Associazione Culturale Mons Realis Comune di Monreale
L'intervento del Dr. Enzo Giangreco, ex Sindaco di Monreale
Professore Stefano Gorgone, ex Dirigente Scolastico ed ex Sindaco di Monreale
Architetto Natale Sabella, ex Assessore del Comune di Monreale
Il coraggio del cambiamento
Il figlio Salvatore racconta alcuni episodi legati al ricordo del padre e legge alcune pagine significative di uno degli scritti di Vincenzo Galati
Il ricordo di Bino Li Calsi, ex Sindaco di Monreale
Ricordo di VINCENZO GALATI
La cerimonia commemorativa, organizzata dall'Associazione locale "Mons Realis" con il patrocinio del Comune di Monreale, si è svolta all'interno della sala S. Benedetto dell'ex monastero dei Benedettini per ricordare la figura di Vincenzo Galati, professore di storia e filosofia fino agli anni '80, preside fino al pensionamento.
Filosofo, teologo, scrittore, autore del saggio "La guerra praticamente impossibile" e del romanzo "Quella finestra al quarto piano".
Protagonista della vita politica e segretario della Democrazia Cristiana monrealese.
Hanno partecipato all'evento alcuni protagonisti della vita politica del tempo, amici e quanti hanno apprezzato l'uomo Galati, cordiale e umano a prescindere dagli ideali politici.
Alla commemorazione arriva il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per testimoniare l'antica amicizia col professore.
Il Sindaco di Monreale, Avv. Piero Capizzi saluta i presenti e ricorda una
frase profetica di Enzo Galati che gli aveva suggerito di lavorare ed impegnarsi
perchè aveva le qualità per diventare sindaco di questa città.
L'intervento del Dr. Enzo Giangreco, ex Sindaco di Monreale
Di Enzo Galati innanzi tutto vorrei ricordare l’amico.
Un’amicizia lunga e preziosa che risale a molti anni fa e che
si interseca con molti episodi della nostra vita.
Un’amicizia a tutto tondo che andava dai momenti conviviali
del “gruppo pizza” dove discutevamo in maniera simpatica i problemi alla
ribalta del momento: politici e non, alla partecipazione comune ad eventi e
alla nostra militanza politica.
Per diversi anni Enzo
Galati si è fatto carico con grande impegno e generosità della conduzione, dei
travagli e dei cambiamenti della DC locale. Abbiamo condiviso battaglie,
fermenti, successi ma anche delusioni e amarezze, muovendoci sempre nell’ambito
del cattolicesimo democratico che è stato la nostra ispirazione; avendo anche
come punto di riferimento Piersanti prima e poi Sergio Mattarella, di cui abbiamo subito intuito la lungimiranza politica, le doti di saggezza e di
equilibrio che sono ora universalmente riconosciute.
La cultura di Enzo, il suo pensiero interessato a tutti gli aspetti
dello scibile e della vita pratica hanno riservato a noi amici, che gli stavamo
intorno, conversazioni interessanti, profonde, ricche di informazioni.
Ricordo che ad ogni novità e argomento di attualità di grande
impatto locale, mondiale, nazionale, non vedevamo l’ora di sentire il suo
parere, sempre bene informato, equilibrato, talvolta anche sorprendente.
La sua famiglia era comunque il centro delle sue attenzioni,
delle sue cure e del suo mondo; dalle sue parole e dai suoi accenni
trasparivano sempre tenerezza e orgoglio. Anche la Scuola, dove ha profuso le
sue migliori doti di uomo di cultura, di insegnante, di preside ha avuto un
posto di grande rilievo. La famiglia e la sua Scuola erano certamente i
pilastri della sua vita.
I suoi scritti rilevano la molteplicità dei suoi interessi,
la sua indagine filosofica e religiosa, il suo impegno civile. Gli ultimi due
volumi, amorevolmente e diligentemente raccolti e pubblicati dalla moglie
Daniela, ci parlano ancora una volta di lui, della sua personalità poliedrica. In
particolare, la lettura del libro “Quella finestra al quarto piano” mi ha
richiamato alla mente molte nostre conversazioni, dense di concetti che spesso
scaturivano l’un dall’altro. Le conversazioni dei protagonisti del libro:
Enrico, Francesco, Eugenio, Letizia ed altri, sono spunti per riflessioni su
esperienze o su vari argomenti dove pro e contro, tesi e antitesi sono
incarnati dai vari interlocutori..
Più che un romanzo, a mio parere, l’opera è espressione del
lavorìo intellettuale e spirituale di Enzo Galati, delle sue riflessioni sul
mondo politico, sulla Chiesa, sulla Scuola e le lotte studentesche, sull’amore,
sul matrimonio, sulla mafia, sulla parità uomo donna, sul senso della vita…
Grazie Daniela, per averci ancora una volta messo in contatto
con lui, con la sua personalità e il suo pensiero, attraverso queste due ultime
opere, e per avere aperto un nuovo canale di conversazione con il nostro
indimenticabile amico Enzo.
Enzo Giangreco
Relazione per la Commemorazione di
Enzo Galati della
Professoressa Maria Rita Fedele
Presentazione dell’ultimo saggio inedito intitolato
“ La
speranza fondamentale e i suoi testimoni abusivi”
09 aprile 2015
Sono lieta e onorata di essere stata invitata per rendere la
testimonianza dell’amicizia intellettuale e umana che mi lega ad una persona a
me particolarmente cara come Enzo Galati.
Ho avuto modo di apprezzare le sue doti intellettuali, la
passione per la filosofia, per la cultura in generale, per la ricerca
disinteressata del vero, per l’amore verso gli studenti, durante gli anni di insegnamento
presso il liceo scientifico D’Alessandro di Bagheria e il dottorato di ricerca
all’Università degli studi di Palermo.
Voglio partire subito dall’ultimo saggio lasciato inedito da
Enzo e pubblicato postumo, del quale mi pregio di averne curato la prefazione;
un saggio che lo ha impegnato molto negli ultimi due anni che precedono la sua
scomparsa e che ci consegna le autentichee immodificate riflessioni di cui Enzo
è autore.
