VINCENZO GALATI

Associazione Culturale Mons Realis                                                                Comune di Monreale


Ricordo di VINCENZO GALATI




La cerimonia commemorativa, organizzata dall'Associazione locale "Mons Realis" con il patrocinio del Comune di Monreale, si è svolta all'interno della sala S. Benedetto dell'ex monastero dei Benedettini per ricordare la figura di Vincenzo Galati, professore di storia e filosofia fino agli anni '80, preside fino al pensionamento.
Filosofo, teologo, scrittore, autore del saggio "La guerra praticamente impossibile" e del romanzo  "Quella finestra al quarto piano".
Protagonista della vita politica e segretario della Democrazia Cristiana monrealese.
Hanno partecipato all'evento alcuni protagonisti della vita politica del tempo, amici e quanti hanno apprezzato l'uomo Galati, cordiale e umano a prescindere dagli ideali politici.
Alla commemorazione arriva il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per testimoniare l'antica amicizia col professore. 





Il Sindaco di Monreale, Avv. Piero Capizzi saluta i presenti e ricorda una frase profetica di Enzo Galati che gli aveva suggerito di lavorare ed impegnarsi perchè aveva le qualità per diventare sindaco di questa città.


L'intervento del Dr. Enzo Giangreco, ex Sindaco di Monreale

Di Enzo Galati innanzi tutto vorrei ricordare l’amico.
Un’amicizia lunga e preziosa che risale a molti anni fa e che si interseca con molti episodi della nostra vita.
Un’amicizia a tutto tondo che andava dai momenti conviviali del “gruppo pizza” dove discutevamo in maniera simpatica i problemi alla ribalta del momento: politici e non, alla partecipazione comune ad eventi e alla nostra militanza politica.
Per diversi anni Enzo Galati si è fatto carico con grande impegno e generosità della conduzione, dei travagli e dei cambiamenti della DC locale. Abbiamo condiviso battaglie, fermenti, successi ma anche delusioni e amarezze, muovendoci sempre nell’ambito del cattolicesimo democratico che è stato la nostra ispirazione; avendo anche come punto di riferimento Piersanti prima e poi Sergio Mattarella, di cui abbiamo subito intuito la lungimiranza politica, le doti di saggezza e di equilibrio che sono ora universalmente riconosciute.
La cultura di Enzo, il suo pensiero interessato a tutti gli aspetti dello scibile e della vita pratica hanno riservato a noi amici, che gli stavamo intorno, conversazioni interessanti, profonde, ricche di informazioni.
Ricordo che ad ogni novità e argomento di attualità di grande impatto locale, mondiale, nazionale, non vedevamo l’ora di sentire il suo parere, sempre bene informato, equilibrato, talvolta anche sorprendente.
La sua famiglia era comunque il centro delle sue attenzioni, delle sue cure e del suo mondo; dalle sue parole e dai suoi accenni trasparivano sempre tenerezza e orgoglio. Anche la Scuola, dove ha profuso le sue migliori doti di uomo di cultura, di insegnante, di preside ha avuto un posto di grande rilievo. La famiglia e la sua Scuola erano certamente i pilastri della sua vita.
I suoi scritti rilevano la molteplicità dei suoi interessi, la sua indagine filosofica e religiosa, il suo impegno civile. Gli ultimi due volumi, amorevolmente e diligentemente raccolti e pubblicati dalla moglie Daniela, ci parlano ancora una volta di lui, della sua personalità poliedrica. In particolare, la lettura del libro “Quella finestra al quarto piano” mi ha richiamato alla mente molte nostre conversazioni, dense di concetti che spesso scaturivano l’un dall’altro. Le conversazioni dei protagonisti del libro: Enrico, Francesco, Eugenio, Letizia ed altri, sono spunti per riflessioni su esperienze o su vari argomenti dove pro e contro, tesi e antitesi sono incarnati dai vari interlocutori..
Più che un romanzo, a mio parere, l’opera è espressione del lavorìo intellettuale e spirituale di Enzo Galati, delle sue riflessioni sul mondo politico, sulla Chiesa, sulla Scuola e le lotte studentesche, sull’amore, sul matrimonio, sulla mafia, sulla parità uomo donna, sul senso della vita…
Grazie Daniela, per averci ancora una volta messo in contatto con lui, con la sua personalità e il suo pensiero, attraverso queste due ultime opere, e per avere aperto un nuovo canale di conversazione con il nostro indimenticabile amico Enzo.
Enzo Giangreco




Relazione per la Commemorazione di Enzo Galati della 
Professoressa Maria Rita Fedele

Presentazione dell’ultimo saggio inedito intitolato 
“ La speranza fondamentale e i suoi testimoni abusivi”



