SANTO DI BIANCA


SANTO DI BIANCA

"Nel Duomo di Guglielmo
sopra gli ori dei santi e dei profeti
la termite insidiosa rode legni.
Non lontano dal duomo
Santo appresta
pietre sculte e disegni
nello studio che dà sulla stradetta
colorata di panni stesi al sole.
Le sue opere portano memoria
dei capitelli delle geminate
colonnine del chiostro,
di rovine riverse a Selinunte, di meandri a spirale sugli antichi
sepolcri di Sicilia.
Con occhio vitreo
un'ùpupa crestata
sorveglia immota.
Nella forma conclusa d'un pesante
marmo polito,
avvolta come corpo che riposa
s'indovina agitarsi tutta viva
la speranza puledra che conduce
da memorie remote a vita nuova."
MARCO BONAVIA











ANNO 1983
Testi: Pino Giacopelli Franco Grasso Giorgio Mascherpa Albano Rossi Vito Apuleo Marcello Venturoli Antonina Greco Eduardo Rebulla Giuseppe Servello Franco Passoni Marco Bonavia Giacomo Baragli Nicola Bonacasa  Francesco Carbone Giacomo Giardina Alfredo Marsala Di Vita Giuseppe La Monica Aldo Gerbino
La testimonianza di Santo Di Bianca è tratta da una conversazione registrata da Alfredo Marsala Di Vita negli studi di Tele Radio Mediterranea
Dati biografici, catalogo delle opere, dati bibliografici a cura di Antonina Greco 

Fotografie: Cappellani Di Bianca Scaffidi Spata Condello Scaccio Lo Verso Allotta  Alagna Crisafulli Antioco Puletto Tomaselli Brocato Publifoto Gabinetto fotografico della Galleria d'arte Moderna di Palermo
Impaginazione: Carlo Lauricella
Fotolito: Randazzo
Stampa:Renna

Progetto Grafico del Manifesto e allestimento Mostra : Sergio Mammina
Hanno Collaborato: Giuliano Disposto Rosetta Romano Santino Campanella Ist. statale d'Arte per il Mosaico Monreale  



"C'è sempre un rapporto - e se non c'è si crea spontaneamente - con una retrospettiva, la quale appare misteriosamente articolata dai fili magici dell'Artista, quasi compiaciuto della sua assenza intento a stimolare interrogativi, dubbi e sensazioni.
Nel movimento della speranza si è intessuta la vita di Santo Di Bianca, con quella spes biblica espressa in Noè misit coluba ove, nella contrapposizione dei volumi, viene esaltato il segno e tutta la cultura propria dell'uomo del Sud.
Ci siamo trovati spesso ad operare in funzione di questo nostro territori; anche in funzione di certi interrogativi che noi intellettuali tirrenici avvertiamo nella soffocante e svigorita economia....
Di Bianca si è spinto nel puzzle della propria memoria mediterranea, e in quell'infinita capacità sua propria di ritornare alle armonie della materia ha ritrovato nella sua stessa opera non solo il prodotto dell'uomo, ma terra, traccia, isola, in una parola più generale, la sua storia.
Non è un caso che le ultime forme di Di Bianca si concretizzano nel gioco degli incastri, nei moduli sinergici, nelle ricercate essenzialità stilistiche fino alle più recenti ipotesi di scultura abitabile, il tutto impaginato non secondo le consuete abitudini visive (Carbone), ma in relazione a nuovi schemi percettivi, come necessario segnale rivolto alla città (Baragli), tutto mosso, annota Mascherpa, dalla speranza di far qualcosa di plasticamente puro capace di agganciarsi alla realtà e, in ogni caso, attraverso la machinerie per raggiungere la dimensione umana (Gerbino).
E pervengono attraverso il convergere di molteplici esperienze ad una sintesi plastica articolata compiutamente e con intelligenza tra memoria del reale e valori formali (Grasso).
C'è una suggestione antica ed attuale nello stesso tempo nelle parole dell'Artista che annotava in una pagina di appunti: Il verde scorre sui tensori di acciaio verso la speranza.
Egli aveva sempre una speranza da donare, o sottoforma di colomba nei cieli del m o n r e a l e s e, o di eden vitali negli spazi di una ricerca interiore.
Sta a noi saper percorrere questa strada...."
Prof. PINO GIACOPELLI






Dal Catalogo su Santo Di Bianca realizzato nell'anno 1983 in occasione di una Mostra antologica all'interno della Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea "G. Sciortino", rileviamo alcuni testi critici e alcune opere artistiche dell'Artista.