Amava confrontarsi con amici e colleghi su quanto veniva
scrivendo, non faceva mai della ricerca e degli studi un monopolio personale da
cui escludere gli altri. Sempre aperto e disponibile ad accogliere le criticità
che gli venivano poste, a rivedere, a smussare, a ridefinire certe angolazioni
prospettiche da cui aveva trattato alcuni temi.
Serbo gelosamente i momenti di confronto che su questo saggio
ho avuto con lui quando veniva a trovarmi a casa e lo faceva sempre di lunedì
mattina perché sapeva che quello era il mio giorno libero da impegni di lavoro.
Quando lo esortai a pubblicare il saggio, dopo avergli
consegnato personalmente le mie prime osservazioni, spingendolo a superare
certe sue reticenze, mi disse che se lo avesse fatto avrebbe gradito che io
gliene curassi la prefazione.
La proposta fu per me l’evidenza della stima e del rispetto che
Enzo nutriva nei miei riguardi e ne rimasi onorata. Ma compresi, sin da subito,
il rischio che mi attendeva in questa sfida, perché, come affermano Hegel e
Wittgenstein, il pericolo di una prefazione è che lo spirito di un libro deve
mostrarsi nel libro stesso e non può essere descritto!
Per queste ragioni, ho steso una prefazione breve che vuole
solamente anticipare, in qualche modo, alcuni snodi teologici e filosofici che
ruotano attorno al tema del saggio, lasciando al lettore la possibilità di
entrare direttamente nello spirito del testo e dunque nell’ermeneutica del
pensiero del suo autore.
Ringrazio calorosamente Valeria, Salvatore e Daniela per
avermi affidato la stesura di questa prefazione, confermando la volontà già espressa
da Enzo e soprattutto ringrazio Daniela per la disponibilità nell’avermi reso
fruibili i testi della biblioteca personale di Enzo, i suoi appunti, le sue
annotazioni attraverso le quali mi è stato possibile, insieme a lei,
ricostruire l’intero apparato delle note, la cui sistemazione Enzo aveva
lasciato incompleta.
Ora, per opportunità di tempo e di luogo, scelgo un
linguaggio più semplice e meno specialistico di quello che Enzo usa nel saggio,
rimandando ad altra sede l’analisi critica più accurata e specialistica del
testo. Preferisco che le riflessioni più profonde e più significative che si
snodano in questo saggio vi siano restituite con la semplicità e la chiarezza
che Enzo stesso amava quando discuteva di certe questioni filosofiche e
teologiche con i colleghi e soprattutto con i giovani studenti.
Il saggio, continuo e lineare nelle sue articolazioni, è
strutturato in “capitoli”, alcuni privi della suddivisione sottotitoli, in cui
l’incipit è costituito da citazioni
tratte tutte dal pensiero di Wittgenstein, in particolar modo dall’opera del
filosofo intitolata Pensieri Diversi.
Il pensiero di Wittgenstein, come è noto, ha attraversato due
fasi: la prima si esprime nel Tractatus
logico-philosophicus pubblicato nel 1921; la seconda nelle Ricerche Filosofiche e nelle opere
postume: quaderni, diari, pensieri, “osservazioni filosofiche”… E’ a questa
fase che Enzo si richiama perché ivi trova un collegamento, un’affinità di
pensiero con il filosofo, facendone l’interlocutore di primo piano nel corso
della stesura del suo saggio.
E ciò perché Wittgenstein, pur rimanendo all’interno di una
ricerca di tipo filosofico, intesa soprattutto come analisi del linguaggio, ha
finito per aprire nuove strade al pensiero religioso e alla riflessione
teologica. Enzo vede nel pensiero di Wittgenstein che la religione e la
teologia non escono sconfitte o umiliate, al contrario ritrovano uno “spazio di
senso” precedentemente delegittimato se non addirittura negato dalle filosofie
neoempiriste. Ricordiamo che il neopositivismo è giunto, nel secolo scorso, a
una forma radicale di ateismo, ostile com’era a ogni forma di religione.
Il secondo Wittgenstein matura l’idea che al dicibile dei
fatti della vita si contrappone l’indicibile
che non è meno reale ed è ciò che realmente conta. Enzo vede perciò in
Wittgenstein un pensatore religioso aperto alla trascendenza, l’immagine di un
uomo e di un filosofo che, pur attraversato da mille dubbi e incertezze, segue
una strada che lo porterà a cercare e, forse, anche a trovare Dio. Dopo tutto
credere in Dio significa per Enzo comprendere che la vita ha un senso, che c’è
qualcosa di assolutamente altro al di là del mondo della fattualità.
Un’altra affinità che lega Enzo a Wittgenstein consiste
nell’essere entrambi consapevoli della posizione difficile che occupa chi si
ritrova nella ricerca religiosa; una posizione che restituisce l’immagine di un
uomo incerto, vulnerabile, insicuro, dubbioso. Ed Enzo, infatti, cita
nell’Introduzione un pensiero di Wittgenstein cui si sente di appartenere come
vi appartiene chiunque sia consapevole di non stare al sicuro, al riparo dal
dubbio, chiunque cammini e sperimenti la fatica del camminare perché
probabilmente non vede all’orizzonte il raggiungimento di una meta che possa
porre fine al viaggio intrapreso. Ma è anche l’immagine di colui che, nonostante
ciò, non rinuncia alla sua ricerca, ma nutre la speranza di poter giungere ad
una meta e a ritrovarvi quindi il senso dell’esistenza.
Per queste ragioni Enzo nell’Introduzione parla del pensatore
religioso come se parlasse di se
stesso.
PAGINA 15 LETTURA DEL
TESTO
Enzo sa e sente di muoversi come uno che cammina in un sentiero stretto, ma che pur tuttavia
non rinuncia alla sua ricerca. E in questo saggio la ricerca di Enzo si
esplicita in due diverse direzioni:
-
La
prima su un piano personale come ricerca di una risposta a interrogativi
esistenziali sempre presenti alla coscienza di Enzo;
-
La
seconda come ricerca più generale, quella dello studioso che procede come un
viandante in una sorta di viaggio
intellettuale, in cui Enzo si apre al confronto con la tradizione religiosa di
provenienza, con altre esperienze religiose e con la tradizione delle filosofie
critiche e antidogmatiche.
