GIORNATA UNESCO DELLA FILOSOFIA

CELEBRAZIONE 

DELLA

GIORNATA UNESCO DELLA FILOSOFIA

La filosofia come pratica dialogica di comunità



Maria Rita Fedele, Docente di Filosofia e 
Teacher in philosophy for children for community secondo gli standard internazionali vigenti




La philosophy for children/for community: il modello teorico

La philosophy for children/for community, nota come P4C, si ispira al modello teorico di Matthew Lipman e al suo curricolo fondato negli anni Settanta del Novecento. La proposta di Lipman spinse già da quegli anni ad intendere, in modo inusuale, la filosofia come una pratica riflessiva, coniugabile a tutte le età, dai più piccoli agli adulti, come pratica dialogica di comunità.
Per Lipman, infatti, la capacità di dialogare filosoficamente non si lega allo sviluppo del pensiero astratto e formale, per dirla con le parole di Piaget. Anche ai bambini Lipman attribuisce la possibilità del filosofare e anzi individua proprio nell’infanzia il luogo privilegiato della filosofia.
È presente nei bambini quella tipica disposizionea meravigliarsi di fronte al mondo, a stupirsi delle cose e a porsi tanti “perché”[1]. In altri termini, i bambini, molto di più degli adulti, sarebbero caratterizzati dalla tendenza ad interrogarsi, a questionare, senza dare nulla per scontato, soprattutto se le domande si sviluppano in contesti esistenzialmente significativi come la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari.
La ricerca di senso e di significato che caratterizza l’infanzia spinge i bambini ad essere capaci di pensare e di discutere di questioni di rilevante importanza, quali l’amicizia, la libertà, la verità, il bene e il male. Per tali ragioni, nell’introduzione al testo, forse più celebre di Lipman, Educare al pensiero, il filosofo scrive:

«non è facile impedire ai bambini di filosofare […] i ricordi cui siamo profondamente legati, degli anni trascorsi a scuola rappresentano spesso momenti in cui abbiamo pensato con la nostra testa e certamente non grazie al sistema educativo, bensì suo malgrado»[2].

La presenza di questa sorta di “istinto” filosofico trova le sue ragioni nel fatto che proprio fin dall’infanzia i bambini aspirano ad una vita ricca di esperienze esistenziali significative e ciò li spinge a porsi delle domande, a pensare e a ragionare su questioni ritenute squisitamente filosofiche: dall’origine dell’universo al significato della morte, dell’amicizia, al valore delle regole.
La matrice teorica che ha ispirato Lipman nell’elaborazione del curricolo della “philosophy for children” (P4C) è fortemente imperniata nel pensiero di John Dewey, in particolare nella valorizzazione del ruolo dell’esperienza e nella considerazione della logica come strumento per lacostruzione di una società democratica nonché del pensiero come indagine problematizzante sull’esperienza. Pur tuttavia, è possibile scorgere nello snodo teoretico del pensiero di Lipman un significativo richiamo alle filosofie fenomenologico-esistenziali, fra cui quella husserliana, in cui forte è il rilievo assegnato al concetto di intenzionalità.
Secondo la fenomenologia husserliana, è l’intenzionalità della coscienza a dare senso al mondo. La coscienza, infatti, non è una dimensione autonoma, disincarnata, isolata dal resto del mondo, ma è “apertura” all’alterità, è un “dirigersi verso”, è la capacità di dare senso (o molteplici sensi) a ciò che è esterno ad essa, a partire da quel contesto biologicamente, psicologicamente, materialmente condizionato, che colloca ciascuno di noi in uno spazio geografico ben preciso e in un’epoca storica. In questa prospettiva, dunque, la coscienza soggettiva che si rivela in ogni caso come coscienza intenzionale è legata in modo inscindibile al mondo-della-vita (Lebenswelt) ed è quest’ultimo ciò che rende possibile il legame tra esperienza e senso in quello sforzo incessante di cogliere il significato in ogni fenomeno.
In questa direzione, la P4C si propone come un valido modello pedagogico, capace di trasformare l’attitudine “naturale” dei bambini a filosofare in una vera e propria capacità, quella che Lipman stesso definisce pensiero critico, antidogmatico, problematizzante. La dimensione critica del pensiero è quella che permette di articolare e strutturare pensieri coerenti, argomentando le proprie tesi, distinguendo inferenze valide e non valide, formulando giudizi in base a criteri fissati.
È questa la modalità del pensiero in base alla quale non ci si lascia condizionare dai pregiudizi, dalle affermazioni scontate, dal “sentito dire”, ma si problematizza, assumendo quella distanza dalla realtà pre-data che è sinonimo di apertura “mentale”, tendenza a rivedere, a mettere in discussione, a disporsi verso la realtà come se fosse sempre la prima volta.
Tale proposta didattica della filosofia, che si pone come pratica dialogica di comunità, riferendosi a tutti i gradi e gli ordini di scuola, nasce da una precisa domanda: "Perché abbiamo bisogno di una filosofia?".
Habermas risponderebbe: "per liberare l’umanità dal principio di autorità".
C’è bisogno della filosofia per contrastare le nuove ideologie che imperversano nel nostro tempo:

