La rivolta del 7e mezzo



La rivolta del
<SETTE E MEZZO>

Libri in Biblioteca



<Fin dalla vigilia del 16 settembre Palermo si torceva fra le spire della rivolta. L’unica ad ignorarlo era l’autorità politica tardipede per costituzione nel tener dietro ai grandi rivolgimenti della storia. Il popolo se non sapeva, sentiva: e ognuno conosce di quanto l’intuire soverchi il ragionare. Persino un orbo, incapace d’infilare la smorta pupilla nella cruna delle vicende mondane, avrebbe avvertito nell’aria qualcosa di estremamente teso: come la pena del vetro, non percosso, ma pigiato fino al massimo della resistenza, che sta per incrinarsi. I volti delle persone, quando non erano rattratti dallo sbigottimento, apparivano come straniti; e le forme consuete della vita sociale apparivano smagate allegorie di una verità più profonda, latente dietro di esse. Parole oscure, tra profetiche, amletiche e minacciose, strisciavano da tempo intorno al fatto bruto, storicamente inattuale, ma pulsante di una più prepotente attualità ideale: la verità di ciò che non è ancora, ma deve assolutamente essere, perché così detta il Destino. Da prima, più che parole, confidenze, bisbigli, ammiccamenti di occhi e sdrusciare di gomiti, frasi smozzicate, gerghi furbeschi, che i passanti per la stessa strada si scambiavano in incontri studiati o impremeditato; poi proposizioni, che si sgranchivano in aperti discorsi, lunghi conversari corrivi a sfrenarsi nella iattanza e nella provocazione. Si discutevano piani tattici e strategici, si localizzavano i punti di attacco e di resistenza, si precisava l’ora X dell’inizio delle “operazioni”, si svesciavano, senza sottintesi, i nomi dei capi, dei sottocapi e dei fiancheggiatori della insurrezione. Alle madri si consigliava di tenere da presso i bimbi, come fanno le chiocce col branchetto dei pulcini, appena il tempo rabbruschi e minacci di dar temporale; ai fornai raccomanda vasi si provvedessero di buone scorte di farina per il caso che il rifornirsi ai mulini fosse per tornare, da un momento alla’altro, difficile; chi aveva una vendetta da compiere si fregava le mani; chi qualche conto da rendere si sentiva entrare in corpo una certa batti soffia. I poveri e i diseredati guatavano i ricchi con insolita mutria, i malviventi squadravano, con soggezione, glia genti dell’ordine, quasi a bravarli, e segnavano a dito gli arnesi di polizia, che erano in voce di sopraffattori (suvirchiusi), come a dire: “fra poco vi faremo la festa”. Dappertutto uno stato di orgasmo e di sovra eccitazione gonfio di collere, di risentimenti, di appetiti perversi, di agghiaccianti timori e di sinistri presagi. Solo le alte autorità nuotavano in un liquido ottimismo come i pesci di un indolente peschiera, incredule degli ammonimenti, che salivano dalle cose, restie a prendere quei saggi provvedimenti, che ogni pacifico cittadino suggeriva  e reclamava per arginare, se non impedire, l’imminente cataclisma. Purtroppo, l’ottimismo degli uomini di Stato è l’astuzia,onde il Destino si serve per perdere un regime. Per l’appunto, la sera del 15 settembre-mentre la chiostra dei monti intorno alla Conca d’Oro si punteggiava di misteriosi occhi luminosi sotto il cielo veleggiato da opalescenti garze di nuvole- il sindaco Marchese Starabba di Rudinì e il bergamasco Maggior Generae Camozzi, comandante della Guardia Nazionale, chiedevano udienza, nella sua dimora privata, al Conte Luigi Torelli prefetto della Provincia…..
                                                               
