BEPPE LA BRUNA
Scultore
1984 - La Bruna a Venezia - Foto di Mimmo Dabbrescia
1984 - Mimmo Dabbrescia e Beppe La Bruna a Venezia
Venezia, Gennaio 1984 - La Bruna e Vedova nel suo atelier (Foto di Mimmo Dabbrescia)
Nato a Monreale (PA) nel marzo del
1953, dopo aver concluso gli studi Accademici nel 1976, nello stesso anno avvia
la sua attività espositiva per la Scultura.
Dal 1978 inizia l’insegnamento di
Scultura all’Accademia di Belle Arti di Palermo e dal 1982, gli viene assegnata
la Cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara; dal 2001 al
2006 si sposta all’Accademia di Palermo e dal 2007 ad oggi ha la Cattedra di
Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Ha partecipato e partecipa a numerose
rassegne espositive di carattere Nazionale ed Internazionale fra Personali e
Collettive: Palermo, Milano, Venezia, Zurigo, Parigi, Aarau (Svizzera), Porto
Ferraio (Isola D’Elba), Siena, Napoli, Porto Vecchio (Corsica), Carrara,
Volterra, Messina, Reggio Emilia, Pietrasanta (Lucca), Cento, (Ferrara), Seul
(Korea), Montauban (Francia), Bologna,
Padova, Forlì, Parma, Ravenna, Ferrara, Torino, Las Vegas, Copenaghen
(Danimarca) oltre ad aver partecipato a vari Simposi di Scultura di carattere
Internazionale quali: Ichon (Korea), Lattakia (Siria), Damme (Germania),
Montraker (Istria).
La produzione artistica degli ultimi
anni si è concentrata sulla figura umana “rarefatta” che assurge a simbolo di
una pacata riflessione sulla vita, sul Cosmo e sul costante ed inesorabile
trasformarsi, crando il Tempo e la Storia.
Una visione cosmogonica dove, come
per Lucrezio, la materia è eterna nel suo divenire.
Così, materiale informe, disseminato
negli spazi cosmici, si ammassa, coagula e prende mano a mano forma nel vento della vita che spira prepotente nell’Universo.
Una sorta di vento che è anemos, spirito di autocoscienza.
La sua scultura attinge e prende
coscienza dal rapporto fra memoria storica e contemporaneo, per esprimere
ancora meglio una contemporaneità che è costruita ed espressa attraverso la
materia, la luce, il colore in un continuo divenire tra movimento e
meditazione, ma anche una scultura che è costruita appositamente per essere
usata e vissuta dal fruitore, in quanto elemento e presenza attiva nello
spazio.
Egli opera e inventa suggestioni
plastiche entro spazi aperti, figure umane dinamiche con atteggiamenti
esteriori di inedita teatralità.
Sono lavori che si liberano da ogni
interferenza ambientale accessoria e si ritrovano in un’autonomia di valori
fluenti con tendenza a una controllata disgregazione espressiva.
Egli, comunque, rimane uno scultore
mediterraneo, di luce e vento.
Nato nella bottega dell'artigiano, la mia formazione nasce proprio dal contatto diretto con la materia. Questo contatto con il legno, con gli strumenti del lavoro, mi ha fatto ad un certo punto anche capire che in fondo la scultura non è soltanto manualità, è importante conoscere il mestiere e utilizzarlo per altri fini, cioè per un discorso che noi portiamo avanti da un punto di vista culturale, sociale. Occorre comprendere i meccanismi che si muovono dentro la materia, prescindendo dalla materia in sè e per sè. Essere in sintonia con i tempi, ma possedere un linguaggio. Per me la scultura ha un linguaggio e non si può prescindere da questo linguaggio, bisogna impadronirsene, e pretendere il massimo da se stessi per portare avanti quello che è dentro di noi. Dentro di noi ci sono meccanismi che portano ad affrontare il linguaggio in maniera molto personale.
...La scultura investe tutto quello che è materia, tutto quello che fa parte di queste vibrazioni materiche di cui noi ci impossessiamo esprimendoci in base alla nostra sensibilità. Qui è anche importante, per quanto mi riguarda, essere siciliano, che per un certo verso è anche l'assorbire l'energia che una terra ti offre. Occorre capire cosa c'è dentro questa terra e tirar fuori tutto quello che è stato lasciato come memoria. Come memoria da cui puoi leggere tutta una serie di momenti storici. Ognuno di noi credo che possegga un posto da dove ha attinto e dove si è formato. Per me la Sicilia è stato un luogo di partenza dove ho attinto le energie della cultura classica, della cultura greca e poi della cultura araba, normanna, da quella francese e da quella spagnola. Tutto quello che ci circonda rimane nella nostra memoria e quindi prima o poi viene fuori. Io lavoro direttamente in cera, e la ricerca del particolare è come un rito propiziatorio, così come l'uomo preistorico premeva la mano nella parete della sua caverna per lasciare la sua impronta, alla stessa maniera io vedo il lavoro come un modo per scaricare una sorta anche di repressione, di rabbia. La scelta della materia è fondamentale per potersi esprimere. E il rapporto tra la materia modellata e la pietra nasce dall'esigenza di mettere a confronto il presente con la memoria del tempo, rappresentata dalla pietra. Dentro la pietra ci sono tutti i sedimenti del passato che non va cancellato, nè calpestato. Dentro di noi esiste una serie di memorie da tenere sempre presenti e proporle, con la propria abilità, in letture che rispecchiano i problemi del quotidiano.
...Più memorie si trovano, più tracce si hanno da poter mettere in evidenza, da poter elaborare (in base alla propria sensibilità) attraverso il colore, attraverso il volume, attraverso la musica, attraverso il teatro, attraverso tutto ciò che è il mondo della rappresentazione, forse anche propiziatoria dell'uomo. In ogni caso ciascuno di noi è unico nel proprio modo di essere e di fare, questo è importante.
La mia identità non può essere paragonata ad un'altra,
ecco perchè non sento neppure il bisogno di un punto di riferimento ad un
maestro, forse perché ho trovato un linguaggio che sento realmente mio.
Per quanto mi riguarda ho passato parecchio tempo a
vedere quello che è accaduto, quello che è stata la nostra memoria, ma questo
non significa che nel momento in cui mi metto a lavorare nello studio io non
sia me stesso.
Il problema può essere vissuto con la propria identità.
Per me è fondamentale avere la propria identità di artista.
Io cerco sempre di stimolare i giovani che guardano
sempre molto poco attorno a loro, e cerco di tirar fuori non solo quella che è la
loro creatività, li spingo ad osservare che ci sono stati altri che hanno
faticato, che hanno lavorato, che hanno portato avanti il proprio lavoro e che
guardando, “rubando” hanno costruito un loro linguaggio.
(dalla Rivista trimestrale "ARTI VISIVE ", un dibattito a più voci tra gli scultori Balocchi, Bimbi, La Bruna, coordinato da Andrea Volo, Arti Visive aprile-giugno 1991)
LO STUDIO DELL' ARTISTA
Scultura in gesso di ENZA DI FEDE (moglie dello scultore La Bruna)
Scultura di ENZA DI FEDE
Scultura di ENZA DI FEDE
Ritratto di Salvatore Quasimodo
Mosaico, in alto, di LEO GIANNACCARI
Palermo 1976 - CENTRO CULTURALE D'ARTE: "IL PEPLO"
*RASSEGNA D'ARTE*
...a proposito di URLICH
luce primordiale
Tutto quanto cerco di esprimere attraverso la materia appartiene al mio passato, lo puntualizzo nel presente lo immagino nel futuro. E' difficile esprimere ciò che si porta dentro e materializzarlo nello spazio: ma la creazione artistica rappresenta il frutto che l'uomo raccoglie quando essa si pone come imprescindibile necessità di manifestare il suo essere. Quando devo realizzare un mio lavoro non avverto alcun dubbio dentro di me, ma le soluzioni sono così infinite, come i miei pensieri, che tutto mi si presenta come una valanga di immagini che a poco a poco si focalizzano nel punto chiave del mio discorso e lì, nelle cose che creo, cerco di racchiudere tutto quanto è difficile estrinsecare attraverso gli abituali mezzi espressivi. In questo processo, che è vitale nelle sue fasi essenziali, dal concepimento dell'opera fino alla sua realizzazione, fondamentale è l'apporto della musica, elemento centrale che mantiene un rapporto di equilibrio fra spirito e materia (armonia).
L'ascolto partecipe mi sollecita attimi di luce e di ombra che si ripetono alternandosi fino a che la materia comincia a tirar fuori l'anima e tutto mi fa bagliore: le note penetrano, attraverso le mani nella materia, ogni battuta, ogni frase musicale, è una molecola che si aggiunge o si toglie alla scultura...verso la ricerca di una nuova dimensione. Noi viviamo nella materia ed anche nello spirito: il Tempo, inesorabile, corrompe la materia, ma lo spirito, l'essere interiore, il sentimento possono vincere il Tempo e riscattarsi dalla corsa spasmodica verso la morte, se manteniamo integra dentro di noi la Chousun (calma del mattino). Se quanto ci circonda ci avvolge e ci corrode senza che ce ne accorgiamo, resta la speranza o l'illusione che, se vogliamo, possiamo evadere e svincolarci, superando cverti schemi e certe falsità, annullando stereotipe e condizionamenti, attraverso la libera espressione di noi stessi e il ritorno ad una naturalità ancestrale. L'autentica abilità dell'essere Uomo dovrebbe consistere nel continuo drammatico interrogarsi, scavando dentro se stesso e dentro gli altri, per liberare la spiritualità che vive nascosta e domina senza apparire.
Deve cambiare l'uomo o il mondo va rifatto?
Ci vogliono altri dei o nessun dio? (Brecht)
Ritrovare l'uomo e la sua dimensione, questo il primo obiettivo: l'arte-che è vita, luce, sensazione in una società che non ha il tempo di vedere, sentire, parlare anche se vede, sente, parla...testimonia, ci ricorda e ci ammonisce che ci sono ancora gli occhi, le orecchie, la bocca...Il mio discorso vuole essere una constatazione del momento che viviamo: l'uomo non si rende conto (o non vuole?) del dramma cosmico che lo circonda, spera che altri risolvano tutto. Che valore può avere allora lavorare, produrre, creare, realizzarsi in un mondo inumano, paurosamente assenteista? Niente è con te, sei solo e come tale resti. Allora tutta la luce che era all'inizio (Urlicht) la vedi affievolire, di volta in volta, quasi senza speranza. Perchè ciò accade? Forse manchiamo di coraggio, abbiamo paura di conoscerci, paura di scoprirci..e fatalmente nasce l'equivoco, l'incomprensione, la violenza, l'infelicità. Tra noi e gli altri resta solo il sogno: il fantastico nell'uomo può esprimere odio, amore, passione, dolore e tutto ciò è legato ad un filo che si chiama Arte, la rappresentazione espressa dall'uomo quando scopre il fantastico. L'uomo ha bisogno del fantastico per esprimere Arte, ne diventa il padrone per vincere l'infinita angoscia esistenziale. Le mie sculture- apparentemente silenziose- gridano quasi ad ammonire quanti con malvagità, pregiudizio e disumanità vietano o impediscono il naturale esprimersi dell'io attraverso l'esigenza di instaurare autentiche relazioni con gli altri; esse, in una dimensione fantastica appaiono come molecole terrestri, testimonianza di un evento di distruzione e di una volontà di reintegrazione per riprendere un nuovo ciclo vitale. Rappresentano la saggezza che ne ha consentito la sopravvivenza, portano la sofferenza e il dramma e nel ventre rigonfio il seme e la memoria; portano con loro anche la speranza e cercano la luce nell'infinito...il viaggio che dovranno affrontare sarà tanto lungo e difficile quanto è breve la vita stessa, le braccia, si tendono spasmodiche ad indicare la voglia di aggrapparsi, alla ricerca di una nuova dimensione, quella vera, e nello stesso tempo drammaticamente si liberano dai legami di un passato malvagio e di morte.