1.     quelle del mercato, della globalizzazione, che riducono gli individui a meri consumatori;
2.     quelle di poteri occulti, delle logiche clientelari e affaristiche, che riducono gli individui a meri assertori di compiti;
3.     quelle dei tecnicismi, che in nome del "saper fare", costringono gli individui a seguire determinate logiche di azione, trascurando la dimensione essenziale del "sapere essere".

I tecnicismi eclissano la ragione sapienziale e determinano il trionfo della ragione strumentale, ma la ragione strumentale non sa distinguere tra ciò che si può fare e ciò che si deve fare!
Significative le affermazioni di Martha Nusbaum, riportate nel saggio intitolato "Non per profitto", in cui si insiste sull’importanza della filosofia e, più in generale, del sapere umanistico, in un’epoca, comela nostra, in cui «siamo stati sedotti dalla crescita economica, ma senza istruzione e formazione non c’è progresso». La filosofia propone una cultura pubblica deliberativa, in cui il sapere si fa cultura dell’uomo e, quindi, coltivazione della sua umanità.
Queste sono le ragioni che dovrebbero spingere le scuole a pensare ad una nuova didattica della filosofia, che tenda ad innovarne l’insegnamento nei licei, laddove esso è previsto, e a promuoverla ex novonegli altri ordini e gradi di scuola, come pratica dialogica di comunità, propedeutica certamente alla formazione del pensiero critico, riflessivo e valoriale, nel senso in cui afferma il padre della philosophy for children 
 MARIA RITA FEDELE

                         
                                                                                                


[1]Cfr. M.Lipman, Il prisma dei perché, Liguori, Napoli, 2004
[2] Cfr. M. Lipman, Educare al pensiero, trad. it. di A. Leghi, Vita e Pensiero, Milano, 2005, p. 9



Sindaco Avv. Piero Capizzi - Assessore alla Cultura Dott. Giuseppe Cangemi Assessore ai BBCC Dott.ssa Nadia Battaglia - Prof.ssa M. R. Fedele Docente di Filosofia- Prof. Antonio Cosentino, Presidente del comitato scientifico del CRIF - Prof. G. D'Addelfio Docente di Pedagogia Generale e di Filosofia dell'Educazione









I CENTO PASSI DI M. T. G. Giordana .Omaggio a l. Burruano

OMAGGIO A LUIGI MARIA BURRUANO



Proiezione del film "I CENTO PASSI" 
di 
M. T. GIORDANA 


CASA CULTURA Santa CATERINA


 L'Assessore alla Cultura Dott. Giuseppe  Cangemi dà il benvenuto agli alunni della classe dell' Istituto Superiore "E. Basile"



Presenti all'iniziativa culturale il Direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia della Regione Sicilia Dott. Ivan Scinardo. Gli Attori siciliani Gino Carista. Giuseppe Moschella, Emanuela Mule che hanno ricordato il collega Burruano.









  





Artisti monrealesi. Opere in biblioteca comunale

ESPOSIZIONE DELLA COLLEZIONE DI OPERE D'ARTE 
DI  ARTISTI STORICI MONREALESI
PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE dei libri del  fondo moderno 
"CASA CULTURA Santa Caterina" di Monreale

Senza l'Arte il mondo è silenzioso e vuoto. Rinchiuso. 