In questa direzione il saggio di Enzo è per me una
grande lezione di umiltà!
Enzo, infatti, non appare in questa sua grande opera d’arte
come colui che sa, ma come colui che
chiede. Sia come uomo che come studioso appare come coluiche cerca, attento al mistero, aperto
alla trascendenza, nostalgico del
totalmente Altro, per riprendere un’espressione del filosofo Max Horkheimer,
citato nel saggio.
Nel corso della lettura del testo, “agli addetti ai lavori” è
possibile scorgere altre prossimità, vicinanze, accostamenti ad alcune
filosofie del Novecento, per esempio alla fenomenologia, ad autori anche non
espressamente citati, ma di cui Enzo ne usa lo stile filosofico. Lo stile
fenomenologico husserliano, ad esempio, consente ad Enzo di richiamare
l’attenzione alle esperienze personali di ciascuno, ai vissuti soggettivi. Di
Dio, infatti, non si può parlare se non a partire da questi vissuti personali
cioè dalla fenomenologia dell’esperienza religiosa stessa. Ciascuno di noi è
consegnato ad uno spazio geografico e ad un’epoca storica, quindi coglie Dio a
partire da questa “porzione” di mondo già dato, che costituisce, per così dire,
il suo universo religioso.
PAGINA 38 LETTURA DEL TESTO
In questo viaggio esistenziale e teoretico al tempo stesso,
Enzo viene articolando il tema fondamentale della fede.
La fede è speranza. Speranza e fede pur essendo diverse si
implicano reciprocamente!
Che cosa si può sperare senza credervi?
E viceversa si può credere in qualcosa o in Qualcuno senza
sperare?
La speranza è la nostra salvezza; Spe salvi facti sumus (nella speranza siamo stati salvati) Enzo
cita la Lettera di San Paolo ai Romani (Romani, 8, 24). La speranza
cristianamente intesa è poi la fede nella morte e nella resurrezione di Cristo,
la fede in Qualcuno che ci attende. Se Cristo avesse concluso la sua vita con
la morte avrebbe fondato una religione senza speranza. La resurrezione di Cristo
è la chiave del Cristianesimo e la speranza del credente. Se gli apostoli non
avessero visto Cristo, se non avessero vissuto l’intera vita con Lui e
testimoniato con Lui non avrebbero certamente avuto la speranza di una vita
futura!
La speranza è ciò in virtù della quale noi possiamo
affrontare il presente anche faticoso, doloroso e con tante tribolazioni perché
è ciò che dà senso all’apparentemente insensato. Tutto può essere accettato,
accolto se conduce verso una meta e se in questa meta si può in qualche modo
sperare.
Senza la speranza l’esistenza viene consegnata all’assurdo,
sinonimo di nichilismo, una sorta di intelligenza
ubriacata col nulla , come la definisce Enzo!
Una vita senza speranza è una vita priva di senso e una vita
priva di senso non è degna di essere vissuta!
L’uomo privato della speranza, consegna il suo essere e il
suo agire al non senso perché per lui la vita non hapiù alcun valore e
l’esistenza è senza ragione, proprio come ci ricorda il mito di Sisifo
impegnato inutilmente nella spinta di un macigno verso la cime di un monte che
precipita giù dopo ogni suo sforzo. Nel capitolo VIII Enzo affronta la sfida dell’assurdo cui contrappone la
fede come speranza che apre l’esistenza ad un mondo di senso e di significato.
PAGINE 170/171 LETTURA DEL TESTO
In questo contesto, per Enzo le religioni rappresentano un
forte richiamo al ritrovamento del senso, un richiamo alla trascendenza, a
guardare oltre il limite, perché è nella coscienza del limite, del finito, che
si aprono gli squarci dell’infinito, del totalmente
Altro.
Le religioni si offrono allora come umili testimonianze
della speranza della verità e non come risposte esaustive alla domanda sul
vero, poi fanaticamente propugnato. Tutte hanno qualcosa che le accomuna: la
ricerca di senso e l’apertura al mistero.
Speranza non significa sapere nei minimi particolari che cosa
ci attende dopo questa vita, ma sapere che la vita non finisce qui, nel vuoto o
nel nulla.
Enzo ha la capacità di trasformare la sfida dell’assurdo,
posta dal noto esistenzialista Camus, in una bellissima opportunità di
ripensare la fede come speranza, aprendo un dialogo con quanti, secondo lui, ne
sono i testimoni abusivi.
Chi sono i testimoni abusivi??
-
Certi
filosofi, certe filosofie, che hanno visto nel logos la facoltà di conoscere la verità nella sua interezza;
-
Certi
filosofi e certe filosofie che hanno ridotto Dio a oggetto di dimostrazione
razionale, a verità dimostrabile;
-
Le
tre grandi religioni monoteiste quando incorrendo nel pericolo del
fondamentalismo impongono l’egemonia della loro rispettiva verità!
Ma la verità per Enzo non coincide mai con il possesso
dogmatico del vero perché essa non è un dato, ma un telos, un’aspirazione profonda che alimenta il sentimento della
fede e si fa speranza di un mondo migliore e fiducia in una salvezza eterna!
Vedasi la Prefazione
Maria Rita Fedele
Professore Stefano Gorgone, ex Dirigente Scolastico ed ex Sindaco di Monreale
RICORDO DI ENZO GALATI
Enzo Galati è stato un amico
prezioso, un punto di riferimento per tutti noi, una persona veramente unica
con la quale abbiamo condiviso la passione per la politica, che è passione per
la città. La Pira sosteneva che dobbiamo amare la città come parte della
nostra personalità. La città non è solo uno spazio fisico, ma nasce dalla
volontà di stare insieme, di lavorare insieme per realizzare il bene comune. La
città dunque è il luogo della ricostruzione della speranza. Enzo definisce il
sindaco di Firenze l'esempio più luminoso della politica intesa come servizio.
