PINO GIACOPELLI


Ricordo di PINO GIACOPELLI 
al Circolo di Cultura Italia


Ad un anno dalla scomparsa di Pino Giacopelli, la famiglia (la moglie Lidia e i figli Nicola ed Emanuele), ha voluto commemorare la figura dell'uomo, dello scrittore e poeta, del politico.


Dopo il saluto, il benvenuto e la presentazione  da parte 
del Sindaco della Città Avv. Piero Capizzi

GLI INTERVENTI 
di:
Nicola Giacopelli

Prof. Tommaso Romano

Prof Stefano Gorgone

Dr. Salvatore Gullo

Anna Leto legge alcune delle poesie di Giacopelli






PINO GIACOPELLI 
NASCE A CORLEONE NEL 1930 MA LA SUA CITTA' DI ADOZIONE E' STATA MONREALE.
DOPO GLI STUDI LICEALI, COMPIUTI NELL'IMMEDIATO DOPOGUERRA, HA INIZIATO UNA INTENSA ATTIVITA' PUBBLICISTICA E POLITICA CONTEMPORANEAMENTE AGLI STUDI UNIVERSITARI. SI E' DEDICATO ALL'INSEGNAMENTO, AL GIORNALISMO E ALL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. DAL 1965 AL '71, E' STATO DEPUTATO DELLA FABBRICERIA DEL DUOMO DI MONREALE,  PRESIDENTE DELL'ISTITUTO STATALE D'ARTE, PRESIDENTE DELL'ENTE TURISMO ARTE E SPORT  E ANCHE SINDACO DELLA CITTA'. A LUI SI DEVE L'ISTITUZIONE DELLA CIVICA GALLERIA D'ARTE MODERNA "G. SCIORTINO" QUEST'ULTIMO, COMPAGNO DELLA NOTA PITTRICE E GALLERISTA ROMANA ELEONORA NORA POSABELLA.  POETA, CRITICO D'ARTE, GIORNALISTA, HA COLLABORATO A DIVERSE TESTATE GIORNALISTICHE E ALLA RAI-TV. CULTORE DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE DELL'ISTITUTO DI CULTURA SUPERIORE DEL MEDITERRANEO. RETTORE DELL'ISTITUTO DI CULTURA SUPERIORE DELL'ACCADEMIA SICULO-NORMANNA DI PALERMO E MONREALE. COMPONENTE DI NUMEROSE GIURIE HA ORGANIZZATO PREMI LETTERARI E DIA RTI PLASTICHE E FIGURATIVE A CARATTERE NAZIONALE ED INTERNAZIONALE. NEL 1993 E' STATO INCLUSO NELLA "STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA-IL SECONDO NOVECENTO E NE "L'ULTIMO NOVECENTO", DAL 1996 PRESIEDE LA GIURIA DEL "PREMIO DI CULTURA CITTA' DI MONREALE"NEL 1997 HA VINTO IL PRIMO PREMIO DEL CONCORSO "POETI D'ITALIA", INDETTO DAL SETTIMANALE "SPECCHIO DELLA STAMPA" DI TORINO. SIGNIFICATIVA LA SUA ATTENZIONE PER LA LETTERATURA STRANIERA. MOLTI SUOI TESTI TRADOTTI E IN SPAGNOLO, FRANCESE, INGLESE. NEL 1998 NEL "NUOVISSIMO DIZIONARIO DI AUTORI SCELTI" E NEL 2001 NEL CATALOGO "VOLTI E PAGINE DI SICILIA- SCRITTORI SICILIANI DELL'OTTO E NOVECENTO".


LE POESIE DI PINO GIACOPELLI





da: FREMITI D'ALI  anno 1953, Poesie di Pino Giacopelli - 
Edizioni "La Procellaria" Reggio Calabria 



PRIGIONIERA


Darti vorrei l'amor, tutto l'amore 
Il desiderio mio, l'anima mia, 
L'ardore, il fuoco, la speranza mia 
E il sommo dono che m'ha dato Iddio: 
Darti la vita. 

Prenderla tua fiorente giovinezza, 
Rubarla al mondo, farla prigioniera 
Di me. Vorrei, vorrei, vorrei.

Inginocchiato innanzi al Redentore 
Voglio impetrar se mi concede infine 
D'averti sempre meco insino a morte 
Per possederti.



CARA BETTY


E' la speranza una dama che schiude 
La sua chiostra di denti corallina 
A chi, senza intenzione, la guardi solamente. 
E gli uomini così si sentono felici. 

Gli uomini voglion bene alla speranza. 
Ridon per lei nel sogno e invocano 
Il cielo fervorosi se li desta il mattino 
Di riattaccar le file alla felicità del sogno. 
Se dunque tutti i volti del creato 
Sorridesse come fa Monna speranza 
Sarebbe come rifiorir quel mondo 
Ove sembra che tutti sia felici. 