L’esposizione della collezione di opere d’arte di alcuni artisti monrealesi che hanno mostrato attenzione agli aspetti più stimolanti dell’arte e che in passato hanno donato alcune loro opere al Comune di Monreale, vuole porre le basi per uno sviluppo  culturale ordinato e produttivo. Per le scolaresche del nostro territorio, stimolo al pensiero e al giudizio critico perché un approccio estetico che parte dalle sensazioni e dalle emozioni permette di stupirsi, meravigliarsi e sviluppare la sensibilità creativa.
L’espletamento di un progetto culturale all’interno della biblioteca comunale,  volto alle scuole del territorio, agli utenti e ai visitatori è sicuramente arricchimento e orientamento maggiore per quanti desiderano conoscere l’escursus artistico dell’arte monrealese che ha le sue origini con la costruzione mosaicale del Duomo di Monreale e di tutto il patrimonio artistico-monumentale ereditatoci dai Normanni.

E il "culto" dell'arte a Monreale, è stimolato dalla presenza di questo patrimonio architettonico,  nucleo e fondamento di ogni settore della vita del paese.  
Da fonti storiche, apprendiamo che una scuola di artisti ruota attorno alla famiglia Oddo. Il muratore ed architetto Masi Oddo, lavora per molto tempo nel Duomo anche come mosaicista. Masi Oddo dimora presso la torre denominata la vetriera e alla sua scuola, viene lavorata anche la ceramica. Il vero artista è però il figlio Pietro "fornito anche di una buona cultura umanistica e letteraria." Egli perfeziona l'arte del mosaico a Monreale, ripara, in Cattedrale, diversi pannelli in mosaico ma la sua opera più importante è il pavimento dell'ala sinistra del presbiterio. Alla famiglia Oddo si aggiunge quella dei Nicolosi, Matranga e i fratelli Zerbo.  Altri artisti lavorano per realizzare commissioni da parte di cittadini privati e Chiese. Nel ‘600 a Monreale, l'arte del barocco assume esempi significativi: infatti molte Chiese, vengono rinnovate secondo il nuovo gusto. Nello stesso secolo, la Sicilia vanta di avere il grande pittore Pietro Novelli: nasce nel 1603 a Monreale e come il padre amò l'arte. Verso la metà del '700, le condizioni politiche consentono di intensificare i rapporti con la cultura italiana ed europea. L'isola partecipa alle vicende socio-politiche, filosofiche, letterarie, artistiche che investono l'Europa. Le Accademie italiane e straniere allacciano rapporti tra loro, si intensificano le corrispondenze culturali tra italiani, francesi, inglesi e tedeschi. La Sicilia è meta di viaggiatori stranieri che ne scoprono la bellezza naturale ed il significato, spesso drammatico, dell'arte. Si diffonde intanto la cultura francese ed ogni intellettuale congiunge  legami alla ricerca urgente di una verità, e non solo. Monreale è al centro di un vasto rinnovamento di studi, specie nel campo letterario e filosofico.  Nella pittura, si distingue Antonino Leto, Giaconia e più avanti, tutta la scuola di artisti che "nelle loro opere attingono ispirazione da Monreale, del suo Complesso monumentale, della visione della Conca d'oro, dell'aria caratteristica della nostra città" (G. Schirò). Pietro Oddo,  Antonino Leto,  Andrea Di Piazza, Salvatore Giaconia, Pietro Novelli 
“Artisti…dal loro diverso tempo di realizzazione e di indirizzi estetici.... Li accomuna, all'origine, una uguale carica di sollecitazioni: quel sentirsi, da Monreale, dentro lo spazio più vasto del proprio "durare".. Così fu per il Novelli...e poi per Antonino Leto... pittura che si sostanzia dei fermenti culturali europei e che si attua perciò nei migliori riscontri artistici dell'epoca. Una tensione che non si allenta ma che si rigenera nelle più recenti generazioni di artisti monrealesi, sino ad arrivare ai più validi linguaggi delle odierne avanguardie."(F.sco Carbone) 
La generazione dal 1936 al 1951, reduce della catastrofe mondiale, testimoniata non solo dalle rovine delle città e dai segni fisici dei corpi dilaniati dalle stragi ma anche da una solitudine esistenziale, prigioniera di una coscienza inutile e vuota, necessita di una ricerca interiore che riscatti l’essere umano, ormai troppo mortificato.
I pittori, i filosofi, i poeti, i letterati, offrono già il ritratto dell'uomo contemporaneo.
L'interscambio dei diversi linguaggi, delle esperienze culturali ed estetiche accomuna ed avvicina popoli lontani in un unico denominatore. Dalla fine degli anni cinquanta, le arti figurative si ritrovano di fronte alla dialettica del realismo-astrattismo. Lo scontro fra le due correnti, porta gli artisti a voler superare i due linguaggi per seguire altri itinerari, fatti di esperienze di vita anche casuali. Raggiungere cioè la realtà, non con le applicazioni di regole e codici imposti ma con l'uso di una materia che significhi oggetto ed enigma. Artisti che sentono la necessità di uscire da questa antinomia, per non perdere la spontaneità creativa e che adoperano un linguaggio pittorico, appartenente all'esperienza dei cubisti, degli espressionisti, degli astrattisti. Si fa avanti, in campo internazionale, il nouveau rèalisme fatto con assemblaggi di elementi. In America, la Pop Art che ironizza la civiltà dei consumi e