GIUSEPPE LA BRUNA
1983
PROFILO DI UN ARTISTA SICILIANO
Ho conosciuto Beppe La Bruna quando all'Accademia di Ravenna, agli inizi degli anni settanta, avevamo stabilito un consorzio tra insegnanti ed allievi, fuori dai canoni frusti della scuola d'arte. C'era non soltanto l'apprendimento del mestiere, ma un pensare insieme alle cose della vita al loro rispecchiamento nell'operare degli artisti. Beppe La Bruna insieme a Floriano Fabbri, partecipava al flusso delle nuove idee che muovevano i giovani più sensibili e la prima di esse era la coscienza in progresso della drammaticità dell'epoca inquieta, turbata che ci toccava di vivere. Tendeva perciò spontaneamente a una cultura artistica più vicina al ripensamento dei classici che agli spunti di una moda quasi giornaliera, rapidamente consumata da un'alba a un crepuscolo che attrasse perdendoli molti altri allievi di quei tempi. A vederlo con il suo fare dolce attratto come quello di un poeta. La Bruna poteva apparire come uno di quei giovani che, di fronte al temporale, rincasano in attesa di eventi migliori. Rincasare per Beppe La Bruna voleva dire ritornare alla sua Sicilia, a Monreale, cittadina dov'è piacevole vivere e indulgente ai ritiri che sarebbero invece impossibili in uno dei grandi centri come Milano. La Bruna ritornò normalmente a Monreale, ma non per ritirarsi. Anzi ben cosciente dei pericoli che incombono sul giovane che vive in provincia, quando è abbandonato al solo esercizio sconfortato dell'arte. La Bruna ha consumato le sue giornate in un difficile mestiere artigianale, di quelli che purtroppo sono quasi scomparsi, il restauro dei mobili e delle opere d'arte e artigianato in legno, in stucco, in materie preziose e friabili. Questa attività ha giovato alla sua attività creativa, non soltanto perchè ha migliorato il suo mestiere d'artista, ma perchè gli ha permesso di essere più libero nella creazione, libero soprattutto di esprimere con la sua arte non il falso ed evasivo ottimismo di chi fugge dai problemi dei contenuti, ma l'eco del danno e spesso della vergogna che dura nella sua Isola (e non solo in essa) e di cui non si intravede la prossima scomparsa. Dobbiamo perciò ritenere che nella scultura di La Bruna si concentri l'allegoria della situazione presente, in modo aperto, diretto? Gli atteggiamenti, il movimento, lo snodo delle esili figurette di La Bruna possono anche essere letti in chiave di allegoria. Il ripetersi di movimenti di danza e ginnastica dei guizzanti nudini sembrano l'affermazione della perdurante presenza della figura umana contro la cancellazione delle forme che il tempo discioglie distruggendo l'azione degli uomini e minando il loro stesso esercizio del pensiero. Come uno scultore classico La Bruna rifiuta gli scheggiamenti, le infrazioni, le polverizzazioni meccanicistiche di troppa scultura contemporanea e, con queste sculture, intona un inno alla vita minacciata ma sostanzialmente vincente.
Ritrovo questi contenuti in un gruppo di poesie inedite che La Bruna mi ha fatto leggere. Una è intitolata alla speranza, un altro è un dialogo col Tempo (Lasciami, tempo, lasciami il tempo di vivere), poi ancora uno scritto sugli sprazzi di luce che il destino mi concede. In quest'ultimo c'è una professione di fede nella forza vitale dell'arte, alla quale l'uomo chiede la forza di vivere: Ritrovare l'uomo e la sua dimensione, questo il primo obiettivo: l'arte - che è la vita, luce, sensazione - in una società che non ha il tempo di vedere, sentire, parlare anche se vede, sente parla... testimonia, ci ricorda e ci ammonisce che ci sono ancora gli occhi, le orecchie, la bocca....
Non esito a dire (e sarebbe sciocco far questioni di livello, addirittura ridicolo) che Beppe La Bruna più che confrontarsi con la cultura contemporanea, pensa a temi michelangioleschi. Sa per esempio che, dopo tutto l'annientamento della figura umana compiuto dall'arte moderna, la scultura deve procedere a una nuova creazione dell'uomo anche come immagine. La figura umana è più facile se affrontata nel volto, dati gli approfondimenti della psicologia moderna ( le teste qui esposte sono infatti le più soddisfacenti), ma bisogna ricrearla anche come corpo, come movimento, come guizzo primordiale di vita. L'ordine, quello che al tempo di Michelangelo si pensava partorito da Dio, e che oggi vediamo sconvolto, verrà con la forza della ricerca che non ha per meta il vuoto (come oggi) bensì quella razionalità che impedisce l'ingiustizia, la persecuzione, la sopraffazione, la guerra. Non si dica che sono temi troppo alti. Un artista che pensa, se li pone, nelle condizioni di una espressività molto compromessa, che induce per fortuna molti giovani a riprendere il discorso dove i Grandi lo hanno lasciato.
Raffaele De Grada
1984 Mostra alla Mood Gallery - Milano
Giuseppe La Bruna-"Il grido silenzioso"
Ritrovare l'uomo e la sua dimensione, questo il primo obiettivo: l'arte - che è vita, luce, sensazione-in una società che non ha il tempo di vedere, sentire, parlare anche se vede, sente, parla... testimonia, ci ricorda e ci ammonisce che ci sono ancora gli occhi, le orecchie, la bocca... Tra noi e gli altri resta solo il sogno: il fantastico dell'essere ritorna in noi come acqua, fuoco, pietra, metallo, legno; il fantastico nell'uomo può esprimere odio, amore, passione, dolore e tutto ciò è legato ad un filo che si chiama arte, la rappresentaione espressa dall'uomo quando scopre il fantastico. L'uomo ha bisogno del fantastico per esprimere arte; ne diventa il padrone per vincere l'infinita angoscia esistenziale. Il "grido silenzioso" che vorrei si percepisse dalle mie opere sta ad indicare un ammonimento a quanti con malvagità, pregiudizio e disumanità ostacolano il naturale esprimersi dell'io che si traduce nell'esigenza di instaurare autentiche relazioni con se stessi e con gli altri. Esse, in una dimensione per me fantastica, appaiono come molecole terrestri, testimonianza di un evento di distruzione e di una volontà di reintegrazione per riprendere un nuovo ciclo vitale. Rappresentano la saggezza che ne ha consentito la sopravvivenza, portano la sofferenza e il dramma e nel ventre rigonfio il seme e la memoria; portano con loro anche la speranza e cercano la luce nell'infinito...le braccia si tendono spasmodiche ad indicare la voglia di aggrapparsi, alla ricerca di una nuova dimensione, quella vera, e nello stesso tempo drammaticamente si liberano dai legami di un passato malvagio.
Giuseppe La Bruna
1984
1985
La Bruna - "L'Attesa" 1984 bronzo a cera persa 40x15cm
"...La Bruna conduce con crescente impegno interessanti ricerche di dinamica parziale riducendo la figura umana ad esili forme che si muovono in agili giochi pluridirezionali ma ritrovano sempre audaci equilibri".
Franco Grasso
1987 da "CONTROCLASSE"
Periodico trimestrale didattico-culturale-informativo della comunità scolastica del liceo classico "Emanuele Basile" di Monreale -
"GLI AEREI BRONZETTI DI GIUSEPPE LA BRUNA"
a cura di Maria Antonietta Spadaro
a cura di Maria Antonietta Spadaro
In uno dei quartieri più antichi di Monreale, la Ciambra, dietro le grandi absidi, a strapiombo sulla valle, sono ammucchiate secondo una morfologia medievale alcune case e, tra queste, domina uno slargo un palazzetto al cui interno un suggestivo piccolo atrio dà accesso ad ambienti che si affacciano su un terrazzo proiettato su un panorama splendido: è il Palazzo Cutò, oggi sede di un'associazione culturale. Animatori degli incontri i fratelli La Bruna, proprietari del palazzo. Tra loro c'è un musicista ed uno scultore, il quale prepara i suoi bronzetti a cera perduta in uno studio attiguo al palazzo, con luminosi ambienti carichi di fascino. In questi vasti locali ha operato per alcuni decenni la ditta La Bruna con un laboratorio di ebanisteria tra i più rinomati nel campo degli arredi sacri e del mobile in stile. Una tradizione che risale alla fine del secolo scorso con una produzione vastissima nella provincia di Palermo (ricordiamo gli arredi lignei delle cattedrali di Palermo e Monreale tra gli altri). Da giovane Giuseppe La Bruna, aggirandosi nel laboratorio del padre, è rimasto sicuramente contagiato da quella tecnica che traeva dal legno infinite possibilità formali. Ha iniziato allora a scolpire il legno muovendosi tuttavia in un universo di forme lontano dall'attività paterna di mobiliere, traendo da un tronco forme totemiche con gusto primitivo o elaborando volumi astratti. Dopo la morte del padre, per qualche anno Giuseppe La Bruna ha continuato l'attività di ebanista fino al 1985, per abbandonarla ad un certo momento in cui la scelta a favore di una attività artistica più vicina alla sua personalità si fa urgente e lo porta a dedicarsi esclusivamente alla scultura. Ed ecco che il laboratorio subisce una metamorfosi e pur rimanendo ancor oggi presenti tanti degli attrezzi usati da varie generazioni per lavorare il legno, lo spazio si popola di piedistalli sui quali sculturine in bronzo sembrano costruite da un soffio d'aria, con la loro estrema leggerezza e mobilità alla luce. Lo studio della figura umana è al centro dell'interesse di La Bruna, che ha frequentato le Accademie di Belle Arti di Palermo e Ravenna ed ora insegna Figura modellata al I Liceo artistico di Palermo. Negli anni '70 le sue esili figure si muovevano nello spazio come abilissimi ginnasti e, seppure l'esilità delle forme può far pensare alle filiformi figure di Alberto Giacometti, nulla dell'angosciante dramma esistenziale presente nell'opera di quel maestro si ritrova nei bronzi di La Bruna, i quali esprimono all'opposto un sentimento liberatorio attraverso il moto della figura nello spazio. Ciò è ancora meglio esplicitato nelle ricerche degli anni '80, dove le figure si aprono alla luce con ricche modulazioni chiaroscurali date da panneggi svolazzanti e vibranti. E' un modo di plasmare la materia, quello di La Bruna, quasi da orefice: egli non ricerca l'effetto plastico forte, il modellato ampio in volumi che si offrono alla luce con pienezza di forme, semmai il tocco lieve riecheggia modi impressionisti nel pittoricismo di certe immagini. Gli spessori sono esilissimi, il tema è la danza: la figura è colta in movimento mentre vive completamente l'impatto con lo spazio e ciò sconvolge ogni parte del corpo e la pone in un totale estraneamento dalla fisicità delle cose. Nelle ultime ricerche le figure si fondono in gruppi, il movimento degli uni si trasmette agli altri. La Bruna filtra le esperienze figurative di Pericle Fazzini (il grande scultore marchigiano da poco scomparso, anche lui formatosi nella bottega del padre, artigiano del legno), Francesco Messina, Henry Moore, che evidentemente sono artisti lontanissimi tra loro, ma egli non fa riferimenti espliciti, sono suggestioni lievissime appena evocate. Altro tentativo recente e nuovo, quello di unire, accostare le forme bronzee delle figure con pietre di varia natura in una simbiosi problematica e carica di emozioni, è certamente suscettibile di uleriori sviluppi. Dal volume chiuso del masso litico sembrano librarsi nello spazio le forme umane abbozzate prima nella cera e poi tradotte in bronzo. Sono movimenti fermati in un istante, i piani sembrano sfaldarsi, perdere consistenza e liberarsi nell'atmosfera. Poi l'immagine, la cui labilità è solo appparente, ritrova unità nella forma sicura del bronzo. Nei prossimi mesi Giuseppe La Bruna ha in programma mostre a Zurigo e a Milano.
