Palermo) è in marmo bianco e pietra. Per l'eleganza delle linee, la fontana va considerata come una delle migliori composizioni dello scultore Ignazio Marabitti che qui fu molto abile nel dare vivacità ed armonia ai putti, paragonabili a quelli del grande stuccatore palermitano Giacomo Serpotta.


Sempre proseguendo per la stessa strada, poco dopo la seconda curva, detta di San Ciro, perchè in prossimità dell'ex Ospedale omonimo, è situata la "Fontana del Drago" 



anch'essa opera di Ignazio Marabitti. L'insieme presenta un meraviglioso scenario composto da diversi putti raffigurati in fuga e con lo sguardo rivolto verso l'alto per la vista dell'orribile drago che esce dalla montagna. Sotto questa splendida coreografia è situata la vasca vera e propria delimitata attorno da muretti merlati di stile classico. Dalla vasca si diparte una scalinata di elegante disegno che degrada verso la strada.
La superficie della piattaforma è delimitata da un lungo sedile e adorno di vasi decorativi con spalliere di stile baroco.
La parte esterna della fontana è delimitata da un muretto a forma di balaustra con colonnine. La fontana ha dinanzi un ampio slargo simile a un grande balcone che forma un tutt'uno con la strada e dal quale si può ammirare Palermo e la Conca d'Oro.



Poche centinaia di metri più avanti troviamo la "Fontana sotto l'albergo dei poveri"....
Tale indicazione deriva dal fatto che essa si trova in luogo sottostante all'Albergo dei Poveri fatto costruire nel 1834 dall'Arcivescovo Benedetto Balsamo, allo scopo di ospitare i poveri della città. Realizzata in marmo e pietra, ha forma semicircolare  e si spinge fino al ciglio della strada. L'insieme dal tono classico e superbo presenta una costruzione di stile romano dalle linee semplici, ma elegantissime. un tempo la vasca più grande, adorna di fregi floreali, fungeva da abbeveratorio per gli animali.

Poco oltre, sempre sulla destra della salita Rocca-Monreale, si trova un'altra fontana del XVIII secolo, fatta edificare dall'Arcivescovo Los Cameros. Realizzata in marmo grigio, ha un taglio classico che riecheggia lo stile romano. Comunemente viene chiamata, la "Fontana di piazza Vittorio Veneto", proprio perchè è ubicata sotto il livello dell'omonima piazza nel piano da cui si dipartono le due strade (Via Palermo e via Benedetto D'Acquisto) un tempo intese la "vecchia e nuova" che da Palermo portano a Monreale.
La fontana è racchiusa in una nicchia. Nella parte superiore della cupola è raffigurata la testa di un animale feroce dalla cui bocca esce l'acqua che scorre in una piccola vasca sottostante di forma circolare, che a sua volta, verso l'acqua dentro un'altra vasca pur essa di forma circolare, sostenuta da una cariatide a forma di angelo e da altri fregi in marmo. Sopra la nicchia è collocata una lapide che riporta l'epoca di costruzione e su di essa sono collocati tre stemmi un pò rovinati dal tempo.

Le due già citate strade, via Palermo e via Benedetto D'Acquisto, portano entrambe a quella che è considerata la piazza più importante di Monreale denominata Vittorio Emanuele. Di stile neoclassico la piazza ha forma quadrata e fu sistemata intorno al 1880 dal famoso architetto Ernesto Basile, artefice anche del Teatro Massimo di Palermo, che diresse i lavori eseguiti da Giovanni Rutelli.

foto r.m.
Al centro della piazza è situata la "Fontana del Tritone" chiamata volgarmente dai monrealesi "U pupu". Nel bel mezzo della vasca in marmo, di forma circolare, sopra alcuni scogli, si erge maestosa la figura di un uomo, il Tritone, esuguito nel 1881 dal grande scultore palermitano Mario Rutelli, fratelli di Giovanni. L'opera raffigura un uomo che in uno sforzo eroico e sovrumano vince e calpesta la furia dei draghi che emergono dalle acque. Allegoricamente, la composizione simboleggia la vittoria dell'uomo sulle forze brute della natura. Il lavoro, di grande vigore espressivo, mette in risalto la potenza dei muscoli del giovane e la massa corporea degli animali, che si aggrovigliano in maniera armoniosa. L'artista seppe imprimere a quest'opera tutta la sua arte personale e commossa.