È noto che La Pira fu uno dei più significativi rappresentanti del
Cattolicesimo Democratico, così come Sturzo, che ne fu l'ispiratore, De
Gasperi, Toniolo, Dossetti, Lazzati, Moro e così via. Mi piace ricordare pure
P. Scoppola di cui Enzo condivideva le intelligenti analisi politiche. E' così
che Enzo matura il suo pensiero politico
aderendo pienamente ai principi di libertà e dignità della persona, di
solidarietà e giustizia sociale, di promozione dei diritti umani, di laicità
della politica. “Un partito di cattolici, scriveva, non può che essere un
partito laico, aperto alla mediazione e al confronto continuo con tutte le
altre forze politiche; la laicità rifugge dal dogmatismo ideologico”. Ancorato
saldamente a questi principi, Enzo sente di doversi impegnare concretamente nel
servizio alla città. Anche l'educatore, afferma, deve far politica per non
smentire i valori annunciati e creduti, perché non ci sia discontinuità tra le
aspettative ideali e l'esistente. In quel particolare momento storico padre
Sorge sosteneva con forza la necessità di una seria formazione politica dei
cattolici per far fronte alla caduta delle motivazioni ideali e dei valori, al
rinascere di atteggiamenti qualunquistici. La politica garantisce la vita della
democrazia, è come la linfa vitale per la pianta, se la linfa viene meno, la
pianta muore. Enzo mostrava di condividere pienamente le riflessioni di Padre
Sorge: “Alla politica non si sfugge, diceva, essa va seguita ed interpretata,
in essa è dovere impegnarsi per non essere strumento, ma soggetto. Noi dobbiamo
proporre la politica come valore, come palestra, in cui ognuno possa competere
per la realizzazione del bene comune”.
Come realizzare tale presenza dei
cattolici? - Enzo non esitò ad accettare la proposta di Sergio Mattarella di
rilanciare l'iniziativa politica della Democrazia Cristiana a Monreale, allora
lacerata da aspri dissidi fra le varie anime del partito. Rivelò subito
notevoli doti di mediazione, mise veramente la sua intelligenza e il suo
prestigio morale e culturale al servizio della città. Riuscì ad assicurarsi il
coinvolgimento di alcuni stimati professionisti rimasti fino ad allora ai
margini della vita politica, delusi e sfiduciati.
Alcuni di noi sono stati sollecitati
a candidarsi nelle elezioni amministrative del 1985. Venne assicurata la
continuità amministrativa con l'elezione di Giangreco a sindaco della città.
Suo merito fu l'elaborazione di un programma serio, fattibile, attento ai
bisogni concreti dei cittadini con particolare riferimento alle fasce sociali
più deboli. Il programma, diceva, non è né può essere un arido elenco di cose
da fare, ma esso deve essere animato, indirizzato, organizzato da una
intenzionalità ricca di motivazioni ideali e morali. Le proposte di Enzo erano
sempre ben argomentate e convincenti. Accenno qui brevemente ad alcune opere
realizzate: la rete fognaria di Aquino, un piano di edilizia scolastica,
l'adeguamento della pianta organica. Tutte opere che ebbero un grande impatto
nella vita della nostra comunità e alla cui realizzazione Enzo aveva
contribuito in maniera determinante con lo stile che gli era proprio e cioè con
umiltà rifuggendo dalla politica vista come spettacolo, come immagine per privilegiare
il senso della misura e la sobrietà: “Una persona che si preoccupi in modo
eccessivo del successo e della popolarità, non potrà mai esercitare in modo
adeguato la sua responsabilità politica” diceva. Credo che la preoccupazione
maggiore di Enzo sia stata quella di favorire migliori condizioni di vita a
Monreale. “Perché mi occupo di politica?
Perché trovo che in mezzo ad essa potrò fare del bene agli altri. Non può
esserci la città se viene rifiutata la solidarietà”. L'esperienza politica di
Enzo non fu senza difficoltà, ma non è questa la sede per farne cenno.
Egli,comunque, poteva contare anche
sull'amicizia fidata di A. Marceca e sulla collaborazione di consiglieri di
provata esperienza come Mortillaro, Salamone, Sirchia, Li Calsi.
La sua esperienza si arricchì con
l'elezione al consiglio Provinciale e con la sua nomina ad assessore. Anche in
quella istituzione fu molto apprezzato per la sua forza morale e per la sua
vivacità intellettuale. L'impegno per la città continuò anche quando non ebbe più
incarichi politici. Monsignor Naro, lo chiamò alla Fabbriceria del Duomo e lo
inserì nel consiglio di amministrazione del Collegio di Maria.
L'Arcivescovo aveva grande stima di
Enzo, così come grande stima aveva l'attuale Capo dello Stato. Sono certo che
Enzo ha provato grande gioia per l'elezione di un suo amico alla Presidenza
della Repubblica, così come sicuramente ha gioito del messaggio al Parlamento
nel giorno dell'insediamento. È un messaggio che può essere considerato una
mirabile sintesi del valore e del ruolo della politica posta al servizio dei
cittadini e del bene comune. E questo esalta
ancor di più il valore della scelta operata da Enzo Galati. Penso così
di potere affermare che Enzo è stato a Monreale come La Pira a Firenze un
esempio luminoso di politica intesa come servizio.
Credo che per questo e per la generosità,
l'impegno e la gioia di fare della propria vita un dono, Enzo possa essere
considerato una delle figure che hanno lasciato un segno profondo nella storia
sociale e politica della nostra città.
Stefano Gorgone
Architetto Natale Sabella, ex Assessore del Comune di Monreale
Il coraggio del cambiamento
Vincenzo Galati,
Un nostro concittadino, uno di noi.
Maestro di vita, educatore, docente, preside, uomo di
pensiero, politico. Marito premuroso, padre, nonno amorevole e attento; amico
sincero e disinteressato.
Una persona del nostro tempo, portatore di fede, di
speranza, assertore del valore assoluto della pace ma contrario a pacifismi
solo esteriori e del tutto vani.
Un cristiano impegnato nel sociale, nella politica,
che ha coniugato sul piano etico, religioso ed esistenziale, la ricerca
dell’Assoluto, la promozione dei diritti umani,
della libertà e la difesa dei valori sui quali la nostra civiltà si
fonda.
Ha condotto ogni azione con coscienza, conoscenza,
responsabilità, entusiasmo, senso del dovere, impegno, e soprattutto
testimonianza; qualità ampiamente riscontrate nelle scelte maturate, anche a
discapito di se stesso.
