Ricordo di PINO GIACOPELLI
al Circolo di Cultura Italia
Ad un anno dalla scomparsa di Pino Giacopelli, la famiglia (la moglie Lidia e i figli Nicola ed Emanuele), ha voluto commemorare la figura dell'uomo, dello scrittore e poeta, del politico.
Dopo il saluto, il benvenuto e la presentazione da parte
del Sindaco della Città Avv. Piero Capizzi
GLI INTERVENTI
di:
Nicola Giacopelli
Prof. Tommaso Romano
Prof Stefano Gorgone
Dr. Salvatore Gullo
Anna Leto legge alcune delle poesie di Giacopelli
PINO GIACOPELLI
NASCE A CORLEONE NEL 1930 MA LA SUA CITTA' DI ADOZIONE E' STATA MONREALE.
DOPO GLI STUDI LICEALI, COMPIUTI NELL'IMMEDIATO DOPOGUERRA, HA INIZIATO UNA INTENSA ATTIVITA' PUBBLICISTICA E POLITICA CONTEMPORANEAMENTE AGLI STUDI UNIVERSITARI. SI E' DEDICATO ALL'INSEGNAMENTO, AL GIORNALISMO E ALL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. DAL 1965 AL '71, E' STATO DEPUTATO DELLA FABBRICERIA DEL DUOMO DI MONREALE, PRESIDENTE DELL'ISTITUTO STATALE D'ARTE, PRESIDENTE DELL'ENTE TURISMO ARTE E SPORT E ANCHE SINDACO DELLA CITTA'. A LUI SI DEVE L'ISTITUZIONE DELLA CIVICA GALLERIA D'ARTE MODERNA "G. SCIORTINO" QUEST'ULTIMO, COMPAGNO DELLA NOTA PITTRICE E GALLERISTA ROMANA ELEONORA NORA POSABELLA. POETA, CRITICO D'ARTE, GIORNALISTA, HA COLLABORATO A DIVERSE TESTATE GIORNALISTICHE E ALLA RAI-TV. CULTORE DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE DELL'ISTITUTO DI CULTURA SUPERIORE DEL MEDITERRANEO. RETTORE DELL'ISTITUTO DI CULTURA SUPERIORE DELL'ACCADEMIA SICULO-NORMANNA DI PALERMO E MONREALE. COMPONENTE DI NUMEROSE GIURIE HA ORGANIZZATO PREMI LETTERARI E DIA RTI PLASTICHE E FIGURATIVE A CARATTERE NAZIONALE ED INTERNAZIONALE. NEL 1993 E' STATO INCLUSO NELLA "STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA-IL SECONDO NOVECENTO E NE "L'ULTIMO NOVECENTO", DAL 1996 PRESIEDE LA GIURIA DEL "PREMIO DI CULTURA CITTA' DI MONREALE"NEL 1997 HA VINTO IL PRIMO PREMIO DEL CONCORSO "POETI D'ITALIA", INDETTO DAL SETTIMANALE "SPECCHIO DELLA STAMPA" DI TORINO. SIGNIFICATIVA LA SUA ATTENZIONE PER LA LETTERATURA STRANIERA. MOLTI SUOI TESTI TRADOTTI E IN SPAGNOLO, FRANCESE, INGLESE. NEL 1998 NEL "NUOVISSIMO DIZIONARIO DI AUTORI SCELTI" E NEL 2001 NEL CATALOGO "VOLTI E PAGINE DI SICILIA- SCRITTORI SICILIANI DELL'OTTO E NOVECENTO".
DOPO GLI STUDI LICEALI, COMPIUTI NELL'IMMEDIATO DOPOGUERRA, HA INIZIATO UNA INTENSA ATTIVITA' PUBBLICISTICA E POLITICA CONTEMPORANEAMENTE AGLI STUDI UNIVERSITARI. SI E' DEDICATO ALL'INSEGNAMENTO, AL GIORNALISMO E ALL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. DAL 1965 AL '71, E' STATO DEPUTATO DELLA FABBRICERIA DEL DUOMO DI MONREALE, PRESIDENTE DELL'ISTITUTO STATALE D'ARTE, PRESIDENTE DELL'ENTE TURISMO ARTE E SPORT E ANCHE SINDACO DELLA CITTA'. A LUI SI DEVE L'ISTITUZIONE DELLA CIVICA GALLERIA D'ARTE MODERNA "G. SCIORTINO" QUEST'ULTIMO, COMPAGNO DELLA NOTA PITTRICE E GALLERISTA ROMANA ELEONORA NORA POSABELLA. POETA, CRITICO D'ARTE, GIORNALISTA, HA COLLABORATO A DIVERSE TESTATE GIORNALISTICHE E ALLA RAI-TV. CULTORE DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE DELL'ISTITUTO DI CULTURA SUPERIORE DEL MEDITERRANEO. RETTORE DELL'ISTITUTO DI CULTURA SUPERIORE DELL'ACCADEMIA SICULO-NORMANNA DI PALERMO E MONREALE. COMPONENTE DI NUMEROSE GIURIE HA ORGANIZZATO PREMI LETTERARI E DIA RTI PLASTICHE E FIGURATIVE A CARATTERE NAZIONALE ED INTERNAZIONALE. NEL 1993 E' STATO INCLUSO NELLA "STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA-IL SECONDO NOVECENTO E NE "L'ULTIMO NOVECENTO", DAL 1996 PRESIEDE LA GIURIA DEL "PREMIO DI CULTURA CITTA' DI MONREALE"NEL 1997 HA VINTO IL PRIMO PREMIO DEL CONCORSO "POETI D'ITALIA", INDETTO DAL SETTIMANALE "SPECCHIO DELLA STAMPA" DI TORINO. SIGNIFICATIVA LA SUA ATTENZIONE PER LA LETTERATURA STRANIERA. MOLTI SUOI TESTI TRADOTTI E IN SPAGNOLO, FRANCESE, INGLESE. NEL 1998 NEL "NUOVISSIMO DIZIONARIO DI AUTORI SCELTI" E NEL 2001 NEL CATALOGO "VOLTI E PAGINE DI SICILIA- SCRITTORI SICILIANI DELL'OTTO E NOVECENTO".