Sulla piazza Guglielmo II, attigua alla sopra menzionata piazza Vittorio Emanuele, ha il suo ingresso il monumentale Chiostro dei Benedettini. Di forma quadrata, con ventidue arcata per lato, sottolineate da tarsie di lava, è considerato uno dei capolavori dell'arte arabo normanno che ha qui la sua più felice espressione. Le 228 colonnine binate poste sopra un muro di rozza fattura, a guisa di stilobate, girano attorno dando effetti di luce straordinaria e - con la loro policroma decorazione a liste musive che le impreziosisce - creano deliziosi effetti visivi.
Il Chiostro è senza dubbio il più bello e il più suggestivo del mondo, ma l'angolo sud-ovest è il più incantevole.
foto r.m.
Dentro uno spazio quadrato, racchiuso da tre arcate per ogni lato, si erge una bellissima fontana di stile moresco. Certamente è la più celebre, la più famosa, la più nota fontana di Monreale: la Fontana del Chiostro".

foto r.m.

foto r.m.

foto r.m.
E' chiamata anche la "Fontana del Re", perchè si narra che re Guglielmo II il buono, il sovrano che volle la costruzione del Duomo, venisse qui a rinfrescarvisi. Da un vaso di marmo di forma rotonda alquanto rilevato da terra, con scalini attorno che discendono, si innalza un leggero stelo di squisita grazia, alla cui sommità è collocato un fiorente bocciolo sferico. Il fusto decorato a zig-zag sorregge il meraviglioso bocciolo su cui sono scolpite dodici figure di baccanti fra musici.

foto R.M.
Le fanciulle raffigurate in una danza piena di movimento, ballano con le vesti svolazzanti come spinte dal vento. Sopra di esse sono effigiate dodici facce leonine ed umane sormontate da larghe foglie da cui zampilla l'acqua chiara e fresca.



Nelle vicinanze del Chiostro trovasi l'Antivilla Belvedere, un'ampia piazza di forma rettangolare, composta da viali e aiuole di svariate forme geometriche dentro cui crescono diverse palme. Qui addossata al muro del Vecchio Convitto Guglielmo, che costeggia il viale che porta alla Villa Belvedere, è situata una fontana comunemente detta la "Fontana dell'antivilla" che pare sia stata

fontana dell'antivilla belvedere

realizzata con i resti di un antico sarcofago.Nella parte superiore sono raffigurate due teste dall'aspetto ambiguo perchè per metà bestia e per metà uomo. Al centro è effigiato uno stemma rappresentante il sigillo della Santa Chiesa Metropolitana  di Monreale. Da sotto una stella impressa in detto sigillo scorre l'acqua dentro una sottostante vasca in marmo grigio di forma rettangolare.  


antivilla 


FONTANA DELLA VILLA BELVEDERE (STILE MODERNO)

La Villa è circondata da una ringhiera in ferro dalla quale ci si può sporgere per ammirare l'affascinante panorama della Conca d'Oro e la Città di Palermo con il suo mare. 
Alcuni vialetti confluiscono al centro all'ombra di maestosi ficus. Nel mezzo di questo giardino fino a non molti anni fa esisteva una fontana di forma circolare dove guizzano numerosi pesci. E' questa la "fontana del Belvedere" che successivamente fu demolita e sostituita con una in cemento di scarso valore con uno stile prettamente moderno.   

Chi si affaccia dalla lunga balconata del Belvedere per godere della Conca d'Oro,
foto r.m.
nel giardino sottostante, può osservare una artistica fontana in marmo di forma poligonale.