Betty hai pensato quale meraviglia: 

Soprattutto se ogni dama col sorriso 
Dei suoi occhi consolasse un cavaliere? 
Se lasciasse che l'amico al fianco suo 
Percorresse quella via che farà solo soletto? 

In fondo tutto è carità. 
Oggi che il mondo piange e gli uomini 
S'affannano a morire da incoscienti 
E han seppellito l'onestà e il pudore, 
Ci vuole un mondo potente di dame 
Che sorrida come fa l'alma speranza 
E come lei consoli nel dolore. 
Nel suo nome la vita si riprende.




***

da "GELATO DI FRAGOLA" Poesie di Pino Giacopelli - Edizioni Estuario - Palermo 1982

Impaginazione e copertina di Turi Rubino - Introduzione di Aldo Gerbino - 

Disegni originali di: Pino Anselmo, Renato Curatolo, Miche Cutaia, Nicolò D'Alessandro, Angelo Denaro, A. Maurizio De Simone, Franco Lo Cascio, Pippo Madè, Vittorio Silvestri. 



NELL'INFINITO

E' tanto di vento, di fronde. 
Di tua voce 
è tic tac d'orologio, lucidi binari lunatici 
di tuo cuore 
e fiamma d'ala rondinina. 
Di tue carezze 
è conchiglia d'acqua e cielo elicoidale. 
Di tuoi occhi 
è grano d'infinito o fiore incolto 
in questo amore semplicemente datomi.
IO E GLI ALTRI

Sono d'una speranza che a lungo andare 
mi era sembrata vana. 
Il dono d'un amore giovane. 
Forse il distacco 
alla stazione 
o forse niente. 
Ma gli altri? Come ricordo di gelato di fragola.


ATTESA

In quale vaso posso adagiare questo cuore 
[fecondo?
Può inaridirsi nell'attesa?
Attesa agognata, sognata, vana.
Ne aspetto il giorno
ne ricolmerà il vacuo richiamo. 


AMARITUDINE


Conoscere la vita è amaro 
è amarezza di cuore in pena 
e di conoscenze nelle scoperte del domani. 
E ne assaggi l'umile consiglio a cui sei legato 
puoi conoscere lame d'ingratitudine 
e d'ingiustizia 
forse per chi ti è più vicino.


SAMARCANDA

A Samarcanda nella notte di leggenda 
l'uomo di Isfahan 
non riuscì ad evitare la morte 
che l'aspettava ansiosa 
la leggenda, a Samarcanda, 
s'è infranta perchè questa sua anima vive.

A Samarcanda la morte 
ha sorpreso l'uomo di Isfahan. 
La leggenda di Isfahan 
per l'anima s'è infranta 
a Samarcanda


CREDERE SPERANDO


Ho vissuto sperando un mondo di pace. 
Non fu speranza ma fede inquieta 
che giorno per giorno 
quasi suono di guerra echeggia nell'est 
o nell'occidente 
fra crogioli di paralleli e meridiani 
per la terra sparsi che l'ansia 
e ardore violento fece astuta e viva.


opera di  Pino Anselmo
opera di  Pippo Madè
opera di  A. Maurizio De Simone
 opera di Angelo Denaro 
opera di  Michele Cutaia
opera di  Renato Curatolo
opera di  Vittorio Silvestri
opera di Franco Lo Cascio

NOTE:
Questo libro di poesie, intercalato, tra le pagine delle composizioni poetiche, da disegni di alcuni pittori,  cosi come la scelta delle copertine dei suoi libri, dimostra l'attenzione naturale di Pino Giacopelli per l'Arte: il rispetto, la sensibilità, la volontà di propagandare e comunicarla agli altri.  (Rosalba Madonia)




****



da AMORIA - Edizioni L'Achenio Palermo 1986
(Undulata, zebra, caniculata, turneri), piccola conchiglia dal magnifico disegno, della famiglia delle Volutidae, vive nelle acque dell'Australia, della Tasmania, delle Queensland e della Nuova Galles del Sud 



OLTRE LA VITA
C'è sempre un giorno, un attimo 
che segna l'esistenza nel cuore. 
           Poi si scatena il vento 
che allontana le gemme dei ricordi 
e resta 
          (se resta) 
il rimpianto incenerito di languore. 
Ma quando (come accadde quel giorno) 
nell'ombra confidente 
          di croci piantate sulle vite spente 
il tempo leggero 
          (celati da bordura di verbena) 
          si ferma, stampato sulle labbra 
accese, ed interpella amore 
          (e mi appartieni) 
questa memoria è gineceo, 
baccello, 
          delicata amoria 
oltre la vita ritroverò 
parole non dette 
         materia, 
germi, 
         corpuscoli 
forse plenilunio di felicità 
come voci indistinte, altalenanti 
nella clessidra del destino 
         modulata di amplessi e risonanze.