LE POESIE DI PINO GIACOPELLI
PRIGIONIERA
Disegni originali di: Pino Anselmo, Renato Curatolo, Miche Cutaia, Nicolò D'Alessandro, Angelo Denaro, A. Maurizio De Simone, Franco Lo Cascio, Pippo Madè, Vittorio Silvestri.
NELL'INFINITO
AMARITUDINE
CREDERE SPERANDO
****
MILLANTA PASSI
PRIGIONIERA
Darti vorrei l'amor, tutto l'amore
Il desiderio mio, l'anima mia,
L'ardore, il fuoco, la speranza mia
E il sommo dono che m'ha dato Iddio:
Darti la vita.
Prenderla tua fiorente giovinezza,
Rubarla al mondo, farla prigioniera
Di me. Vorrei, vorrei, vorrei.
Inginocchiato innanzi al Redentore
Voglio impetrar se mi concede infine
D'averti sempre meco insino a morte
Per possederti.
E' la speranza una dama che schiude
La sua chiostra di denti corallina
A chi, senza intenzione, la guardi solamente.
E gli uomini così si sentono felici.
Gli uomini voglion bene alla speranza.
Ridon per lei nel sogno e invocano
Il cielo fervorosi se li desta il mattino
Di riattaccar le file alla felicità del sogno.
Se dunque tutti i volti del creato
Sorridesse come fa Monna speranza
Sarebbe come rifiorir quel mondo
Ove sembra che tutti sia felici.
Betty hai pensato quale meraviglia:
Soprattutto se ogni dama col sorriso
Dei suoi occhi consolasse un cavaliere?
Se lasciasse che l'amico al fianco suo
Percorresse quella via che farà solo soletto?
In fondo tutto è carità.
Oggi che il mondo piange e gli uomini
S'affannano a morire da incoscienti
E han seppellito l'onestà e il pudore,
Ci vuole un mondo potente di dame
Che sorrida come fa l'alma speranza
E come lei consoli nel dolore.
Nel suo nome la vita si riprende.
CARA BETTY
E' la speranza una dama che schiude
La sua chiostra di denti corallina
A chi, senza intenzione, la guardi solamente.
E gli uomini così si sentono felici.
Gli uomini voglion bene alla speranza.
Ridon per lei nel sogno e invocano
Il cielo fervorosi se li desta il mattino
Di riattaccar le file alla felicità del sogno.
Se dunque tutti i volti del creato
Sorridesse come fa Monna speranza
Sarebbe come rifiorir quel mondo
Ove sembra che tutti sia felici.
Betty hai pensato quale meraviglia:
Soprattutto se ogni dama col sorriso
Dei suoi occhi consolasse un cavaliere?
Se lasciasse che l'amico al fianco suo
Percorresse quella via che farà solo soletto?
In fondo tutto è carità.
Oggi che il mondo piange e gli uomini
S'affannano a morire da incoscienti
E han seppellito l'onestà e il pudore,
Ci vuole un mondo potente di dame
Che sorrida come fa l'alma speranza
E come lei consoli nel dolore.
Nel suo nome la vita si riprende.
da "GELATO DI FRAGOLA" Poesie di Pino Giacopelli - Edizioni Estuario - Palermo 1982
Impaginazione e copertina di Turi Rubino - Introduzione di Aldo Gerbino -
Disegni originali di: Pino Anselmo, Renato Curatolo, Miche Cutaia, Nicolò D'Alessandro, Angelo Denaro, A. Maurizio De Simone, Franco Lo Cascio, Pippo Madè, Vittorio Silvestri.
NELL'INFINITO
E' tanto di vento, di fronde.
Di tua voce
è tic tac d'orologio, lucidi binari lunatici
di tuo cuore
e fiamma d'ala rondinina.
Di tue carezze
è conchiglia d'acqua e cielo elicoidale.
Di tuoi occhi
è grano d'infinito o fiore incolto
in questo amore semplicemente datomi.
IO E GLI ALTRI
Sono d'una speranza che a lungo andare
mi era sembrata vana.
Il dono d'un amore giovane.
Forse il distacco
alla stazione
o forse niente.
Ma gli altri? Come ricordo di gelato di fragola.
ATTESA
In quale vaso posso adagiare questo cuore
[fecondo?
Può inaridirsi nell'attesa?
Attesa agognata, sognata, vana.
Ne aspetto il giorno
ne ricolmerà il vacuo richiamo.
AMARITUDINE
Conoscere la vita è amaro
è amarezza di cuore in pena
e di conoscenze nelle scoperte del domani.