                                                                        ……dal libro di Giuseppe Maggiore <SETTE E MEZZO >




….1866, anno di infausta memoria per l’avvenuta sommossa settembrina, che portò, funeste conseguenze alla Sicilia, e fu causa che nella nostra provincia fosse importato il colera da le truppe, che vi furono mandate dal continente italiano per reprimere la ribellione. Strana sommossa codesta, che non si sa bene donde e per opera di chi avesse ricevuto la spinta! Senza affermare, come da non pochi è stato detto che quel movimento fu voluto o almeno secondato da coloro che reggevano allora la pubblica cosa, onde toglierne pretesto di attribuirlo alle mene dei reazionari clericali e borbonici, a fine di affrettte in modo brusco e di un colpo, la progettata soppressione de le corporazioni monastiche; cert’è però che le autorità localisia per inettitudine sia per troppas fidanza di sé stesse, non vollero o non seppero prevenire a che non prendesse pericoloso sviluppo un’insurrezione , che ben di leggieri avrebbe potuto essere soffocato in sul nascere.Fatto sta che la plebe levatasi a rumore, portò le armi e il disodine per le contrade e le vie di vari comuni dew la Provincia e segnatamente di Palermo e di Monreale. Ora in quei sette giorni di terrore, che tanto durò quella anarchia tremenda, i più autorevoli cittadini tanto di Palermo che di Monreale presero la lodevole determinazione di costituirsi in comitato di salute pubblica, onde cercar modo dio provvedere non foss’altro all’annona, far argine come meglio si potsse alle intemperanze dei rivoltosi e salvare il paese dai furori de l’anarchia. Per la qualcosa divisrono tutti d’accordo di invitare M.re D’Acquisto ad assumere la presidenza di quel Comitto come la persona più autorevole per la sua qualità di Arcivescovo. Accettò egli dunque  il difficile incarico….
E gravi conseguenze ebbe per primo a subirne il venerando Arcivescovo D’Acquisto. …

             dall’opuscolo dell’ Avv. Filippo Lorico 
<VITA DI BENEDETTO D'ACQUISTO>




Gli storiografi, interessati allo studio della rivolta palermitana del 16 settembre 1866, non sono tutti concordi sulla genesi e sul carattere della rivoluzione del sette e mezzo.   …”Questo rilievo” ed anche  per la scarsezza delle fonti, …va spiegato col fatto che la rivolta del ’66 non fu preordinata, non si svolse in base ad un piano prestabilito….ma fu una sommossa violenta, acefala e eterogenea, per il concorso di diverse fazioni, una esplosione di malcontento vasto e profondo, una reazione istintiva contro il governo, accentratore ed oppressore, e più precisamente contro <la consorteria> al potere. “




Biblioteca comunale dei libri del fondo moderno

MOSTRA DOCUMENTARIA
E
INCONTRO –DIBATTITO
SUL TEMA
“LA RIVOLTA DEL SETTE E MEZZO”
 Casa Cultura “Santa Caterina”
gg. 17 e 18 SETTEMBRE 2018



In Biblioteca,  Incontro - dibattito sul tema co
Professore Elio Di Piazza per il  Centro Zabut





Esposizione TESTI:

1.  Estratto dall’Archivio Storico Siciliano - Serie III Vol. XVII RECENSIONE –    Palermo 1968

2.  Nicola Giordano – STORIA E STORIOGRAFIA DEL MOTO DEL SETTE E MEZZO – Ed. I.L.A. Palma Palermo 1970 (da: Collana di Testi Risorgimentali Siciliani diretta da Gaetano Falzone)

3.   Nicola Giordano -  ANCORA SULLA GENESI DEL MOTO PALERMITANO DEL SETTEMBRE 1866 – Estratto dalla Rivista trimestrale(op. cit).

4.  Nicola Giordano – TRE LETTERE INEDITE DI CARMELO GALVAGNO A GIUSEPPE ODDO (Estratto dalla Rivista di studi storici <Il Risorgimento in Sicilia >, Palermo Gennaio-Giugno 1966)

5. Nicola Giordano LETTERE INEDITE DI F. D. GUERRAZZI A S.G. SCARLATA Ed. G. Denaro Palermo 1966

6. Nicola Giordano- CINQUE LETTERE INEDITE DI EMERICO AMARI A GIUSEPPE BRACCO AMARI – Estratto dalla rivista <Il Risorgimento in Sicilia> Anno VI luglio-Dicembre 197

7.  Nicola Giordano - LETTERE INEDITE DI F. D. GUERRAZZI A MARIO ALDISIO SAMMITO  - Estratto dalla rivista di studi storici <Il Risorgimento in Sicilai>, Palermo, n. 4 ottobre-dicembre 1967


8. PALERMO ALLA VIGILIA DELLA <RIVOLUZIONE DEL SETTE E MEZZO>, quale risulta dalla pagina 355 alla pagina 371 del libro di Giuseppe Maggiore, capitolo IX (L’ORA <X> in: Giuseppe Montalbano – TOPI, CAVOUR, LIBERALI NEL RISORGIMENTO SICILIANO (1860-1861)pag. 120