...........

opera di Silvio Gammino


"un canto per sperare"

Bevi la dolcezza della tua coppa, 
guarda gli uccelli in volo; 
senti le campane che suonano 
quando vuoi cantare, canta! 
Tieni su la testa, e avanti>.
da uno Spiritual


VEDERE MORIRE LA MORTE
La luce abbagliante segnò la fine del Moderno; sul delta del fiume Otra esplose, incenerendo Hiroshima. Fu agonia sciagurata di donne, uomini e bambini: centinaia di migliaia di morti. Milioni i malati (per morire). Hanno messo da canto per ciascun cuore chili di tritolo, pronti ad esplodere, per oscurare il sole e coprire l'atmosfera di nubi acquee. Si concluderà la splendida avventura millenaria degli uomini, quark e leptoni che hanno dato l'ebbrezza all'uomo di sentirsi divino, sprofonderanno nell'effimero (furie dei della scienza dell'universo!) Si intuisce l'impatto nucleare, si cerca di capire di quanti secoli indietro sarà il risveglio dei sopravvissuti che proiettano geni senza certezze feconde per invaginare germinanti mostri per le mutazioni delle molecole sconvolte. Nello scenario, fumi bianchi e neri, la terra fredda, dov'era fertile il deserto. 
La morte sovrana.

Forse l'antico rovello: perche son qui, 
perchè fra anni non sarò più, 
perchè ora che sono, intorno a me, 
con me e dopo che qui non sarò più,
                                   il male?
      trascina la coscienza della vita 
mentre il tempo scandisce 
i suoi momenti pigri 
e le fredde artmetiche cosmogonie 
dell'astrofisica non riescono 
a sostituire primigenie favole. 
Forse perchè si può tornare 
indietro di miliardi di anni 
e fare historia, decifrare 
lontanissime subnucleari 
particelle e materici frammenti. 
Forse perchè domani si potranno 
mutare i climi ed essere 
                              testimoni 
destinati a vivere per tempi 
                infinitesimi, più brevi 
degli oggetti che scrutiamo 
e accorgersi impotenti 
                 che la vecchiaia 
                            a ritroso 
non può divenir giovinezza 
            e che la vita 
                           a ritroso 
non può essere rivissuta. 
           Noi che sappiamo ed abbiamo visto, 
           privilegiati d'esser vivi, 
           dobbiamo cercare di capire, offrirci alla pietà, 
           alla nonviolenza attiva, 
           viva di linfa fresca. 
Scienza è rinviare 
           a nuovi punti neri; 
per contro, una collisone cosmica 
ci dà certezze d'ombra. 
         Alla testa di nembi 
uomo, arrivi a possedere 
            i chiavistelli 
           del passato? 
Come sfidi il mistero della libertà? 
Javhè pose la sua luce dentro 
          il cuore dell'uomo: 
fra il tempo senza tempo 
e il tempo della vita: 
scienza non certo per sopravvissuti. 
         Noi che sappiamo ed abbiamo visto, 
         privilegiati d'esser vivi, dobbiamo cercare di capire, 
         offrirci alla pietà, 
         alla nonviolenza attiva, 
         viva di linfa fresca.
E il progetto intriso di utopie 
è il monumento 
          innalzato a Hiroshima... 
...alla vergogna!

        (Erice come Eleusi?)
dispiegherà nei cieli 
         e nella terra 
    come voliera grande 
palpiti di speranza 
negli anfratti dell'esistenza 
                               umana 
                     - breve- 
ma tutta da vivere 
con curiosità risvegliata, ricca 
         di miraggi 
per vedere morire la morte.




Caro Giacopelli, 
sogno antico quello di che Lei evoca, quasi mago dotato di poteri taumaturgici, ad attuare il tentativo dell'uomo - che vuol farsi Super Uomo - di coagulare il pensiero nella realtà. frattanto la morte è più viva che mai. Dal momento che il lampo abbagliante dell'atomica issato sul traliccio nel deserto del Nuovo Messico, squarciò le tenebre della notte profonda, più profonda perchè prossima l'aurora. Ciò che ieri era l'assurdo - al termine della notte il sole non sorgerà - oggi è possibilità concreta, non ipotesi fantascientifica. Una serie di funghi mostruosi potrebbero incenerire il mondo, oscurare il sole, annientare la vita, eliminare la coscienza di sè. Nel caso più ottimistico - in percentuale quasi zero - il risveglio dei sopravvissuti, dice bene Lei, non si sa di quanti secoli sarà indietro?
Ammesso che la lebbra nucleare non contagi i sopravvissuti. Per cui fortunati sarebbero gli ammazzati al primo colpo. era una certezza assoluta. Oggi è solo una speranza che l'umanità rinserra nel suo cuore al calare di ogni notte. Il credente innalza la preghiera al suo Dio, implorandolo di non essere spietato, di non essere Javhè, di avere pietà di chi, non ostante tutto, si ostina a credere in lui. Potrà dunque morire la morte?
Invochiamolo. E agiamo perchè ciò avvenga. Nel senso della Sua poesia, realizzando la .
Pesante la colpa dello scienziato.  ..Per cui . I ruoli vanno invertiti: dalla scienza all'utopia. Non più al contrario.
l'utopia accarezzata nei secoli da filosofi e poeti. Solo essa può salvarci.
Spes ultima Dea...
                               Vale
Massimo Ganci
Palermo 19 febbraio 1986