09 aprile 2015 
Sono lieta e onorata di essere stata invitata per rendere la testimonianza dell’amicizia intellettuale e umana che mi lega ad una persona a me particolarmente cara come Enzo Galati.
Ho avuto modo di apprezzare le sue doti intellettuali, la passione per la filosofia, per la cultura in generale, per la ricerca disinteressata del vero, per l’amore verso gli studenti, durante gli anni di insegnamento presso il liceo scientifico D’Alessandro di Bagheria e il dottorato di ricerca all’Università degli studi di Palermo.
Voglio partire subito dall’ultimo saggio lasciato inedito da Enzo e pubblicato postumo, del quale mi pregio di averne curato la prefazione; un saggio che lo ha impegnato molto negli ultimi due anni che precedono la sua scomparsa e che ci consegna le autentichee immodificate riflessioni di cui Enzo è autore.
Amava confrontarsi con amici e colleghi su quanto veniva scrivendo, non faceva mai della ricerca e degli studi un monopolio personale da cui escludere gli altri. Sempre aperto e disponibile ad accogliere le criticità che gli venivano poste, a rivedere, a smussare, a ridefinire certe angolazioni prospettiche da cui aveva trattato alcuni temi.
Serbo gelosamente i momenti di confronto che su questo saggio ho avuto con lui quando veniva a trovarmi a casa e lo faceva sempre di lunedì mattina perché sapeva che quello era il mio giorno libero da impegni di lavoro.
Quando lo esortai a pubblicare il saggio, dopo avergli consegnato personalmente le mie prime osservazioni, spingendolo a superare certe sue reticenze, mi disse che se lo avesse fatto avrebbe gradito che io gliene curassi la prefazione.
La proposta fu per me l’evidenza della stima e del rispetto che Enzo nutriva nei miei riguardi e ne rimasi onorata. Ma compresi, sin da subito, il rischio che mi attendeva in questa sfida, perché, come affermano Hegel e Wittgenstein, il pericolo di una prefazione è che lo spirito di un libro deve mostrarsi nel libro stesso e non può essere descritto!
Per queste ragioni, ho steso una prefazione breve che vuole solamente anticipare, in qualche modo, alcuni snodi teologici e filosofici che ruotano attorno al tema del saggio, lasciando al lettore la possibilità di entrare direttamente nello spirito del testo e dunque nell’ermeneutica del pensiero del suo autore.
Ringrazio calorosamente Valeria, Salvatore e Daniela per avermi affidato la stesura di questa prefazione, confermando la volontà già espressa da Enzo e soprattutto ringrazio Daniela per la disponibilità nell’avermi reso fruibili i testi della biblioteca personale di Enzo, i suoi appunti, le sue annotazioni attraverso le quali mi è stato possibile, insieme a lei, ricostruire l’intero apparato delle note, la cui sistemazione Enzo aveva lasciato incompleta.
Ora, per opportunità di tempo e di luogo, scelgo un linguaggio più semplice e meno specialistico di quello che Enzo usa nel saggio, rimandando ad altra sede l’analisi critica più accurata e specialistica del testo. Preferisco che le riflessioni più profonde e più significative che si snodano in questo saggio vi siano restituite con la semplicità e la chiarezza che Enzo stesso amava quando discuteva di certe questioni filosofiche e teologiche con i colleghi e soprattutto con i giovani studenti.
Il saggio, continuo e lineare nelle sue articolazioni, è strutturato in “capitoli”, alcuni privi della suddivisione sottotitoli, in cui l’incipit è costituito da citazioni tratte tutte dal pensiero di Wittgenstein, in particolar modo dall’opera del filosofo intitolata Pensieri Diversi.
Il pensiero di Wittgenstein, come è noto, ha attraversato due fasi: la prima si esprime nel Tractatus logico-philosophicus pubblicato nel 1921; la seconda nelle Ricerche Filosofiche e nelle opere postume: quaderni, diari, pensieri, “osservazioni filosofiche”… E’ a questa fase che Enzo si richiama perché ivi trova un collegamento, un’affinità di pensiero con il filosofo, facendone l’interlocutore di primo piano nel corso della stesura del suo saggio.
E ciò perché Wittgenstein, pur rimanendo all’interno di una ricerca di tipo filosofico, intesa soprattutto come analisi del linguaggio, ha finito per aprire nuove strade al pensiero religioso e alla riflessione teologica. Enzo vede nel pensiero di Wittgenstein che la religione e la teologia non escono sconfitte o umiliate, al contrario ritrovano uno “spazio di senso” precedentemente delegittimato se non addirittura negato dalle filosofie neoempiriste. Ricordiamo che il neopositivismo è giunto, nel secolo scorso, a una forma radicale di ateismo, ostile com’era a ogni forma di religione.
Il secondo Wittgenstein matura l’idea che al dicibile dei fatti della vita si contrappone l’indicibile che non è meno reale ed è ciò che realmente conta. Enzo vede perciò in Wittgenstein un pensatore religioso aperto alla trascendenza, l’immagine di un uomo e di un filosofo che, pur attraversato da mille dubbi e incertezze, segue una strada che lo porterà a cercare e, forse, anche a trovare Dio. Dopo tutto credere in Dio significa per Enzo comprendere che la vita ha un senso, che c’è qualcosa di assolutamente altro al di là del mondo della fattualità.
Un’altra affinità che lega Enzo a Wittgenstein consiste nell’essere entrambi consapevoli della posizione difficile che occupa chi si ritrova nella ricerca religiosa; una posizione che restituisce l’immagine di un uomo incerto, vulnerabile, insicuro, dubbioso. Ed Enzo, infatti, cita nell’Introduzione un pensiero di Wittgenstein cui si sente di appartenere come vi appartiene chiunque sia consapevole di non stare al sicuro, al riparo dal dubbio, chiunque cammini e sperimenti la fatica del camminare perché probabilmente non vede all’orizzonte il raggiungimento di una meta che possa porre fine al viaggio intrapreso. Ma è anche l’immagine di colui che, nonostante ciò, non rinuncia alla sua ricerca, ma nutre la speranza di poter giungere ad una meta e a ritrovarvi quindi il senso dell’esistenza.
Per queste ragioni Enzo nell’Introduzione parla del pensatore religioso come se parlasse  di se stesso.
PAGINA 15  LETTURA DEL TESTO
Enzo sa e sente di muoversi come uno che cammina in un sentiero stretto, ma che pur tuttavia non rinuncia alla sua ricerca. E in questo saggio la ricerca di Enzo si esplicita in due diverse direzioni:
-         La prima su un piano personale come ricerca di una risposta a interrogativi esistenziali sempre presenti alla coscienza di Enzo;
-         La seconda come ricerca più generale, quella dello studioso che procede come un viandante  in una sorta di viaggio intellettuale, in cui Enzo si apre al confronto con la tradizione religiosa di provenienza, con altre esperienze religiose e con la tradizione delle filosofie critiche e antidogmatiche.

In questa direzione il saggio di Enzo è per me una grande lezione di umiltà!