di cui ci si crede protagonisti. Una dissacrazione della società, in realtà senza valori. La Pop Art americana influisce anche su artisti italiani; si avvicendano e s'intrecciano movimenti e correnti da teorici dell'arte. Altri, tentano invece di dare agli impulsi "pop", forza interiore. Vi è un rifiuto della rappresentazione naturalistica, da parte di quanti scelsero il confronto con il vero e libera reinterpretazione dell'apparenza. Artisti diversi, vicini e lontani ma accomunati dalla volontà di far conoscere i propri racconti, i paesaggi, gli oggetti, le commozioni e le emozioni, le follie  umane, il dramma quotidiano, non prescindendo dall'apparenza delle cose. Non soggezione alla perfezione della realtà ma piuttosto la proposta di una larga leggibilità del mondo in cui l'immagine, l'oggetto implichi tanti perchè al di là della loro esistenza fisica. E già agli inizi degli anni settanta si avverte la tendenza di fare gruppo, nel senso che si trattava di porsi in una posizione critica di fronte alla cultura e alla società imperante che tende a lasciare fuori gli intellettuali e a spingerli nell'individualismo. E' vivo il bisogno di creare un rapporto tra l'artista e la società che, malgrado tutto, considerano ancora viva. E nella ricerca di una verità, ognuno intende conservare la propria libertà d'espressione.  La Sicilia è presente con interscambi filosofici ed estetici. I giovani conoscono molte opere esposte alle Biennali Veneziane: informazioni e fermenti che servono a dare risonanze positive e negative all'arte in Sicilia. Come scrive Giovanni Bonanno: "In molti è forte sia la fiducia nella ricerca di nuove forme e significati, sia la necessità di trovare in un ripiegamento nel passato, le ragioni per una creazione pregna di valenze, rimandi, ironie e riletture della storia dell'arte. In un'arte dischiusa all'universalità contemporanea è da escludere, per il superamento del perimetro insulare, qualunque elemento che tenda a uno specifico di sicilianità. La Sicilia non è una realtà concreta, nè una tipologia agli occhi di memorialisti o peggio di turisti. E' una segreta immagine nel cuore di chi, siciliano, incide, dipinge e scolpisce per diverse regioni d'Europa e d'America. Una struggente icona di luce e di dolore che alimenta la coscienza e il senso creativo: ideale riferimento, sempre nell'essere contraddittorio, di vita e di morte. Sicilia, libera da condizionamento neorealisti e da stilemi figurativi, che possiede, su una struttura stratificata da millenni di storia mediterranea ed europea l'eredità del novecento, così come si è voluta dalla seconda guerra mondiale in poi, sotto il carico di paure atomiche e di incertezze post-moderne... internazionalismo formale in Sicilia, radicalmente votato alla fissazione di una verità che non ha sede in un luogo che pertanto è identica a Cuba, a Tokio, a Copenaghen, a San Paolo, Los Angeles e Palermo... una Koinè di strutture e segni, ovunque identici". Già a Monreale, in quegli anni, varie esposizioni d'arte riflettono i nuovi fermenti artistici e, in alcuni saggi critici, si poteva così leggere:...l'opera rileva un uomo affascinato dalla realtà ...non come spettatore...ma lavoro di ricerca e di meditazione sui mille meccanismi che legano l'umanità.. troppe volte assassinata. Oppure: ...L'arte di oggi è arte intensamente connotativa: liberatosi dai significati, l'artista tende all'espressione pura; la pittura diviene musica, gioco libero di forme e di colori. Come riferimento alla tradizione locale, nel 1959 nasce a Monreale, la scuola d'Arte comunale, nel 1962 come sezione staccata per il mosaico dell'Ist. Statale d'Arte di Palermo e nel 1968, Istituto autonomo:Istituto Statale d'Arte per il mosaico ("M. D'Aleo"). Ne esce una schiera di giovani Artisti …
E quanti altri, tutti educati nel rispetto  dell’arte e nel suo segno dominante che è l’autenticità della ricerca e dell’espressione e ancora, volontà  di affermazione. Il percorso storico prosegue insieme con l’apertura di botteghe d’arte, laboratori di ceramica e di mosaico,  e di studi d'arte di artisti locali. Nel 1971, come consolidamento di questa tradizione, Monreale ha accettato la donazione della Sig.ra Eleonora Nora Posabella, titolare della Galleria "Il Vantaggio" di Roma che ha voluto onorare la memoria di Giuseppe Sciortino, illustre scrittore e critico monrealese,  offrendo in diversi momenti e nel corso degli anni, numerose opere d'arte moderna e contemporanea di famosi maestri del '900. Lo scopo è stato quello di istituire la Civica Galleria d'Arte, per arricchire il  materiale artistico monrealese, destinata a stimolare energie giovanili ed educare artisticamente e culturalmente tutta la cittadinanza.  Molti altri artisti, pittori, scultori, mosaicisti, ceramisti che hanno operato, da autodidatta, con consensi e successi di critica a Monreale e in altre città italiane e all'estero.
Un percorso storico-artistico che a Monreale sembra non fermarsi e che continua a manifestarsi attraverso la creazione di opere d’arte  di altri artisti meno giovani e giovani talenti emergenti che meritano di farsi conoscere e di affermarsi. 

