Beppe La Bruna - "Riflessioni su Sofocle e la sua tragedia"
1988
INDISSOLUBILI LEGAMI TRA PASSATO E FUTURO
di Romano Piccichè
Il bronzo, innanzitutto, un materiale conosciuto da tempo immemorabile che si rivela di estrema importanza per il lavoro di Giuseppe La Bruna. E' infatti attraverso questa lega di rame e stagno che si realizza in gran parte della sua attività di scultore. Non che la carta, il legno, la pietra siano esclusi dal novero dei mezzi utilizzati, ma è che tutti sembrano da lui quasi relegati ad una dimensione bozzettistica, questa della modellatura preliminare in attesa della versione definitiva, in bronzo, appunto. Una questione questa della scelta di un determinato mezzo a scapito di altri che non ha nulla di strumentale, rivelandosi invece ricca di implicazioni con il linguaggio e quindi con la poetica di La Bruna, infatti il bronzo, uno dei materiali più "tradizionali" rifiutato per i suoi trascorsi figurati dalle avanguardie storiche succedutisi nel corso di questo secolo, viene scelto dallo scultore siciliano perchè da "sempre" usato per raffigurare l'uomo, visto anche nella sua dimensione storica che suscita l'interesse dell'artista. Ma a ben guardare, in tempi come i nostri, in cui l'uso in scultura dei materiali più svariati, i cosiddeti materiali poveri, ha perso ogni valenza provocatoria ammantandosi ogni giorno di più di banale normalità, l'approdo al bronzo da parte di La Bruna si arricchisce di significati che sembrano avere un'intonazione garbatamente polemica come se lo scultore ci invitasse a non valutare questo materiale con il metro di un ideologismo preconcetto e a non pensare di poterlo relegare nel dimenticatoio per il suo tradizionalismo, quello tramandato da certa statuaria, il materiale in sè non può essere considerato il vessillo di vecchie o nuove idee. Tutt'al più può essere rilevante il modo in cui viene utilizzato. Ed è qui che allora la bravura anche artigianale di Giuseppe La Bruna che riesce a coniugare in modo misurato e composto manualità ed estro creativo. Le sue opere - ci riferiamo soprattutto a questi ultimi lavori di La Bruna, esposte alla Galleria Carini, fusioni eseguite con l'antico metodo di lavorazione del bronzo detto "a cera persa" portato a livelli eccelsi dai classici e dai maestri del Rinascimento- mantengono intatta una espressività estremamente suggestiva, quelle superficie corrose e smangiate, quella materia che, pur dando l'impressione di disgregarsi, sembra crearsi attorno uno spazio enorme reclamante il silenzio si imprimono saldamente nella memoria di chi le osserva. E le sculture e lo spazio quasi dialogano non tanto per evidenziare una loro sempre possibile relazione decorativa quanto per la ricerca di un superamento dei vincoli della materia in modo da far slargare le aspirazioni creative dell'artista fino a comprendervi la ricerca dell'Assoluto. Disgregazione della materia, dicevamo: un'affermazione valida anche al di fuori del suo significato metaforico perchè le sculture di La Bruna, viste sotto l'aspetto tecnico, sono una sorta di miracolo (cui non è estraneo Lillo Calcagno, titolare di una fonderia siciliana, l'unica a "cera persa" che si trovi da Napoli in giù): spessori sottili come carta velina, che con il gioco di vuoti e di pieni porosio come la pernice, danno vita ad un duplice percorso sculturale e quindi ad una duplice lettura, quella condotta sugli spazi interni, e quell'altra più appariscente ma non per questo prevaricante sugli spazi esterni. Percorsi che quasi risuonano delle cadenze musicali che di solito accompagnano le varie fasi della creazione delle sculture di La Bruna. Sì perchè l'Artista, oltre ad una spiccata propensione per una cultura del passato - non una cultura passatista - dimostra una notevole inclinazione per la letteratura e la musica. Tutti elementi questi che gli consentono di muoversi agevolmente in spazi intellettuali che altrimenti gli sarebbero rimasti preclusi. Nei quali confluiscono, integrandosi, i concetti di tempo e spazio, il cui divenire, ma nche la coscienza di questo divenire, crea indissolubili legami tra passato e futuro, inframmezzati dall'inevitabile tappa costituita dal tempo che stiamo vivendo ora, il presente. Una pluralità di elementi, certo, però suscettibili di una coordinazione che sa dar vita a momenti espressivi unitari: sia nel caso del riferimento a momenti sicuramente trascorsi (uno di questi può essere considerato come punto culminante della vita culturale ed intellettuale ellenica, ossia la tragedia greca, richiamo costante per La Bruna); sia nel caso del riferimento all'attualità. Ne scaturiscono sculture emblematiche, non solo per l'energia espansiva e costruttiva che le pervade, ma soprattutto perchè sanno come evidenziare la conflittualità insita nel reale; come far trapelare un contenuto psicologico che si invera in una atmosfera meditativa: come sottolineare la meraviglia per l'accavallarsi di ricordi reali con mondi solo immaginati; come far trasparire sentimenti effimeri che assumono la parvenza di valori destinati a durare con ciò suscitando dolci inganni...Insomma immagini problematiche queste di La Bruna, anche per quella sorta di contaminazione, che pone su un piano di equivalenza momenti reali e momenti fantastici; che attualizza episodi relegati nelle pieghe più lontane della Storia che amalgama passato presente e futuro, realtà e surrealtà, evocandoli sempre attraverso spezzoni psicologici collettivi e suggestioni individuali. Spezzoni sì ma sempre riferiti ad argomenti umani a carattere universale.
Articolo del 20/11/1990 di M. Walti
Mostra in Svizzera 1990
1991
G. La Bruna - "Immersi nello spazio", 1991
7 . "FARE SCULTURA OGGI" - Dibattito tra Balocchi, Bimbi, La Bruna, Volo
1992 Orts Museum Kloten Zurigo
1993
dal Giornale di Sicilia
Articolo di Giuseppe Quatriglio
I bronzi di un artista solitario impegnato nella ricerca delle forme primordiali
Dodici sculture in bronzo su basi di pietra grezza di Beppe La Bruna esposte nella Galleria d'Arte "Ai fiori Chiari", propongono una riflessione sul modo di esprimersi di un artista solitario che rifiuta i riferimenti a scuole e maestri ed il cui linguaggio, quindi, ha una forte individualità.
Nato a Monreale poco meno di quarant'anni fà, La Bruna si è formato a Palermo sotto la guida di Silvestro Cuffaro e poi, a Ravenna, ha proseguito gli studi con Giò Pomodoro, Gino Cortellazzo e Raffaele De Grada per concluderli nella capitale dell'Isola con Carmelo Cappello. Nomi illustri, questi, che hanno consentito all'artista monrealese di raffinare la sua tecnica, di guardare con un'attenzione sempre più acuta all'Europa, di immettersi con le carte in regola nel mondo dell'arte plastica. Parlando di La Bruna -oggi titolare della cattedra di scultura all'Accademia di Carrara- e guardando la sua produzione più recente, bisogna tuttavia prima di ogni cosa porre attenzione al concetto che dà vita alla forma da lui plasmata e quindi fusa in bronzo, non è un caso, con il tradizionale sistema della cera persa. Occorre individuare la molla che crea la tensione artistica, capire le spinte e le emozioni dell'artista. La Bruna è affascinato dai fenomeni cosmici, dalla continua trasformazione della materia, dalle esplosioni che proiettano espandono questa materia. Egli vuole cogliere il momento della deflagrazione, l'attimo che non è di distruzione ma di creazione. Impegnato in una ricerca che tenta di sfiorare l'assoluto, è consapevole della forza del pensiero, del pensiero che è energia, forma primordiale, elemento-guida di ogni azione umana. Un'architettura concettuale complessa ma lineare, la sua, che non si può trascurare se si vuole cogliere il significato più profondo e più misterioso delle sculture di La Bruna. Ed ecco i suoi bronzi contorti, le sue composizioni travagliate, una materia sofferta che pare voglia infrangere la solidità della forma ormai fredda per invadere gli spazi limitrofi. Ed è da notare che questo scultore tendenzialmente astratto rasenta nei suoi lavori il figurativo per rappresentare l'uomo. Perchè è l'uomo che più interessa l'artista; l'uomo e la sua continua provocazione, l'uomo e la sua persistente presenza. In Dopo Cernobyl del 1987, la carica dirompente della materia sconvolta è evidente nel bronzo e tuttavia la forza incontrollata in sculture come questa si placa nei ritmi musicali di Gymnopedies 2 nei due pezzi dell'Omaggio a Ludovico Ariosto, che rappresentano Bradamante alla ricerca del senno, ed anche in Le sacre du printemps le cui figure attaccate alla pietra viva hanno una non nascosta armonia.
Beppe La Bruna sente la materia con una sensibilità a fior di pelle e per precisa scelta-lo ha ammesso recentemente-egli fa tutto derivare dal contatto diretto con la materia. Ha anche dichiarato che preferisce utilizzare la cera perchè con la cera può imprimere il momento creativo che deve essere generato in quel determinato momento. E' la traduzione con parole di una particolare sensitività per cui un'artista come La Bruna può sintonizzarsi, perfettamente, con la propria creazione artistica.