Di epoca settecentesca, fu fatta costruire dal Cardinale Francesco Giudice, in quel tempo Arcivescovo di Monreale. La fontana, purtroppo, per diverso tempo tenuta in stato di abbandono è stata pochi anni addietro restaurata, ma è priva d'acqua. C'è da ricordare  che nelle sue vicinanze ne esistevano altre due più piccole, fatte costruire verso il 1578 dall'Arcivescovo Ludovico I Torres, il quale in quel tempo abbellì sia il giardino che il Palazzo Arcivescovile. 

Proprio davanti all'ingresso di tale edificio, ad un angolo, è collocata una fontana che per la sua posizione in quell'atrio viene comunemente indicata come la "Fontana del Palazzo Arcivescovile".
In marmo bianco e pietra calcarea si dice che essa sia stata costruita con i resti del sarcofago, di origine romana, dentro cui erano conservate le ceneri del re Guglielmo II. Nella parte frontale sono raffiguratidue leoni nell'atto di sbranare una preda. dalla bocca di essi un tempo usciva l'acqua che andava a versarsi nella sottostante vasca realizzata in pietra calcarea di forma semiellittica che anticamente serviva per abbeveratoio per i cavalli. Un tempo sopra il sarcofago, la fontana aveva una parte superiore costruita a forma di arco trionfale, oggi non più esistente. 

Nelle vicinanze del Duomo, in prossimità del Palazzo Reale trovasi il quartiere Ciambra, il più antico di Monreale. Sviluppatosi subito dopo il sorgere del famoso complesso monumentale ospitava la servitù del re. La sua denominazione - Ciambra - deriva dal francese "chambre", cioè alloggio. In questo quartiere fino a non molti anni fa c'erano diverse fontane, oggi purtroppo non più esistenti. Fra questa la più bella era "A Crocchiola" che aveva una vasca a forma di conchiglia. Altre fontane più o meno note si possono rinvenire per i diversi quartieri della città.


Nel quartiere della Carrubella, nei pressi della Chiesa dove si venera un famoso Crocifisso del XVI secolo,
foto r.m.

cui i Monrealesi sono legati da profonda devozione, è situata una fontana detta della "Collegiata" perchè trovasi sotto le mura della Chiesa omonima.
foto r.m.
Costruita ai tempi dell'Arcivescovo Girolamo Venero nel secolo XVII, ha una vasca rettangolare a guisa di antico sepolcro in marmo. Anticamente sopra la fontana era collocata una lapide.

Nel quartiere del Pozzillo, ritenuto il più antico dopo quello della Ciambra, nelle vicinanze della casa natia di Antonio Veneziano, 


uno dei più grandi poeti del '500 di Monreale si trova la fontana "U Puzziddu" così denominata forse perchè sottomessa rispetto al livello stradale.
Costruita intorno al 1630 a guisa di un piccolo pozzo, ha la parte superiore a forma di cupola realizzata in pietra calcarea e marmo.

 foto r.m.

Nella nicchia in basso, dove si scende per mezzo di gradini, c'è una piccola vasca a forma di semicerchio sormontata da un muretto in marmo, dove sono raffigurate due teste di bimbo dalla cui bocca fuoriesce l'acqua. Sopra detto muretto è collocata una lapide, pur essa in marmo, e al di sopra un quadro. Sopra la cupola è sistemato uno stemma circondato da decorazioni in marmo.

Del 1764 è invece la "fontana I Cannola" esistente nei pressi del quartiere delle Turbe nella parte alta di Monreale. La monumentale opera, di stile barocco, fu fatta edificare dall'Arcivescovo Francesco Testa che volle la sua costruzione affinchè le donne in quel tempo fossero difese nel loro pudore, evitando di dover saltellare tra i sassi e le rocce della strada per recarsi a riempire l'acqua altrove. Al centro della facciata del complesso monumentale, dentro una nicchia, è collocata una piccola statua di San Giuseppe. Dalla nicchia fuoriuscivano due "cannola" da cui sgorgava l'acqua che andava a versarsi in una sottostante vasca di marmo con scanalature. Sempre nello stesso quartiere, costruito tra il XVI e il XVII secolo, fino a non molti anni fa esistevano diverse fontane che avevano un carattere prevalentemente funzionale e dalle quali scorreva l'acqua cosidetta di Santa Rosalia, fattavi introdurre nel '700 dal sopracitato Arcivescovo Francesco Testa. Di molte di esse non è rimasta alcuna traccia, ma vale la pena ricordarle, perchè a loro volta, hanno segnato lo sviluppo urbanistico del quartiere. 