***




da "L'OFFICINE DELLE COMETE" ILA PALMA 1990
Copertina di Giovanni Leto (carta e pigmenti su tela, 1986)


MILLANTA PASSI


Andare vedere capire, andare millanta passi 
io lontano da qui nella trama della diaspora
del Villaggio, sospinti mansueti alisei 
andare a vita sommare, per trovare 
se stessi,quasi ri-conoscersi nell'immensità 
lamina selenite.

Colori sapori scrutare 
incontrare gente vera, dell'anima aspirare 
silenzi sospesi di viandanti 
sul percorso millenario galizio o esuli 
in paesi di poco passato. 
Come sorprendere la propria immagine 
nello specchio altrui e credere di lasciarvi 
un pò della propria anima. 
Spirito ulisseo s'ammaglia al camminare 
pellegrino, al giorno 
che portò miraggi inseguendo efemere farfalle. 

Io, uno di quelli che ama andarsene per roboanti 
clamori di stazioni, osservare da torri e 
campanili, penetrare nelle baie 
fonde del pianeta, nel groviglio 
di scolopendre dal sole offese ma 
a cui mancano i tuoi occhi per dar coscienza 
ai sogni.

Girare il mondo. capire le differenze 
che schioccano nella risacca del tempo  
con curiosa ironia e cercare simulacri 
di dinosauri atterrati nella notte in cui si definiscono i destini
e

mettere al balcone i segreti come gerani in fiore, 
come costruirsi in trasparenze pozza d'acqua, 
memoria di generazioni in cerca d'avventure. 

Mito iniziatico.
L'inizio della conquista 
quasi fuga 
senza fine, 
l'orizzonte dove dormono i marosi.





SCRIVERE LA PACE

Sotto le pietre austere delle torri e i pinnaccoli della 
Cittadella Santa, l'aria si fà acre. Sventaglio di acidi 
irritanti, colpi di fucili. 
Sparano (proiettili di gomma?).
La lunga <catena umana>, raccolta intorno alle mura 
solimane si disperde. nel paese stillante latte e miele, nel 
luogo della <Moschea lontana>, s'incontrano le strade di 
David e del profeta Isaia, germinano l'aspirazione alla 
pace, la volontà di lottare, un futuro sospirato a labbra 
strette 



***




 da "ROSASPIGA" - La Ciambrina, Marzo 1994
In copertina "ROSASPIGA"tempera di Adriana Chiazzese



SEMI DI ROSASPIGA

L'aria dolce, pura, 
silenzio ospita echi, 
sentimenti del primo cuore. 
Domande e pensieri 
volano alti: 
il bambino 
                ha in sè 
il vecchio, 
la morte, 
il moribondo. La vita eterna, 
il peccato, la grazia.
La goccia di pioggia 
che come perla 
resta appesa alla foglia 
non diventa fango. 

Il seme 
fedele amico del vento e 
dell'acqua 
che trasmigra sul vello 
della pecora, 
frulla al minimo refolo, 
complice la natura 
e le sue astuzie.

Anche il seme di rosaspiga 
insegna a pensare: 
la luce del sole 
la lingua della creazione, 
il suo alfabeto le stelle, il fuoco, l'aria, 
il vento, l'acqua 
prima che la Torre rovinasse, 
le comprendeva tutte. 
Camminano come piccoli 
spiriti 
le variegate catene 
dei dialetti. 
Ora parlo, inghiotto bugie. 
Solo il bisbiglio del bosco 
concede una moratoria 
alle tristezze. 
Il crinuto papiro del Ciane 
giunge dal misterioso Egitto,
umili licheni, vivono 
di nuda roccia, di spifferi 
e qualche brivido 
di luce.
Attiro come carrubo, lampi 
cerco di catturarne uno
per trasformarlo in sole.


LA LISTA DEI SOGNI

Un giorno, 
farò la lista dei sogni 
e il cielo avrà meno stelle 
e il mare meno mistero.

