GIUSEPPE MARCHESE



GIUSEPPE MARCHESE...OVVERO IL PERIODO  DEGLI ANNI OTTANTA, un decennio artistico che rappresenta una fucina e un momento determinante di sperimentazione.

Nasce nel 1963, dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte di Monreale (1983) si diploma all’Accademia di Belle Arti di Palermo(1987).
Partecipa a mostre collettive, personali e a varie attività artistiche.
Dal 1992 è docente di “Arte e Immagine”, presso l’Istituto Comprensivo Statale “Guglielmo II” di Monreale.




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    Questi lavori sono degli appunti sul paesaggio che circonda la nostra provincia. L'attenzione si focalizza sui segni che l'ambiente urbano ci offre: un ambiente modificato dall'uomo e aggredito dall'uso indiscriminato di tubi, cavi, ferro, gru e cantieri. Sono segni che uno sguardo superficiale non vede ma che entrano di fatto nella nostra memoria.







Francesco Carbone, in occasione della presentazione di una collettiva d’arte “Arte come cultura del fare; (1988) nel Centro “Godranopoli” in provincia di Agrigento e a cui partecipava anche Giuseppe Marchese, così scriveva: “… il territorio …diviene momento fondante di una connessione che non mira tanto a stabilire o formalizzare approcci occasionali, quanto a convogliare termini di un confronto disciplinare e articolato capace di prospettive e di soluzioni adeguate. Il territorio è dunque, un prius che il famoso sociologo del linguaggio, Jshua Fishman, pone come elemento essenziale di coesione dei gruppi, poiché il senso del territorio è anche un’eredità genetica. Robert Ardrey, nel suo The Territorial Imperative parla di questo senso nel regno animale e in quello dell’uomo. Perdere questo senso, cioè l’identità culturale del territorio, significherebbe infatti, vedere realizzata la previsione catastrofica descritta da Magan Terry nel suo Home. Il territorio, come termine di comunicazione ridotta ma altrettanto contestuale, esprime oggi il concetto generalizzante di quadro di vita, giacchè esso genera, consolida, avvalora, sommuove, provoca, ribalta, ricostruisce e relaziona siti, prodotti, immagini, immaginazione, memoria, natura, cultura, storia. Raccorda cioè spazi topograficamente articolati e vitali in cui il frammento della creatività del luogo nel momento stesso in cui si pone come momento fondante di una condizione più generale e interagente (pittura, scultura, scrittura, immagine icona, parola, voce, suono, gesto) diviene anch’esso, dialetticamente e ideologicamente, il momento di confronto contestuale.
Diviene cultura del territorio, cioè non più semplice congiunzione espressa dall’ormai superata definizione di cultura  e territorio.
Diviene, dunque, luogo capace di consentire tutte le verifiche e le risignificazioni possibili. Verifiche e risignificazioni, per esempio, altrettanto dialetticamente creative, delle stesse nozioni di popolare, di tradizione, di ricerca, di sperimentazione.








...L'OLTRANZA, IL CONSEGUIMENTO, L'IMMEDIATEZZA DEL GESTO, LA PARVENZA DELLA CLASSICA FIGURAZIONE, DEL VISTO CONCRETO, SPECIFICO COLORE SOLARE, ELASTICA PENNELLATURA DEL TUTTO; MOLECOLE COSTITUITE NELL'INTERAGIRE DEL FRASTUONO, DELLA PULSAZIONE. MARCHESE PONE UNA SUA MORBIDA SGREGOLATEZZA DEL MOVIMENTO, NEL FARSI E ATTUARSI DELLA PITTURA NEL SUO ESSERE, VIBRAZIONE COLMA DI ESTASI PIANIFICATE, PENSATE NEL MODO CONCEPITO DALLA STRUTTURA IMPULSIVA E SVIRGOLATA, NELLA SEZIONE DELL'ANIMALE, NEL RIQUADRO DEL MOMENTO SOCIALE, NELL'ENTRARE A VIVA FORZA IN UN CONTESTO REALE, MA DAL PRINCIPIO ILLUSORIO, CONCRETEZZA DELLA FINZIONE.




MOSTRA AL SAN SEVERIO

1987





NELLA TOTALE ASSENZA A PALERMO DI ALTRI SPAZI PUBBLICI ATTRAVERSO CUI TRANSITARE E DOVE SOSTARE PER ALCUNI GIORNI ED ESIBIRE IL PROPRIO LAVORO, PER CONFRONTARLO, DISCUTERLO, RIPENSARLO, LA SEDE DEL PENSIONATO “S. SAVERIO” DELL’OPERA UNIVERSITARIA E’ CERTAMENTE IL LUOGO TRAI PIU’ DISPONIBILI E ATTENTI ALLE ESIGENZE OPERATIVE DELLA GIOVANE PITTURA EMERGENTE.
CENTRO DI CONFLUENZA, D’INCONTRI GEOGRAFICI E DI PERMANENZA STUDENTESCA POLIENNALE, LA SEZIONE CULTURA DEL PENSIONATO “S. SAVERIO” ALL’ALBERGHERIA, SI E’ RIVELATA, INFATTI, DA DIVERSI ANNI ORMAI, UN VALIDO PUNTO D’INCONTRI E DI SCAMBI SOCIO-CULTURALI, DI CUI LE ARTI VISIVE COSTITUISCONO UNA COMPONENTE ATTIVA E UNA PRESENZA UTILMENTE VARIEGATA, SIA SUL PIANO DELLA RICERCA E DELLE PROPOSIZIONI LINGUISTICHE, SIA RISPETTO AI LUOGHI DI PROVENIENZA E DI ATTIVITA’ DEGLI ARTISTI. UN’EMITTENTE CULTURALE DUNQUE, QUELLA CHE DERIVA DA PREDETTO “PENSIONATO” LA CUI COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE OFFRE LO SPUNTO -NON SOLTANTO SOCIOLOGICO- PER INDICARE E DENUNCIARE ANCORA UNA VOLTA LA SUA INAMMISSIBILE INTERRUZIONE IN ALTRI CIRCUITI PUBBLICI DELLA CITTA’.
COSì LA PRESENTE OCCASIONE VEDE RACCOLTO UN GRUPPO DI GIOVANI PITTORI: CINQUE STUDENTI DEL QUARTO ANNO DELL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO, E IL SESTO USCITONE DUE ANNI FA’.
LA RASSEGNA HA PER TITOLO SEIPERSEI MA SENZA ALCUN ATTRIBUTO ESOTERICO, SEMMAI Può SEMBRARE LA FORMULA DI UN  TEOREMA AFFIDATO ALL’INVENTIVA DEL CASO, Più CHE AD UNA SUA REGOLA. COM’E’ L’ARTE , DEL RESTO, NELLA DIVERSITA’ IDEATIVA DELLE GRAMMATICHE DEL VEDERE, CIOE’ NELLA FORMA DEI SUOI LINGUAGGI PIù DISPARATI.