Benedetto Messina Salvino Spinnato Giovan Battista Caputo

Saverio Terruso

Giuseppe Sardisco

Giovanni Alvich Calogero Gambino Mario Lo Coco

Silvio Guardi

Giovanni Marotta

Marcello Buffa

Antonino Nacci Pino Anselmo Franco Panella Enzo Arico'

Antonino Nacci


Ceramiche di Elisa Messina










GIOVANNI ALVICH

Giovanni Alvich è docente al Liceo Artistico “Mario D’Aleo”.
Conoscitore delle tecniche plastiche e decorative.
Il Prof. Alvich, nel corso degli anni,  ha contribuito molto a mantenere viva la tradizione dell’Istituto d’Arte per il mosaico, promuovendo, insieme ad altri docenti,  una serie di iniziative culturali in funzione del restauro, della ricerca di forme espressive, campi di applicazione e destinazione.
L’Istituto ha formato numerosi artisti/operatori che si sono affermati nell’arte del mosaico producendo opere mobili e opere applicate in edifici pubblici e strutture architettoniche sia in Italia che all’estero.

   
ENZO ARICO’

L’arte di Enzo Aricò, storicamente si pone dopo la guerra mondiale, quando giungono in Sicilia i primi fermenti del rinnovamento artistico che qualificano i pittori. Dopo anni di lunga guerra, si sente il bisogno di una ricerca interiore che riscatti l’essere ormai troppo mortificato.  Uno stato d’animo che si traduce artisticamente con la spontaneità creativa: al di là dell’esistenza fisica delle cose, sopraggiunge la necessità di una “larga leggibilità” del mondo.  In questo contesto, come Enzo Aricò si pongono Francesco Bosco, Giovan Battista Caputo, Benedetto Messina, Saverio Terruso, Giuseppe Sardisco.


 PINO ANSELMO

Pino Anselmo nasce a Monreale nel 1942. Ha studiato presso l’Istituto Statale d’Arte dove ha conosciuto il Maestro Alfonso Amorelli di cui diviene l’allievo prediletto e col quale ha collaborato all’esecuzione di scenografie in occasione di rappresentazioni classiche.
Docente nello stesso Istituto monrealese e artista dalla pluralità di interessi, dalla ceramica al mosaico dalla scultura alla pittura.
L ‘Artista, prende spunto dalla realtà per giungere a composizioni trasfigurate  e astratte, lasciandosi guidare dalla sua intuizione.
Pino Anselmo muore a Palermo nel 2012.


 MARCELLO BUFFA

Marcello Buffa nasce a Palermo nel 1969. Le creature artificiali di Marcello Buffa partono dalla fotografia e procedono attraverso le immagini anonime catturate dal mondo della comunicazione pubblicitaria per essere  riplasmate in nuove identità.
Volti inquietanti e malinconici svelano un’umanità artificiale e la riflessione sulla modificazione della dimensione naturale.