A me 
piacciono le nuvole, 
navigano come cotonose 
lontàne, 
simulano la follia.

Costruisco monumenti 
di sera, cammino con leggerezza 
di funambolo.

***


"Maghilda" di Francesca di Carpinello - tempera


da MAGHILDA Poesie di Pino Giacopelli - Prefazione di Gonzalo Alvarez Garcia Il Vertice libri - 
                             Palermo maggio 1994

Era Maghilda
di grazia cortigiana,
la voglia ammansita.
Era ventaglio di luna,
radici di strelizia,
infa carnosa di magàra.
Era Maghilda
goccia di muschio,
labbra di peonia,
bugia di giada,
era foglia di pelle
rannicchiata nell'estasi,
era faccia senza cipria.
Era desiderio divagante
di slanci,
nell'abbraccio
ebbrezza di pioggia.
Era struggimento
di nozze clandestine,
sfida ammaliatrice,
pensieri
già esistenti prima
della creazione,
come le tenebre.
Era Maghilda,
vertebrare intrigante,
stupore malizioso,
la veste fiocchettata
a sortilegi,
gli occhi di Minerva,
bachelitici,
leggiventura.
Era vertigine di curiosità
cerulee,
peluria invitante
di una notte di effusioni,
ricordi aborigeni,
tiara di diamanti.
Era lungo cardigan
con tasche di incertezza
per parole corrive,
festival di vanità,
capricci sottomessi.
Era Maghilda
l'anima abitata
da fantasmi che incatenano
profondità di sirena.
Era il nubifragio di Isotta
nella rugiada sospesa
dei sogni.
Cicala di mare
in un serraglio di illusioni,
spiga di miglio
per angeli di carta.
Era farfalla trafitta.
Era Maghilda.




***







Disegno di Emilio Greco



da Il piede dell'amazzone - Poesie di Pino Giacopelli - Italo-Americana Palma editrice in Palermo e San Paulo - 1995

CALAMO DI VANITA'

Veniva a me con un'andatura 
capricciosa, càlamo di vanità. 
Un incidere solenne e svanito 
in un giorno ancora fresco 
di primavera. Era un tempo che conoscevo, 
tutto tentacoli e ventose 
per vivere una passione inaspettata. 
Io pensavo per parole 
vagando nei tiepidi giardini 
con la confusione nell'anima, 
le sussurravo all'orecchio litanie 
da un salterio segreto, 
aspirando avidamente il suo odore. 
Sul mio cuore 
il suo piede d'amazzone 
clandestina 
scava nei segreti degli anelli 
in cerca dell'impossibile 
oblìo. 
Lei pensava per immagini, 
gli occhi chiusi, la testa riversa 
all'indietro, al collo un portafortuna 
di zaffiro, un velo dimenticato 
da una ninfa nel bosco ceduo. 
Ondeggiava come lenzuolo al vento 
per incontrarmi 
nello stesso sogno.






***




da CONFETTO ROSSO, antologia poetica a cura di Pino Giacopelli- Edizioni La Ciambrina  1996

Il rosso confetto che dà il titolo a questa estrosa raccolta di testi poetici, scritti per autentica commissione amicale, è l'après dessert di un festino tra sodali e allude, secondo tradizione, alla laurea (ma non la prima) del figlio del poeta anfitrione che ha indetto il simposio nel casale Maniaci*, tra Sagana e Montelepre.
...Così salva la tradizione del Simposio, pur nella pregnante presenza della coscienza novecentesca che fa capolino tra la volontà del tripudio con le sue note dolenti e memoriali, la sanguigna elegia di Gonzalo Alvares Garcia, la geometrica ansia esistenziale di Giovanni Cappuzzo, il sublimato erotismo di Carmelo Cortese, il descrittivismo lirico e intenso di Salvatore Di Marco, il lapidario richiamo musicale di Aldo Gerbino, il poetico orgoglio nel respiro di lieta ironia di Pino Giascopelli, la rarefatta e vernacola pascolianità di Alfio Inserra, l'avventura mitica ed ebbra di Carmelo Pirrera e la divertita deduzione sillogistica di Tommaso Romano fanno di questo Confetto rosso un saporoso dono che non si scioglie in bocca ma nutre "le midollose cortecce della mandorla capricciosa" che stanno dentro a ogni verso. I nove poeti hanno pagato il tributo superando anche le prospettive catulliane, poichè, al buon vino offerto, hanno aggiunto quell'odore della poesia che supera l'effimero bouquet della stura e si fa profumo prezioso, consustanziale alle pagine che ne hanno raccolto la corposa trasparenza nel verecondo rosso "d'amorosi sensi"...
PIERO LONGO


CONFETTO ROSSO
a mio figlio Emanuele

Ha un gusto strano, frastornante
questo confetto rosso 
e un sapore di mandorla dolce, 
si liquefa in un lungo vocalizzo 
scioglie i sensi 
nel braciere dello Spirito. 
Ha vibrazioni d'organo, 
dimensione di calendario 
riflette in un abisso di cristallo 
nudità di sogni infantili. 
I sogni, i sogni 
s'insinuano nel gioco misterioso 
sottile, mercuriale del pensiero, 
liberano indovinelli 
nel piacere di mordere e succhiare 
come si fa col gambo dei lupini. 
Sovrano il suo capriccio, 
risveglia il coraggio di inseguire 
storie di geni e cromosomi, 
storie che evaporano, svaniscono 
come liquore d'assenzio.