9  Seminario di Storia del Risorgimento della Facoltà di Magistero dell’Università di Palermo: IL RISORGIMENTO IN SICILIA – Trimestrale di Studi Storici – Anno I N. 3 Luglio-Settembre 1965 – S.F. Flaccovio Ed. Palermo 

.   Paolo Alatri -  LOTTE POLITICHE IN SICILIA SOTTO IL GOVERNO DELLA DESTRA (1866-74) Einaudi Ed. 1954   

Alfredo Comandini – L’ITALIA NEI CENTO ANNI 1861-1870-Giorno per giorno- Ed. A. Vallardi  Milano 1929 pagg. 894-895 

1  Giuseppe Carlo Marino - IL MERIDIONALISMO DELLA DESTRA STORICA E L’INCHIESTA PARLAMENTARE DEL 1867 SU PALERMO 

1  Salvatore Salomone Marino – LEGGENDE POPOLARI SICILIANE pag. 23  
1 Cronache di un secolo a cura di Piero Pirri Ardizzone, dalla COLLEZIONE DEL GIORNALE DI SICILIA Palermo 1959, pag. 25  


1   RIVOLTA SETTEMBRINA DEL 1866  in VITA DI BENEDETTO D’ACQUISTO  Palermo 1899 pag. 43 

                                          
                                     















Presenti l'Assessore alla Cultura  Giuseppe Cangemi e l’Assessore ai Beni Culturali Paola Naimi













E' morta INGE FELTRINELLI 
la regina dell'editoria


<….E’ lei che si occupa di risollevare le sorti della casa editrice Feltrinelli, facendo leva sul proprio impeto entusiasta e seduttivo nella gestione e nel rapporto con i suoi autori. Confidando anche sulla solidità degli affetti: il primo è quello del designer e filosofo argentino Tomàs Maldonado, a cui Inge resterà legata e che sarà una «colonna morale» per la famiglia e per la casa editrice. Ma anche contando sulla propria lungimiranza visionaria: per esempio nel puntare sulla distribuzione capillare delle librerie Feltrinelli (un centinaio), create da Giangiacomo come autentica impresa civile nell’Italia del dopoguerra. I primi anni Ottanta sono i peggiori, con la condanna per diffamazione per il libro di Camilla Cederna sul presidente Leone, ma Inge sa circondarsi di collaboratori e dirigenti di primissimo piano: Franco Occhetto, Sandro D’Alessandro, Gabriella D’Ina, Alberto Rollo, Giulia Maldifassi, Francesco Cataluccio. E c’è sempre Romano Montroni che dirige le librerie. Nella fase più difficile, verranno fuori, dopo il filone sudamericano, i romanzi di Saramago, Pennac, Yoshimoto, Amos Oz, Tondelli, Benni, Tabucchi, Celati, Starnone, De Luca, Maggiani e tanti altri autori. Con la pronuncia tedesca che non aveva mai stemperato, con i suoi accenti spesso sbagliati, Inge Feltrinelli era una straordinaria narratrice orale: raccontava con entusiasmo l’incontro a Cuba con Hemingway in preda all’alcol, le feste a Francoforte con Wagenbach e Fischer, le scorribande con Vázquez Montalbán al mercato del pesce di Barcellona, la conquista ardua di Marguerite Duras con i suoi capricci (L’amante nel 1985 servì a dare respiro alla casa editrice), la prossimità sororale con Nadine Gordimer e Doris Lessing, la severità di Max Frisch, l’angoscia di Isabel Allende dopo la morte della figlia. E l’amicizia quasi cameratesca con Antonio Tabucchi, la visita al vecchio «sporcaccione» Charles Bukowski nella casa di San Pedro, i selvaggi moustaches di Günther Grass e le sue famose zuppe di pesce, l’allure di Gabo da divo di Hollywood dopo il Nobel. Mai un filo di nostalgia, in quei racconti, solo il puro piacere intellettuale e umano ripetuto al presente. Inge era diventata la regina dell’editoria, più che una sorta di ministro degli Esteri del libro, una mina vangante di risate ed entusiasmo in giro per il mondo. Presidente della casa editrice, diventata «holding», a fianco del figlio Carlo, amministratore delegato: «Lui la mente, io l’anima» diceva, ma spesso si scambiavano i ruoli. Neanche le cariche e i riconoscimenti e gli onori internazionali, i successi, la ripresa, le acquisizioni, né tanto meno la vecchiaia, erano riusciti a domarla. >