  GIOVAN BATTISTA CAPUTO

L’Artista Giovan Battista Caputo nasce a Monreale nel 1914 e muore a Palermo nel 2002 all’età di 88 anni.
Egli si è dato alla poesia e più tardi alle arti figurative.
Dentro la corrente dell’Astrattismo, G.B. Caputo ritrova la natura, che non è quella paesaggistica e contemplativa.
Nelle sue opere, dal 1937 al 1967, si può constatare questa fusione intima tra concezione astratta e sentimento della natura. Gli elementi che egli sviluppa non sono semplici invenzioni, ma strutture intuite spiritualmente ed inserite nello spazio pittorico, per esprimere una profonda essenza naturalistica e umana.
Le opere successive rivelano la continuità della purezza, dell’essenza della vita e dei suoi valori primordiali: il riflesso di una “profonda religiosità, come ragione umana e verità trascendente di valore universale”.


 CALOGERO GAMBINO

Nato a Torretta nel 1956, è stato titolare di discipline pittoriche presso l’Ist. St. d’arte per il mosaico di Monreale.  Negli anni ’70 all’Istituto  si aggiungono i corsi di ceramica e il prof. Gambino diviene il primo docente di ceramica insieme ai colleghi ed artisti come Giovanni Leto, Antonino Pedone, Sergio Mammina, Giovanni Randazzo, Franco Nocera, Sebastiano Guercio ed altri. Negli anni ’90, quelli della sperimentazione, emerge l’Artista innovatore: sculture con ricerca cubica e con spigolature mai smussate. Successivamente,  approfondisce lo studio dei colori, sviluppa gli smalti, pratica vari materiali di ceramica, mantenendo sempre un equilibrio tra l’opera dell’artista-innovatore e la produzione ceramista. Oltre trent’anni di vita da ceramista artigiano: “invenzioni fantastiche che non imitavano ma creavano un’altra natura con leggi segrete”. Gambino muore a Palermo nel 2008. 


  SILVIO GUARDI’

Guardì nasce a Monreale nel 1945 e muore a Milano nel 1999.
L’Artista esprime la propria interiorità e il suo viaggio nella memoria, attraverso pagine di antichi registri impreziosite per mano di una antichizzatura che cancella il tempo e giungendo a configurare un suo particolare “alfabeto immaginario”. Ma al di là di questi segni, oltre i simboli, sono celati dei significati reconditi. Scrittura e memoria si stratificano, pagina dopo pagina, nel racconto universale che forma il grande libro della sua vita, tra lettere perdute e alte che affiorano da luoghi remoti. Guardì comunica, innanzi tutto, se stesso, con le immagini che gli vengono suggerite dal contesto bibliofilo del mondo, visualizzazioni della sua officina passionale, della sua passione interiore per il segno complesso della scrittura, per il disegno della decorazione. Vecchi fogli tratti da registri contabili uniti a pagine di quotidiani, arricchiti da francobolli e antichi fogli manoscritti, il tutto impreziosito da grafismi personali, misteriose sovrapposizioni e cancellature. Guardì cerca di esorcizzare la distruzione fisica dell'immagine nella cultura di oggi prodotta e trasmessa dai mass media. Cessa di vivere a Milano il 16 gennaio 1999.



MARIO LO COCO

Mario Lo Coco vive e lavora a Monreale.
Tra i critici che si sono occupati del suo lavoro creativo è stata sempre messa in evidenza la sinergia tra azione creativa e duttilità della materia come proiezione di una particolare esigenza emotiva. Una sintesi perfetta di volume e di colore. E’ questo il connotato saliente e distintivo delle raffinate ceramiche plastiche di Mario Lo Coco.
L’artista riprende un itinerario, quello della ceramica, antico, che tende a snodarsi lungo una direttrice di marcata innovazione a carattere informale.