Giuseppe Quatriglio
1994
1995
CENTRO CULTURALE <TOBAGI>
Sono immagini di bronzo, forme in divenire, delicate e tuttavia potenti composte da piani frammentati e da superfici disuguali, spesse e a tratti sottili, che nella piccola e media dimensione mantengono l'impronta monumentale con cui sono state ideate e in quella misura possono venire tradotte. La Bruna modella i volumi nella cera con curata sapienza di gesti, che rispecchia il suo essere cresciuto in un'antica famiglia di maestri ebanisti, dove alla perfezione rituale del mestiere erano stati adattati i tempi e il sapore del vivere. Asseconda il progredire della forma immerso in appassionati percorsi interiori, che, mi racconta, attingono da memorie di una grecità vista nell'infanzia, e sognata fra i cespugli di asfodeli e le pietre assolate di teatri diruti che si aprono sul mare: così a Eraclea Minoa, dove è solito tornare, e sedere appartato, mentre lascia che riaffiorino quieti pensieri d'eterno poi trafusi nei moti e nei ritmi delle sculture. Nell'aspetto materico, che lascia scorgere rimandi alla scultura artistica degli anni Cinquanta, si pensa alle strutture grumose di Umberto Milani e di Luigi Grosso, spunti di emozioni addensate sono subito ricondotte all'urgenza espressiva del tema che s'impone sulla ricerca della forma. E se una prima lettura avvicina queste opere a idoli corrosi e ritagliati dal tempo, a sostarvi davanti, ci si apre ad altra materia simile ad energia originaria che componga e dissolva i volumi appena creati, tesi a rincorrere la propria struttura. Si immaginano stagliate contro una linea tersa d'orizzonte, palcoscenico ideale per il loro formarsi, volte a incontrare l'impeto dell'aria a comporre così, un suono universo che nasce dal medesimo vuoto verso cui si proiettano. In questi ultimi lavori, La Bruna conferma il suo indagare sui valori del tempo e del divenire: si interroga sul fluire della vita e il comporsi deglielementi, osserva i ritmi delle stagioni con i loro equilibri che ricongiungono gli individui al mondo. Già nel 1982, Le sacre du printemps affrontava il movimento della crescita e della rinascita all'immobilità minerale, dal cui contrasto sembra trarre origine: la pietra diventa una soglia, un passaggio che segna i due stati dell'esistenza. Nel 1986 realizza Dopo Chernobyl: in essa la vita risorge da una dolorosa forza di opposizione che a stento si lascia alla spalle, e la spinta è un avviarsi forzato e incerto. Questo suo interiore disporsi, riporta alla mente lo straordinario indagare di Eraclito, che nella discordanza fra il temporaneo e l'eterno indicò il prodursi dell'armonia, quale l'Uomo aspira a ricomporre in sè; ma per riconoscere l'essenza propria e del mondo, ricorda il grande di Efeso, occorre seguire i principi di quanto è manifesto. Vicino a una simile consapevolezza, interpretata in senso attuale, La Bruna cerca e raccoglie pietre e sassi modellati dalla inarrestabile fantasia del tempo e degli elementi, su cui talvolta interviene e spesso ha usato come supporto funzioanle e ontologico per gli agili bronzi. Attraverso quelle impronte, secondo un'umanistica memoria considerate riflessi di traiettorie stellari, egli va riaccostando gli alfabeti di antichissime civiltà mediterranee e orientali, segni che conservano l'eco del legame d'origine con al elttera, il cui suono remoto, si ricordò, dsignava la sostanza intima degli esseri e delle cose. Nelle opere di questo anno, la pietra scelta, il calco di essa riportato nel bronzo, sono posti accanto alle immagini, a rinnovare il dialogo interno: le forme sottili attendono immobili in un silenzio d'ascolto, quasi partecipi delle stesse qualità del minerale, tese verso una ulteriore materia di meditazione. La Bruna si trova ora ad osservare il mondo con sguardo affettuoso ma più contemplativo rispetto al decennio passato e nel 1995 esegue Trilogia di un evento. I cinque, isolati elementi di cui l'opera è composta, seguono un ritmo calligrafico risultante in un equilibrio che origina dal divenire e dalla quiete significante insita nei fatti; la richiesta, a chi vi si ponga davanti, è di vivere e al contempo di osservare, in uno scindersi di forze e di isrtanti interiori, secondo una cosciente volontà di conoscere l'essenza dell'evento, annunciata con l'impeto inesorabile del naturale percepire. Nella scelta della massima agostiniana In te anima mia, misuro i tempi, egli continua l'aspetto meditativo della ricerca. Il vuoto evocato dalla scultura invita ciascuno a iscrivervi le proprie azioni, e la forma unica, e stante che lascia dietro a sè, quale riconosciuta memoria, carattere di un paesaggio originario, accenni di alberi o di nuvole, che nel loro ergersi separati ci appaiono come ombre dello scisso albero della Vita e della Conoscenza, in un tempo remoto fuso in un unico tronco. Anche nei titoli con semplicità e chiarezza, La Bruna testimonia i suoi itinerari di pensiero: in Verso memorie ancestrali, le componenti maschioel e femminile della vita si mostrano estatiche a considerare, l'idea di unità ritrovabile; un accordo che aiuti a vivere e a comprendere la catena degli istanti,. potendone cogliere la necessità e la bellezza. Ma lo svolgimento di questa tensione poetica non iontende indicare escatologiche illusioni, nè abbaglianti ideali di assoluto; al contrario nella loro informe e chiaroscurata mobilità, i bronzi di La Bruna sono proposte individuali e lievi che cedono alla vicenda biografica dell'uomo, tuttavia pronte a confrontarsi con il mondo, intuito oltre il manifestarsi sensibile dei fenomeni. In questa fine millennio, superate le apparenti e pratiche certezze degli ultimi anni, disperso ogni modello estetico, parcellizzati i linguaggi e le scienze, aperte operative ampiezze telematiche, per molti, l'intento comunicativo delle opere con il pubblico, non può essere rimandato, in quanto misura di una disposizione sincera e limpida con la personale materia di ricerca. La rara capacità di Giuseppe La Bruna, è di saper accompagnare i visitatori delle sue sculture in un percorso di quiete e di fiducia, dove a ciascuno è dato di poter riprendere il dialogo con il proprio temporaneo e inconosciuto presente.
maggio-giugno 1996 Cristina Frulli
Appartengono alla terra e aspirano al cielo, le sculture di Giuseppe La Bruna. Vivono, nella luce che le rivela, la loro estrema stagione di reliquie corporali, etrusche ombre cangianti della sera. Paiono nate per ergersi sui crinali delle colline, certo a dominare le praterie sconfinate, prigioniere della loro maestà totemica, ma potrebbero egualmente librarsi nell'aria, lievi come aquiloni. La loro pelle ha l'asperità delle rocce erose dagli elementi, pagine del libro geologico che reca nella fitta tessitura dei segni graffiati, delle abrasioni, delle impronte fossili, l'arcana scrittura del tempo. Tuttavia sono agite dal vento, il quale le investe e le attraversa, gonfiandole a mò di vele pronte a salpare. Ricordano le polene-madallo sguardo cieco affisato sull'infinito-i corpi muliebri che La Bruna modella con speciale sensibilità ai valori materici della superficie, quasi epidermide reattiva a ogni stimolazione. Sembrano statue corrose e sfrangiate da un'usura plurimillenaria. Per lento, progressivo assottigliamento della massa plastica, hanno assunto consistenza di foglie accartociate, di cortecce frantumate, di involucri lacerati. La loro dichiarata fragilità non impedisce, tuttavia, di indovinare la struttura sottesa alla labilità della forma plastica, hanno assunto consistenza di foglie accartocciate, di cortecce frantumate, di involucri lacerati. La loro dichiarata fragilità, non impedisce tuttavia, di indovinare la struttura sottesa alla labilità della forma plastica, di percepirne la portata monumentale. In effetti La Bruna ha una visione delle forma ampia e solenne, molto evocativa, per quanto l'organismo scultoreo si lasci invadere dallo spazio e i volumi chiusi e tettonici si permutino in volumi lamellari che docilmente modulano l'anatomia e dispiegano le vesti morbide delle figure. Si coglie in queste opere la spiccata propensione dell'artista ad aprire la scultura allo spazio, a qualificarla come luogo da percorrere fisicamente. Egli fa in modo che lo spazio irrompa nel corpo plastico e che contribuisca a plasmarlo secondo il suo capriccio (beninteso formalmente guidato), determinando il profilo e l'estensione dei vuoti e dei pieni, delle superfici concave e di quelle convesse. Inoltre lo assume lo spazio, come interlocutore esterno; entità concreta con cui instaura un colloquio affabulante, nutrito di contenuti intimi non mai riducibili alla cronaca personale e quotidiana, anzi di indefinita suscitazione memoriale e lirica. Non a caso sono molte le opere in cui l'incontro tra la figura e l'ambiente,- e per esso magari una palma solitaria o una stele- compongono situazioni che fanno scattare meccanismi evocativi. Tanto più quando la scultura è connotata in termini archeologici e paleografici, e alludo alle opere nelle quali La Bruna utilizza pietre vulcaniche o di altra natura mineralogica, scvegliendone ad arte frammenti dalle superfici incise che sembrano arcane tavole sapienziali, vergate di una scultura ieratica nella quale è intuibile, in definitiva, la storia del mondo. Poste in rapporto a queste presenze totemiche, a queste macchine della memoria geologica, nelle quali si condensano anche gli archetipi della cultura, le figure in bronzo divengono parte di un paesaggio spoglio e prosciugato, ossia severo e quasi sospeso, propriamente un tempio ove dimorano gli dei che da tempo immemorabile presiedono i luoghi e i cui simulacri hanno aspetto antropomorfo. Per tale intrinseca vocazione a tradurre la scultura in ribalta di accadimenti, bisogna conferire che le potenzialità di suggetione del linguaggio di La Bruna si esprimerebbero in modo adeguato e con compiutezza negli allestimenti a scala scenografica. Sul piano del coinvolgimento che direi drammaturgico, le opere di piccolo e medio formato paiono quasi bozzetti, idee da sviluppare nella dimensione confacente alla loro potenzialità strutturali e al respiro poeticodel tema metafisico. Peraltro le opere di piccolo formato trovano una compensazione che rende godibile e anche ricca di suggestione la partitura, nelle qualità formali di un modellato alquanto aereo e molto reattivo alla luce. La Bruna sa toccare con leggerezza la materia e imprimervi segni lievi cui affida la delicata trascrizione dei più sommessi moti dell'animo. Altro elemento distintivo, sul piano formale, è l'agile eleganza delle figure. Dico delle fanciulle astanti, le quali si accampano come menhir nella vastità del paesaggio, ma soprattutto di quelle che incedono come accennando un passo di danza, una carola in cui i movimenti si sciolgono e diventano fluidi e la scena appare dominata da un fervore musicale che si direbbe orfico e da un edonismo pagano perfettamente in clima con la comunione rinnovata tra uomo e natura, nel luogo dell'arte ove si eleva a verità la simulazione. Come si vede siamo nell'ambito di una cultura figurativa ancora intrisa di sensi mediterranea, ispirata a una simbologia di ampia comprensione, più che a specifici miti o leggende. Non meravigliano tali sopravvivenze. La Bruna no è siciliano solo per ragioni anagrafiche. Intendo dire che l'eleganza fluente delle figure e l'animazione linearistica del corpo plastico, rivelano un retroterra ellenistico su cui si innestano suggestioni antiche e moderne, gotiche e impressioniste. La contaminazione è condotta con stile e gusto sicuri, e in più con quella già ricordata vena fabulatoria che sposta il fuoco dello sguardo dalla contemplazione museale del passato al rispecchiamento, come metafora, nella sensibilità del presente. Le sculture che abbiamo detto totemiche e ieratiche, ideate ed eseguite tra lo scorcio dello scorso e il presente anno, appaiono orientate in una direzione squisitamente evocativa e mitografica che orfica. La valutazione si basa, per ora, solo su poche anticipazioni di piccolo formato, più che su un ciclo articolato e formalmente maturo. Peraltro, da quel che si vede, mi sembra che il materiale proposto a questa mostra sia sufficiente a farci intendere l'idea centrale su cui si impernia la ricerca recente: ossia di accentuazione dell'idea della sacralità della scultura come luogo della memoria, recinto sacro in cui si perpetuano segni che travalicano i limiti spaziali e temporali delle culture e diventano testimonianze dell'uomo. La Bruna ha pensato di utilizzare, per il suo discorso sul sentimento del tempo ritrovato, pietre di recupero dai depositi di rocce vulcaniche o tufacee o di altra natura, la cui struttura mineralogica e la cui forma acquisita per erosione o rotolamento o altre azioni chimiche e meccaniche, sia tale da costituire di per sè una scultura. E' direi meglio, una stele chè per tale la propone lo scultore assegnandole un ruolo sacrale di tavola della scrittura e dei simboli universali per quanto indecifrabili. La scelta oculata del resto geologico da elevare sulla collina della conoscenza ermetica, è già un atto estetico e comunicativo fondamentale, poichè nella pietra incisa si depositano le voci del tempo, dei cui echi si riempiono le valli d'intorno e che l'uomo saprà raccogliere non già per tentarne la decodificazione in chiaro, ad uso filologico, ma come messaggio di presenza e di continuità della cultura nel susseguirsi dei millenni.