IPOTESI DI SCULTURA ABITABILE, 1979  legno h cm73x110


SPAZIO DUE, 1972 bozzetto in gesso h cm 45x50 ca. - Concorso per la Scuola Media di Campofranco



MACCHINA, 1973 terracotta h cm150ca.



COLOMBA


LA FIGLIA DEL MARE, 1970 travertino h cm 150x140



FIGURA IN GINOCCHIO, 1972 bronzo  h cm 35


MATERNITA',1968 terracotta h cm40x50ca.


FIGURA SEDUTA, 1967 gesso h cm 145x110



VIOLENZA, 1975-76 bronzo h cm 150x50


FIGURA DISTESA, 1975-76 bronzo h cm 50x35  


LIBERAZIONE, 1975-76 bronzo h cm 100x100




FIGURA SEDUTA, 1976 bronzo h cm 50x70

NATURA MORTA, 1975 bronzo h cm 32x21


SCULTURA PER UNA FONTANA, 1970 bronzo e marmo del Belgio h cm 30x70


MATERNITA', 1980 modello in balsa rilievo in bronzo h cm 35


AMANTI, 1980 modello in balsa bronzo h cm 17



STRUTTURA n.6, 1980 modello in balsa bronzo h cm 25x20


NOE' E LA COLOMBA, 1980 modello in balsa bronzo h.cm 26x36





ANNO 2005

Catalogo realizzato  nell'anno 2005 dal Comune di  Campofelice di Roccella 
Sviluppo del bozzetto: Giuseppe La Bruna con la collaborazione di Giuseppe D'Angelo e Toni Rizzzo
Fonderia Artistica: Foderà e Signorello, Mazzara del Vallo
Progetto Grafico: Sergio Mammina
Fotografie del Bozzetto originale e del bronzo: Daniele Titone Di Bianca



Scultore morto prematuramente nel 1980, era nato nel 1938. 
La sua formazione si svolge a Palermo dove frequenta il Liceo artistico e l'Accademia di Belle Arti sotto la guida di Silvestre Cuffaro e di Benedetto De Lisi junior. Si diploma all'Accademia di Catania con lo scultore Giuseppe Pirrone, nativo di Borgetto.
Gli esordi dell'artista si collocano a Cefalù dove, a soli 16 anni, realizza un rilievo raffigurante il Martirio di  San Sebastiano nella facciata della Chiesa omonima. E' un intervento di grande delicatezza, condotto con la sensibilità di un restauratore.
Negli anni Sessanta progetta, fra l'altro, il Monumento alla Resistenza, assemblaggio di figure in una composizione quasi bidimensionale, il cui bronzo si trova all'Agenzia del Monte dei Paschi di Monreale, e il Monumento ai Caduti di tutte le guerre, marmo dai robusti volumi, per Gravina in provincia di Catania.
Personalità attenta e aperta alle suggestioni della modernità, l'artista guarda con interesse alle esperienze di Brancusi, Moore, Zadkine e , successivamente, di Consagra. Approda nei brevi anni della maturità a una personale concezione della forma plastica, intesa come volume geometrico che, pur non abbandonando del tutto le suggestioni figurative, giunge a dinamiche frantumazioni della materia. Da sempre amante della natura, sul finire degli anni Settanta, mette a punto il progetto di sculture abitabili, fruibili da tutti in parchi e giardini.
E' del 1979, appunto, l'Ipotesi di scultura abitabile, che appare per molti versi in sintonia con la ricerca architettonica del tempo.
Fra i suoi tanti lavori vanno ricordati gli interventi per la Chiesa di Santa Rosalia in via Marchese Ugo a Palermo, per la quale realizza in travertino l'Ambone, il Ciborio e il Seggio, contribuendo a dare un tocco di elegante modernità a quest'opera tarda di Ernesto Basile.
Oltre alle sculture in legno, la cui tecnica apprese a Palma di Majorca, sono da citare bronzi dai felici esiti espressivi, quali la Figura in ginocchio del 1972 alla Galleria d'Arte Moderna di Palermo, la Figura femminile e la Figura seduta del 1975 oggi in collezioni private, Contro la violenza sempre del '75 e i pannelli dell'Annunciazione per la villa Belvedere di Carini del 1980. Va menzionata inoltre, la sua vasta produzione grafica con studi di animali e di figure accanto a temi astratti, studi per future sculture.
Santo Di Bianca è stato docente al Liceo Artistico di Palermo. 
Era sposato col critico d'arte Antonina Greco e ha trascorso gran parte della sua vita a Monreale, dove è sepolto in una cappella del cimitero che lui stesso aveva progettato in forme plastico-architettoniche.
Desidero ringraziare a nome mio e della famiglia il Sindaco e l'Amministrazione Comunale di Campofelice di Roccella per l'impegno e la sensibilità espressi in questa circostanza che riunisce storia e memoria.
La nostra gratitudine va a tutti quanti hanno collaborato al buon esito di questa realizzazione. In particolare allo scultore Beppe la Bruna , docente dell'Accademia di Belle Arti di palermo, che ha prestato con sapiente mestiere e discrezione la sua mano e la sua intelligwenza allo sviluppo del bozzetto originario; allo scultore Salvatore Rizzuti, anche egli docente dell'Accademia di Belle Arti di Palermo, presente con i suoi consigli e con la sua competenza fino all'ultima fase della lavorazione; alle maestranze della Fonderia Artistica Foderà e Signorello di Mazzara del Vallo che hanno eseguito l'opera compensando in qualche modo l'assenza dell'autore. Ed ancora all' Ing. Di Marzo che ha curato la sistemazione urbanistica nel Belvedere tra cielo e mare interpretando una sorta di misteriosa prefigurazione dell'artista.
A Sergio Mammina che ha realizzato l'efficace progetto grafico.
... Grazie infine a quanti hanno voluto partecipare e vivere con noi questo momento di incontro.
A.G.