Una di queste si trovava in via Tavola Rotonda ed era indicata con il nome omonimo della strada. Al centro del Chiasso Monte, era situata un'altra fontana detta comunemente "O fonte", mentre nella salita Gentile ne esisteva un'altra detta "A Funtana" nelle cui vicinanze c'era pure la "Fontana dell'orto" nei pressi della Chiesa omonima. Vicino la Chiesa della Madonna delle Grazie esiste ancora un'altra fontana chiamata dal popolo "Vavusa e Caddozza".
Addossata ad un muretto, ha la parte superiore in marmo, con decorazioni da cui fuoriusciva l'acqua che scorreva dentro la sottostante vasca in marmo grigio a forma di sarcofago.

Un altro itinerario ci permette di visitare altre fontane che si trovano qua e là nei quartieri della parte bassa della città.
La prima di queste è la "fontana dell'arancio" sita al centro di piazza Matteotti, meglio nota con il nome di piazza arancio, perchè fino al XIII secolo la zona era un fertile giardino di aranci. 

foto r.m.

La fontana di epoca fascista, è di fattura molto semplice. Realizzata in marmo grigio  ha la vasca di forma circolare nel cui centro si erge una colonna con scanalature che ricorda lo stile dorico. La colonna è senza capitello e da essa mediante quattro tubi di ottone sgorga l'acqua che scorre nella vasca all'esterno della quale, in tre pannelli è scolpito lo stemma del comune di Monreale. In via Ludovico Torres, addossata alla parete di quella che un tempo era la cinta muraria del famoso complesso monumentale arabo-normanno, è situata una fontana composta da una una vasca di pietra di forma semicircolare.
foto r.m.                                                                        
E' indicata come la fontana di via Torres. Ha una parte superiore consistente in una maschera in ceramica, dalle sembianze umane, dalla cui bocca, scorre l'acqua che va a versarsi nella vasca sottostante. 

Nelle vicinanze, nel quartiere del Carmine, costruito tra il XVI e il XVII secolo, si trovava la fontana dell'Odigitria, fatta costruire nel 1634 nei pressi della Chiesa omonima dall'Arcivescovo Ludovico Torres. Di essa, oggi esiste solo la lapide che ricorda la data e il nome dell'Arcivescovo che volle la sua realizzazione. 

    
In via del Carmine,
in fondo alla quale si trova la Chiesa in cui si venera la Madonna che ha dato il nome al quartiere, si trova ancora oggi una fontana che gli abitanti indicano come la fontana del Carmine risalente al 1620.

La vasca in marmo di forma concava è sorretta da un piedistallo e in alto, nel muro dove è addossata, esiste ancora la lapide che riporta la data della sua costruzione. 

Sempre  nello stesso quartiere esiste una fontana che per la sua vasca di forma circolare ha dato il nome anche al luogo (Chiasso Fontana Rotonda). Oggi di questa fontana non esiste alcun resto. 

 

All'incrocio tra le vie Pietro Novelli e le vie Antonio Veneziano e Venero, comunemente inteso dai Monrealesi "O Canali", esiste un'altra fontana indicata con lo stesso nome situata al di sotto del livello stradale e alla quale si arriva per mezzo di una gradinata. La fontana è in fase di restauro. Da questa fontana si diparte la via Venero intitolata al famoso Arcivescovo Girolamo Venero (1558 - 1628) che nel '600 fece cingere la città di mura per difenderla dalla peste. La strada è piena e larga e dopo un non lungo tratto, sulla destra, proprio alla confluenza con via Garibaldi si trova la fontana detta "O Spasimo". Tale nome deriva dal fatto che anticamente presso tale luogo venivano eseguite le esecuzioni capitali di alcuni condannati. Fatta costruire nel 1660 ha una vaschetta semicircolare rudimentale addossata al muro. Sopra la vasca, si trova una lapide al di sotto della quale scorre l'acqua. Sopra questa lapide se ne può osservare un'altra più grande e la di sopra della quale sono collocati tre stemmi. Su quello centrale è raffigurato uno scudo; gli altri due portano effigiati una stella. 