E ne assaggi l'umile consiglio a cui sei legato
puoi conoscere lame d'ingratitudine
e d'ingiustizia
forse per chi ti è più vicino.
SAMARCANDA
A Samarcanda nella notte di leggenda
l'uomo di Isfahan
non riuscì ad evitare la morte
che l'aspettava ansiosa
la leggenda, a Samarcanda,
s'è infranta perchè questa sua anima vive.
A Samarcanda la morte
ha sorpreso l'uomo di Isfahan.
La leggenda di Isfahan
per l'anima s'è infranta
a Samarcanda
CREDERE SPERANDO
Ho vissuto sperando un mondo di pace.
Non fu speranza ma fede inquieta
che giorno per giorno
quasi suono di guerra echeggia nell'est
o nell'occidente
fra crogioli di paralleli e meridiani
per la terra sparsi che l'ansia
e ardore violento fece astuta e viva.
opera di Pino Anselmo
opera di Pippo Madè
opera di A. Maurizio De Simone
opera di Angelo Denaro
opera di Michele Cutaia
opera di Renato Curatolo
opera di Vittorio Silvestri
opera di Franco Lo Cascio
NOTE:
Questo libro di poesie, intercalato, tra le pagine delle composizioni poetiche, da disegni di alcuni pittori, cosi come la scelta delle copertine dei suoi libri, dimostra l'attenzione naturale di Pino Giacopelli per l'Arte: il rispetto, la sensibilità, la volontà di propagandare e comunicarla agli altri. (Rosalba Madonia)
Questo libro di poesie, intercalato, tra le pagine delle composizioni poetiche, da disegni di alcuni pittori, cosi come la scelta delle copertine dei suoi libri, dimostra l'attenzione naturale di Pino Giacopelli per l'Arte: il rispetto, la sensibilità, la volontà di propagandare e comunicarla agli altri. (Rosalba Madonia)
****
da AMORIA - Edizioni L'Achenio Palermo 1986
(Undulata, zebra, caniculata, turneri), piccola conchiglia dal magnifico disegno, della famiglia delle Volutidae, vive nelle acque dell'Australia, della Tasmania, delle Queensland e della Nuova Galles del Sud
OLTRE LA VITA
C'è sempre un giorno, un attimo
che segna l'esistenza nel cuore.
Poi si scatena il vento
che allontana le gemme dei ricordi
e resta
(se resta)
il rimpianto incenerito di languore.
Ma quando (come accadde quel giorno)
nell'ombra confidente
di croci piantate sulle vite spente
il tempo leggero
(celati da bordura di verbena)
si ferma, stampato sulle labbra
accese, ed interpella amore
(e mi appartieni)
questa memoria è gineceo,
baccello,
delicata amoria
oltre la vita ritroverò
parole non dette
materia,
germi,
corpuscoli
forse plenilunio di felicità
come voci indistinte, altalenanti
nella clessidra del destino
modulata di amplessi e risonanze.
...........
opera di Silvio Gammino
"un canto per sperare"
Bevi la dolcezza della tua coppa,
guarda gli uccelli in volo;
senti le campane che suonano
quando vuoi cantare, canta!
Tieni su la testa, e avanti>.
da uno Spiritual
VEDERE MORIRE LA MORTE
La luce abbagliante segnò la fine del Moderno; sul delta del fiume Otra esplose, incenerendo Hiroshima. Fu agonia sciagurata di donne, uomini e bambini: centinaia di migliaia di morti. Milioni i malati (per morire). Hanno messo da canto per ciascun cuore chili di tritolo, pronti ad esplodere, per oscurare il sole e coprire l'atmosfera di nubi acquee. Si concluderà la splendida avventura millenaria degli uomini, quark e leptoni che hanno dato l'ebbrezza all'uomo di sentirsi divino, sprofonderanno nell'effimero (furie dei della scienza dell'universo!) Si intuisce l'impatto nucleare, si cerca di capire di quanti secoli indietro sarà il risveglio dei sopravvissuti che proiettano geni senza certezze feconde per invaginare germinanti mostri per le mutazioni delle molecole sconvolte. Nello scenario, fumi bianchi e neri, la terra fredda, dov'era fertile il deserto.
La morte sovrana.
Forse l'antico rovello: perche son qui,
perchè fra anni non sarò più,
perchè ora che sono, intorno a me,
con me e dopo che qui non sarò più,
il male?
trascina la coscienza della vita
mentre il tempo scandisce
i suoi momenti pigri
e le fredde artmetiche cosmogonie
dell'astrofisica non riescono
a sostituire primigenie favole.
Forse perchè si può tornare
indietro di miliardi di anni
e fare historia, decifrare
lontanissime subnucleari
particelle e materici frammenti.
Forse perchè domani si potranno
mutare i climi ed essere
testimoni
destinati a vivere per tempi
infinitesimi, più brevi
degli oggetti che scrutiamo
e accorgersi impotenti
che la vecchiaia
a ritroso
non può divenir giovinezza
e che la vita
a ritroso
non può essere rivissuta.
Noi che sappiamo ed abbiamo visto,
privilegiati d'esser vivi,
dobbiamo cercare di capire, offrirci alla pietà,
alla nonviolenza attiva,
viva di linfa fresca.