***


Ricordo di un artista
di SALVATORE AUTOVINO

Ricordo ancora le sue passeggiate lungo i viali della piazza principale di Monreale, tenendo al guinzaglio il bel setter bianco con macchie nere. A distanza di anni lo rivedo ancora vicino alla fontana del Tritone dove maestoso si erge il "Pupo" del Rutelli, mentre si intratteneva a parlare ora con un  altro amico.
In piazza Vittorio Emanuele, dove prospettano il Palazzo Municipale e il lato nord del Duomo con il porticato cinquecentesco del Gagini, Santo Di Bianca era solito trascorrere qualche ora del suo tempo libero. 
Nato nel 1938 a Campofelice di Roccella, trascorse gli anni della giovinezza a Palermo e in altri centri dell'Isola. Nel capoluogo siciliano frequentò il liceo artistico e in quegli stessi anni a Cefalù operò ad un rilievo dedicato a San Sebastiano. La sua vocazione artistica lo spinse fino a Catania dove conseguì il diploma dell'Accademia di Belle Arti. A Monreale fissò la sua residenza in seguito alle nozze con la gentildonna e critico d'arte Antonina Greco.
Mentre era in vita, ho conosciuto Santo Di Bianca solo di vista; nulla sapevo di lui , nè della sua professione; la sua figura e la sua espressione mi facevano intuire però la sua individualità di artista e la sua forza intellettuale.
Ho avuto modo di apprezzarlo solamente tre anni dopo la sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1980, quando l'Amministrazione Comunale di Monreale organizzò in sua memoria una mostra antologica. Fu in quell'occasione che ho avuto modo di conoscere lo "scultore" e soprattutto "l'artista" Santo Di Bianca. 








Nella rassegna furono esposti anche i suoi primi disegni, i bozzetti, le sculture che bene esprimevano il suo ingegno creativo, il suo personale linguaggio ricco e suggestivo. 
I marmi, i bronzi manifestavano il messaggio estetico e culturale dell'artista che in un continuo crescendo raccontava la sua maturità espressiva. Le sculture simboleggiavano l'affermazione di una poetica equilibrata e presentavano una certa intellettualità esplicitante un linguaggio di matrice esistenziale. Un repertorio di volti e di corpi raggiungevano l'armonia nella plastica dei volumi e nella forza delle masse. Allo scopo di perpetuare quell'evento è stata collocata una scultura presso la Galleria Civica "Giuseppe Sciortino":
 FIGURA DISTESA, 1978 marmo bardiglio  h cm 133x26x83