Oltrepassata detta fontana, la via Venero prosegue dritta e arriva, fuori dal paese, oltre la circonvallazione. In fondo ad essa, a destra, scorrono le famose acque di Venero, così chiamate perchè nel '600 il sopracitato Arcivescovo, nel giardino che da lui prese il nome, fece confluire le acque delle sorgenti vicine. Nel 1626, dopo aver protetto il giardino con una cinta muraria - dove ancora si possono ammirare lapidi e stemmi - rese il luogo ancor più delizioso con la costruzione di fontane a forma di vasche dalle quali, attraverso scanalature tracciate sui bordi, scorrevano le acque limpide e fresche. Per la loro copiosità tali acque venivano utilizzate per l'irrigazione di altri giardini limitrofi. Oggi è rimasta una semplice fontana che eroga acqua per usi irrigui. 

Il corso Pietro Novelli, intitolato a un famoso pittore monrealese del '600, porta fuori dell'abitato sulla provinciale Monreale-Pioppo. Non molto distante, dove si trovano le ultime abitazioni, sulla destra, si trova la fontana dell' "Abbiviratura" . Di epoca fascista è così chiamata perchè fungeva da abbeveratorio per gli animali. Di stile molto semplice, presenta un muretto a forma di pentagono da dove per mezzo di due tubi in ferro, scorre l'acqua dentro una vasca sottostante di forma rettangolare.  Da qui si dipartono due muretti a guisa di semicerchio con sedili che un tempo servivano per il riposo dei viandanti. 

Poco più avanti, sempre sulla provinciale Monreale-Pioppo, esiste un'altra fontana, che, per la sua semplice fattura, è detta "U Cannulicchiu", cioè piccola fontana. La parte frontale presenta un arco, dalla cui nicchia, fino a non molto tempo fa, sgorgava l'acqua che andava a finire in una vasca di forma rettangolare realizzata in pietra. 

La rassegna sulle fontane di Monreale non può che concludersi con una escursione a San Martino delle Scale, celebre località turistica, frazione della cittadina normanna. All'esterno dell'Abbazia, costruita nel 580 dal Papa San Gregorio Magno, distrutta nell' '820 e riedificata nel 1347 dall'Arcivescovo di Monreale Emanuele Spinola e dall'Abbate Sinesio ha subito da quest'ultima data diverse modifiche e abbellimenti. Nel 1770, su progetto dell'Architetto Venanzio Marvuglia, è stata ulteriormente ingrandita e resa più armoniosa nel suo insieme. Qui si trovano superbe ed artistiche fontane degne di essere apprezzate ed ammirate. All'esterno della Chiesa, alla base del campanile, è collocata la famosa fontana dell'Oreto.
Mirabile opera d'arte di indiscusso valore è stata eseguita verso la metà del XVIII secolo da Ignazio Marabitti. Di stile neoclassico, per il monumentale aspetto, è da considerare come uno dei tanti capolavori dello scultore palermitano. L'artista ha voluto imprimere alla fontana un chiaro significato allegorico. Dentro la nicchia di un tempietto greco, è collocata una statua raffigurante un vecchio seduto, che tiene nella mano destra una vanga e nella sinistra un vaso da cui fuoriesce l'acqua. Sotto la statua sono sistemati due putti tenenti tra le braccia ciascuno un fascio di piante di granoturco. Poco più in giù, ai piedi di una roccia, dove crescono diverse piante acquatiche, sono collocati due leoni. Alla base di detta composizione è una grande vasca, che raccoglie l'acqua che scende dalla roccia e dove guizzano numerosi pesci. La stupenda e armoniosa composizione secondo la concezione del Marabitti è una chiara allegoria. Il vecchio rappresenta il fiume Oreto; la vanga che tiene nella mano destra simboleggia il lavoro della terra; i putti e i leoni sono la fertilità e la forza del terreno della Conca d'Oro; l'acqua che scorre indica il passare del tempo. La nostra vita scorre come l'acqua. Dirimpetto a quest'ultima fontana si trova l'ingresso al monastero dei benedettini. Un ampio corridoio conduce ad un elegante chiostro del 1612. Esso è il più importante dei cinque chiostri che si trovano nell'abbazia. E' composto da 36 colonne in marmo nero del Belgio fu eseguita da Giulio Lasso nel 1725, mentre la fontana, opera del frate Benedetto Pampillonia, ha una vasca di forma circolare al centro della quale si innalza una composizione a piramide e alla cui sommità è collocata la statua. Sotto i piedi di San Benedetto sono situati due angeli, in marmo bianco, aventi ciascuno una lapide nelle mani su cui è riportata la regola benedettina. 
Sotto gli angeli, dalla bocca di quattro figure pure in marmo, dall'aspetto per metà uomo, per metà bestia, esce l'acqua che va a versarsi in piccole vasche a forma di conchiglia. Tra una fontanella e l'altra, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, si possono osservare altre quattro lapidi, sempre in marmo, dove sono incise espressioni in onore di san Benedetto. Alla base di tutta la composizione realizzata in marmo si trova la vasca circolare che raccoglie l'acqua che scorre dalle quattro predette fontanelle. 