BENEDETTO MESSINA

Benedetto Messina nasce a Monreale nel 1919 e muore a Monreale nel 2009. Fin dalla sua prima giovinezza è stato figura di rilievo nell'ambito dell'arte. Di lui, va ricordata la realizzazione a Monreale dell'Istituto Statale d'Arte per il mosaico del quale è stato ideatore e fondatore negli anni Settanta e  di corsi regionali, provinciali e comunali a lui affidati, diurni, talora serali, aperti ai piccoli quanto agli adulti: molti di loro, chiamati a ricoprire incarichi di insegnamento. L’Artista giovane si inserisce in un contesto sociale e culturale caratterizzato dalle condizioni del dopoguerra. Per lui, la religio hominis, unico sentimento religioso possibile che viene in soccorso all’uomo e, l’atto creativo, l’unico rivelatore della divina creazione della natura. Alla maturità dell'Artista corrisponde la maturità dell'uomo, la sua affermazione professionale, l'insegnamento, la famiglia,  legato di più alla scultura praticata ora con continuità e convinzione. 


ELISA MESSINA

Elisa nasce a Monreale nel 1933. La sua attività ha inizio nel 1961 quando fonda, all'ombra delle torri centenarie, il laboratorio e la scuola di ceramica. Dalle sue mani, nascono sculture di vasi antropomorfi, donne modellate su vasi a lucignolo, espressioni intense e sognanti anche nei dipinti ad olio. Ed ancora, le Colombe, testimoni della ricerca di pace, di candore. Il colore blu che affiora sui piatti e vasche ed ancora su brocche e samovar, su piccole tazze decorate. Braccia rivolte verso l'altro, a volte reggono un filo...a volte il filo è spezzato, come le braccia delle Donne di Elisa, metafora della condizione di "impotenza" della donna siciliana dei primi anni Sessanta. In omaggio alla tradizione presepiale siciliana e napoletana, Elisa ha creato i suoi pastori, figure di intensa espressività, realizzate interamente a mano, in terracotta e tessuti antichi, che rinnovano nei suoi estimatori, il piacere di collezionare.
Elisa Messina muore a Monreale nel 2011.


GIOVANNI MAROTTA

Giovanni Marotta nasce a Monreale nel 1969.
Artista autodidatta, pieno di entusiasmo a produrre “un canto d’amore e di lode a madre natura”, come evidenziato dal Prof. Benedetto Messina, suo unico maestro.
Già agli inizi del suo percorso artistico la sua ricerca s’intensifica nello studio delle forme, dei colori e dei chiaroscuri. Nella tematica religiosa, Marotta affida al colore e a quanto c’è nella natura, “celebra la sua ricerca spirituale intrinsecamente cristiana” . La crescita artistica svela un artista più istintivo e libero,  interprete della complessità della vita: surrealismo e metafore si trovano nelle opere di Giovanni Marotta. Una pittura interiore che descrive l’uomo e la sua mente, che traduce il malessere della società,  proponendosi però   sempre in modo ottimistico.


ANTONINO NACCI

Antonino Nacci, pittore e scultore, nasce a Monreale nel 1938.
Nacci può essere considerato uno dei pionieri dell'arte materica-segnica in  Sicilia. Grande sperimentatore, trae spunto e aderisce a diverse correnti pittoriche: astrattismo, informalismo, arte povera. Protagonisti della sua ricerca sono i materiali poveri: sacchi di tela, juta, ceramica, fil di ferro, carta, filo e colore che l'artista, impagina in composizioni plastiche, successivamente, tra i materiali, la sabbia. Quella sabbia che Nacci raccoglie, amalgama con colla vinilica e poi stende sulla tela con decise spatolate ed infine incide, dando vita al suo mondo onirico. L'effetto è straordinario. La materia sporge dalla tela, disorientando l'osservatore che non può non toccare, la comprensione passa attraverso l'esperienza sensoriale del tatto. La sua arte è  "grido di protesta" nei confronti delle ingiustizie del mondo.
Nella produzione dell'ultimo periodo, la pace sembra persa. I colori della tavolozza diventano il nero e il rosso intenso e il mondo stagione geometrica più sofferta, ma non meno intensa ed affascinante.

Antonino Nacci muore a Sciacca nel luglio del 1989.



BENEDETTO NORCIA

L ‘arte del monrealese Benedetto Norcia  si caratterizza per i modi con cui riesce a cogliere con immediatezza l’umanità e la spiritualità. I personaggi delle prime opere esprimono il rapporto tra la luce naturale e quella interiore, mentre i colori ne esprimono le aspirazioni.
<L’indagine nel meticoloso mondo dei segni incisi mi arricchisce di una possibilità espressiva e prontamente offro al fruitore una sfaccettatura diversa del mio mondo creativo che nella meditazione del gesto lascia sbocciare inaspettate visioni> (B. N.)