Enzo non ha mai dimenticato gli emarginati, i deboli,
le persone indifese; è rimasto vicino alla gente, come fratello sofferente nel
corpo e nello spirito. Vincenzo, filosofo, letterato, teologo, conoscitore
dell’Antico e del Nuovo Testamento.
La conoscenza si estende ai modelli più significativi
che le filosofie - antica e contemporanea - ha elaborato nel tentativo di
rispondere alla domanda <<cos’è la verità?>>. Un punto da cui
partire. La condizione umana è al centro del pensiero di Galati insieme agli
aspetti storici - culturali - geografici – ambientali, ai rapporti esistenti
all’interno della società.
Ed è per questo che Vincenzo è stato soprattutto un
attento conoscitore delle vicissitudini umane, quotidiane e storiche. Vincenzo
ha sempre amato scoprire l'uomo e la sua anima analizzando la storia, dall'età
in cui ha mosso i primi passi fino ad oggi, lungo tutta la strada che ci vede
peregrinare alla ricerca della Totalità.
Vincenzo: un uomo dal temperamento mite ed affettuoso
ma che ha saputo vivere la sua vita in modo combattivo. Portato a riflettere, a
mediare, non ha dimenticato le radici di provenienza, la cultura
d’appartenenza. Una personalità che pur avendo manifestato dubbi, non si è
sottratta a far comprendere le perplessità, le incertezze, che si è interrogata
ripetutamente sulla “Verità”, andata alla ricerca dell’Assoluto. Da studioso di
scienze e discipline filosofiche sulla scia d’Agostino d’Ippona, Cartesio, ed
altri illustri, filosofi, antichi e contemporanei, trascina la mente e la volge
alla ricerca del mistero, della Verità, oltre la fede dogmatica.
Concettualmente ripudia la guerra, l’oltraggio, l’offesa, promuove i valori di
libertà ed uguaglianza; ritiene fondamentale l’impegno etico e sociale, da
porre in atto attraverso la pratica quotidiana, della “solidarietà”, un
elemento sul quale impiantare e ricostruire una società diversa, migliore,
senza attendere il domani da venire, senza invocare rivoluzioni, o chissà
cos’altro ancora.
Insomma, come potete capire Vincenzo è sempre stato
una mente libera, che vede nel progresso morale la fiamma animatrice di ogni
forma di rinnovamento e cambiamento della società.
Per il prof.
Galati, uomo religioso, filosofo e politico, la questione delle disuguaglianze
sociali è sempre stata centrale, al pari dell’integrazione etnica, culturale,
religiosa.
Egli, infatti, è stato osservatore critico e cittadino
attivo nella lotta alle diseguaglianze economiche della seconda metà del '900,
alle diseguaglianze sociali della nostra penisola, da nord a sud e, infine, ha
saputo capire e anticipare le ragioni del nuovo scontro di civiltà che vede
contrapposti i Paesi occidentali a quelli arabo-musulmani.
La costante pratica della comunicazione interculturale
ed inter-religiosa resta, così, alla base, alla radice del pensiero di Galati;
essa è unità di spirito e d’intenti, include e non esclude, conduce alla
conciliazione, alla comunione, all’unità, pur nella diversità, non diventa
strumento d’ostacolo. Per quanti hanno avuto modo di conoscere personalmente il
professor Galati, non si può non dimenticare l’amore apertamente manifestato
con cuore e con intelligenza.
Personalità affascinante, piena di vita, dialogante,
era solito accompagnarsi con felici espressioni, chiare, semplici. Un operatore
di pace, che lascia a noi tutti un patrimonio di pensiero e di ideali, nel
solco di un progetto, salvifico che interessa senza distinzione alcuna l’intera
umanità, pur nelle diversità delle religioni.
E tutto ciò lo possiamo dedurre non solo dall'avere
vissuto con lui, ma dalla lettura delle sue opere.
Il Prof. Galati ha pubblicato numerosi articoli,
scritto saggi e contributi, ha svolto numerosi interventi pubblici, e lucide,
appassionate e sincere introduzioni ai libri di narrativa e poesia che ha
saputo apprezzare di più.
Non è mancata occasione per Vincenzo di adoperarsi nel
pronunciare parole misurate, adeguate alle circostanze: i suoi interventi
pillole di “verità, saggezza”, antidoti alla crescente ipocrisia, a forme di
supponenza; autentiche lezioni di vita verso quanti facevano intendere di possedere verità
assolute sopra ogni cosa. Esse sono state antidoto all’arroganza, alla
supponenza, all’ignoranza sottaciuta, all’affermazione di un Io personale,
gretto ed egoista, becero, inconcludente
posto in atto ad arte con estrema furberia, con estrema disinvoltura,
sprezzante del Bene Comune, ripiegato su interessi individuale, di singoli, e
gruppi organizzati, in dispregio dei diritti dei cittadini, della democrazia
falsamente istituzionalizzata.
I modi affabili, conducono ad avvicinare non ad
allontanare, non arrecano disagi. Vincenzo, semmai, incoraggia chi intraprende
percorsi impervi, non facili. Sapeva di godere della stima di tanta gente,
d’altrettanti Amici, ma non così tanti come noi oggi qui in questa sala.
La sua amicizia sincera è sempre stata
contraccambiata. Le testimonianze in merito sono tante e la Vostra, la Nostra,
qui adesso, sono la testimonianza viva di ciò che ho appena detto. Il suo
pensiero è una visione profetica, coraggiosa poiché ha avuto il merito, la
capacità di guardare lontano.
Persona riflessiva, analitica, attenta, equilibrata,
era in grado di sostenere le sue tesi, le ragioni esposte, con la virtù di una
capacità di sintesi formidabile accompagnata da una visione globale degli
argomenti trattati. I discorsi che pronunciava avevano motivazioni profonde,
erano esposti in modo chiaro, portavano a riflettere e, infine, spesso anche a
convincere.