Nicola Micieli
Beppe La Bruna trasferisce la sua straordinaria capacità di lavorare il legno nel bronzo, materiale nobile della scultura che predilige agli altri.
Le sue sculture scolpite nel vento sono ben lontane dalla fissità e dall'imponenza che il bronzo presuppone.
Sono aeree, instabili, fragili,quasi pronte a spiccare un balzo dalla scena in cui il maestro le ha immaginate.
Emozioni metalliche diafane e pregnanti di silenzi.
Foglie/sfoglie erette su piedistalli che sanno di canne di bambù; involucri di crisalidi altere che attendono silenti il respiro dell'anima. Veli sollevati da una brezza marina che il tempo ha fossilizzato nel calore straziante del calore a cera persa.
Carlo Bordoni
Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Carrara
1997 PROSPECTIVA '97 Invito Mostra
1997
G. La Bruna - "Donna al camino" - bronzo, cm 24x12x40
1997
1) G. La Bruna - "Spinte cosmiche", 1995 cm 40x15x30
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... Spazio Prospettive ospita la sua seconda edizione di Prospectiva, una mostra fuori dal comune in quanto composta da ben 10 personali: 8 pittori (Mario Bionda, Giovan Battista De Andreis, Franco Ferlenga, Giovanfrancesco Gonzaga, Ugo Nespolo, Amato Patriarca, Saverio Terruso e Ernesto Treccani) e 2 scultori (Beppe La Bruna e Gianni Bucher SchenKer) per un totale di oltre 200 opere. Abbiamo chiesto al dott. Paolo Dabbrescia, curatore della mostra, qual'è il trait d'union di questa insolita esposizione.
"Nessun trait d'union. Sono artisti che la nostra Galleria, da anni ormai, propone a prescindere dalle correnti di appartenenza. Non abbiamo mai voluto legarci a una corrente precisa ma al contrario abbiamo preferito proporre ai collezionisti stili anche totalmente diversi tra loro perchè validi e portati avanti da artisti seri e determinati, quegli artisti in cui crediamo".
Potremmo dire allora che questa "Prospectiva '97 è una specifica finestra aperta...
"Esattamente. Una grande finestra su questa primavera artistica. L'unica novità vera, se mi consente l'espressione, sono i due scultori... Giuseppe La Bruna, uno scultore insolito che riesce a trasmettere leggerezza alla sue figure che risultano quasi eteree nonostante siano fuse nel bronzo; figurativo ma che in alcune opere in particolare rasenta l'astrazione.
Aoristias
(Reportage del TG3 Francese sulla
Corsica “Territoires” Febbraio 97;)
da inserire
1998
1998
Articolo giornalistico pubblicato anche su "OGGI SICILIA" martedì 3 febbraio 1998
"VOTO" CONTRO LE DUE SCULTURE DINANZI IL DUOMO DI MONREALE
Con questa lettera vorrei esprimere il mio parere legato a una fede professionale, che non riesce più a trattenere il proprio silenzio in merito a quelle due "sculture" ubicate nel porticato d'ingresso del Duomo di Monreale. Sono mesi che passo continuamente davanti al monumento e ogni volta provo rammarico guardandole; più le osservo e più scopro difetti e bruttezze insostenibili sul piano artistico. Incontro amici e conoscenti che continuano a chiedermi che cosa ne penso. Ho sempre lasciato tacere, ma adesso ritengo doveroso, anche da parte di tutti i "dissidenti", e me ne prendo la piena responsbilità, denunciare pubblicamente, quantomeno sul piano "professionale" coloro i quali avrebbero dovuto impedire tale vergogna. Vorrei ricordare che ogni giorno, in media, dal Duomo di Monreale passano numerosissimi turisti di varie etnie.
S.E. Mons. Cassisa, ex Arcivescovo di Monreale, al quale ho avuto modo di comunicare il mio parere artistico sui lavori, mi ha risposto che si trattava di opere donate dallo "scultore", e che dunque non si è neppure posto il problema estetico. La Sovrintendenza, che non fa altro che bloccare lavori di restauro pe runa gronda o un intervento che non rientra in modo appropriato nello stile, perchè non è intervenuta quando è stato bucato il pavimento del portico per collocare la "scultura"? Giornalisti di ogni luogo, presenti qui talvolta anche con sottile opportunismo pe rdenunciare o scrivere solo della mafia in Sicilia, senza occuparsi di quei giovani e meno giovani che diomostrano di lavorare con impegno e talento in un progetto di rinascita culturale. Critici d'arte che tanto sentenziano sui giornali in merito ad effimeri progetti. Tutti questi hanno avuto modo di vedere, di sapere dove sono le brutture davanti al Duomo di Monreale? Ma forse c'è da pensare che a volte è preferibile introdurre le nostre "colte" teste sotto la sabbia come struzzi impauriti e privi di pathos. Vergogniamoci se nulla è stato fatto per questa ed altre cose che accadono nel panorama nazionale a tutela della nostra immagine e del nostro patrimonio artistico. Abituiamoci almeno all'idea che ogni intervento estetico possa essere realizzato solo in seguito a bando pubblico nazionale, del cui esito la commissione si assuma tutte le responsbilità della scelta.
S.E. Mons. Cassisa, ex Arcivescovo di Monreale, al quale ho avuto modo di comunicare il mio parere artistico sui lavori, mi ha risposto che si trattava di opere donate dallo "scultore", e che dunque non si è neppure posto il problema estetico. La Sovrintendenza, che non fa altro che bloccare lavori di restauro pe runa gronda o un intervento che non rientra in modo appropriato nello stile, perchè non è intervenuta quando è stato bucato il pavimento del portico per collocare la "scultura"? Giornalisti di ogni luogo, presenti qui talvolta anche con sottile opportunismo pe rdenunciare o scrivere solo della mafia in Sicilia, senza occuparsi di quei giovani e meno giovani che diomostrano di lavorare con impegno e talento in un progetto di rinascita culturale. Critici d'arte che tanto sentenziano sui giornali in merito ad effimeri progetti. Tutti questi hanno avuto modo di vedere, di sapere dove sono le brutture davanti al Duomo di Monreale? Ma forse c'è da pensare che a volte è preferibile introdurre le nostre "colte" teste sotto la sabbia come struzzi impauriti e privi di pathos. Vergogniamoci se nulla è stato fatto per questa ed altre cose che accadono nel panorama nazionale a tutela della nostra immagine e del nostro patrimonio artistico. Abituiamoci almeno all'idea che ogni intervento estetico possa essere realizzato solo in seguito a bando pubblico nazionale, del cui esito la commissione si assuma tutte le responsbilità della scelta.
Giuseppe La Bruna
Docente di Scultura all'Accademia di Belle Arti di Carrara
R E G I O N E C A M P A N I A
MITO POESIA
Museo Possibile
presenta
UN SILENZIO IMMANENTE
Giuseppe La Bruna, scultore siciliano che vive tra Monreale e Carrara dove insegna all'Accademia di Belle Arti lo incontro per la prima volta nel mese di Gennaio di quest'anno in casa di Peppe Capasso Scisciano. La Bruna non è un novellino della materia plastica, anzi ne conosce con cognizione di causa i tragitti interni e le più segrete e inaccessibili scansioni. Accade che il suo pensiero scultoreo, sia come compresso o racchiuso in due polarità linguistiche spesso operanti simultaneamente e, precisamente, tra il versante figurativo con forti accentuazioni surreali-metafisico e quelle onirico-mitologico espressione forte della terrestrità della terra e grande madre. Nell'intimo del suo essere La Bruna ci appare come dominato da un forte sentimento della totalità cosmica e naturalistica-una forza travolgente e priomordiale da ricondurre, forse, alle origini del Romanticismo tedesco che esaltava le forze oscure e irrazionale dell'animo umano non disgiunte dalla personalità del sentimento. Questi elementi mi pare di scorgere più vivi e magmatici, in mezzo agli altri. La Bruna modella con perizia, con senso allusivo e metaforico, dà corpo alle sue intuizioni, particoalrmente quando accenna a corpi ch giustapponendosi, evocano liricità e sentimento della natura. Il lavoro da egli svolto nell'arco degli anni 94 e 95, appre inseguire questo immaginario, alimentato da forme concave e leggere, trasundando levità e musicalità, pur nell'impianto talvolta estraniante del dato metafisico. Nei lavori del 96 e 97 mi pare che il suo interesse si concentri quasi essenzialmente verso un opzione linguistica intesa a recuperare un rapporto con la natura e con i suoi elementi (pietre, fossili, vari minerali) che egliaggrega in un bilanciato rapporto che talvolta appare osmotico, con le fusioni di bronzo che assumono le sembianze di pagine di una scultura millenaria, strappate all'oblio della memoria, come in "monoliti tempo-scrittura"e "riflessioni sul tempo". In queste opere domina un silenzio immanente, il dialogo degli elementi naturali che è avvenuto in un tempo metaforico, si ripete nelle opere di La Bruna che ripercorre il tempo delle origini fino all'incontro tra creatività della natura e spiritualità dell'umano. Emblemi fortemente allusivi sono certi alberi ricurvi che La Bruna, forse memore di quanto affermava Checov nel 1988-"Chi conosce la scienza sente che un pezzo di musica e un albero hanno qualcosa in comune, che l'uno e l'altro sono creati da leggi egualmente logiche e semplici"-và modellando sotto la spinta del suo impeto creativo quasi esso fosse un gesto della natura di forza cosmica e ancestrale. Ciò sembra avvalorare la particolare latitudine dello sguardo di La Bruna, che concepisce il paesaggio nel suo essere indissociabile dal viaggio, figura questa particoalrmente inserita nella modernità-e nello stesso tempo, con le fenomenologie del nomadismo contemporaneo che si decreta la sua stessa crisi, poichè la dilatazione è l'accorciarsi repentino degli orizzonti temporali, deformano e problematizzano anche la nozione stessa di paesaggio che diventa altro, misura dell'alterità nella soggettività della percezione. Sappiamo che alla fine del settecento il grand tour, celebre quello di Goethe-celebra molti luoghi mediterranei e pieni di rovine con l'euforia dei viaggiatori in cerca di "aure" molte incisioni del piranesi documentano questa atmosfera, a volte anche oscura e misterica, questa voluta disgressione dal tema della ricerca di La Bruna non è casuale, essa serve a contestualizzare l'ampia problematica insita in un discorso che tocchi il paesaggio e la sua rappresentaione mentale, fortemente influenzata dalla latitudine dello sguardo che diventa viaggio, sembiante. Questo a dire che nulla togliendo alla ricerca di La Bruna, che segue un suo viatico attraverso i momenti concettualizzanti che ho indicato all'inizio, è bene ricordarsi, in un certo senso, che nessuna classicità è dunque riproponibile e la natura, come afferma M. Scotini "Nella sua perfezione rivela una inquietudine di cui si può prendere atto".