Enzo, infatti, non appare in questa sua grande opera d’arte come colui che sa, ma come colui che chiede. Sia come uomo che come studioso appare come coluiche cerca, attento al mistero, aperto alla trascendenza, nostalgico del totalmente Altro, per riprendere un’espressione del filosofo Max Horkheimer, citato nel saggio.
Nel corso della lettura del testo, “agli addetti ai lavori” è possibile scorgere altre prossimità, vicinanze, accostamenti ad alcune filosofie del Novecento, per esempio alla fenomenologia, ad autori anche non espressamente citati, ma di cui Enzo ne usa lo stile filosofico. Lo stile fenomenologico husserliano, ad esempio, consente ad Enzo di richiamare l’attenzione alle esperienze personali di ciascuno, ai vissuti soggettivi. Di Dio, infatti, non si può parlare se non a partire da questi vissuti personali cioè dalla fenomenologia dell’esperienza religiosa stessa. Ciascuno di noi è consegnato ad uno spazio geografico e ad un’epoca storica, quindi coglie Dio a partire da questa “porzione” di mondo già dato, che costituisce, per così dire, il suo universo religioso.
PAGINA 38 LETTURA DEL TESTO
In questo viaggio esistenziale e teoretico al tempo stesso, Enzo viene articolando il tema fondamentale della fede.
La fede è speranza. Speranza e fede pur essendo diverse si implicano reciprocamente!
Che cosa si può sperare senza credervi?
E viceversa si può credere in qualcosa o in Qualcuno senza sperare?
La speranza è la nostra salvezza; Spe salvi facti sumus (nella speranza siamo stati salvati) Enzo cita la Lettera di San Paolo ai Romani (Romani, 8, 24). La speranza cristianamente intesa è poi la fede nella morte e nella resurrezione di Cristo, la fede in Qualcuno che ci attende. Se Cristo avesse concluso la sua vita con la morte avrebbe fondato una religione senza speranza. La resurrezione di Cristo è la chiave del Cristianesimo e la speranza del credente. Se gli apostoli non avessero visto Cristo, se non avessero vissuto l’intera vita con Lui e testimoniato con Lui non avrebbero certamente avuto la speranza di una vita futura!
La speranza è ciò in virtù della quale noi possiamo affrontare il presente anche faticoso, doloroso e con tante tribolazioni perché è ciò che dà senso all’apparentemente insensato. Tutto può essere accettato, accolto se conduce verso una meta e se in questa meta si può in qualche modo sperare.
Senza la speranza l’esistenza viene consegnata all’assurdo, sinonimo di nichilismo, una sorta di intelligenza ubriacata col nulla , come la definisce Enzo!
Una vita senza speranza è una vita priva di senso e una vita priva di senso non è degna di essere vissuta!
L’uomo privato della speranza, consegna il suo essere e il suo agire al non senso perché per lui la vita non hapiù alcun valore e l’esistenza è senza ragione, proprio come ci ricorda il mito di Sisifo impegnato inutilmente nella spinta di un macigno verso la cime di un monte che precipita giù dopo ogni suo sforzo. Nel capitolo VIII Enzo affronta la sfida dell’assurdo cui contrappone la fede come speranza che apre l’esistenza ad un mondo di senso e di significato.
PAGINE 170/171 LETTURA DEL TESTO

In questo contesto, per Enzo le religioni rappresentano un forte richiamo al ritrovamento del senso, un richiamo alla trascendenza, a guardare oltre il limite, perché è nella coscienza del limite, del finito, che si aprono gli squarci dell’infinito, del totalmente Altro.
Le religioni si offrono allora come umili testimonianze della speranza della verità e non come risposte esaustive alla domanda sul vero, poi fanaticamente propugnato. Tutte hanno qualcosa che le accomuna: la ricerca di senso e l’apertura al mistero.
Speranza non significa sapere nei minimi particolari che cosa ci attende dopo questa vita, ma sapere che la vita non finisce qui, nel vuoto o nel nulla.
Enzo ha la capacità di trasformare la sfida dell’assurdo, posta dal noto esistenzialista Camus, in una bellissima opportunità di ripensare la fede come speranza, aprendo un dialogo con quanti, secondo lui, ne sono i testimoni abusivi.
Chi sono i testimoni abusivi??
-         Certi filosofi, certe filosofie, che hanno visto nel logos la facoltà di conoscere la verità nella sua interezza;
-         Certi filosofi e certe filosofie che hanno ridotto Dio a oggetto di dimostrazione razionale, a verità dimostrabile;
-         Le tre grandi religioni monoteiste quando incorrendo nel pericolo del fondamentalismo impongono l’egemonia della loro rispettiva verità!
Ma la verità per Enzo non coincide mai con il possesso dogmatico del vero perché essa non è un dato, ma un telos, un’aspirazione profonda che alimenta il sentimento della fede e si fa speranza di un mondo migliore e fiducia in una salvezza eterna!
Vedasi la Prefazione