una figura di donna distesa realizzata in bardiglio in un blocco unico a superficie levigata nella quale lo scultore ha esaltato non solo la sensualità estetica, ma l'interiorità melanconica e la sofferenza.
L'arte di Santo Di Bianca è energia compositiva, ricca di elegia e sentimento palpitante di silenzio; in essa il maestro assimilò i momenti propulsori dell'intelligenza artistica legati al cubismo, al realismo al surrealismo e nelle sue opere trasfuse l'enigma nascosto del suo inconscio e la percezione di forme cosmiche che generano movimento ed energia. La sua analisi rivolta alla sintesi plastica delle forme si sviluppò in una serie di studi compositivi dove i volumi geometrici si fondono costituendo le immagini del tempo e dello spazio. Le sue opere sottolineano la persistenza di realtà universali al di fuori delle quali non è comprensibile l'essere dell'uomo nella natura e nella storia.
La ricerca di Santo Di Bianca sta nella forma astratta significante la struttura del cosmo. La parvenza antropomorfica di alcune composizioni sottolinea la visione concettuale della figura umana. Ed è soprattutto nelle figure femminili che Di Bianca riesce ad esprimere il senso misterico della donna. Nelle figure distese sono evidenti le immagini cariche di sensualità che emanano fragranza dell'esistere. Nel superamento dei confini e nel possesso della totalità dello spazio, l'artista comunica stupore e nella monumentalità delle masse, convesse e concave, riesce a costruire la macchina del mondo, la corsa nel tempo e nello spazio e a generare energia e vita. In Di Bianca la concettualità della metafisica diviene aggancio con un nuovo plasticismo da cui traspare la necessità di fissare volti e figure per dar vita a strutture geometriche rappresentanti il cosmo e le sue forze.
Nelle sue opere vive e vibranti Santo Di Bianca riusciva a trasformare la materia in composizioni che sono significazione drammatica di un sentire l'arte come realtà assoluta.
Il marmo, la pietra, il bronzo, il legno gli erano consustanziali; nella materia depose la sua anima di scultore che effigia uomini e cose in una costruzione di forme solide nelle quali è evidente la struttura fondante della sua quotidiana liturgia di artista.
Le sue sculture sono la risultanza di tensioni spirituali: in essa è riflesso l'equilibrio interiore dell'artista, che è riuscito a infondere nelle sue creazioni forma, armonia e ritmo. L'arte di Santo Di Bianca testimonia la sua appartenenza alla cultura siciliana che possiede una profonda visione poetica di dolore e di speranza. Egli infatti ben si è inserito nel panorama artistico nazionale per percorrere quell'itinerario difficile degli artisti nati in Sicilia, in un labirinto, di scontri e incontri, di manifesti e ideologie, di estetiche, di metafisiche e poetiche. Ed è proprio oggi, in quella Sicilia che riflette la coscienza del secolo ventesimo, che l'Amministrazione Comunale di Campofelice di Roccella, ha voluto ricordare e riportare alla luce la figura con la collocazione nella città natale della sua opera "San Francesco e gli aironi".



Il bozzetto realizzato da Santino nelle dimensioni di cm 67x133, grazie al sapiente intervento di un altro grande maestro monrealese, Beppe La Bruna, è diventato adesso una bella statua bronzea dalle dimensioni di cm 134x266. La ieratica figura esprime bene il "Cantico delle Creature" pervaso da un amore fraterno dominato da un senso di letizia e serenità: tutto è armonia, gioia. Il volteggiare dei volatili attorno all'esile figura di San Francesco rappresenta una visione della terra riconosciuta dallo Spirito santo, di un mondo rinnovato e pacificato, confortato dalla beatitudine celeste e dalla rigenerazione in Dio. La celebrazione del creatore e delle sue creature si impone come evento di assoluta evidenza per la sua carica di altissima testimonianza spirituale e per l'intensità del messaggio artistico.


Campofelice di Roccella, da oggi, può vantarsi e andare orgogliosa di avere nel suo Belvedere l'opera di uno scultore che rientra a pieno titolo nel panorama artistico della scultura siciliana del XX secolo. E pertanto un vivo apprezzamento vogliamo indirizzare al Sindaco, alla Giunta municipale , al Consiglio Comunale che hanno deciso di eternare e far conoscere alle generazioni future l'arte di questo loro illustre concittadino che se la morte non l'avesse stroncato prematuramente, avrebbe continuato a donare al mondo tante altre preziosità artistiche.