Ottaviano, Aprile1998
Gaetano Romano
Giornali della Corsica
per
Mostra del 1998
Scritto per Porto Vecchio 1998
Carrara, lì 17/06/1998
Frammenti di scritti, pensieri ed emozioni; questi elementi potranno dare l'avvio a uno scritto olografo, come momento di riflessione e di sincera valutazione del mio lavoro. La mia vita è indubbiamente legata ad alcuni momenti portanti per la mia crescita artistica, che inizia nella Bottega di mio Padre, con l'acquisizione di un mestiere che attraverso il fare mi riconduceva al sapere ed al vivere; alla Scuola, grazie a quei pochi ma buoni Docenti preparati che mi hanno insegnato a vedere con i miei occhi, ed alla mia voglia continua di conoscere, osservare, leggere, incontrare, vivere il mondo, sempre pensando che molti hanno qualcosa da insegnarti; a questo presente momento, nel quale sto raccogliendo i dati per capire valutare , nei limiti del possibilecertezze, verità, bugie, dissonanze, sonorità ed impressioni che si ricollegano all'inizio del discorso. Tralasciando il periodo di Sculture che va dal 1969 al 1985; nelle Sculture che vanno dal 1986 al 1996 il mio interesse era legato al rapporto fra pieno e vuoto, materia che occupa spazio e spazio che invade la materia: "Il vuoto è onnipotente perchè può contenere tutto. Solo nel vuoto ci può essere movimento. Chi riuscirà a fare di se stesso un vuoto, in cui gli altri potranno liberamente penetrare, diventerà padrone di ogni situazione; il tutto domina sempre il parziale" (pensiero Tao). L'uomo è l'elemento portante e presente, anche se come ombra o frammento, ma comunque presente in un suo esistere che lo distingue tra il bene e il male, tra anima e corpo, tra vento cosmico, silenzi profondi, in altri termini, una Scultura che è concepita per spazi esterni ove tutti gli eventi atmosferici e cosmici incidono nel far sì che essa viva in osmosi con il tempo con gli Uomini che possono toccarla, possederla, viverla, per pensarci anche dentro; una Scultura che raccoglie tutti gli umori del cielo e che possa riflettere nel Cosmo sentimenti silenti di un certo animo umano.
...con gli uomini ci sono anche gli alberi, e con "In te, anima mia, misuro i tempi", tratta da alcune mie letture dedicate a S. Agostino, o in "Verso memorie ancestrale" cerco valori del tempo e del divenire, il fluire della viat e tutto ciò che ricongiunge gli individui al mondo.
...Ma ecco che prima la pietra era base di una sculturas la quale ne traeva appoggio, spinta, dopo diventa scultura essa stessa come contenitore di memorie che ci riconducono nel passato per estrapolarne energia e memorie vitali per il futuro. Ecco "Monolito tempo scrittura 1 e 2". La riflessione a volte ti coglie impreparato dall'idea, ma nulla è casuale, segno cuneiforme, la scrittura con tutto il suo evolversi. Ma cosa è più importante di un libro contenitore di memorie? E la pietra, non è anch'essa un contenitore? Credo allora importante occuparmi di questo già dal 1994. Così le pietre si aprono, "Larva cosmica" 1995, cambiano connotati, si conficcano nel legno, "Libro cosmico" 1996, "Memorie fossili" 1996, per autoproclamarsi materia che viene dal fuoco degli abissi viscerali e consegnati solidi, pietrificati rarefatti da un vento che ha tentato di cancellarne le origini, si presentano lì pronte a essere codificate per aprire nuovi orizzonti agli uomini che impareranno a leggere la propria storia.
...Il presente per me è legato al computer, ai suoi circuiti nei quali un universo di notizie può essere contenuto in pochissimo spazio.
...il mio grande sogno, ancora, non si è realizzato, ma ho sempre pensato che il sogno è importante per propiziarne l'evento; il sogno è quello di poter realizzare le mie sculture in grandi dimensioni...sulle dune del deserto, a pelo del mare, su di una scogliera irlandese, su un monte dove i Greci hanno costruito il loro teatro che serviva a comunicare con tutto il resto del Cosmo. Io sono felice di essere nato in un'isola come la Sicilia, che trasuda ed emana ancora fetori di morte, ma che da ciò ne ha sempre ricavato energia vitale; popoli che hanno costruito, calpestato, distrutto, ricostruito e così fino ad oggi la storia mi appartiene. Ma l'isola è sinonimo di conoscenza. L'uomo isolano è curioso di conoscere, assetato (oltre che di acqua) di sapere cosa c'è al di là del mare, e quindi a guardare sempre più lontano, nei profondi blu del mare che si fondono con gli azzurri rosati del cielo o i rossi violacei dei tramonti fino alla luce nera della notte. La luce è forte ...e tutto mi appartiene.
...Tutto quanto ci circonda è pensiero, ed il pensiero è movimento. Un movimento vive di spazio. La Scultura invade, si muove, vive e viene occupata da questo spazio. Io cerco di evidenziare il rapporto fra pensiero, movimento, spazio attraverso la presenza costante della materia, del segno, anche digitale impresso in essa...
Questo pensiero persiste in me così come è evidente osservando una delle mie ultime sculture in legno, "Il viaggio di Ulisse" 1997, dedicata a Roland Barthes. Il libro è il pianeta, la crisalide è il monolito di "2001 Odissea nello spazio". Ma in fin dei conti non è la nostra immagine che vediamo nell'Universo? Però vorrei puntualizzare che nonostante tutto, Narciso ci ha insegnato a vedere ciò che lui non vuole mai vedere all'infuori di se stesso.
Giuseppe la Bruna
1 (Servizio del TG3 Francese sulla Corsica per mostra ai Bastioni di Francia a Porto
Vecchio, Settembre 1998;)
da inserire1998 MI ART
Artisti in permanenza: ...Giuseppe la Bruna...
1999 SCRITTO di Toni Toniato
2000
G. La Bruna - "Cebele", opera del 2000
Anno 2000
X Biennale Città di Carrara
Giuseppe la Bruna muove i primi passi nella bottega del padre, valente ebanista. La sua formazione artistica inizia all'Accademia di Ravenna dove è allievo di Giò Pomodoro e di Gino Cortellazzo, mentre studia incisione con Tono Zancanaro e storia dell'arte con Raffaele De Grada...nel 1976 La Bruna ha intanto esordito in una mostra collettiva nella Galleria il Peplo di Palermo, Nel 1980 scolpisce una stele monumentale in bronzo dedicata alla memoria dei subacquei scomparse nelle acque dell'Isola di Ustica. Nel 1982 tiene la prima personale. Nel 1982 tiene la prima personale a Palermo nella Galleria Prati. Da questo momento in poi espone regolarmente in Italia e all'estero. In Svizzera intrattiene un rapporto privilegiato con alcune gallerie come la Rà di Zurigo (1986), e tiene una personale nel Orts museum di Kloten. Prende anche parte a numerosi concorsi e simposi nazionali. Nel 1996 espone un'ampia selezione della produzione plastica degli ultimi due anni a Siena a Palazzo Patrizi. Quest'anno in Corea è stato invitato a partecipare al Third International Sculpture Symposium della città di Ichon. In una prima fase la sua scultura è caratterizzata da nudi filiformi che si allungano cercando nelle loro torsioni un sicuro rapporto con lo spazio.Combinando il suo interesse con le filosofie orientali alle problematiche connesse alla Gestalt, La Bruna lavora negli anni seguenti su forme che esplicano il "rapporto tra pieno e vuoto, materia che occupa spazio che invade la materia" (G. La Bruna, intervista, 2000). Dalla metà degli anni ottanta le forme figurative si uniscono a frammenti di materia che mima le strutture geologiche dei minerali e gli amntichi alfabeti."La Bruna inserisce in questi nuovi lavori accenni di paesaggio, alberi ospuntio di nuvole, elementi compositivi con le quali le figure si misurano o dialogano prima di incontrare la natura circostante. palcoscenico unico del loro fermarsi (C.Frulli 1995 pp. 5-7). Molto importante è la cura dedicata alla scelta e alla lavorazione di materie diverse, dal legno al bronzo, dalla terracotta al marmo e alla pietra, portati dallo scultore al limite di quello che definisce "spessore indispensabile", appiglio minimo alla presenza vivificante dell'idea. Nel lavoro realizzato appositamente per la Biennale di Scultura, queste riflessioni ed esperienze, trovano uno sviluppo in una forma unica che raccoglie i principi di movimento, spazio e pensiero.
F. R. M.
Francesca Morelli
XXXV EDIZIONE
VITA E PAESAGGIO DI CAPO D'ORLANDO
VITA E PAESAGGIO DI CAPO D'ORLANDO
Scultura a Carrara in Viaggio
11 Marzo 29 Aprile 2000
Pinacoteca comunale
"Tono Zancanaro"
"Tono Zancanaro"
"...Questa sorte di gemellaggio con la prestigiosa Accademia di Belle Arti di Carrara, oltre a far crescere la qualità culturale della nostra città, ci riempie di orgoglio. Essere vicini ad una città come Carrara che ha fatto la storia della scuola della scultura in Italia, è motivo di vanto per Capo d'Orlando, la accomuna a grandi centri culturali nazionali, è un indizio sulla giustizia della strada intrapresa".