Vincenzo possedeva anche altre qualità: non era
invadente, intollerante, né arrogante, era soltanto una persona che in funzione
della sua capacità e degli studi svolti
andava al nocciolo delle questioni, dei problemi. Non amava e non era sua consuetudine
frequentare luoghi mondani, lussuosi, troppo vicini e prossimi ai luoghi di
potere. Vincenzo non voleva in nessuna maniera rimanere ad ogni costo al centro
delle attenzioni. Non amava salire sopra scranni, podi per affermare primati
personali, ma si prodigava ad essere affabile, discreto, mantenendo sempre
l’umore necessario, il giusto pizzico d’ironia.
Ogni qual volta gli è stato possibile, ha aiutato
tanti giovani e padri di famiglia. Disdegnava la competizione, nel senso
negativo del termine, non conseguì mai alcun vantaggio personale per sé e per
la sua famiglia.
Mi perdonino i presenti se asserisco che Vincenzo non
ha avuto nessun rivale, nel mondo della scuola, nei ruoli ricoperti, nè nel
mondo politico ove non mancavano i
detrattori, che anziché vedere la trave nei propri occhi, d’impeto e per
istinto, erano portati a ricercare la pagliuzza negli occhi altrui.
L’attività politica rimase per il professor Galati
soltanto una parentesi, certamente interessante ma ritengo non fondamentale nella
sua vita.
Ha vissuto le vicende della politica locale e non
solo, secondo lo spirito più autentico del termine, si è semplicemente donato,
prestandosi ogni qual volta fosse stato chiamato a rivestire ruoli decisivi,
determinanti, ponendosi sempre al servizio della Comunità, in primis di quella
alla quale apparteneva e ricoprendo così, per oltre un decennio, ruoli non
certo marginali. Ha guidato, così, indirettamente, e per ciò che ha potuto fare, le sorti di un partito
problematico verso una buona luce.
I suoi insegnamenti, i suoi comportamenti facevano
apertamente intendere che Enzo Galati si era avvicinato alla politica perché
volutamente chiamato, portandosi
appresso responsabilità in quel tempo impensabili. Era entrato avendo
indossato l’abito dell’allenatore, del
mentore, al quale sarebbe stato assegnato il compito di condurre, guidare
aiutare, consigliare, restando vicino a quanti di noi scesero in campo a
giocare una partita non certo facile.
Enzo si è comportato come un bravo, valido eccellente
allenatore, una guida competente, che non ha avuto pretesa alcuna di mettere
tutto a posto e porre sfide ad alcuno. Ascoltava le motivazioni addotte, se
esse avevano una logica o meno, se erano mirate, mosse da sani principi,
intendimenti, rivolti al Bene della Città, della collettività.
Soprattutto l’Amico Vincenzo aveva ricevuto in dono la
grazia, la capacità di sapere ascoltare. Si può ben affermare che il prof.
Galati è stata una personalità pubblica, che ha agito con discrezione e
discernimento. Si è concesso agli altri, in modo totale, senza risparmiarsi,
senza interesse alcuno. Nel corso delle riunioni degli incontri di partito, in
quelli allargati alle altre componenti e rappresentanze dei partiti, partiva
sempre da una premessa, e gradualmente giungeva alle conclusioni, con
pacatezza, accompagnata da un
susseguirsi di parole e frasi appropriate, intercalate da locuzioni che lo
portavano a citare brani letterari, componimenti poetici, autori, e pensieri di
intellettuali e politici. Non gli è mancata occasione di riprendere quanto
contenuto negli articoli della Costituzione.
I Principi e gli elementi fondamentali della Carta
Costituzionale. Particolare attenzione dedicò al Principio di laicità, intesa
non solo come libertà di pensiero e di religione, come divisione dei ruoli tra
Stato e Chiesa, ma anche come pluralità di pensiero. La laicità è, infatti,
pluralità di pensiero.
Ha molto Ragionato sull’esistenza di Dio, sul rapporto
tra la Totalità e l’individuo, sul rapporto tra l’uomo e le religioni.
In questa giornata siamo qui riuniti per commemorare
ed onorare la memoria, il pensiero di Enzo Galati, un intellettuale, nel senso
più alto del termine. Un uomo, sollecitato da tensioni illimitate,
caratterizzato e distintosi per le sfide coraggiose intraprese e sostenute e
portate a compimento con consapevolezza, intrise di un amore infinito, aperto,
immenso, un Amore, che non si riversa su se stesso, ma che investe gli altri.
Condiviso e di ampio respiro che non può non
discendere da una fede profonda e da una coraggiosa correttezza germogliata in
animo a Vincenzo, sostenuta dalla sua famiglia d’origine.
La sua fede, in Vincenzo ondeggia, non vacilla,
s’increspa, s’agita come il mare in tempesta, per tornare quiete al fine della
burrasca. In Vincenzo è costante la pazienza accompagnata da una generosità
d’animo profonda. La sua mente si ciba, si nutre di letteratura, scienza
sociale - umana, filosofia, diritto, teatro, poesia, musica, pedagogia,
sociologia, urbanistica. Vincenzo ha avuto il coraggio di affrontare
sostanziali cambiamenti, sorretto dalle risorse intellettuali, alimentato dalle doti umane, etiche e morali che
possedeva, poste in essere con parsimonia e soprattutto con convincimento, in
diverse occasioni prima solo, dopo in comunione d’intenti con quanti seppero
condividere e sostenere le stesse ragioni, gli stessi percorsi, le medesime
scelte.
L’Amicizia maturata, collante indelebile, legame
duraturo, autentico, stima reciproca, contraccambiata. Un affetto esplodente
che valica l’ordine temporale degli avvenimenti, che si rinnova in seguito alla
scomparsa di Enzo, rinvigorito più di prima e
mirabilmente presente che ha investito i membri della famiglia di Enzo,
e che questa sera si mostra evidente sul viso commosso della moglie Daniela, negli
occhi dei figli Salvatore e Valeria, dei nipoti Giovanni, Vincenzo, Matteo,
della piccola, dolce bimba di nome Emilia.
Enzo, animato da profondi sentimenti ha dedicato il
suo tempo, la vita al Prossimo, al fratello che non ha conosciuto, sorretto dal
fervore di una fede profonda alimentata giorno dopo giorno, che lo condusse a
rimanere inquieto sino allo scoraggiamento, e poi rinvigorita da una prontezza
d’animo non comune.