L’opera “L’infinito”, esprime il legame imprescindibile tra il maschile e il femminile che è in ognuno di noi e che richiama il simbolo della filosofia orientale  yin e yang.


  
FRANCO PANELLA

Franco Panella nasce a Montevago (AG)nel 1950 e vive a Monreale dal 1972. L'arte di Panella rinuncia deliberatamente alla bellezza consueta, all'armonia cromatica tradizionale, ai mezzi espressivi convenzionali, alle comode frasi ereditate. Quando ci racconta i suoi quadri parla di "pagina, di libro aperto, di scrittura". E nel suo discorso grafico introduce i materiali più prosaici, trovati per la strada o nelle campagne. I rifiuti e le macerie diventano la materia prima della sua creatività. Nelle sue mani il segno della moderna incultura si trasforma in cultura. Nelle sue conversazioni ricorrono vocaboli come costruire, distruggere, fare, rifare, intonaco, mattone...e la parola "muro" risuona con particolare veemenza. Panella è un costruttore di muri. Il muro, come superba espressione di civiltà, comparve già nella prima storia dell'uomo, nelle Ziggurat mesopotamiche, che il Dio geloso degli ebrei chiamò "Torri della Confusione". Il muro è protezione e separazione. Protegge la nostra vita privata dall'invadenza degli estranei e ci separa dall'altrui intimità. Il muro ci ricorda speranze e tragedie antiche e recenti.




GIUSEPPE SARDISCO

Giuseppe Sardisco nasce a Monreale nel 1936 dove vive e lavora .
Si è diplomato all’Istituto d’Arte di Palermo e insegnato discipline plastiche fino al 1998 al Liceo artistico di Palermo.
Sue opere sono presenti presso collezioni pubbliche e private.
Il critico d’arte Francesco Carbone ha scritto di lui: “ Giuseppe Sardisco, scultore tra i più sensibili nella ricerca del tempo delle forme, che fa della grafica non un semplice momento autonomo rispetto allo scolpire, ma l’identificazione di un altrettanto importante ed impegnato mezzo espressivo.


  

SALVINO SPINNATO

Nasce a Monreale nel 1910.  Partecipa a diverse collettive, tra queste quella organizzata in occasione dell’inaugurazione di una nuova galleria d’arte “La Carrubella” del fondatore Prof. Benedetto Messina. 
Spinnato, dopo la seconda guerra mondiale, nel 1949 si trasferisce con la moglie Piera Lombardo in Argentina, a Mendoza, dove lascia numerose opere.  La più importante, la realizzazione, a metà degli anni ’60, di un encausto murale, con i suoi 175mq, che adorna le pareti del tempio di San Juan Bosco, situato nella strada Cordoba e La Rioja, una delle stazioni della tradizionale via Crucis che si svolge a Pasqua. Sono 26 scene (evangeliche) della vita di Cristo divisi in due gruppi di 13, regolarmente disposti su ciascun lato della navata.  La tecnica utilizzata è la miscela di pigmenti con cera lavorata sul muro a secco per una maggiore conservazione. E’ stato registrato che sono stati trovati altri suoi dipinti presso il Collegio Don Orione e nelle province di Cordoba e San Juan. Di Spinnato, alcuni sostengono che sia vissuto a lungo negli Stati Uniti d’America.

  

SAVERIO TERRUSO


Saverio  Terruso nasce a Monreale l’11 gennaio 1939.
Di taluni artisti si può parlare astraendoli dai luoghi dove sono nati e hanno trascorso la giovinezza, ma così non è per Saverio Terruso. 
Le origini monrealesi sono ben presenti in vario grado nella sua opera, con evidenza tematica nelle processioni e nei paesaggi del primo periodo.
Saverio Terruso lascia giovane Monreale e a Brera ottiene, per i suoi meriti, la cattedra ch'era stata di un altro pittore del Sud,  Domenico Purificato. Partecipa alle intemperie artistica milanese, pur preferendo alle discussioni di caffè il raccoglimento operoso del suo studio nel quartiere di Sant'Ambrogio, dove si moltiplicano le tele che <raccontano> Monreale, in particolare il plurisecolare psicodramma cui la sua gente s'abbandona, nelle strade strette antiche, nella ricorrenza della processione di maggio del Cristo. 
Terruso muore il 3 marzo 2003


  

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