Enzo Sindoni
Sindaco di Capo d'Orlando
"...E' perciò tanto importante oggi, (per Carrara) essere accoglienti, ospitali, ma soprattutto aprirsi alla conoscenza dell'altro, delle culture e tradizioni degli altri, scambiare esperienze e non rimanere immobili, ma capire ed apprezzare il cambiamento, la diversità.
Gli artisti che espongono in questa mostra hanno un filo tenue e tenace che li lega alla loro terra e a Carrara; le loro opere dimostrano che la costruzione dell'identità artistica passa attraverso il confronto con la tradizione e la ricercadella libertà.
Andrea Zanetti
Assessore alla Cultura del Comune di Carrara
"IL VIAGGIO"
Questo evento espositivo, dedicato e rivolto agli allievi dei Corsi di Scultura dell'Accademia delle Belle Arti di Carrara, è legato alla prestigiosa manifestazione che da trentacinque anni il Comune di Capo d'Orlando dedica al "mondo dell'Arte"- XXXV mostra d'arte-"Vita e paesaggio di Capo d'Orlando"
Le precedenti edizioni hanno avuto lo scopo di far conoscere ad artisti di ogni luogo, più o meno noti, una realtà isolana e, nello specifico, locale, per esaltarne, attraverso i colori (la pittura), la bellezza di un luogo dove il mare e la luce predominanao con forza e determinazione. Validissimi artisti, pittori, hanno avuto modo di realizzare qui le loro opere, oggi conservate nella bella Pinacoteca Comunale "Tono Zancanaro", luogo dove si terrà la 1^ mostra di scultura. Bisogna comunque riconoscere ampio merito a chi ha dedicato la propria fiducia negli anni precedenti, fin dall'inizio, all'edizione "Vita e paesaggio", augurandoci che l'evento possa proseguire nel tempo la sua strada. Oggi, grazie anche al benestare del Sindaco, Enzo Sindoni, dell'Assesore alla Cultura, R. Antonio Librizzi, ed alla indubbia sensibilità della Giunta, questa manifestazione aggiunge un nuovo tassello ed apre le porte ad una disciplina un pò più complessa della Pittura: la Scultura. E' importante iniziare proprio dagli allievi di un'Accademia nota nel panorama nazionale ed internazionale per la sua specificità nel merito; così come è importante che due amministrazioni, distanti fra loro, possano collaborare per conoscersi e dar vita a fertili sviluppi. Ma quello che mi urge, di più, evidenziare, in qualità di Titolare di una delle tre Cattedre di Scultura e di Direttore Artistico di questa manifestazione, è il piacere di unire insieme allievi italiani, e tra questi siciliani, a confronto con studenti tedeschi, franceschi, svizzeri, cinesi, coreani... . E' ovvio che le sculture qui esposte non evidenziano tutte le presenze operanti in Accademia ma, sicuramente, testimoniano che essi esistono e lavorano; così come esistono i Docenti che credono nel alvoro svolto dagli allievi e sono fieri di esporre al loro fianco. Tutto questo è, o si spera che sia, l'avvio di un'intesa di lavoro proficuo e duraturo nel tempo e che, attraverso questo primo espediente, si possano serenamente valutare errori o problemi che servano a crescere ed a far migliorare nel tempo quanto avviato con fatica oggi. Organizzare una mostra di scultura è fatica. E' ovvio che più le sculture sono grosse e pesanti e più aumentano le difficoltà, quindi ci siamo limitati ad esporre opere che testimoniano, oltre alla diversità dei materiali, la presenza e l'avvio di un dialogo fra due paesi distanti fra loro. Ecco che questa distanza ci riconduce al tema portante di questa mostra che è dedicata a "Il viaggio" che tanti allievi del Sud, ma anche tanti allievi del lontano Nord-Europa, così come di tanti altri paesi, affrontano per confrontarsi con una realtà accademica che è luogo di incontro fra varie culture. Gli allievi, i rappresentanti dell'Accademia e dell'Amministrazione di Carrara, per raggiungere Capo d'Orlando, affronteranno "il viaggio", per partecipare ad una manifestazione che, a mio avviso, deve essere momento di gioia, di festa, di incontro, con l'auspicio di aprire nuovi orizzonti, sia a chi non è mai venuto in Sicilia, sia a chi in questo luogo è rimasto troppo dentro. L'Arte è comunicazione, confronto, dialogo, apertura, crescita. L'arte è la linfa di un popolo. La nostra memoria storica in Sicilia è pregna d'Arte, ma occorre anche trascinare fuori, e con forza, l'esperienza passata per avviare aspetti nuovi di un oggi che deve evidenziare non sempre gli stessi stereotipi di un'isola lontana e fuori da una realtà quotidiana, ma, grazie alle forze nuove di giovani attenti e sensibili, salpare l'ancora di un vascello pronto a viaggiare ed a confrontarsi con il resto del mondo. Il viaggio è da sempre la metafora sublime di un percorso che è tanto spazio-temporale quanto interiore; è la risorsa e la speranza per un isolano, un iter periglioso, pieno di trappole: viaggi per terra e per mare , dove non mi stupirebbe di sentire ancora, e per sempre, cantare le celebri "Sirene" di Ulisse, portatrici di seduzione e di morte. Il viaggio è forse la dimensione più complessa che l'uomo attraversa durante la sua crescita culturale ed umana, ma certamente la più affascinante. Attraverso il viaggio ogni uomo costruisce la propria storia. I giovani devono conoscere per costruire ,ma bisogna anche aiutarli a costruire, insieme. Il dovere degli adulti e dei politici, primi responsabili, nel bene e nel male, di quanto sopra ho scritto, è di essere esempio per chi si affaccia alla complessità della vita, perchè solo "l'esempio" è autenticamente politico.
Auguriamoci che nei nostri occhi regni sempre la luce: palpito dell'anima e generatrice della vita.
Giuseppe La Bruna
Titolare di scultura all'Accademia di Belle Arti di Carrara
Gennaio 2000
Programma “Miscellania” 1 Condotto da Cettina Ventimiglia
2001
G. La Bruna - "In te, anima mia, misuro i tempi " - Scultura in bronzo anno 1995
Giuseppe La Bruna vive e lavora fra Carrara e Monreale dove è nato. I volumi modellati nella cera con curata sapienza di gesti, rispecchiano il suo essere cresciuto in una famiglia di maestri ebanisti, dove alla perfezione rituale del mestiere erano stati adottati i tempi e il sapore del vivere. L'Artista raccoglie pietre e sassi modellati dalla inarrestabile fantasia del tempo e degli elememnti su cui talvolta interviene e che spesso ha usato come supporto funzionale per gli agili bronzi. Attraverso quelle impronte, egli va raccontando gli alfabeti di antichissime civiltà mediteranee e orientali, segni che conservano l'eco del legame d'origine con la lettera, il cui suono remoto, si ricordò, designava la sostanza intima degli esseri e delle cose.
Cristina Frulli
2001
..."Io cerco i valori del tempo e del divenire, l'eterno fluire della vita e tutto ciò che ricongiunge gli individui al mondo"
G. La Bruna
2003
PERSONALE
A
P I E T R A S A N T A (Lucca)
"VIAGGIO A SEUL"
A
P I E T R A S A N T A (Lucca)
"VIAGGIO A SEUL"
G. La Bruna - "Verso memorie ancestrali" anno 1995
SEUL
Metafisica di un ricordo appeso ad un filo di piombo
di Francesco Gallo
Seul è un nome suadente, somiglia al sole, al suo essere oriente, al nascere, squarciando tenebre, sogni, incubi, sta anche per solo, solitudine, intimità (emarginazione?) ma anche silenzio riflessione, memoria. Seul è un inseguimento a Marco Polo, alla parte del mistero, alla folla degli odori e dei sapori fatti di crisantemo e carta di riso. Seul è la punta del mondo che guarda l'oceano e agogna la steppa, in groppa al destino che trancia la luna, conversa con stelle e pianeti. I suoi piedi sono con noi, toccano la stessa terra, ma la testa è altrove, nell'universo fantastico d'un canto sofferto, di una musica arpata, graffiata nell'aria di un dolce thè e petalo di rosa. Come il carro d'Aurora è veloce, trascinato da bianchi cavalli, Seul appare e scompare, in intermittenza di giorni e notti, grigi perlati e rossi cotti dal fuoco, a grandi contrasti, infiniti altezze e graziose nicchie, umana molto umana, ma anche molto siderale, astratta. E' un grande incrocio, una contaminata regione della fantasia, da un mitico fuori dal tempo e dallo spazio ad un magico dove tutto può accadere e forse accade davvero, ma sembra una grande fiction, un'onda magnetica tutta virtuale, leggera d'ogni suo peso, di notte quando da noi è giorno, viceversa quando dormiamo, si gioca la vita. Seul si può scomporre come un quadro di Mondrian, come una scultura di Moore, come un gesto di Duchamp, tanto non la scalfisce il vento, non la tocca il mare; tocca al cielo blu, azzurro, ceruleo, lunare, nero, tenerla sempre per mano.
Palermo, 2003
La Bruna (Ichon , Seul - KOREA) - opera: Scrutando l'Universo, 2000
La Bruna (Ichon, Seul), lavorazione base in granito, 2000
PLASTICITA' E LEGGEREZZA di Francesco Gallo
La scultura è sempre una sfida che l'artista lancia alle coordinate spaziali del proprio tempo, al fine di metterle alla prova di resistibilità e di vivacità. perchè la scultura non si accontenta della virtualità della rappresentazione, ma vuole essere protagonista di un segmento dell'infinitezza, dandole nome e forma.
Giuseppe La Bruna vive questa situazione in una dimensione di ricchezza, di posibilità, di attualità, lavorando sia il marmo, che il legno, che il bronzo, in modo da tirarne fuori l'anima, anche a costo di affrontare le leggi della dinamica e della statica forzandole, con l'arditezza di una lamellarità che a volte rasenta la trasparenza, per minuziosità di trattamento a cui è sottoposta nelle varie fasi di lavorazione. E' questo un modo per entrare nel cuore storico della scultura, attualizzarlo con l'ardimentosa enigmaticità di una forma che è in continua ricerca d'equilibrio, pur portandoselo sempre dentro, come corredo interiore che deve solo essere messo in atto, ma non è cosa da poco o cosa che riesce a tutti. Ricorre alle supreme vette di Brancusi, Moore, Arp, Viani, così come all'atlantica potenza evocatrice di Arturo Martini, che porta in dote la sfida infinita dell'ultimo Michelangelo e la dilatata poeticità di Canova, serve a delineare una genealogia della discontinuità, che diventa fondante per l'originale identità di uno stile che viene da lontano, dalle molteplici inclinazioni della classicità e giunge fino a noi, alle soglie dell'uscita stessa dalla condizione stilistica. E' questa la condizione artistica dell'originalità, tesa alla continua ricerca del nuovo, dell'orizzonte futuro che non si è presentato ma non è stato percepito, manifestandosi come spreco, dissipazione, dispersione. In questo senso La Bruna si presenta come un artista di solida impostazione tecnica, capace di dominare i materiali, condurli agli esiti immaginati e tenacemente perseguiti, con sottigliezza di trattamento, capace di contenere in sè il massimo della vigoria e della dolcezza. Nello scrivere questo ho in mente due fasi da me constatate personalmente, nel suo studio di Monreale, di una scultura lignea che continua ad espandersi, perdendo materia, spessore, acquistando in aerea volatilità, in dimensione spaziale. Il tutto è ottenuto con un metodico lavoro di sottrazione, di scarnificazione, che s'intende come eliminazione della sordità, dell'insensibilità, che fa parte del corpus di ogni grezzo originario e via via si trasforma alchemicamente in preziosità plastica capace di acquistare calore, organicità, nell'alveo dei valori tattili, il cui senso esteso, rispetto alla definizione di Berenson, si presta alla qualità di quel filone della scultura che è ancora fatta con i materiali tradizionali, nel bel mezzo di tanta sperimentazione di materiali e forme che hanno avuto il testimone dalle avanguardie di un secolo fa. Questo perchè l'arte contemporanea si conferma un arcipelago di molteplicità di linguaggi e di tendenze, tutte in qualche modo in grado di rispondere allo spirito del tempo, che è fatto di tanti modi e di tante maniere. La Bruna non sta dalla parte della tradizione contro l'innovazione, ma neanche viceversa, vive pienamente lo spirito della cultura di crisi che è l'opposto dalla crisi della cultura, manifestandosi come un grande spirito di libertà, avvolgente forza di seduzione, spregiudicato anelito ad una diversità sottile dove la forza della qualità è paradossalmente più preziosa in quanto riduce l'assetto della quantità, ma la estende in quanto forza dell'immateriale, dello spirituale, del fantastico.