Scienza è rinviare
a nuovi punti neri;
per contro, una collisone cosmica
ci dà certezze d'ombra.
Alla testa di nembi
uomo, arrivi a possedere
i chiavistelli
del passato?
Come sfidi il mistero della libertà?
Javhè pose la sua luce dentro
il cuore dell'uomo:
fra il tempo senza tempo
e il tempo della vita:
scienza non certo per sopravvissuti.
Noi che sappiamo ed abbiamo visto,
privilegiati d'esser vivi, dobbiamo cercare di capire,
offrirci alla pietà,
alla nonviolenza attiva,
viva di linfa fresca.
E il progetto intriso di utopie
è il monumento
innalzato a Hiroshima...
...alla vergogna!
(Erice come Eleusi?)
dispiegherà nei cieli
e nella terra
come voliera grande
palpiti di speranza
negli anfratti dell'esistenza
umana
- breve-
ma tutta da vivere
con curiosità risvegliata, ricca
di miraggi
per vedere morire la morte.
Caro Giacopelli,
sogno antico quello di che Lei evoca, quasi mago dotato di poteri taumaturgici, ad attuare il tentativo dell'uomo - che vuol farsi Super Uomo - di coagulare il pensiero nella realtà. frattanto la morte è più viva che mai. Dal momento che il lampo abbagliante dell'atomica issato sul traliccio nel deserto del Nuovo Messico, squarciò le tenebre della notte profonda, più profonda perchè prossima l'aurora. Ciò che ieri era l'assurdo - al termine della notte il sole non sorgerà - oggi è possibilità concreta, non ipotesi fantascientifica. Una serie di funghi mostruosi potrebbero incenerire il mondo, oscurare il sole, annientare la vita, eliminare la coscienza di sè. Nel caso più ottimistico - in percentuale quasi zero - il risveglio dei sopravvissuti, dice bene Lei, non si sa di quanti secoli sarà indietro?
Ammesso che la lebbra nucleare non contagi i sopravvissuti. Per cui fortunati sarebbero gli ammazzati al primo colpo. era una certezza assoluta. Oggi è solo una speranza che l'umanità rinserra nel suo cuore al calare di ogni notte. Il credente innalza la preghiera al suo Dio, implorandolo di non essere spietato, di non essere Javhè, di avere pietà di chi, non ostante tutto, si ostina a credere in lui. Potrà dunque morire la morte?
Invochiamolo. E agiamo perchè ciò avvenga. Nel senso della Sua poesia, realizzando la .
Pesante la colpa dello scienziato. ..Per cui . I ruoli vanno invertiti: dalla scienza all'utopia. Non più al contrario.
l'utopia accarezzata nei secoli da filosofi e poeti. Solo essa può salvarci.
Spes ultima Dea...
Vale
Massimo Ganci
Palermo 19 febbraio 1986
***
da "L'OFFICINE DELLE COMETE" ILA PALMA 1990
Copertina di Giovanni Leto (carta e pigmenti su tela, 1986)
Andare vedere capire, andare millanta passi
io lontano da qui nella trama della diaspora
del Villaggio, sospinti mansueti alisei
andare a vita sommare, per trovare
se stessi,quasi ri-conoscersi nell'immensità
lamina selenite.
Colori sapori scrutare
incontrare gente vera, dell'anima aspirare
silenzi sospesi di viandanti
sul percorso millenario galizio o esuli
in paesi di poco passato.
Come sorprendere la propria immagine
nello specchio altrui e credere di lasciarvi
un pò della propria anima.
Spirito ulisseo s'ammaglia al camminare
pellegrino, al giorno
che portò miraggi inseguendo efemere farfalle.
Io, uno di quelli che ama andarsene per roboanti
clamori di stazioni, osservare da torri e
campanili, penetrare nelle baie
fonde del pianeta, nel groviglio
di scolopendre dal sole offese ma
a cui mancano i tuoi occhi per dar coscienza
ai sogni.
Girare il mondo. capire le differenze
che schioccano nella risacca del tempo
con curiosa ironia e cercare simulacri
di dinosauri atterrati nella notte in cui si definiscono i destini
e
mettere al balcone i segreti come gerani in fiore,
come costruirsi in trasparenze pozza d'acqua,
memoria di generazioni in cerca d'avventure.
Mito iniziatico.
L'inizio della conquista
quasi fuga
senza fine,
l'orizzonte dove dormono i marosi.
SCRIVERE LA PACE
Sotto le pietre austere delle torri e i pinnaccoli della
Cittadella Santa, l'aria si fà acre. Sventaglio di acidi
irritanti, colpi di fucili.
Sparano (proiettili di gomma?).
La lunga <catena umana>, raccolta intorno alle mura
solimane si disperde. nel paese stillante latte e miele, nel
luogo della <Moschea lontana>, s'incontrano le strade di
David e del profeta Isaia, germinano l'aspirazione alla
pace, la volontà di lottare, un futuro sospirato a labbra
strette
***
da "ROSASPIGA" - La Ciambrina, Marzo 1994
In copertina "ROSASPIGA"tempera di Adriana Chiazzese
SEMI DI ROSASPIGA
silenzio ospita echi,
sentimenti del primo cuore.
Domande e pensieri
volano alti:
il bambino
ha in sè
il vecchio,
la morte,
il moribondo. La vita eterna,
il peccato, la grazia.