 Maria Rita Fedele



Professore Stefano Gorgone, ex Dirigente Scolastico ed ex Sindaco di Monreale

RICORDO DI ENZO GALATI 
Enzo Galati è stato un amico prezioso, un punto di riferimento per tutti noi, una persona veramente unica con la quale abbiamo condiviso la passione per la politica, che è passione per la città. La Pira sosteneva che dobbiamo amare la città come parte della nostra personalità. La città non è solo uno spazio fisico, ma nasce dalla volontà di stare insieme, di lavorare insieme per realizzare il bene comune. La città dunque è il luogo della ricostruzione della speranza. Enzo definisce il sindaco di Firenze l'esempio più luminoso della politica intesa come servizio. È noto che La Pira fu uno dei più significativi rappresentanti del Cattolicesimo Democratico, così come Sturzo, che ne fu l'ispiratore, De Gasperi, Toniolo, Dossetti, Lazzati, Moro e così via. Mi piace ricordare pure P. Scoppola di cui Enzo condivideva le intelligenti analisi politiche. E' così che Enzo matura il suo  pensiero politico aderendo pienamente ai principi di libertà e dignità della persona, di solidarietà e giustizia sociale, di promozione dei diritti umani, di laicità della politica. “Un partito di cattolici, scriveva, non può che essere un partito laico, aperto alla mediazione e al confronto continuo con tutte le altre forze politiche; la laicità rifugge dal dogmatismo ideologico”. Ancorato saldamente a questi principi, Enzo sente di doversi impegnare concretamente nel servizio alla città. Anche l'educatore, afferma, deve far politica per non smentire i valori annunciati e creduti, perché non ci sia discontinuità tra le aspettative ideali e l'esistente. In quel particolare momento storico padre Sorge sosteneva con forza la necessità di una seria formazione politica dei cattolici per far fronte alla caduta delle motivazioni ideali e dei valori, al rinascere di atteggiamenti qualunquistici. La politica garantisce la vita della democrazia, è come la linfa vitale per la pianta, se la linfa viene meno, la pianta muore. Enzo mostrava di condividere pienamente le riflessioni di Padre Sorge: “Alla politica non si sfugge, diceva, essa va seguita ed interpretata, in essa è dovere impegnarsi per non essere strumento, ma soggetto. Noi dobbiamo proporre la politica come valore, come palestra, in cui ognuno possa competere per la realizzazione del bene comune”.
Come realizzare tale presenza dei cattolici? - Enzo non esitò ad accettare la proposta di Sergio Mattarella di rilanciare l'iniziativa politica della Democrazia Cristiana a Monreale, allora lacerata da aspri dissidi fra le varie anime del partito. Rivelò subito notevoli doti di mediazione, mise veramente la sua intelligenza e il suo prestigio morale e culturale al servizio della città. Riuscì ad assicurarsi il coinvolgimento di alcuni stimati professionisti rimasti fino ad allora ai margini della vita politica, delusi e sfiduciati.
Alcuni di noi sono stati sollecitati a candidarsi nelle elezioni amministrative del 1985. Venne assicurata la continuità amministrativa con l'elezione di Giangreco a sindaco della città. Suo merito fu l'elaborazione di un programma serio, fattibile, attento ai bisogni concreti dei cittadini con particolare riferimento alle fasce sociali più deboli. Il programma, diceva, non è né può essere un arido elenco di cose da fare, ma esso deve essere animato, indirizzato, organizzato da una intenzionalità ricca di motivazioni ideali e morali. Le proposte di Enzo erano sempre ben argomentate e convincenti. Accenno qui brevemente ad alcune opere realizzate: la rete fognaria di Aquino, un piano di edilizia scolastica, l'adeguamento della pianta organica. Tutte opere che ebbero un grande impatto nella vita della nostra comunità e alla cui realizzazione Enzo aveva contribuito in maniera determinante con lo stile che gli era proprio e cioè con umiltà rifuggendo dalla politica vista come spettacolo, come immagine per privilegiare il senso della misura e la sobrietà: “Una persona che si preoccupi in modo eccessivo del successo e della popolarità, non potrà mai esercitare in modo adeguato la sua responsabilità politica” diceva. Credo che la preoccupazione maggiore di Enzo sia stata quella di favorire migliori condizioni di vita a Monreale.  “Perché mi occupo di politica? Perché trovo che in mezzo ad essa potrò fare del bene agli altri. Non può esserci la città se viene rifiutata la solidarietà”. L'esperienza politica di Enzo non fu senza difficoltà, ma non è questa la sede per farne cenno.
Egli,comunque, poteva contare anche sull'amicizia fidata di A. Marceca e sulla collaborazione di consiglieri di provata esperienza come Mortillaro, Salamone, Sirchia, Li Calsi.
La sua esperienza si arricchì con l'elezione al consiglio Provinciale e con la sua nomina ad assessore. Anche in quella istituzione fu molto apprezzato per la sua forza morale e per la sua vivacità intellettuale. L'impegno per la città continuò anche quando non ebbe più incarichi politici. Monsignor Naro, lo chiamò alla Fabbriceria del Duomo e lo inserì nel consiglio di amministrazione del Collegio di Maria. L'Arcivescovo  aveva grande stima di Enzo, così come grande stima aveva l'attuale Capo dello Stato. Sono certo che Enzo ha provato grande gioia per l'elezione di un suo amico alla Presidenza della Repubblica, così come sicuramente ha gioito del messaggio al Parlamento nel giorno dell'insediamento. È un messaggio che può essere considerato una mirabile sintesi del valore e del ruolo della politica posta al servizio dei cittadini e del bene comune.  E  questo esalta  ancor di più il valore della scelta operata da Enzo Galati. Penso così di potere affermare che Enzo è stato a Monreale come La Pira a Firenze un esempio luminoso di politica intesa come servizio.
Credo che per questo e per la generosità, l'impegno e la gioia di fare della propria vita un dono, Enzo possa essere considerato una delle figure che hanno lasciato un segno profondo nella storia sociale e politica della nostra città.            
Stefano Gorgone