Sempre nell'Abbazia, all'interno di un altro bel Chiostro, si rinviene la fontana della "Ginnastica". Il suo nome deriva dal fatto che in detto luogo all'inizio di questo secolo, esercitavano l'educazione fisica i giovani ospiti del Collegio dei Benedettini. Anch'essa è opera del Frate Benedetto Pampillonia che la realizzò agli inizi del secolo decimottavo. Sistemata nel mezzo del giardino  del Chiostro, presenta alla base una vasca a forma di conchiglia. Al di sopra di quest'ultima si trovano due putti in marmo che sorreggono un recipiente da cui sgorga l'acqua. E' con quest'ultima opera d'arte che si conclude la rassegna sulle più belle ed artistiche fontane di Monreale. 
L'ingente patrimonio che si è accumulato ad opera di architetti, artisti e maestranze nella città normanna, per la peculiarità dei motivi ispiratori, legati a situazioni locali, è l'espressione di una sensibile realtà profonda della storia della Città. Le opere artistiche dei secoli successivi alla costruzione del Duomo e del Chiostro, pur non assurgendo alla più alta originalità del periodo normanno, sono tuttavia del massimo interesse. 
Anche le fontane sono la testimonianza che Monreale è e sempre sarà città d'arte e polo turistico di notevole rilievo che concorre efficacemente alla valorizzazione della nostra Isola sì che la stessa possa inserirsi a giusto titolo tra i più prestigiosi circuiti turistici internazionali.    







  ARTE E MEMORIA
LA STRADA MONUMENTO
ROCCA MONREALE
E LE SUE FONTANE
a cura di Salvo Lo Nardo