* Il Casale Maniaci, dove l'odore dell'ombra rinfrescata/dal crepuscolo/evoca un passato impertinente, sorge tra Montelepre e Giardinello, in contrada Bonagrazia, di proprietà dal 1484 del Monastero di San Martino delle Scale. La sua storia è legata a quella di Montelepre e, per il censo, a quella dell'Arcivescovato di monreale. Nel Casale, nella notte del 4 dicembre 1795, padre Felice, - che taluni chiamavano il Principe - del quale si conservano la stanza e le umili suppellettili, pare venisse violentato, cioè fosse stato fatto oggetto di commercio carnale da parte di quattro donne assatanate.
Al suo letto, che è tra le cose che nel casale ancora si custodiscono con cura devota e sospetta, vengono tuttora attribuite dalla credenza popolare afrodisiache virtù, sicchè non sono poche le coppie il cui rapporto tende ad affievolirsi - vuoi per assuefazione, vuoi per insorgente disamore - che si recano a "toccare" insieme il letto del buonuomo, al fine di ritrovare gli spenti ardori. "Patri Felici, Patri Felici, staiu trasennu cu un  pugnu r'amici" è la formula da recitare per entrare nella stanza. Taluni maligni, invertendo i dati della leggenda, attribuiscono la bravata di avere - sempre nella notte del 4 dicembre - convocate quattro donne, di averle ripetutamente soddisfatte e rese felici a loro volta, fornendone, poi, una versione di comodo. Comunque siano andate le cose - sia che il Principe fosse stato violentato o violentatore - il commercio carnale nella piccola stanza ebbe luogo e, per peccaminoso che possa apparire, si svolse, a sentire le donne, in perfetta letizia.  Da fonti storiche si apprende che Montelepre, detta dai romani Mons Celeber, fu sin dal 418 a. C. teatro di battaglie, vi si rifugiarono gli abitanti di Hyccara (Carini) inseguiti dai greci; alle falde del Monte d'Oro si affrontarono Cecilio Metello ed Asdrubale durante le guerre puniche (250 a. C). La località fu anche nominata Mungilebbri o Munchilebbi da cui l'attuale denominazione che risale al 1700.
Nello stesso secolo vi elessero dimora i Vernagallo, imparentatisi, poi, con i Lanza di Trabia e la sfortunata baronessa di Cariniche, nella memoria popolare, divenne una specie di Francesca da Rimini, arruolata, con Padre Felice e con altri, nella schiera infinita de i peccator carnali/ che la ragio sommettono al talento.
A cura di Carmelo Pirrera e Nicola Giacopelli 



***



da Pino Giacopelli - L'INEVITABILE ACCADE SEMPRE Colloquio in versi -  Prefazione di Salvo Zarcone -  Nota di Vincenzo Consolo. Libroitaliano Editrice Letteraria Internazionale  1999

I
Posso narrare cento e cento storie 
fantasticare sotto quel muro 
dove foglie stecchite di capperi 
stanno aggrappate come ragni. 
Il silenzio dei ricordi di vinile 
si intreccia nella trama dell'ordito 
cangiante della rete che al minimo 
incresparsi dell'onda piglia forma. 

Non fatemi domande.

Come veloci vanno i pensieri 
nel buio, come corrono nel lucore 
lattiginoso, sull'altura dove portelle 
ventose simulano la rabbia 
degli angeli beffardi 
e i falchi che in picchiata sfiorano 
la roccia aspra, irta di denti, 
sull'umido vivaio di zanzare, 
si confondono con svariati luci, 
si smarriscono nei sentieri alieni 
e il segreto sussurrato 
da un vagabondo al mio orecchio 
resta impigliato tra le grate dell'oblio.

II
Ma questo non è il momento di indugiare. 
Per evitare l'ingorgo dei ricordi 
non giova a nulla consentire alla luce 
tremolante di candela di animare 
l'oro barbaro dell'icona delle absidi. 
Desolato d'aver perduto 
il sonno all'improvviso 
affido tutto a pezzi di cattedrale, 
a percezioni d'animaliere. 
Con il ripetersi lieve delle cose, 
arriva la noia, flagella luci ardesia, 
scatena scariche fibrinose, 
solidifica come una muraglia cinese 
rancori sibillini, pause di speranza, 
penetra profondamente come spina 
che le dita non riescono ad afferrare.