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La parte maggiore della ricerca di Santo Di Bianca la più vitale, la più ricca di dubbi e riprove si è accanita su una tematica intorno a cui converge tanta vicenda della scultura del novecento: la necessità di riaffermare i valori della presenza dell'opera da un lato, con la sua modulazione di linguaggi e di spazio; e, inestricabilmente legata ad esso, la diffidenza per ogni asserzione monumentale, per ogni equivoca (pagato a duro prezzo del resto nel secolo trascorso) che affermasse la storia e il tempo presente come certezza anzichè come sottrazione, disincanto, o ipotesi progettuale da sottoporre continuamente a verifica. A maggior ragione nella scultura monumentale, dove la collocazione nello spazio pubblico ha dovuto spesso fare i conti con una opzione netta: arrischiare il confronto con la realtà informe del contesto moderno, e quindi aggredirlo nel tentativo di rimodularlo, oppure rinunciare in favore di una purezza linguistica isolata e assorta in se stessa.
Per il breve periodo della sua maturità, l'opera di Di Bianca ha alternato alla scelta figurativa (una figurazione essenziale e dinamica, congegnata intorno ai vuoti e debitrice, come è stato spesso sottolineato, di Zadkine, di Moore, ma anche di Arp) una ugualmente coerente ricerca di stilizzazione geometrica: con le forme incastrate l'una nell'altra ricondotte alla ritmica di una tarsia ma anche a una rarefatta evocazione totemica, e un assottigliarsi dell'ingombro volumetrico così da privilegiare quella lettura bifrontale di concordanze e dissonanze che certamente rinvia a Pietro Consagra. E tuttavia questi due aspetti non sono divergenti: e non soltanto perchè quegli incastri non di rado compongono motivi figurativi - mani, volti, corpi - ma anche in forza di una analoga dinamica percettiva, e di una simile relazione con l'osservatore e con il suo spazio. Così è per esempio nel caso di questa grande figura monumentale: dove la rastrematura che la assimila allo sviluppo di un solido geometrico si apre ad una percezione multipla, sfaccettata, e la parete che compone il corpo si dilata inquieta di trequarti si restringe improvvisamente come una lama ad una visione frontale, e offre di fianco quasi la dimostrazione per teorema di un moto di rotazione. Una struttura aperta, che intercetta lo spazio e lo distribuisce senza per questo costituirsi come un mero dispositivo formale (e il termine non è affatto da intendersi in modo riduttivo) come invece in altre occasioni. per questa via l'ipotesi monumentale viene riassorbita senza attriti all'interno della logica di sperimentazione con cui la scultura per buona parte del secondo dopoguerra si è svincolata dal destino di "lingua morta" profetizzatole in un celebre scritto da Arturo Martini.
SERGIO TROISI