La goccia di pioggia
che come perla
resta appesa alla foglia
non diventa fango.
Il seme
fedele amico del vento e
dell'acqua
che trasmigra sul vello
della pecora,
frulla al minimo refolo,
complice la natura
e le sue astuzie.
Anche il seme di rosaspiga
insegna a pensare:
la luce del sole
la lingua della creazione,
il suo alfabeto le stelle, il fuoco, l'aria,
il vento, l'acqua
prima che la Torre rovinasse,
le comprendeva tutte.
Camminano come piccoli
spiriti
le variegate catene
dei dialetti.
Ora parlo, inghiotto bugie.
Solo il bisbiglio del bosco
concede una moratoria
alle tristezze.
Il crinuto papiro del Ciane
giunge dal misterioso Egitto,
umili licheni, vivono
di nuda roccia, di spifferi
e qualche brivido
di luce.
Attiro come carrubo, lampi
cerco di catturarne uno
per trasformarlo in sole.
LA LISTA DEI SOGNI
Un giorno,
farò la lista dei sogni
e il cielo avrà meno stelle
e il mare meno mistero.
A me
piacciono le nuvole,
navigano come cotonose
lontàne,
simulano la follia.
Costruisco monumenti
di sera, cammino con leggerezza
di funambolo.
***
"Maghilda" di Francesca di Carpinello - tempera
Palermo maggio 1994
Era Maghilda
di grazia cortigiana,
la voglia ammansita.
Era ventaglio di luna,
radici di strelizia,
infa carnosa di magàra.
Era Maghilda
goccia di muschio,
labbra di peonia,
bugia di giada,
era foglia di pelle
rannicchiata nell'estasi,
era faccia senza cipria.
Era desiderio divagante
di slanci,
nell'abbraccio
ebbrezza di pioggia.
Era struggimento
di nozze clandestine,
sfida ammaliatrice,
pensieri
già esistenti prima
della creazione,
come le tenebre.
Era Maghilda,
vertebrare intrigante,
stupore malizioso,
la veste fiocchettata
a sortilegi,
gli occhi di Minerva,
bachelitici,
leggiventura.
Era vertigine di curiosità
cerulee,
peluria invitante
di una notte di effusioni,
ricordi aborigeni,
tiara di diamanti.
Era lungo cardigan
con tasche di incertezza
per parole corrive,
festival di vanità,
capricci sottomessi.
Era Maghilda
l'anima abitata
da fantasmi che incatenano
profondità di sirena.
Era il nubifragio di Isotta
nella rugiada sospesa
dei sogni.
Cicala di mare
in un serraglio di illusioni,
spiga di miglio
per angeli di carta.
Era farfalla trafitta.
Era Maghilda.
***
Disegno di Emilio Greco
da Il piede dell'amazzone - Poesie di Pino Giacopelli - Italo-Americana Palma editrice in Palermo e San Paulo - 1995
CALAMO DI VANITA'
Veniva a me con un'andatura
capricciosa, càlamo di vanità.
Un incidere solenne e svanito
in un giorno ancora fresco
di primavera. Era un tempo che conoscevo,
tutto tentacoli e ventose
per vivere una passione inaspettata.
Io pensavo per parole
vagando nei tiepidi giardini
con la confusione nell'anima,
le sussurravo all'orecchio litanie
da un salterio segreto,
aspirando avidamente il suo odore.
Sul mio cuore
il suo piede d'amazzone
clandestina
scava nei segreti degli anelli
in cerca dell'impossibile
oblìo.
Lei pensava per immagini,
gli occhi chiusi, la testa riversa
all'indietro, al collo un portafortuna
di zaffiro, un velo dimenticato
da una ninfa nel bosco ceduo.
Ondeggiava come lenzuolo al vento
per incontrarmi
nello stesso sogno.
***
da CONFETTO ROSSO, antologia poetica a cura di Pino Giacopelli- Edizioni La Ciambrina 1996
Il rosso confetto che dà il titolo a questa estrosa raccolta di testi poetici, scritti per autentica commissione amicale, è l'après dessert di un festino tra sodali e allude, secondo tradizione, alla laurea (ma non la prima) del figlio del poeta anfitrione che ha indetto il simposio nel casale Maniaci*, tra Sagana e Montelepre.
...Così salva la tradizione del Simposio, pur nella pregnante presenza della coscienza novecentesca che fa capolino tra la volontà del tripudio con le sue note dolenti e memoriali, la sanguigna elegia di Gonzalo Alvares Garcia, la geometrica ansia esistenziale di Giovanni Cappuzzo, il sublimato erotismo di Carmelo Cortese, il descrittivismo lirico e intenso di Salvatore Di Marco, il lapidario richiamo musicale di Aldo Gerbino, il poetico orgoglio nel respiro di lieta ironia di Pino Giascopelli, la rarefatta e vernacola pascolianità di Alfio Inserra, l'avventura mitica ed ebbra di Carmelo Pirrera e la divertita deduzione sillogistica di Tommaso Romano fanno di questo Confetto rosso un saporoso dono che non si scioglie in bocca ma nutre "le midollose cortecce della mandorla capricciosa" che stanno dentro a ogni verso. I nove poeti hanno pagato il tributo superando anche le prospettive catulliane, poichè, al buon vino offerto, hanno aggiunto quell'odore della poesia che supera l'effimero bouquet della stura e si fa profumo prezioso, consustanziale alle pagine che ne hanno raccolto la corposa trasparenza nel verecondo rosso "d'amorosi sensi"...