La sua mente creativa era portata a comprendere le
differenze, le diversità, a distinguere la logicità dalle illogicità,
perpetuate ed insite nei macro e micro – sistemi, organizzati di proposito per
creare disuguaglianze, impoverimento, far nascere paure, crisi esistenziali.
Un testimone vivente, una voce che nel silenzio della solitudine,
si è spogliato di pesi e contrappesi, avviandosi a navigare nel mare agitato
della vita. Un uomo, che è andato alla ricerca di una Verità, che fonte di
speranza, attesa, in un peregrinare in cui sostare significa riposo, ripresa
delle forze, rinfrancare corpo e spirito, al punto da consentire il prosieguo
della via intrapresa.
Una condizione lo spinge ad affermare che molte cose
hanno modo di cambiare se esiste la volontà, la determinatezza nel volerle
cambiare.
S’interroga sulla libertà, sul concetto di
partecipazione “democratica”, sul significato d’appartenenza. Afferma che
l’essere umano non soggiogato e sottomesso, libero dal bisogno, dalle
necessità, vive in pieno con dignità la sua vita e e in quanto libero e non
schiavo partecipa alla felicità promessa, all’Amore, alla bellezza, con la
dignità che gli spetta sorretta dal lavoro che svolge, non solo fonte di
sostentamento e bisogno.
Se l’uomo è privato della libertà, non sarà in grado e
nella condizione di scegliere liberamente davanti ad un bivio la strada da
percorrere.
L’amico Galati, dedicando la sua vita a comprendere e
sostenere quanti avevano bisogno, ha
intrapreso un cammino faticoso, avendo avuto il coraggio, il merito di guardare
oltre la linea d’orizzonte conosciuta.
Disponibile al confronto, alla discussione,
intrattiene interessanti, lucide conversazioni nel corso d’incontri e riunioni
deputate alla vita politica Monrealese e Palermitana, all’interno del partito
della DC.
Come noto, un grande partito, compromesso, lacerato all’interno,
alimentato in modo meccanico e ripetitivo dall’azione organizzativa delle
elezioni. La DC, un partito a cui non si
riconosce alcun consenso, ideale e morale, pur avendo riscossi consensi
elettorale notevoli, legato dalla spartizione del potere. La funzione svolta
dal prof. Galati è stata soprattutto una funzione pedagogica basata
sull’insegnamento soprattutto morale.
In diverse occasioni e circostanze Enzo si adoperò ad
ascoltare svariate voci principalmente quelle del dissenso, avendo modo di
chiarire e puntualizzare i termini della discussione. Gli scambi d’opinione,
gli interventi, i chiarimenti addotti non erano limitati a semplici
affermazioni dialettiche, fine a se stesse, ma lo portavano ad entrare nel
cuore dei problemi, senza tergiversare.
Enzo è stato un formatore di coscienze, un educatore
che ha saputo risvegliare animi adagiati, dormienti. Non dimenticò la persona
che era sempre stata, una figura d’esempio, che ha sostenuto, dato forza,
vigore a giovani e meno giovani. Quanto impegno reso, per far comprendere
l’importanza, il valore di alcune scelte che diventano fondamentali se non
attuate, evitando di non decidere per
non sbagliare e non perdere consenso. Ci ha insegnato a guardare al futuro con
coraggio, traendo forza dal passato.
Un ritornello spesso ricorrente, che faceva pensare al
futuro non in modo astratto e intangibile, ma in modo concreto avendo capacità
e disponibilità a non derogare ad altri questioni importanti e fondamentali che
riguardano la collettività, chiamate,
economia, risparmio di suolo, di risorse, di ambiente, salvaguardia,
conservazione promozione del territorio, in maniera da evitare e distruggere
quanto abbiamo ereditato, evitando di inquinare, l’ambiente, l’aria che
respiriamo, l’acqua che ci tiene in vita.
Progettando insieme il futuro di una gloriosa Città,
Monreale. Questioni reali, che non vanno divise e separate da motivazioni
ideali, etiche e morali; temi delicati, le cui scelte non potevano non avere un
certo peso.
In certuni Enzo, ha fatto nascere speranze, in altri
ha portato cambiamenti profondi, senza creare illusione e attesa alcuna. Ha
soprattutto avuto il merito, la capacità di far nascere scosse formidabili,
aprire squarci su un cielo limpido, pulito, sereno.
La scelta del cambiamento, il prof. Vincenzo Galati
l’ha realizzata in prima persona, insieme a quanti oggi, anche se pochi,
abbiamo avuto il coraggio e la consapevolezza di portare avanti nell’interesse
comune, e nella condivisione, la Politica della trasparenza e della legalità.
Si è trattato di agire con coraggio e determinazione,
oltre i fini puramente personali ed elettorali. Interpretando volta per volta i
cambiamenti in atto, partecipando e prendendo parte alle responsabilità che la
società ci ha assegnato, al di là, dei ruoli, oltre le forme di potere e di
propaganda inutile, mettendo in campo, la ricchezza, il patrimonio ideale che
ognuno di noi porta dentro di sé, per dirla come Giorgio La Pira, un’occasione,
uno strumento per prendere in mano le
redini di un cambiamento, di un rinnovamento autentico della politica avendo
avuto il coraggio di fare politica, senza ricevere nulla.
Era normale per Vincenzo Galati, intrattenersi,
scambiare punti di vista, prendere appunti, commentare frasi, scrivere
pensieri. Enzo è rimasto soprattutto vicino ai giovani, alle nuove generazioni,
soprattutto in questi ultimi tempi difficili, tormentati e controversi.
In ogni caso ha avuto il merito, la capacità di
offrire in alternativa, nuovi sentieri da percorrere. Tanti giovani ha seguito
anche in modo indiretto, a debita distanza, con discrezione senza essere
ingombrante, invasivo.
Ogni pianta buona non può che far nascere frutti
buoni. Enzo è stato un missionario laico, per certuni un mentore,
per altri un amico, un compagno di viaggio, per altri un professore,
per altri ancora un politico.
In ogni caso è stato un testimone che ha goduto della
grazia della Fede, pur nel dubbio.