III
La storia scende lenta in questa città
....


Disegno su carta di Ibrahim Kodra


da AU PETIT POINT - poèmes - Introduzione di Jean Fracchiolla - Nota critica di Jean-Paul De                              Nola  - Traduzione francese di Antonino Velez  La Tipolitografia srl Palermo 2001


A PICCOLO PUNTO

Sibille e profeti si dimenano nella luce 
che sbifora fra specchi di volte affrescate. 

Tracce, tratti, ri-tratti per dare corpo 
alla vertigine si rifugiano nell'isola 
delle memorie perdute. 
intramano storie d'anima 
                 a piccolo punto 
in un filugello tenue intorno a un bozzolo 
di realtà (s)fuggente. 
In quel tramare maniacale, 
in quell'andare su e giù dell'ago 
il senso smarrito dello stresso destino.


SINFONIA D'OMBRE

Dove la carezza morbida e seducente 
del cielo incantato e filante 
tesse una minuta sinfonia 
d'ombre 
quelle limpide e prolungate 
di Corot 
quelle corsive e astratte 
di Picasso 
quelle istantanee e colorate 
di Manet 
venature di guizzante stupore 
per l'evidenza epifanica del dono. 
Nell'umbratile meticciato 
inzuppato di lentischi di voluttà 
sboccia il canto del Tu. 
La delizia illumina il suo volto 
alleluiato 
luce che danza, luce che cambia 
luce che modula pazzia d'amore, 
luce che s'inabissa nella cordigliera 
del pube, hortus conclusus, 
giardino mistico e selvaggio 
dove si scioglie 
il Cantico dei Cantici 
senza incertezze, senza rimorsi 
senza vaniàre.

HO STRAPPATO RADICI

Ho strappato radici e maschere 
pedinato fantasmi 
ho scelto di non possedere 
niente per non essere posseduto. 

Quando mi coglie l'uzzolo 
provo a scuotermi come un cane 
uscito dallo stagno, dò un'occhiata 
per aria per trovare una stella 
ed un giorno vagamente levantino. 
Inciampo in un ricordo denso 
di fascinanti barbagli, lo assecondo 
col saluto lampeggiante dei fenici 

s'alza un nugolo di diavoli.



***


 da "IL TAMBURO DI ESMERALDA Poesie di Pino Giacopelli  L'Autore Libri Firenze 2001


Poi la carovana dei musici tacque. 
Tacquero i liuti. 
Vibrò il tamburo di Esmeralda. 
Uno sguardo d'avvoltoio 
e una tristezza veggente 
di chiromante pazza 
interroga le linee del destino. 
E' con essi che mi accompagno 
e ragiono sulle domande 
che generano insonnia. 
Ricorderò loro 
che il camaleonte vive d'aria 
e che di fuoco si nutre la salamandra

Torna a vibrare il tamburo 
di Esmeralda, entra ed esce 
in un labirinto di quinte in movimento 
segnate da tagli e crepe 
aspettando la felicità. 
Voglio farti un ritratto di scintille 
incombuste mentre il lampo d'oro 
delle tue pupille canta follie 
come vuole l'amore 
Sento vicino il fiato dell'angelo custode
e la carezza seducente del diavolo. 
Apro gli occhi, spuntano i pensieri 
e il desiderio vola diritto come albero 
d'arancio a inabissare la speranza 
dentro crateri spenti. 
E' un eco senza fine 
il tamburo di Esmeralda.



MISERERE

Immagina che non ci siano più nazioni, non è difficile, niente per cui uccidere o per cui morire, e nemmeno religioni, immagina tutta la gente vivere la vita in pace.
John Lennon

Finite le cerimonie della notte 
l'invisibile ragnatela della dimenticanza 
proietta il suo gomito d'ombra sulla montagna 
che come un lungo dorso d'elefante acefalo 
chiude la valle e scende verso il mare, 
immaginate un'iconostasi 
dove implorare miserere 
scrutando come naufraghi l'orizzonte. 
Non è difficile, 
non è difficile scoprire nelle aiuole 
tutte le vocali, una consonante e tanti fiori 
e i semi vagabondi del dolore. 
Una precaria incursione nel passato 
ci dice quanto più esperti siamo nel rancore 
e quanto pochi siano quelli 
di cui resti memoria. 
E c'è chi rimane appeso ai davanzali 
a incappucciare il buio 
macinando parole sconosciute 
o finge d'ascoltare il mare portandosi 
all'orecchio una conchiglia. 
Immaginate d'aggiungere sabbia 
al colore: si trova il deserto, forse 
s'intuisce l'infinito, ma 
ai colori si toglie la purezza, 
anche un Cristo d'oro senza stimmate 
e piaghe allontana il senso tragico 
d'un sacrificio umano. 
Immaginate lo sguardo del destino: 
taglia l'aria come il soffio d'un serpente, 
respirando il silenzio. 
Immaginate d'essere dietro quegli occhi: 
potreste riuscire a vedere la fine del mondo. 
Ma poi che sarà mai questo suo guardare 
se non lo stare  in guardia. 
Sognare, sì sognare 
è ancor più necessario del vedere.