PIERO LONGO
CONFETTO ROSSO
a mio figlio Emanuele
Ha un gusto strano, frastornante
questo confetto rosso
e un sapore di mandorla dolce,
si liquefa in un lungo vocalizzo
scioglie i sensi
nel braciere dello Spirito.
Ha vibrazioni d'organo,
dimensione di calendario
riflette in un abisso di cristallo
nudità di sogni infantili.
I sogni, i sogni
s'insinuano nel gioco misterioso
sottile, mercuriale del pensiero,
liberano indovinelli
nel piacere di mordere e succhiare
come si fa col gambo dei lupini.
Sovrano il suo capriccio,
risveglia il coraggio di inseguire
storie di geni e cromosomi,
storie che evaporano, svaniscono
come liquore d'assenzio.
* Il Casale Maniaci, dove l'odore dell'ombra rinfrescata/dal crepuscolo/evoca un passato impertinente, sorge tra Montelepre e Giardinello, in contrada Bonagrazia, di proprietà dal 1484 del Monastero di San Martino delle Scale. La sua storia è legata a quella di Montelepre e, per il censo, a quella dell'Arcivescovato di monreale. Nel Casale, nella notte del 4 dicembre 1795, padre Felice, - che taluni chiamavano il Principe - del quale si conservano la stanza e le umili suppellettili, pare venisse violentato, cioè fosse stato fatto oggetto di commercio carnale da parte di quattro donne assatanate.
Al suo letto, che è tra le cose che nel casale ancora si custodiscono con cura devota e sospetta, vengono tuttora attribuite dalla credenza popolare afrodisiache virtù, sicchè non sono poche le coppie il cui rapporto tende ad affievolirsi - vuoi per assuefazione, vuoi per insorgente disamore - che si recano a "toccare" insieme il letto del buonuomo, al fine di ritrovare gli spenti ardori. "Patri Felici, Patri Felici, staiu trasennu cu un pugnu r'amici" è la formula da recitare per entrare nella stanza. Taluni maligni, invertendo i dati della leggenda, attribuiscono la bravata di avere - sempre nella notte del 4 dicembre - convocate quattro donne, di averle ripetutamente soddisfatte e rese felici a loro volta, fornendone, poi, una versione di comodo. Comunque siano andate le cose - sia che il Principe fosse stato violentato o violentatore - il commercio carnale nella piccola stanza ebbe luogo e, per peccaminoso che possa apparire, si svolse, a sentire le donne, in perfetta letizia. Da fonti storiche si apprende che Montelepre, detta dai romani Mons Celeber, fu sin dal 418 a. C. teatro di battaglie, vi si rifugiarono gli abitanti di Hyccara (Carini) inseguiti dai greci; alle falde del Monte d'Oro si affrontarono Cecilio Metello ed Asdrubale durante le guerre puniche (250 a. C). La località fu anche nominata Mungilebbri o Munchilebbi da cui l'attuale denominazione che risale al 1700.
Nello stesso secolo vi elessero dimora i Vernagallo, imparentatisi, poi, con i Lanza di Trabia e la sfortunata baronessa di Cariniche, nella memoria popolare, divenne una specie di Francesca da Rimini, arruolata, con Padre Felice e con altri, nella schiera infinita de i peccator carnali/ che la ragio sommettono al talento.
A cura di Carmelo Pirrera e Nicola Giacopelli
***
da Pino Giacopelli - L'INEVITABILE ACCADE SEMPRE Colloquio in versi - Prefazione di Salvo Zarcone - Nota di Vincenzo Consolo. Libroitaliano Editrice Letteraria Internazionale 1999
I
Posso narrare cento e cento storie
fantasticare sotto quel muro
dove foglie stecchite di capperi
stanno aggrappate come ragni.
Il silenzio dei ricordi di vinile
si intreccia nella trama dell'ordito
cangiante della rete che al minimo
incresparsi dell'onda piglia forma.
Non fatemi domande.
Come veloci vanno i pensieri
nel buio, come corrono nel lucore
lattiginoso, sull'altura dove portelle
ventose simulano la rabbia
degli angeli beffardi
e i falchi che in picchiata sfiorano
la roccia aspra, irta di denti,
sull'umido vivaio di zanzare,
si confondono con svariati luci,
si smarriscono nei sentieri alieni
e il segreto sussurrato
da un vagabondo al mio orecchio
resta impigliato tra le grate dell'oblio.
II
Ma questo non è il momento di indugiare.
Per evitare l'ingorgo dei ricordi
non giova a nulla consentire alla luce
tremolante di candela di animare
l'oro barbaro dell'icona delle absidi.
Desolato d'aver perduto
il sonno all'improvviso
affido tutto a pezzi di cattedrale,
a percezioni d'animaliere.
Con il ripetersi lieve delle cose,
arriva la noia, flagella luci ardesia,
scatena scariche fibrinose,
solidifica come una muraglia cinese
rancori sibillini, pause di speranza,
penetra profondamente come spina
che le dita non riescono ad afferrare.
III
La storia scende lenta in questa città
....