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Non so se ho mai incontrato Santo Di Bianca. Forse l'avrò perfino visto all'opera, nei laboratori dell'Accademia di Belle Arti di Catania, ai tempi in cui, ragazzino, ogni tanto andavo a far visita a mio padre, che vi insegnava. Del resto a Di Bianca toccò l'onore d'essere il primo diplomato della Scuola di Scultura della nostra Accademia. Ma di quel probabile incontro non ho alcuna memoria. Eppure negli anni seguenti, nelle non poche occasioni in cui ho avuto modo di riflettere sulla figura di questo artista e/o di scrivere di lui, ho sempre avuto la sensazione che, in un certo senso (probabilmente il senso che qui più interessa), è come se avessi incontrato moltissime volte Santo Di Bianca: nel senso, voglio dire, che il suo breve percorso umano ed artistico mi pare davvero emblematico d'una condizione peculiare degli artisti isolani durante l'intero '900. Si tratta, da un lato, della necessità intimamente sentita di fare i conti col lascito artistico d'una mai del tutto interrotta tradizione: retaggio particolarmente significativo per gli scultori, stante la ricchezza del patrimonio plastico accumulato dai siciliani dalla fine dell' '800 alla metà del '900. I nomi da fare sarebbero molti; nel caso di Di Bianca, bisognerà di certo ricordare i suoi effettivi maestri (Silvestre Cuffaro, Benedetto De Lisi jr, Giuseppe Fortunato Pirrone) ma anche i protagonisti della generazione appena precedente alla sua, a partire da Pietro Consagra. Confronti, questi, che indicano la poi evidente metabolizzazione di modi e stilemi tipici di quella lunga stagione artistica: sapienza nel trattamento della figura di volta in volta monumentale oppure colta nell'implicazione emotiva della postura, attenzione per il trattamento luministico delle superfici, accoglimento della possibilità di convertire la plastica al ductus del basso o altorilievo.
Ma a queste spinte per così dire centripete, che qualcuno potrebbe perfino indicare come innate, proprie del codice genetico d'una cultura scultorea  che ritrova pur sempre le sue radici e forse anche le sue motivazioni nei magistrali esiti dei "Greci d'Occidente", se ne lega inscindibilmente un'altra, affatto diversa, ovvero la tensione inesausta verso l"aggiornamento", l'apertura al nuovo, all'azzardo sperimentale.
E' una dialettica avvertibile come in filigrana nella produzione di quasi tutti gli artisti siciliani, e che ovviamente Di Bianca sviluppò con atteggiamenti del tutto individuali. 
Quali fossero, può aiutarci a comprenderlo un'ulteriore polarità: difatti, i ricordi di quanti lo conobbero ci dicono che in Santo Di Bianca vivevano due interessi apparentemente contrastanti, eppure complementari, soprattutto se si pensa che una loro possibile sintesi è appunto la scultura. Da un lato, lo appassionava la natura, intesa certamente sia come inesauribile produttrice di varietà formali, come illimitata potenzialità creatrice, sia come phisis, energia, tensione; dall'altro, lo interessava l'architettura, e dunque la razionalità progettuale, il calcolo degli sviluppi formali, l'implicazione collettiva del dato estetico.
Queste dialettiche caratterizzano l'intero evolversi della produzione di Santo Di Bianca, manifestandosi talvolta perfino con lampante evidenza. La si coglie con immediatezza quale origine d'un fare sperimentale, pronto a brevi avventure destinate ad un rapido abbandono, che accompagna Di Bianca (talento del resto precisissimo) lungo i primi anni di intensa produzione. Due dati, questi, cioè un produrre febbrile e assai prolifico, ed un'appassionata fame di sperimentazione, che si sarebbe tentati di rapportare anche al tumultuoso accavallarsi di esperienze tipico dell'atteggiamento giovanile negli ultimi anni Sessanta e nei Settanta: e certo vari titoli di sue opere suffragano questa suggestione, ad esempio Contro la violenza, Monumento alla Resistenza, Monumento ai caduti di tutte le guerre. Ma la sperimentazione per Di Bianca non significò mai salto nel vuoto. Anche nei suoi momenti più abbandonati e "segreti", là dove l'intento di smontare il meccanismo della scultura pare farsi più esplicito. Di Bianca ritrova come un tesoro nascosto all'interno di qualunque sensato strutturarsi di forme plastiche: ovvero la logica "architettonica" talvolta giunge ad un diretto confronto con l'architettura propriamente detta, come nel caso dell'Ipotesi di scultura abitabile del '79; altre volte tende a sedimentarsi in una tetonica delle forme plastiche, come negli interventi nel presbiterio della Chiesa di Santa Rosalia a Palermo (del '73); altre volte, infine si sintetizza in un fraseggio strutturale di pieni e di vuoti, di contorni e di masse.
E però queste dialettiche ed intersezioni, là dove un progettare raziocinante si rapporta con un fare emotivo, si colgono anche, chiaramente dispiegate, nel S. Francesco e gli aironi (del 78/79). strutture plastiche rastremate, perfino filiformi, sono disgiunte ed avviluppate da un moto che le sostiene e le consuma. Il dato biomorfico, qui inevitabile data la presenza della figura del santo e di quelle degli animali, è messo in certo senso tra parentesi, mentre la torsione generalizzata dei piani, come una sorta di geometria non-euclidea del sentimento, pare mettere in dubbio (con un'inquietudine che davvero sembra specificatamente siciliana) la realtà del reale.
GIUSEPPE FRAZZETTO






Dal Catalogo  "DI BIANCA  al suo approdo" a cura di A. Greco Di Bianca e Luigi D'Agostino , 1981 - LINEE D'ARTE GIADA, riportiamo una Conversazione tra A. Marsala Di Vita e Santo Di Bianca interessante per comprendere il significato e la posizione che Santo Di Bianca ha dato "alla scultura contemporanea in rapporto alla sua stessa ricerca di scultore ed operatore estetico".