In copertina: Le Oranti , opera di Saverio Terruso


da "LO SGUARDO LE PAROLE Poesie di Pino Giacopelli  Edizionio Del Leone 2002


Nella città che muore 
nel tempo che non può essere raccontato 
si bruciano le angosce ad una ad una. 
Il silenzio di chi non vuol parlare naviga 
su palloncini di vento e di bugie, 
dilaga nel sottobosco di tuie e tamerici. 

L'odio mescola baci e lacrime 
lasciando ogni rimasuglio di lusinga. 
Scintille e furie: le sottili capriole di una foglia 
che s'arrotola nell'ombra, la cascata 
che si riversa nelle acque turbolente. 

La ragione, diabolica, ruffiana 
si piega ai codici,alle leggi 
a colpi di frusta, come uno schiavo. 
Solo il cuore continua a soffrire e gioire 
sempre per le stesse cose 
abbarbicato come in estasi davanti a un ricordo. 
Di nuovo è giorno. Di nuovo spinge il vento. 
Un giorno o l'altro ve la dirò la verità 
sarà come vedere le api dormire 
nelle corolle tremanti della malva 
o un cielo che febbricita di stelle.



***




In copertina Opera pittorica di Salvatore Provino

da "LEGAMI" Poesie scelte di Pino Giacopelli Nicola Calabria Editore 2007

IL TRENO PASSA

Il treno passa, si gonfia nella curva, 
scompare dietro la lenta ginestra. dietro 
le poche piante sopravvissute intristite 
verso l'agonia. 

C'erano, c'erano un tempo 
margherite grandi come girasole, l'agave 
e una palma, la zagara e un filare 
di mandorli e l'edera verdissima. 
E un golfo di aranci e di limoni, cespi 
e siepi d'arbusto, l'ulivo e l'euforbia, 
il susino e il gelso insanguinato. 
Un romito carrubo. 

E un recinto attorno al noce e una siepe 
d'asparago, il fico e piante e radici, 
un aliare di foglioline acute decidue, 
i sorbi, la salvia, l'ortica; le perle 
coralline del ciliegio, il melograno, 
i suoi mistici grappoli. 
Una corazza di ficodindia 
sulla timpa. Un crepuscolo 
di oleandri sul confine. 
E poi l'alloro, 
il basilico, la menta. E un cedro rosso. 

Frastornato un bruco avanza
 fra uno sciame di formiche. 



INFINE

Infine, crudelissima e interminabile 
l'agonia. Il corpo umiliato dalle macchine 
nel disperato tentativo di far funzionare cuore 
e polmoni. Si conclude quel Viaggio 
di Mastorna, sempre rinviato. 
Nel buio d'una notte, la nave lucente di tutti 
gli incanti e di tutte le speranze, scompare. 
Nel suo mondo di cartapesta e compensato 
di velluti rosa e falpalà, l'ultimo 
impalpabile abbraccio. 
Aveva deciso d'inventare tutto, anche il cielo: 
cinema/menzogna, più vero del cinema/verità. 
Non ci saranno più cieli così? 
Un vento circense, un'ironia grottesca, 
un'amarezza sotterranea, occhi ariosi penetranti, 
compiaciuti poi le illusioni perdute e la voglia 
di scappare. Vano tentativo di non arrendersi 
all'angelo. 
Nani, prelati e ballerine donne gigantesche, 
puttane/sante, papponi elegantoni, fanciulle 
d'incredibile bellezza, vecchi incredibilmente 
vecchi, monache e preti, poliziotti e cardinali, 
immagini assolute. Archetipi d'un mondo 
senza utopie, strane creature di polistirolo, 
mantelli parrucche baschi cappelli baldacchini 
pagliette ruote fiabesche 
dialetti risonanti come schiocchi di frusta, 
maschere e menzogne, smorfie di ricordi, 
labirinti e mongolfiere; tutto provvisorio, 
fantastico, tutto per una "Prova d'orchestra" 
che continua. per raccontare storie passate, 
sogni del presente, caos frastornato di parole. 
Singhiozzando, incredula, Pallina, saluta, 
il rosario penzolante tra le dita. 
        Giulietta, per favore, non piangere.







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