Disegno su carta di Ibrahim Kodra
da AU PETIT POINT - poèmes - Introduzione di Jean Fracchiolla - Nota critica di Jean-Paul De Nola - Traduzione francese di Antonino Velez La Tipolitografia srl Palermo 2001
A PICCOLO PUNTO
Sibille e profeti si dimenano nella luce
che sbifora fra specchi di volte affrescate.
Tracce, tratti, ri-tratti per dare corpo
alla vertigine si rifugiano nell'isola
delle memorie perdute.
intramano storie d'anima
a piccolo punto
in un filugello tenue intorno a un bozzolo
di realtà (s)fuggente.
In quel tramare maniacale,
in quell'andare su e giù dell'ago
il senso smarrito dello stresso destino.
SINFONIA D'OMBRE
Dove la carezza morbida e seducente
del cielo incantato e filante
tesse una minuta sinfonia
d'ombre
quelle limpide e prolungate
di Corot
quelle corsive e astratte
di Picasso
quelle istantanee e colorate
di Manet
venature di guizzante stupore
per l'evidenza epifanica del dono.
Nell'umbratile meticciato
inzuppato di lentischi di voluttà
sboccia il canto del Tu.
La delizia illumina il suo volto
alleluiato
luce che danza, luce che cambia
luce che modula pazzia d'amore,
luce che s'inabissa nella cordigliera
del pube, hortus conclusus,
giardino mistico e selvaggio
dove si scioglie
il Cantico dei Cantici
senza incertezze, senza rimorsi
senza vaniàre.
HO STRAPPATO RADICI
Ho strappato radici e maschere
pedinato fantasmi
ho scelto di non possedere
niente per non essere posseduto.
Quando mi coglie l'uzzolo
provo a scuotermi come un cane
uscito dallo stagno, dò un'occhiata
per aria per trovare una stella
ed un giorno vagamente levantino.
Inciampo in un ricordo denso
di fascinanti barbagli, lo assecondo
col saluto lampeggiante dei fenici
s'alza un nugolo di diavoli.
SINFONIA D'OMBRE
Dove la carezza morbida e seducente
del cielo incantato e filante
tesse una minuta sinfonia
d'ombre
quelle limpide e prolungate
di Corot
quelle corsive e astratte
di Picasso
quelle istantanee e colorate
di Manet
venature di guizzante stupore
per l'evidenza epifanica del dono.
Nell'umbratile meticciato
inzuppato di lentischi di voluttà
sboccia il canto del Tu.
La delizia illumina il suo volto
alleluiato
luce che danza, luce che cambia
luce che modula pazzia d'amore,
luce che s'inabissa nella cordigliera
del pube, hortus conclusus,
giardino mistico e selvaggio
dove si scioglie
il Cantico dei Cantici
senza incertezze, senza rimorsi
senza vaniàre.
HO STRAPPATO RADICI
Ho strappato radici e maschere
pedinato fantasmi
ho scelto di non possedere
niente per non essere posseduto.
Quando mi coglie l'uzzolo
provo a scuotermi come un cane
uscito dallo stagno, dò un'occhiata
per aria per trovare una stella
ed un giorno vagamente levantino.
Inciampo in un ricordo denso
di fascinanti barbagli, lo assecondo
col saluto lampeggiante dei fenici
s'alza un nugolo di diavoli.
***
Poi la carovana dei musici tacque.
Tacquero i liuti.
Vibrò il tamburo di Esmeralda.
Uno sguardo d'avvoltoio
e una tristezza veggente
di chiromante pazza
interroga le linee del destino.
E' con essi che mi accompagno
e ragiono sulle domande
che generano insonnia.
Ricorderò loro
che il camaleonte vive d'aria
e che di fuoco si nutre la salamandra
Torna a vibrare il tamburo
di Esmeralda, entra ed esce
in un labirinto di quinte in movimento
segnate da tagli e crepe
aspettando la felicità.
Voglio farti un ritratto di scintille
incombuste mentre il lampo d'oro
delle tue pupille canta follie
come vuole l'amore
Sento vicino il fiato dell'angelo custode
e la carezza seducente del diavolo.
Apro gli occhi, spuntano i pensieri
e il desiderio vola diritto come albero
d'arancio a inabissare la speranza
dentro crateri spenti.
E' un eco senza fine
il tamburo di Esmeralda.
MISERERE
Immagina che non ci siano più nazioni, non è difficile, niente per cui uccidere o per cui morire, e nemmeno religioni, immagina tutta la gente vivere la vita in pace.
John Lennon
Finite le cerimonie della notte
l'invisibile ragnatela della dimenticanza
proietta il suo gomito d'ombra sulla montagna
che come un lungo dorso d'elefante acefalo
chiude la valle e scende verso il mare,
immaginate un'iconostasi
dove implorare miserere
scrutando come naufraghi l'orizzonte.
Non è difficile,
non è difficile scoprire nelle aiuole
tutte le vocali, una consonante e tanti fiori
e i semi vagabondi del dolore.
Una precaria incursione nel passato
ci dice quanto più esperti siamo nel rancore
e quanto pochi siano quelli
di cui resti memoria.
E c'è chi rimane appeso ai davanzali
a incappucciare il buio
macinando parole sconosciute
o finge d'ascoltare il mare portandosi
all'orecchio una conchiglia.
Immaginate d'aggiungere sabbia
al colore: si trova il deserto, forse
s'intuisce l'infinito, ma
ai colori si toglie la purezza,
anche un Cristo d'oro senza stimmate
e piaghe allontana il senso tragico
d'un sacrificio umano.