                             Architetto Natale Sabella, ex Assessore del Comune di Monreale


Il coraggio del cambiamento

Vincenzo Galati,
Un nostro concittadino, uno di noi.
Maestro di vita, educatore, docente, preside, uomo di pensiero, politico. Marito premuroso, padre, nonno amorevole e attento; amico sincero e disinteressato.
Una persona del nostro tempo, portatore di fede, di speranza, assertore del valore assoluto della pace ma contrario a pacifismi solo esteriori e del tutto vani.
Un cristiano impegnato nel sociale, nella politica, che ha coniugato sul piano etico, religioso ed esistenziale, la ricerca dell’Assoluto, la promozione dei diritti umani,  della libertà e la difesa dei valori sui quali la nostra civiltà si fonda.
Ha condotto ogni azione con coscienza, conoscenza, responsabilità, entusiasmo, senso del dovere, impegno, e soprattutto testimonianza; qualità ampiamente riscontrate nelle scelte maturate, anche a discapito di se stesso.
Enzo non ha mai dimenticato gli emarginati, i deboli, le persone indifese; è rimasto vicino alla gente, come fratello sofferente nel corpo e nello spirito. Vincenzo, filosofo, letterato, teologo, conoscitore dell’Antico e del Nuovo Testamento.
La conoscenza si estende ai modelli più significativi che le filosofie - antica e contemporanea - ha elaborato nel tentativo di rispondere alla domanda <<cos’è la verità?>>. Un punto da cui partire. La condizione umana è al centro del pensiero di Galati insieme agli aspetti storici - culturali - geografici – ambientali, ai rapporti esistenti all’interno della società.
Ed è per questo che Vincenzo è stato soprattutto un attento conoscitore delle vicissitudini umane, quotidiane e storiche. Vincenzo ha sempre amato scoprire l'uomo e la sua anima analizzando la storia, dall'età in cui ha mosso i primi passi fino ad oggi, lungo tutta la strada che ci vede peregrinare alla ricerca della Totalità.
Vincenzo: un uomo dal temperamento mite ed affettuoso ma che ha saputo vivere la sua vita in modo combattivo. Portato a riflettere, a mediare, non ha dimenticato le radici di provenienza, la cultura d’appartenenza. Una personalità che pur avendo manifestato dubbi, non si è sottratta a far comprendere le perplessità, le incertezze, che si è interrogata ripetutamente sulla “Verità”, andata alla ricerca dell’Assoluto. Da studioso di scienze e discipline filosofiche sulla scia d’Agostino d’Ippona, Cartesio, ed altri illustri, filosofi, antichi e contemporanei, trascina la mente e la volge alla ricerca del mistero, della Verità, oltre la fede dogmatica. Concettualmente ripudia la guerra, l’oltraggio, l’offesa, promuove i valori di libertà ed uguaglianza; ritiene fondamentale l’impegno etico e sociale, da porre in atto attraverso la pratica quotidiana, della “solidarietà”, un elemento sul quale impiantare e ricostruire una società diversa, migliore, senza attendere il domani da venire, senza invocare rivoluzioni, o chissà cos’altro ancora.
Insomma, come potete capire Vincenzo è sempre stato una mente libera, che vede nel progresso morale la fiamma animatrice di ogni forma di rinnovamento e cambiamento della società.
 Per il prof. Galati, uomo religioso, filosofo e politico, la questione delle disuguaglianze sociali è sempre stata centrale, al pari dell’integrazione etnica, culturale, religiosa.
Egli, infatti, è stato osservatore critico e cittadino attivo nella lotta alle diseguaglianze economiche della seconda metà del '900, alle diseguaglianze sociali della nostra penisola, da nord a sud e, infine, ha saputo capire e anticipare le ragioni del nuovo scontro di civiltà che vede contrapposti i Paesi occidentali a quelli arabo-musulmani.
La costante pratica della comunicazione interculturale ed inter-religiosa resta, così, alla base, alla radice del pensiero di Galati; essa è unità di spirito e d’intenti, include e non esclude, conduce alla conciliazione, alla comunione, all’unità, pur nella diversità, non diventa strumento d’ostacolo. Per quanti hanno avuto modo di conoscere personalmente il professor Galati, non si può non dimenticare l’amore apertamente manifestato con cuore e con intelligenza.
Personalità affascinante, piena di vita, dialogante, era solito accompagnarsi con felici espressioni, chiare, semplici. Un operatore di pace, che lascia a noi tutti un patrimonio di pensiero e di ideali, nel solco di un progetto, salvifico che interessa senza distinzione alcuna l’intera umanità, pur nelle diversità delle religioni.
E tutto ciò lo possiamo dedurre non solo dall'avere vissuto con lui, ma dalla lettura delle sue opere.
Il Prof. Galati ha pubblicato numerosi articoli, scritto saggi e contributi, ha svolto numerosi interventi pubblici, e lucide, appassionate e sincere introduzioni ai libri di narrativa e poesia che ha saputo apprezzare di più.
Non è mancata occasione per Vincenzo di adoperarsi nel pronunciare parole misurate, adeguate alle circostanze: i suoi interventi pillole di “verità, saggezza”, antidoti alla crescente ipocrisia, a forme di supponenza; autentiche lezioni di vita verso quanti  facevano intendere di possedere verità assolute sopra ogni cosa. Esse sono state antidoto all’arroganza, alla supponenza, all’ignoranza sottaciuta, all’affermazione di un Io personale, gretto ed  egoista, becero, inconcludente posto in atto ad arte con estrema furberia, con estrema disinvoltura, sprezzante del Bene Comune, ripiegato su interessi individuale, di singoli, e gruppi organizzati, in dispregio dei diritti dei cittadini, della democrazia falsamente istituzionalizzata.
I modi affabili, conducono ad avvicinare non ad allontanare, non arrecano disagi. Vincenzo, semmai, incoraggia chi intraprende percorsi impervi, non facili. Sapeva di godere della stima di tanta gente, d’altrettanti Amici, ma non così tanti come noi oggi qui in questa sala.
La sua amicizia sincera è sempre stata contraccambiata. Le testimonianze in merito sono tante e la Vostra, la Nostra, qui adesso, sono la testimonianza viva di ciò che ho appena detto. Il suo pensiero è una visione profetica, coraggiosa poiché ha avuto il merito, la capacità di guardare lontano.
Persona riflessiva, analitica, attenta, equilibrata, era in grado di sostenere le sue tesi, le ragioni esposte, con la virtù di una capacità di sintesi formidabile accompagnata da una visione globale degli argomenti trattati. I discorsi che pronunciava avevano motivazioni profonde, erano esposti in modo chiaro, portavano a riflettere e, infine, spesso anche a convincere.
Vincenzo possedeva anche altre qualità: non era invadente, intollerante, né arrogante, era soltanto una persona che in funzione della sua capacità e degli  studi svolti andava al nocciolo delle questioni, dei problemi. Non amava e non era sua consuetudine frequentare luoghi mondani, lussuosi, troppo vicini e prossimi ai luoghi di potere. Vincenzo non voleva in nessuna maniera rimanere ad ogni costo al centro delle attenzioni. Non amava salire sopra scranni, podi per affermare primati personali, ma si prodigava ad essere affabile, discreto, mantenendo sempre l’umore necessario, il giusto pizzico d’ironia.