ALFREDO MARSALA DI VITA -  Quali ragioni, ritieni, fanno dello scultore un operatore piuttosto raro?
SANTINO DI BIANCA - Occorre, anzitutto, riflettere sul significato che diamo alla scultura e al termine stesso di scultura. Se lo intendiamo nei termini tradizionali, così come sinora e nel recente passato ha significato fare scultura, potremmo osservare - come tu sostieni - che di scultori ce ne sono piuttosto pochi. Se invece intendiamo per scultura un significato più moderno e più ampio, meno legato a dettami e stilemi del passato, direi al contrario: non mi pare che manchino...
A.M.D. - Pensi che le difficoltà di reperire uno scultore tradizionale sia dovuto alla stessa materia di cui si compone la scultura: il marmo, il bronzo... le difficoltà di lavorare questi materiali?
DI BIANCA - Queste sono difficoltà comuni e tipiche dello scultore; però se il riferimento è invece ai nuovi materiali, più leggeri, più lavorabili, che l'industria suggerisce, le possibilità di operare in questo settore sono infinitamente maggiori.
A.M.D. - Quali sono stati i suggerimenti e gli apporti al tuo lavoro di scultore?
DI BIANCA - Fonte di suggerimenti e di ispirazione, direi che sempre è stata la natura: le piante, gli alberi, gli oggetti del paesaggio...
A.M.D. - Ci sarà stato un maestro ideale...
DI BIANCA - Non proprio. Ciò che mi ha sempre interessato, in quei suggerimenti naturali è la forma: il suo sviluppo nello spazio. Anche nei ritratti schizzati rapidamente, nei primi esercizi, ricercavo la forma, la struttura interna che i volumi mi suggerivano, sino a forzarli; a volte esagerandoli, senza peraltro addentrarmi nel superfluo dei dettagli...La stessa operazione è evidente nelle figure, in cui i corpi assumono e suggeriscono soluzioni strutturali e formali.
A.M.D. - Scrivendo del tuo lavoro, Antonina Greco parla di un riferimento a Zadkine.
DI BIANCA - Non c'è dubbio che Zadkine, ma anche Moore e Brancusi, giocano un ruolo fondamentale nella mia formazione ed io non posso dimenticarlo. E' però quanto, ad esempio, poteva accadere nel passato con l'influenza esercitata da Michelangelo  sui suoi contemporanei. Ma io appartengo a quest'epoca e Zadkine, Moore e Brancusi sono i protagonisti del nostro secolo...
A.M.D. - Si può anche supporre, d'altronde, che la ricerca di un artista si trovi inconsapevolmente in coincidenza con quella di un altro...
DI BIANCA - E' giusto questo, perchè occorre anche tener presente da dove partiva la mia formazione. Cosa mi poteva offrire l'ambiente, i luoghi della mia ricerca? Gli spunti non potevano che essere quelli offertimi - come dicevo prima - dalla natura che mi circondava: le cose e gli eventi del paesaggio. In un mio disegno - per esempio - che prende spunto dalla raccolta delle arance, il tema diventa pretesto perchè io inserisca, entro uno spazio geometrico ben determinato: le figure del tema. Infatti sono poste entro schemi precisi: c'è un rettangolo in verticale, uno in orizzontale ed altri che si scandiscono vicendevolmente in una serie di gradini, divenendo tutto elemento cardine di una struttura più propria.
A.M.D. - Noto che fai riferimento spesso alla distribuzione dello spazio attorno agli elementi della scultura...
DI BIANCA - Sì, è vero. Intendo la scultura in funzione dello spazio esterno e il progetto della distribuzione è una esigenza essenziale, perchè solo in questo modo riesco ad inserire le forme. Naturalmente, se vuoi, è anche il problema tipico dello scultore. Sarei contento, e come me gli altri, se si potessero realizzare sculture per destinarle all'aperto: inserirle in un grande spazio. vedere collocati i propri lavori in mezzo al verde, in un parco, ove sia possibile che tutti li vedano, vi possano girare attorno, toccarli...
A.M.D. - Intendi proprio una scultura all'aperto come non sipensava nel passato quando solo il monumento con lòa piazza attorno aveva una funzione diversa da altra possibile fruizione...