Immaginate lo sguardo del destino:
taglia l'aria come il soffio d'un serpente,
respirando il silenzio.
Immaginate d'essere dietro quegli occhi:
potreste riuscire a vedere la fine del mondo.
Ma poi che sarà mai questo suo guardare
se non lo stare in guardia.
Sognare, sì sognare
è ancor più necessario del vedere.
In copertina: Le Oranti , opera di Saverio Terruso
da "LO SGUARDO LE PAROLE Poesie di Pino Giacopelli Edizionio Del Leone 2002
I
Nella città che muore
nel tempo che non può essere raccontato
si bruciano le angosce ad una ad una.
Il silenzio di chi non vuol parlare naviga
su palloncini di vento e di bugie,
dilaga nel sottobosco di tuie e tamerici.
L'odio mescola baci e lacrime
lasciando ogni rimasuglio di lusinga.
Scintille e furie: le sottili capriole di una foglia
che s'arrotola nell'ombra, la cascata
che si riversa nelle acque turbolente.
La ragione, diabolica, ruffiana
si piega ai codici,alle leggi
a colpi di frusta, come uno schiavo.
Solo il cuore continua a soffrire e gioire
sempre per le stesse cose
abbarbicato come in estasi davanti a un ricordo.
Di nuovo è giorno. Di nuovo spinge il vento.
Un giorno o l'altro ve la dirò la verità
sarà come vedere le api dormire
nelle corolle tremanti della malva
o un cielo che febbricita di stelle.
***
In copertina Opera pittorica di Salvatore Provino
da "LEGAMI" Poesie scelte di Pino Giacopelli Nicola Calabria Editore 2007
IL TRENO PASSA
Il treno passa, si gonfia nella curva,
scompare dietro la lenta ginestra. dietro
le poche piante sopravvissute intristite
verso l'agonia.
C'erano, c'erano un tempo
margherite grandi come girasole, l'agave
e una palma, la zagara e un filare
di mandorli e l'edera verdissima.
E un golfo di aranci e di limoni, cespi
e siepi d'arbusto, l'ulivo e l'euforbia,
il susino e il gelso insanguinato.
Un romito carrubo.
E un recinto attorno al noce e una siepe
d'asparago, il fico e piante e radici,
un aliare di foglioline acute decidue,
i sorbi, la salvia, l'ortica; le perle
coralline del ciliegio, il melograno,
i suoi mistici grappoli.
Una corazza di ficodindia
sulla timpa. Un crepuscolo
di oleandri sul confine.
E poi l'alloro,
il basilico, la menta. E un cedro rosso.
Frastornato un bruco avanza
fra uno sciame di formiche.
IL TRENO PASSA
Il treno passa, si gonfia nella curva,
scompare dietro la lenta ginestra. dietro
le poche piante sopravvissute intristite
verso l'agonia.
C'erano, c'erano un tempo
margherite grandi come girasole, l'agave
e una palma, la zagara e un filare
di mandorli e l'edera verdissima.
E un golfo di aranci e di limoni, cespi
e siepi d'arbusto, l'ulivo e l'euforbia,
il susino e il gelso insanguinato.
Un romito carrubo.
E un recinto attorno al noce e una siepe
d'asparago, il fico e piante e radici,
un aliare di foglioline acute decidue,
i sorbi, la salvia, l'ortica; le perle
coralline del ciliegio, il melograno,
i suoi mistici grappoli.
Una corazza di ficodindia
sulla timpa. Un crepuscolo
di oleandri sul confine.
E poi l'alloro,
il basilico, la menta. E un cedro rosso.
Frastornato un bruco avanza
fra uno sciame di formiche.
INFINE
Infine, crudelissima e interminabile
l'agonia. Il corpo umiliato dalle macchine
nel disperato tentativo di far funzionare cuore
e polmoni. Si conclude quel Viaggio
di Mastorna, sempre rinviato.
Nel buio d'una notte, la nave lucente di tutti
gli incanti e di tutte le speranze, scompare.
Nel suo mondo di cartapesta e compensato
di velluti rosa e falpalà, l'ultimo
impalpabile abbraccio.
Aveva deciso d'inventare tutto, anche il cielo:
cinema/menzogna, più vero del cinema/verità.
Non ci saranno più cieli così?
Un vento circense, un'ironia grottesca,
un'amarezza sotterranea, occhi ariosi penetranti,
compiaciuti poi le illusioni perdute e la voglia
di scappare. Vano tentativo di non arrendersi
all'angelo.
Nani, prelati e ballerine donne gigantesche,
puttane/sante, papponi elegantoni, fanciulle
d'incredibile bellezza, vecchi incredibilmente
vecchi, monache e preti, poliziotti e cardinali,
immagini assolute. Archetipi d'un mondo
senza utopie, strane creature di polistirolo,
mantelli parrucche baschi cappelli baldacchini
pagliette ruote fiabesche
dialetti risonanti come schiocchi di frusta,
maschere e menzogne, smorfie di ricordi,
labirinti e mongolfiere; tutto provvisorio,
fantastico, tutto per una "Prova d'orchestra"
che continua. per raccontare storie passate,
sogni del presente, caos frastornato di parole.
Singhiozzando, incredula, Pallina, saluta,
il rosario penzolante tra le dita.
Giulietta, per favore, non piangere.