Ogni qual volta gli è stato possibile, ha aiutato tanti giovani e padri di famiglia. Disdegnava la competizione, nel senso negativo del termine, non conseguì mai alcun vantaggio personale per sé e per la sua famiglia.
Mi perdonino i presenti se asserisco che Vincenzo non ha avuto nessun rivale, nel mondo della scuola, nei ruoli ricoperti, nè nel mondo politico ove non mancavano   i detrattori, che anziché vedere la trave nei propri occhi, d’impeto e per istinto, erano portati a ricercare la pagliuzza negli occhi altrui.
L’attività politica rimase per il professor Galati soltanto una parentesi, certamente interessante ma ritengo non fondamentale nella sua vita.
Ha vissuto le vicende della politica locale e non solo, secondo lo spirito più autentico del termine, si è semplicemente donato, prestandosi ogni qual volta fosse stato chiamato a rivestire ruoli decisivi, determinanti, ponendosi sempre al servizio della Comunità, in primis di quella alla quale apparteneva e ricoprendo così, per oltre un decennio, ruoli non certo marginali. Ha guidato, così, indirettamente,  e per ciò che ha potuto fare, le sorti di un partito problematico verso una buona luce.
I suoi insegnamenti, i suoi comportamenti facevano apertamente intendere che Enzo Galati si era avvicinato alla politica perché volutamente chiamato, portandosi  appresso responsabilità in quel tempo impensabili. Era entrato avendo indossato  l’abito dell’allenatore, del mentore, al quale sarebbe stato assegnato il compito di condurre, guidare aiutare, consigliare, restando vicino a quanti di noi scesero in campo a giocare una partita non certo facile.
Enzo si è comportato come un bravo, valido eccellente allenatore, una guida competente, che non ha avuto pretesa alcuna di mettere tutto a posto e porre sfide ad alcuno. Ascoltava le motivazioni addotte, se esse avevano una logica o meno, se erano mirate, mosse da sani principi, intendimenti, rivolti al Bene della Città, della collettività.
Soprattutto l’Amico Vincenzo aveva ricevuto in dono la grazia, la capacità di sapere ascoltare. Si può ben affermare che il prof. Galati è stata una personalità pubblica, che ha agito con discrezione e discernimento. Si è concesso agli altri, in modo totale, senza risparmiarsi, senza interesse alcuno. Nel corso delle riunioni degli incontri di partito, in quelli allargati alle altre componenti e rappresentanze dei partiti, partiva sempre da una premessa, e gradualmente giungeva alle conclusioni, con pacatezza,  accompagnata da un susseguirsi di parole e frasi appropriate, intercalate da locuzioni che lo portavano a citare brani letterari, componimenti poetici, autori, e pensieri di intellettuali e politici. Non gli è mancata occasione di riprendere quanto contenuto negli articoli della Costituzione.
I Principi e gli elementi fondamentali della Carta Costituzionale. Particolare attenzione dedicò al Principio di laicità, intesa non solo come libertà di pensiero e di religione, come divisione dei ruoli tra Stato e Chiesa, ma anche come pluralità di pensiero. La laicità è, infatti, pluralità di pensiero.
Ha molto Ragionato sull’esistenza di Dio, sul rapporto tra la Totalità e l’individuo, sul rapporto tra l’uomo e le religioni.
In questa giornata siamo qui riuniti per commemorare ed onorare la memoria, il pensiero di Enzo Galati, un intellettuale, nel senso più alto del termine. Un uomo, sollecitato da tensioni illimitate, caratterizzato e distintosi per le sfide coraggiose intraprese e sostenute e portate a compimento con consapevolezza, intrise di un amore infinito, aperto, immenso, un Amore, che non si riversa su se stesso, ma che investe gli altri.
Condiviso e di ampio respiro che non può non discendere da una fede profonda e da una coraggiosa correttezza germogliata in animo a Vincenzo, sostenuta dalla sua famiglia d’origine.
La sua fede, in Vincenzo ondeggia, non vacilla, s’increspa, s’agita come il mare in tempesta, per tornare quiete al fine della burrasca. In Vincenzo è costante la pazienza accompagnata da una generosità d’animo profonda. La sua mente si ciba, si nutre di letteratura, scienza sociale - umana, filosofia, diritto, teatro, poesia, musica, pedagogia, sociologia, urbanistica. Vincenzo ha avuto il coraggio di affrontare sostanziali cambiamenti, sorretto dalle risorse intellettuali, alimentato  dalle doti umane, etiche e morali che possedeva, poste in essere con parsimonia e soprattutto con convincimento, in diverse occasioni prima solo, dopo in comunione d’intenti con quanti seppero condividere e sostenere le stesse ragioni, gli stessi percorsi, le medesime scelte.
L’Amicizia maturata, collante indelebile, legame duraturo, autentico, stima reciproca, contraccambiata. Un affetto esplodente che valica l’ordine temporale degli avvenimenti, che si rinnova in seguito alla scomparsa di Enzo, rinvigorito più di prima e  mirabilmente presente che ha investito i membri della famiglia di Enzo, e che questa sera si mostra evidente sul viso commosso della moglie Daniela, negli occhi dei figli Salvatore e Valeria, dei nipoti Giovanni, Vincenzo, Matteo, della piccola, dolce bimba di nome Emilia.
Enzo, animato da profondi sentimenti ha dedicato il suo tempo, la vita al Prossimo, al fratello che non ha conosciuto, sorretto dal fervore di una fede profonda alimentata giorno dopo giorno, che lo condusse a rimanere inquieto sino allo scoraggiamento, e poi rinvigorita da una prontezza d’animo non comune.
La sua mente creativa era portata a comprendere le differenze, le diversità, a distinguere la logicità dalle illogicità, perpetuate ed insite nei macro e micro – sistemi, organizzati di proposito per creare disuguaglianze, impoverimento, far nascere paure, crisi esistenziali.
Un testimone vivente, una voce che nel silenzio della solitudine, si è spogliato di pesi e contrappesi, avviandosi a navigare nel mare agitato della vita. Un uomo, che è andato alla ricerca di una Verità, che fonte di speranza, attesa, in un peregrinare in cui sostare significa riposo, ripresa delle forze, rinfrancare corpo e spirito, al punto da consentire il prosieguo della via intrapresa.
Una condizione lo spinge ad affermare che molte cose hanno modo di cambiare se esiste la volontà, la determinatezza nel volerle cambiare.
S’interroga sulla libertà, sul concetto di partecipazione “democratica”, sul significato d’appartenenza. Afferma che l’essere umano non soggiogato e sottomesso, libero dal bisogno, dalle necessità, vive in pieno con dignità la sua vita e e in quanto libero e non schiavo partecipa alla felicità promessa, all’Amore, alla bellezza, con la dignità che gli spetta sorretta dal lavoro che svolge, non solo fonte di sostentamento e bisogno.