Un uomo prestato alla politica che ha condotto ed
accompagnato con la sua mente con una mano invisibile tanti ragazzi, tanti
giovani diventati adulti; persone mature, genitori, insegnanti, operai,
impiegati, medici, professionisti, amministratori politici, intellettuali,
lavoratori che hanno svolto un’attività, un mestiere, un lavoro, una
professione, che hanno operato da cristiani partecipando attivamente, come missionari in una terra ancora non libera
dalla corruzione, dal malaffare, dalla mafia.
Enzo da giovane ha maturato, mantenuto rapporti
interpersonali con i fratelli cristiani coetanei, compagni durante i suoi studi.
In questo frangente, si è posto significanti interrogativi, ha cercato
risposte, maturato concetti; quel che invece non ha ricercato è occupare
potere, avvalersi impropriamente della forza del potere, un potere effimero,
inutile se non portato a fare il bene della gente. Ha fatto quel che andava
fatto. Non ha segnato traguardi se non quelli di consentire di amare, di
credere nella famiglia, nell’insegnamento, nella scuola nella quale ha dedicato
la sua vita anche dopo la parentesi politica, scuola che amava al pari della
sua stessa famiglia.
Enzo amava tanto l’insegnamento, il mondo della
Scuola. Era fin troppo consapevole dei limiti della fragilità, della debolezza
umana. Sua costante prassi era aprire il cuore, prima della mente, comprendere
la vita con coscienza, tanta - così bella-,
gioiosa, tanto essa amara e crudele. Una vita vissuta istante per
istante, momento per momento sino in fondo con tutto l’amore possibile. Non
poteva non mancare data la sua formazione sociale e culturale di fare meno nel
pensare in termini di libertà politica, una cosa che ha fatto sino a quando si
è occupato di politica. Una sfera sociale complessa e delicata, con molte
innumerevoli sfaccettature. Un costante, diurno quotidiano esercizio, un lavoro
intenso, svolto nel nome del Bene Comune, un prestarsi temporaneo. Un esercizio
di puro servizio, sacrificio e abnegazione, parole scomparse dal vocabolario
dei tanti politici o definiti tali che troppo spesso si sono mossi soltanto per
interesse personali. Sempre ed in ogni modo guardando al bene comune. Un
modello di vita, uno stile che ha accompagnato Vincenzo per tutta la sua vita
terrena.
Monreale, 9 Aprile
2015
NATALE SABELLA
Il ricordo di Bino Li Calsi, ex Sindaco di Monreale
L'intervento del Dott. Roberto Gambino
La mia testimonianza porrà l'accento su
due aspetti legati al mondo di e con il Prof Enzo Galati.
Ma prima di tutto voglio condividere
quanto mi è balenato nella mente quando è avvenuta l'elezione del Presidente
della Repubblica: “Se Sergio Mattarella è divenuto Presidente, anche il Professore lo sarebbe potuto
diventare, anzi...un poco lo è anche Lui”.
Oggi, ricordando Enzo, tra l'altro, si
celebra una grande pagina del cattolicesimo democratico monrealese e siciliano,
una pagina di storia politica e culturale.
Il primo aspetto di e condiviso
con il Prof. Galati è stato il grande amore per il pensiero
critico e, in particolare, per Kant e per la sua Critica della
Ragion Pura. In questo scritto, se si entra nel profondo della sua
logica, ritroviamo tutta la lucidità analitica, la profondità di ragionamento,
la capacità critica e di sintesi proprie del Prof. Galati. Oggi, però, scopro
che nel suo Libro postumo La speranza fondamentale e i suoi testimoni
abusivi vi è un forte richiamo al “secondo” Wittgenstein.
Quando un altro grande concittadino, il filosofo
Professore Noto, mi mise in mano il Tractatus Logico-filosophicus cominciò
il mio viaggio, di giovane marxiano, che mi portò dalle certezze e
verità del pensiero scientista e del neopositivismo logico, alla complessità e
al passo costruttivista del Wittgenstein di Ricerche
Filosofiche che affermava il bisogno di tornare sul terreno
scabro, ricercare l'attrito, non fare come la colomba kantiana che
credeva di potere volare “libera” senza attrito e forza di gravità. Questo,
concretamente, significa abbandonare la freddezza dell'assolutismo razionale e
logicista (per gli scienziati e la cultura laica) ma anche il vuoto dottrinale
di certe formule teologiche (per i teologi e i credenti), immergendoci
nella costruzione di significati condivisi e, nell'azione civica e
politica, nell'impegno di Comunità.
E, infatti, il secondo aspetto di
e condiviso con il Prof. Galati è stato il grande amore per la
Politica. Da giovane segretario (diciottenne) dei Giovani Comunisti di
Monreale, nel 1987, dopo avere contribuito alla realizzazione di una
riuscitissima iniziativa cittadina sul recupero del Savoia come
Centro Culturale Giovanile Polivalente, scrissi e distribuii con gli altri
compagni un volantino che recitava “Mentre i giovani comunisti monrealesi
organizzavano e realizzavano l'iniziativa per il Savoia...la Democrazia
Cristiana monrealese si riuniva (di fronte) alla Sala della Pace con l'On.
Luigi Gioia, in odor di mafia...”. Moltissimi esponenti locali e
consiglieri democristiani mi attaccarono e cercarono di intimidirmi minacciando
querela (dopo circa 15 giorni l'On. Gioia ricevette un avviso di garanzia).
L'allora Commissario della Democrazia Cristiana, Enzo Galati, voluto e imposto
dal Commissario Regionale DC Sergio Mattarella, rispose con un documento pubblico
(e anche in privato) con cui apriva il dialogo e il confronto con i Giovani
Comunisti Monrealesi e con il loro segretario. Dialogo e collaborazione che non
si chiuse più e continuò sino alla fondazione dell'Ulivo e del Partito
Democratico nel nostro territorio.
Sempre credendo nell'Uomo e con la
Legge Morale dentro di noi e il Cielo Stellato sopra di noi.
Roberto Gambino
Monreale, li 9 aprile 2015
A chiusura della manifestazione, il canto del Gruppo "Balzo" accompagnati dalle note musicali del Maestro Giovanni Vaglica.