L’asse che collega Palermo e Monreale, la famosa strada-monumento, è opera di importanza storica e testimonia, in Sicilia, un periodo di grande fervore urbanistico rappresentato dall’ideale unificazione tra Palermo e Monreale, esito del dialogo a distanza tra il Vicerè protempore, Marcantonio Colonna, e l’arcivescovo di Monreale, Luigi De Torres. La strada, nella sua configurazione finale, appare, con uno straordinario monumento arricchito sapientemente nei luoghi di maggiore veduta attraverso la collocazione di straordinarie fontane, realizzate da Ignazio Marabitti, nonché di piloni e targhe commemorative realizzate da Filippo Pennino; ciò al fine di caratterizzare determinati punti quali piacevoli luoghi di sosta per rinfrancare i viaggiatori.
Storicamente la strada nasce in sostituzione dell’antico e disagevole percorso, che dalle absidi del duomo attraversava tutta la campagna, con l’intenzione di attuare un collegamento moderno tra Monreale e Palermo; tale strada, nonostante le necessarie curve ed una notevole pendenza, per chi usciva da Monreale si svelava “come un lungo cannocchiale puntato su Palermo, imprimeva una direzione rettilinea che si sostituiva alla strada anche quando essa deviando veniva a mancare”.
Nel 1580, a compimento del messaggio  implicito nell’opera del Torres, il vicerè Marcantonio Colonna (1577-84) ordinò la costruzione di un rettilineo che congiungeva la città con Monreale; un tentativo di sviluppo al di fuori della cerchia delle mura di Palermo. Questa strada, chiamata “stradone Mezzomonreale”, il cui tracciato corrisponde all’attuale corso Calatafimi, rettilinea per quasi tutto il percorso, che aveva inizio da Porta Nuova e fine alla Rocca, continuazione del Cassaro, rientrava nella logica che, fin dalle origini, aveva presieduto alla definizione della forma e delle funzioni di Palermo: portava alle estreme conseguenze il concetto di penetrazione dal mare verso il territorio che aveva contraddistinto l’impianto fenicio e l’espansione araba. Da quanto detto si evince che la strada, collegamento rapido tra Monreale e Palermo, appariva nel suo insieme, unitaria, mentre invece i suoi tratti –uno che va da Porta Nuova alla Rocca, l’altro da questa a Monreale – di diversa inclinazione e spazialità, sottendevano l’uno l’intervento del Vicerè, l’altro dell’Arcivescovo. Ma il disegno della strada nel tempo subisce costanti modifiche; tra queste la costruzione delle mura e delle porte di Monreale, voluta nel XVII secolo dall’Arcivescovo Girolamo Venero, trasforma il rapporto tra la cittadella normanna e il territorio circostante, e di conseguenza trasforma con la strada fino ad allora realizzata: “In questi e in altri interventi, sia del Venero che dei successivi arcivescovi più che funzione prevalentemente privatistica come in passato è palese l’attenzione alla fruizione sociale del prodotto, tipica del seicento europeo. In tutti e due i settori – architettonico ed urbanistico – gli esiti scaturiscono, quindi, dalle esigenze della comunità e sono ad essa finalizzati “.
In quest’ottica è da considerarsi la risistemazione del collegamento con Palermo – 1620/22 – nel tratto che da Porta S. Michele ad oriente scende alla Rocca: sistemazione che nel suo esito complessivo si percepisce come passeggiata alberata e funzionale all’uso della carrozza. Il concetto della pubblica utilità si coniuga con quello del bello e delle fontane, sino ad allora elementi di qualificazione estetica di luoghi solo privati.
“E’ soprattutto la fontana, delizia ed ornamento degli interni, che esce allo scoperto, diventa arredo della città, ne caratterizza le sue parti più rappresentative o che si vuole diventino tali, coniuga sapientemente funzionalità e bellezza”.
Nel dialogo a distanza, parallelamente, si realizzano le fontane ad opera dello scultore Mariano Smiriglio, che arredano la strada che da Porta Nuova giunge alla Rocca. Nel XVIII l’azione dell’Arcivescovo Francesco Testa (1754-63), uomo di eccezionale personalità e cultura, incide profondamente nella sistemazione dell’abitato e del suo paesaggio extra-moenia, attraverso un programma organico di interventi urbanistici che privilegia il settore delle opere pubbliche rappresentative.
E’ di questo periodo, infatti, la definitiva soluzione delle problematiche che ancora caratterizzavano la salita Rocca-Monreale. Già migliorata dai lavori del primo Seicento, la sua pendenza in alcuni tratti si manteneva ancora eccessiva.