Se l’uomo è privato della libertà, non sarà in grado e nella condizione di scegliere liberamente davanti ad un bivio la strada da percorrere.
L’amico Galati, dedicando la sua vita a comprendere e sostenere quanti avevano  bisogno, ha intrapreso un cammino faticoso, avendo avuto il coraggio, il merito di guardare oltre la linea d’orizzonte conosciuta.
Disponibile al confronto, alla discussione, intrattiene interessanti, lucide conversazioni nel corso d’incontri e riunioni deputate alla vita politica Monrealese e Palermitana, all’interno del partito della DC.
Come noto, un grande partito, compromesso, lacerato all’interno, alimentato in modo meccanico e ripetitivo dall’azione organizzativa delle elezioni.  La DC, un partito a cui non si riconosce alcun consenso, ideale e morale, pur avendo riscossi consensi elettorale notevoli, legato dalla spartizione del potere. La funzione svolta dal prof. Galati è stata soprattutto una funzione pedagogica basata sull’insegnamento soprattutto morale.
In diverse occasioni e circostanze Enzo si adoperò ad ascoltare svariate voci principalmente quelle del dissenso, avendo modo di chiarire e puntualizzare i termini della discussione. Gli scambi d’opinione, gli interventi, i chiarimenti addotti non erano limitati a semplici affermazioni dialettiche, fine a se stesse, ma lo portavano ad entrare nel cuore dei problemi, senza tergiversare.
Enzo è stato un formatore di coscienze, un educatore che ha saputo risvegliare animi adagiati, dormienti. Non dimenticò la persona che era sempre stata, una figura d’esempio, che ha sostenuto, dato forza, vigore a giovani e meno giovani. Quanto impegno reso, per far comprendere l’importanza, il valore di alcune scelte che diventano fondamentali se non attuate,  evitando di non decidere per non sbagliare e non perdere consenso. Ci ha insegnato a guardare al futuro con coraggio, traendo forza dal passato.
Un ritornello spesso ricorrente, che faceva pensare al futuro non in modo astratto e intangibile, ma in modo concreto avendo capacità e disponibilità a non derogare ad altri questioni importanti e fondamentali che riguardano la collettività, chiamate,  economia, risparmio di suolo, di risorse, di ambiente, salvaguardia, conservazione promozione del territorio, in maniera da evitare e distruggere quanto abbiamo ereditato, evitando di inquinare, l’ambiente, l’aria che respiriamo, l’acqua che ci tiene in vita.
Progettando insieme il futuro di una gloriosa Città, Monreale. Questioni reali, che non vanno divise e separate da motivazioni ideali, etiche e morali; temi delicati, le cui scelte non potevano non avere un certo peso.
In certuni Enzo, ha fatto nascere speranze, in altri ha portato cambiamenti profondi, senza creare illusione e attesa alcuna. Ha soprattutto avuto il merito, la capacità di far nascere scosse formidabili, aprire squarci su un cielo limpido, pulito, sereno.
La scelta del cambiamento, il prof. Vincenzo Galati l’ha realizzata in prima persona, insieme a quanti oggi, anche se pochi, abbiamo avuto il coraggio e la consapevolezza di portare avanti nell’interesse comune, e nella condivisione, la Politica della trasparenza e della legalità.
Si è trattato di agire con coraggio e determinazione, oltre i fini puramente personali ed elettorali. Interpretando volta per volta i cambiamenti in atto, partecipando e prendendo parte alle responsabilità che la società ci ha assegnato, al di là, dei ruoli, oltre le forme di potere e di propaganda inutile, mettendo in campo, la ricchezza, il patrimonio ideale che ognuno di noi porta dentro di sé, per dirla come Giorgio La Pira, un’occasione, uno  strumento per prendere in mano le redini di un cambiamento, di un rinnovamento autentico della politica avendo avuto il coraggio di fare politica, senza ricevere nulla.
Era normale per Vincenzo Galati, intrattenersi, scambiare punti di vista, prendere appunti, commentare frasi, scrivere pensieri. Enzo è rimasto soprattutto vicino ai giovani, alle nuove generazioni, soprattutto in questi ultimi tempi difficili, tormentati e controversi.
In ogni caso ha avuto il merito, la capacità di offrire in alternativa, nuovi sentieri da percorrere. Tanti giovani ha seguito anche in modo indiretto, a debita distanza, con discrezione senza essere ingombrante, invasivo.
Ogni pianta buona non può che far nascere frutti buoni. Enzo è stato un missionario laico, per certuni un mentore, per altri un amico, un compagno di viaggio, per altri un professore, per altri ancora un politico.
In ogni caso è stato un testimone che ha goduto della grazia della Fede, pur nel dubbio.
Un uomo prestato alla politica che ha condotto ed accompagnato con la sua mente con una mano invisibile tanti ragazzi, tanti giovani diventati adulti; persone mature, genitori, insegnanti, operai, impiegati, medici, professionisti, amministratori politici, intellettuali, lavoratori che hanno svolto un’attività, un mestiere, un lavoro, una professione, che hanno operato da cristiani partecipando attivamente, come  missionari in una terra ancora non libera dalla corruzione, dal malaffare, dalla mafia.
Enzo da giovane ha maturato, mantenuto rapporti interpersonali con i fratelli cristiani coetanei, compagni durante i suoi studi. In questo frangente, si è posto significanti interrogativi, ha cercato risposte, maturato concetti; quel che invece non ha ricercato è occupare potere, avvalersi impropriamente della forza del potere, un potere effimero, inutile se non portato a fare il bene della gente. Ha fatto quel che andava fatto. Non ha segnato traguardi se non quelli di consentire di amare, di credere nella famiglia, nell’insegnamento, nella scuola nella quale ha dedicato la sua vita anche dopo la parentesi politica, scuola che amava al pari della sua stessa famiglia.
Enzo amava tanto l’insegnamento, il mondo della Scuola. Era fin troppo consapevole dei limiti della fragilità, della debolezza umana. Sua costante prassi era aprire il cuore, prima della mente, comprendere la vita con coscienza, tanta - così bella-,  gioiosa, tanto essa amara e crudele. Una vita vissuta istante per istante, momento per momento sino in fondo con tutto l’amore possibile. Non poteva non mancare data la sua formazione sociale e culturale di fare meno nel pensare in termini di libertà politica, una cosa che ha fatto sino a quando si è occupato di politica. Una sfera sociale complessa e delicata, con molte innumerevoli sfaccettature. Un costante, diurno quotidiano esercizio, un lavoro intenso, svolto nel nome del Bene Comune, un prestarsi temporaneo. Un esercizio di puro servizio, sacrificio e abnegazione, parole scomparse dal vocabolario dei tanti politici o definiti tali che troppo spesso si sono mossi soltanto per interesse personali. Sempre ed in ogni modo guardando al bene comune. Un modello di vita, uno stile che ha accompagnato Vincenzo per tutta la sua vita terrena.