MARCHESE: I CUI ASSETTI FORMALI-BASATI SU TONI E TIMBRI SCURI-SI PONGONO COME SOTTOFONDO DI SCENARI CUPI CHE EVOCANO FIGURE RESE SPESSO IN STESURE FISSE, MIMETICHE, MA ANCHE DILUITE SU CAMPITURE SCIOLTE, SUGGESTIVAMENTE FLUTTUANTI IN RAPIDE APPARIZIONI DI CHIARORI ROSSI E DI OMBRE GRIGIE. 

FRANCESCO CARBONE



SEI PROMESSE DELL'ACCADEMIA

SEI giovani artisti provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Palermo presentano fino a sabato i loro lavori al Centro culturale del pensionato universitario “San Severio”. La mostra che si intitola “Seipersei”, curata dal critico d’arte Francesco carbone, ha il merito di proporre al pubblico alcune nuove promesse che, a buon diritto, si inseriscono nel panorama palermitano dell’arte.
Gli artisti scelti da Carbone, operatore da sempre molto attento alla realtà "emergenti" delle giovani generazioni sono: Giuseppe Caiozzo, Miche Gaioto, Leonardo Lotà, Giuseppe Marchese, Carmelo Navarra e Mimmo Schimmenti. Evidentemente, in una rassegna di questo genere, non vi può essere unità di stili ed omogeneità di linguaggi. Il denominatore comune delle opere esposte è quindi, da cercare nella qualità del lavoro e nelle linee di tendenza.
Così mentre Caiozzo persegue dei miraggi metropolitani in un gioco di cellophane e di luci al neon. Lotà si abbandona ad una pittura vagamente espressionista, e Galioto, percorrendo strade di ricerca diverse, si rifà un po’ a Guttuso, un po’ al Masson degli anni surrealisti. Marchese invece, evoca immagini “di rossi chiarori ed ombre grigie”.
LAURA ODDO
da L’Ora del 18 giugno 1987



PRIAPO MOSTRE
DALL'1 AL 16 FEBBRAIO 1989
CENTRO D'ARTE PRIAPO- VIA RITIRO 15 MONREALE
INAUGURAZIONE MERCOLEDI 1 FEBBRAIO ORE 18,30 APERTO DALLE 16,30 ALLE 20













Con la personale di Giuseppe Marchese, giovane pittore di Monreale, Priapo continua il suo spericolato sondaggio negli accidentati territori del fare arte, nel tentativo di recare un proprio contributo quantitativamente e qualitativamente valido, nella prospettiva di un sempre più marcato interesse all'evoluzione delle situazioni artistiche nel palermitano. La pittura di Marchese che, nei suoi iniziali percorsi, viveva un suggestivo e suggestionato rapporto con la figura umana, ora nascosta tra segni e colori, talaltra drammaticamente segnata e disegnata dal colore stesso, diventa, in questa ultima serie di opere, sempre più tesa alla ricerca di visioni che condizionino in minor misura la tendenza, spesso brutale, sicuramente istintuale quanto consapevole, alla perdita della cognizione figurativa e al raggiungimento di un equilibrio dell'opera dipendente esclusivamente dall'uso delle luci e del colore. In questo senso è da intendere l'attuale inclinazione di Marchese, nella maggior parte delle opere recenti, per visioni urbane e periferiche, prevalentemente serali, anzichè della sera, spesso, colgono quell'attimo, breve quanto perenne ed intenso, nel quale la luce del giorno abbandona lentamente e quasi inavvertitamente il principio della notte alla luce elettrica vaga e dispersa delle case e delle strade. Ed è in questa visione urbana non metropolitana ma, più vicina ad una periferia indefinibile che vive appunto, nello strano rapporto che agisce tra Monreale, arroccata in luci ed antichi fasti, e Palermo, e la conca d'oro, che guarda ormai i suoi splendori nello spettrale, pur suggestivo scenario di luci e viadotti e di scheletri di cemento quasi mai compiuti.
Infine, una pittura che esalta, paradossalmente, il piacere dei segni forti e accesi delle costruzioni e dei fanali e dell'acciaio, come, nascosta, la nostalgia di una storia irripetibile ed in fondo mai conosciuta direttamente, una pittura che agisce su supporti diversi, e spesso, necessariamente riciclati ed adeguatamente utilizzati, per rendere, sempre più forti, i segni ed i passaggi violenti dell'uomo nella storia e negli spazi.
MARCO INCARDONA