DI BIANCA - Non ci sono dubbio che il modo di concepire la scultura e lo spazio entro cui si svolge, ha subito sostanziali cambiamenti. Ma questa concezione di intendere la scultura in me è avvenuta anche per l'apporto degli studi di architettura a cui mi sono dedicato per qualche tempo. Anche se poi abbandonai quell' indirizzo, preferendo totalmente la scultura, molti importanti suggerimenti rimasero per la mia formazione. Quella esperienza mi dettò la razionalità, la tendenza al progetto, il rigore nella ricerca delle strutture, la continua costruzione degli elementi uno dopo l'altro...
A.M.D. - Da esperienze in cui erano evidenti i legami col figurativo, poi tu sei passato ad una scultura meno legata al racconto, non figurativa, più schematica...E' questo, lo stadio di un superamento?
DI BIANCA - Per me non ha importanza, il rapporto con la figura, con l'oggetto o con altro; credo che, invece, sia importante che gli oggetti del mio interesse, e tutti i suggerimenti, contribuiscano a determinare questa esigenza di scandire lo spazio, i vuoti, i pieni. Può, dunque, accadere che sia una figura a suggerirmi il modo di interpretare lo spazio nel compenetrarsi delle forme...
A.M.D. - Resta dunque inteso che è un problema di spazio?
DI BIANCA - Certamente: il problema è lo spazio. In una mia scultura - ad esempio - il braccio di una figura, formando un arco col corpo, sembra richiamarsi persino ad un elemento architettonico, a memorie classiche. Alcune volte rivedendo certe mie sculture precedenti vi scorgo riferimenti romanici: muri, scabri torrioni, proprio sculture architettoniche.
A.M.D. - Certa tua scultura è bifrontale, nel senso che può essere letta da una parte e dall'altra escludendo le parti laterali; è così?
DI BIANCA - Direi di no, perchè questo bifrontalismo è apparente. In realtà se osserviamo queste sculture di taglio, vi notiamo un altro aspetto: Potrei far riferimento ad un mio lavoro che si trova a Palermo nella Chiesa di santa Rosalia progettata da Ernesto Basile. Si tratta di un seggio in travertino, i cui laterali, isolandoli, risultano due sculture compiute fruibili anche nel lato più stretto.
A.M.D. -  Mi viene in mente Consagra. I suoi lavori sono proprio bifrontali...
DI BIANCA - Ecco, ed è una differenza che mi discosta da lui. Consagra realizza sculture con una sola lettura di piani o due, mentre i miei lavori, almeno certi lavori in particolare, possono vedersi di taglio e offrono altri aspetti anche insoliti del lavoro...Ti dicevo che è una mia prerogativa quella di sperimentare e cercare altri sviluppi possibili della scultura. C'è un mio progetto, il bozzetto di un campanile che si lega perfettamente con questo spirito ricercativo e con i dettami dell'architettura.
A.M.D. - Questo progetto di campanile è un'idea di scultura o è proprio un campanile?
DI BIANCA - E' proprio il progetto di un campanile da realizzarsi in acciaio. Un disegno nello spazio. Strutture portanti che si innalzano e prevedono ascensori. Qualcosa di trasparente...
C'è poi un altro progetto che prevede proprio un uso della scultura. E' quello presentato per il concorso della Scuola Media di Campofranco che eseguii con l'aiuto dell'architetto Ferranti. Prevedevo una scultura da posarsi sul parco antistante la scuola, in modo da poter essere vista e fruita dai bambini che potessero giocarci attorno. I progetti sono due: uno con sviluppo verticale ed un altro con sviluppo orizzontale. Ed è con questa ottica che ho perseguito le mie ricerche. Per il concorso per la Resistenza - ad esempio - a Comiso, proponevo proprio una scultura che si dilata nello spazio, una specie di espansione progressiva come concetto appunto di resistenza ad ogni sorta di prevaricazione.
A.M.D. - C'è un lavoro più recente che sintetizza questo uso della scultura?
DI BIANCA - Uno di questi progetti, prevede una grande scultura adagiata, con vuoti e pieni, in cui i vuoti hanno un loro particolare valore perchè possono essere fruiti, praticabili, con camminamenti, percepibili nel loro lento sviluppo nello spazio. Una sorta di scultura totale in cui l'uso di cui parliamo è proprio il suo destino più probante.


R.M.