Supportata da un’equipe di tecnici coordinati dall’Arch. Salvatore Attinelli e da un solido sostegno economico, l’opera si realizza attraverso l’incisione diretta nella roccia “con l’uso di esplosivi”, che consente la sostituzione del tratto più critico della salita con due grandi anse di minore pendenza.
Monsignor Testa commissionò l’opera di arredo della strada allo scultore Ignazio Marabitti, con il quale avvia un vivace e proficuo sodalizio.
“L’inizio del nuovo collegamento fu segnato da due piloni ornati di vasotti fioriti, scolpiti in pietra, e tutto il suo percorso arredato da cippi ornamentali, di emicicli marmorei, di targhe commemorative e di fontane”.
Marabitti, a quell’epoca, era all’apice della sua attivissima carriera: le opere di Monreale sanzionano definitivamente la sua fama “rivelando non solamente un Marabitti scultore all’avanguardia nei raffinati , ma spontanei, atteggiamenti delle sue figure, specie infantili, ma anche un Marabitti architetto di gusto.
L’arrangiamento architettonico delle fontane riprende i toni del predecessore Mariano Smiriglio, in una continuità di atteggiamenti classici, che non impedisce a Marabitti aperture sia verso la grande lezione naturalistica dell’ultimo barocco e del pittoresco nascente , sia verso la grande lezione naturalistica dell’ultimo barocco e del pittoresco nascente, sia verso campiture cromatiche nei toni dell’ocra e del senape, non insensibili agli stimoli del pompeiano. La sequenza delle opere decorative, oggi esistenti, partendo da Palermo, è la seguente:
1)     Piloni (opera dell’allievo del Marabitti, Filippo Pennino);
2)    Fontana del pescatore: è una vasca circolare, con figure di fanciulli colti nei più vari atteggiamenti di gioco. Fra le rocce di una grande rocaille si distinguono
in particolare il bambino che dà il nome alla fontana ed il gruppo principale, nel quale due puttini sono colti nel tentativo di sottrarre una grossa conchiglia ad un mostruoso serpente di mare (1769);
3)    Dinanzi alla fontana due lapidi commemorative, alludenti al papa ed all’arcivescovo di Monreale, trovano alloggio sulle pareti dei due monumenti, i quali, nel commentare il brusco ripiegarsi della strada su stessa in un tornante in salita, contribuiscono anche a qualificare lo spazio della fontana come un ambiente raccolto ed individuato;
4)    Nuovo gruppo di piloni, con vasotti analoghi a quelli della Rocca ed anch’essi realizzati da Filippo Pennino;
5)    Emiciclo con panchine in pietra, oggi quasi illeggibile per il degrado, alla successiva curva in salita;
6)    Fontana del drago, caratteristica per il suo impianto a mostra, con figure liberamente disposte sulla parete rocciosa, ampia conchiglia di raccolta a mezza costa, e grotta, dalla quale si intravedono emergere le fauci di un orribile drago. I fianche della fontana sono individuati da un ampio apparato di muri, piramidi e panchine, terminate in due fontanelle più piccole, secondo una disposizione che richiama con evidente intenzione le fontane di Mariano Smiriglio (1767);
7)    Fontana ad emiciclo, staccata in ocra e giallo, e raccolta intorno ad una nicchia centrale, anche questa con piccola rocaille. Vi si intravede ancora un mascherone residuo, che probabilmente buttava acqua dalla bocca. Tale fontana, è documentata nel bel disegno dello Houel;
8)    Fontana ad edicola, con piccola conca sorretta da arpie, già esistente e datata 1665”.
Con tali opere decorative, atte ad individuare lungo il percorso dei punti strategici quali “la sottolineatura dell’inizio della strada, il recupero della storia dell’incrocio con il percorso seicentesco, la prima percezione delle abisdi del Duomo in lontananza e la conclusione del percorso alla porta della città, la salita Rocca-Monreale, nata come semplice collegamento, si configura nel suo insieme come uno straordinario monumento.
In quest’ottica nel suo “Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari” J. Houel rievoca così i suoi ricordi: “l’acqua sgorga, dalle fontane-alcune delle quali, per renderle più pittoresche, poste tra alberi di varie specie-nei modi più diversi: a zampilli, a colonna, a specchio, a cascata, in qualcuna ad ombrello. Ad ogni passo se ne trova una fatta in maniera nuova, appare un quadro diverso, uno spettacolo incantevole. Al piacere si unisce l’utilità; perché con un clima così caldo, si sente continuamente il bisogno di questo elemento”.
Con questa pagina interpretativa Houel testimonia il fascino di una cultura artistica fiorentissima e di grande intensità.