Monreale, 9 Aprile 2015                                                                       
NATALE SABELLA




Il figlio Salvatore racconta alcuni episodi legati al ricordo del padre e legge alcune pagine significative di uno degli scritti di Vincenzo Galati

Il ricordo di Bino Li Calsi, ex Sindaco di Monreale


L'intervento del Dott. Roberto Gambino

La mia testimonianza porrà l'accento su due aspetti legati al mondo di e con il Prof Enzo Galati.
Ma prima di tutto voglio condividere quanto mi è balenato nella mente quando è avvenuta l'elezione del Presidente della Repubblica: “Se Sergio Mattarella è divenuto Presidente,  anche il Professore lo sarebbe potuto diventare, anzi...un poco lo è anche Lui”.
Oggi, ricordando Enzo, tra l'altro, si celebra una grande pagina del cattolicesimo democratico monrealese e siciliano, una pagina di storia politica e culturale.
Il primo aspetto di e condiviso con il Prof. Galati è stato il grande amore per il pensiero critico e, in particolare, per Kant e per la sua Critica della Ragion Pura. In questo scritto, se si entra nel profondo della sua logica, ritroviamo tutta la lucidità analitica, la profondità di ragionamento, la capacità critica e di sintesi proprie del Prof. Galati. Oggi, però, scopro che nel suo Libro postumo La speranza fondamentale e i suoi testimoni abusivi vi è un forte richiamo al “secondo” Wittgenstein.
Quando un altro grande concittadino, il filosofo Professore Noto, mi mise in mano il Tractatus Logico-filosophicus cominciò il mio viaggio, di giovane marxiano, che mi portò dalle certezze e verità del pensiero scientista e del neopositivismo logico, alla complessità e al passo costruttivista del Wittgenstein di Ricerche Filosofiche che affermava il bisogno di tornare sul terreno scabro, ricercare l'attrito, non fare come la colomba kantiana che credeva di potere volare “libera” senza attrito e forza di gravità. Questo, concretamente, significa abbandonare la freddezza dell'assolutismo razionale e logicista (per gli scienziati e la cultura laica) ma anche il vuoto dottrinale di certe formule teologiche (per i teologi e i credenti), immergendoci nella costruzione di significati condivisi e, nell'azione civica e politica, nell'impegno di Comunità.
E, infatti, il secondo aspetto di e condiviso con il Prof. Galati è stato il grande amore per la Politica. Da giovane segretario (diciottenne) dei Giovani Comunisti di Monreale, nel 1987, dopo avere contribuito alla realizzazione di una riuscitissima iniziativa cittadina sul recupero del Savoia come Centro Culturale Giovanile Polivalente, scrissi e distribuii con gli altri compagni un volantino che recitava “Mentre i giovani comunisti monrealesi organizzavano e realizzavano l'iniziativa per il Savoia...la Democrazia Cristiana monrealese si riuniva (di fronte) alla Sala della Pace con l'On. Luigi Gioia, in odor di mafia...”. Moltissimi esponenti locali e consiglieri democristiani mi attaccarono e cercarono di intimidirmi minacciando querela (dopo circa 15 giorni l'On. Gioia ricevette un avviso di garanzia). L'allora Commissario della Democrazia Cristiana, Enzo Galati, voluto e imposto dal Commissario Regionale DC Sergio Mattarella, rispose con un documento pubblico (e anche in privato) con cui apriva il dialogo e il confronto con i Giovani Comunisti Monrealesi e con il loro segretario. Dialogo e collaborazione che non si chiuse più e continuò sino alla fondazione dell'Ulivo e del Partito Democratico nel nostro territorio.
Sempre credendo nell'Uomo e con la Legge Morale dentro di noi e il Cielo Stellato sopra di noi.
Roberto Gambino
Monreale, li 9 aprile 2015





A chiusura della manifestazione, il canto del Gruppo "Balzo" accompagnati dalle note musicali del Maestro Giovanni Vaglica.