Giuseppe La Bruna vive questa situazione in una dimensione di ricchezza, di posibilità, di attualità, lavorando sia il marmo, che il legno, che il bronzo, in modo da tirarne fuori l'anima, anche a costo di affrontare le leggi della dinamica e della statica forzandole, con l'arditezza di una lamellarità che a volte rasenta la trasparenza, per minuziosità di trattamento a cui è sottoposta nelle varie fasi di lavorazione. E' questo un modo per entrare nel cuore storico della scultura, attualizzarlo con l'ardimentosa enigmaticità di una forma che è in continua ricerca d'equilibrio, pur portandoselo sempre dentro, come corredo interiore che deve solo essere messo in atto, ma non è cosa da poco o cosa che riesce a tutti. Ricorre alle supreme vette di Brancusi, Moore, Arp, Viani, così come all'atlantica potenza evocatrice di Arturo Martini, che porta in dote la sfida infinita dell'ultimo Michelangelo e la dilatata poeticità di Canova, serve a delineare una genealogia della discontinuità, che diventa fondante per l'originale identità di uno stile che viene da lontano, dalle molteplici inclinazioni della classicità e giunge fino a noi, alle soglie dell'uscita stessa dalla condizione stilistica. E' questa la condizione artistica dell'originalità, tesa alla continua ricerca del nuovo, dell'orizzonte futuro che non si è presentato ma non è stato percepito, manifestandosi come spreco, dissipazione, dispersione. In questo senso La Bruna si presenta come un artista di solida impostazione tecnica, capace di dominare i materiali, condurli agli esiti immaginati e tenacemente perseguiti, con sottigliezza di trattamento, capace di contenere in sè il massimo della vigoria e della dolcezza. Nello scrivere questo ho in mente due fasi da me constatate personalmente, nel suo studio di Monreale, di una scultura lignea che continua ad espandersi, perdendo materia, spessore, acquistando in aerea volatilità, in dimensione spaziale. Il tutto è ottenuto con un metodico lavoro di sottrazione, di scarnificazione, che s'intende come eliminazione della sordità, dell'insensibilità, che fa parte del corpus di ogni grezzo originario e via via si trasforma alchemicamente in preziosità plastica capace di acquistare calore, organicità, nell'alveo dei valori tattili, il cui senso esteso, rispetto alla definizione di Berenson, si presta alla qualità di quel filone della scultura che è ancora fatta con i materiali tradizionali, nel bel mezzo di tanta sperimentazione di materiali e forme che hanno avuto il testimone dalle avanguardie di un secolo fa. Questo perchè l'arte contemporanea si conferma un arcipelago di molteplicità di linguaggi e di tendenze, tutte in qualche modo in grado di rispondere allo spirito del tempo, che è fatto di tanti modi e di tante maniere. La Bruna non sta dalla parte della tradizione contro l'innovazione, ma neanche viceversa, vive pienamente lo spirito della cultura di crisi che è l'opposto dalla crisi della cultura, manifestandosi come un grande spirito di libertà, avvolgente forza di seduzione, spregiudicato anelito ad una diversità sottile dove la forza della qualità è paradossalmente più preziosa in quanto riduce l'assetto della quantità, ma la estende in quanto forza dell'immateriale, dello spirituale, del fantastico.
Palermo, 2000
di Toni Toniato
(...) Nel corso degli anni La Bruna ha continuato a rinnovare le possibilità intrinseche in questo rapporto, sperimentando, non di meno, con coerente svolgimento formale, una progressiva evoluzione stilistica fino a comporre delle forme di primaria ed essenziale strutturazione plastica con le quali proporre l'idea di assoluta organicità e di assoluto mito in un'immagine di arcane risonanze della natura e della storia. In queste opere viene a stabilirsi tra la concezione plastica dell'artista e al materia della pietra, mezzo da sempre privilegiato dalla scultura-da Fidia a Michelangelo, da Brancusi a Moore, da Arp a Viani, una sorprendente corrispondenza, per il fatto forse che egli non si serve di tale materiale per ricavarvi soltanto o immettervi dei corpi figurali-che pure egli intravede nelle forme che infine realizza-, ma perchè egli ne ascolta le vene più segrete dalle quali raccoglie le voci di luoghi e di tempi che vi hanno impresso il loro intangibile sigillo. Lo scultore ascolta i suoni sepolti nella pietra, li fa riecheggiare nella facoltà di una scrittura da lui piegata a trasmetterealtre misteriose risonanze. La Bruna infatti trasforma, modifica, anzi completa questi segni che così divengono degli alfabeti di civiltà e memorie ancestrali e che egli trae da lontananze obliate, da stadi della materia primordiale, rivitalizzando quei ossili per trasfondervi un ritmo diversamente originario. Si può capire dunque il motivo per cui lo scultore riesca a modellare e a modulare-come su uno spartito naturale- le stesse inafferrabili sonorità dell'aria e della luce, incarnate qui entro vocaboli di un linguaggio di remote, attualissime pronunce plastiche. In effetti sono tali energie suscitate dai graffiti, dai cifrari da lui rintracciati e ritrovati su cui si coniuga prepotentemente l'impulso quale segno di un'origine, ugualmente primeva, che ora riemerge a trasmettere forme e simboli d'inizi d'altri mondi. Questo spiega altresì le ragioni in lui di un ineludibile richiamo al sacro di religioni primitive. Infatti altrettanto misteriose appaiono le forme in pietra da lui scolpite che proprio a quelle referenze si rivolgono per ritrovare i significati di energie cosmogoniche, tradotte, non solo simbolicamente, nella proprietà costitutive dell'aria e della luce. Sono, peraltro, questi elementi che lo scultore viene a configurare nella struttura morfologica delle sue immagini caratterizzate, per l'appunto, da termini formali di estrema trasparenza e di aerea leggerezza, i quali perfettamente assecondano e si accordano a quelle eteree energie, a miti ultraterreni, a scritture celesti. Dopo i giovanili esordi, in ambito di un rinnovamento classico plastico, La Bruna ha concepito la scultura non soltanto come un far spazio alla forma, o come l'evoluzione della forma a farsi spazio, ma come qualcosa di più e d'altro e della forma e dello spazio. Del resto il linguaggio di La Bruna tende a costruire in sostanza quel profilo del vuoto che sta prima della forma e dello spazio e per questo egli chiama a definirlo quegli elementi più immateriali come la luce e l'aria che allora qui prendono corpo e volume, riuscendo egli a far trasparire dai loro movimenti la forma di figure inesplicabili, votate ad abitare territori puramente immaginativi. Il suo linguaggio esula perciò dalle convenzioni fin troppo abusate riguardo al concetto di "Figurazione" e "astrazione" e sarebbe del tutto improprio riferire la sua opera ad una di queste categorie in quanto la sua visione plastica rifonde simili postulati e ne trascende i limiti. La stessa tradizionale verticalità della scultura, quella sua innata tensione verso l'alto, presenta qui una versione arrischiata, in quanto le forme di La Bruna si ergono in una ascensionabilità più tipica del volo, anzi assumono il passo di un volteggio acrobatico nell'aria, quello di un movimento incorporeo. Parimenti il motivo, sebbene arcaico, della "stele" da lui costruite ed innalzate con potenza un'altra volta massiva - celebrando quasi il tempo in cui gli dei abitavano ancora la terra - si dispiega invero in un orizzonte plastico di assoluti profili eterei, di puri contrappunti di pieno e vuoto arricchendosi di geroglifici non sempre decifrabili, meglio, alimentandosi con vorticosa pulsazionedi ornati che iscrivono una bellezza ermetica. La Bruna, richiamandosi a quel motivo della stele, d'icastica sovranità formale, edifica di fatto una struttura che rimmemora non solo una dimensione del sacro o un suo rivisitato archetipo, ma ricompone unblocco tramato di vuoti e pieni con cui egli mostra di rimediare una lingua inesplicabile, forse quella originariamente scolpita dagli dei e trasmessa a noi attraverso la sua storia geologica, con la quale sia possibile riallacciare il nostro legame con l'universo.(...)
Venezia, 1999
Venezia, 1999
2003
TENDENZE: Metti l'arte in giardino
Giuseppe La Bruna - Uno stile figurativo peculiare, con silhoutte stilizzate che fronteggiano blocchi di materia incisi con segni arcani, distingue il palermitano La Bruna - "Eppure non mi configuro nella Transavanguardia", dice, "mi sento legato alla tradizione, benchè con temi forti, tratti dalla contemporaneità". I suoi bronzi onirici dai titoli intriganti (come Frammenti di scrittura cosmica, Memorie del Tempo, Monolito tempo-scrittura, esprimono il rapporto tra uomo e cosmo uomo e tempo, uomo e segno punto d'inizio della civiltà mediteranea. Un lavoro il suo alla ricerca di una nuova immagine cosmica ma sempre riconducibile alla figura a una fragilità espressa da spessori sottili da forme nervose come di materia in movimento.
Beppe La Bruna - "Memorie del Tempo", bronzo
2003 ORTO BOTANICO - Restauro bronzi
Presentazione
2004 - Simposio Lattakia Siria (OMAGGIO ALLA SIRIA)
Ricordo di un artista a cura di Salvatore Autovino
2005 CAPO D'ORLANDO - "GLI INTELLETTUALI del Novecento"
La mostra permanente La vita non è sogno dedicata al poeta Salvatore Quasimodo...
LA PAROLA, GLI INTELLETTUALI, LA SCULTURA di Aldo Gerbino
La scultura è il volto. E se è vero che dal volto traspaiono i segni dell'anima, è proprio quest'aurea forma ad essere proiettata e plasmata dalle figure, dagli sguardi, dalle pupille, dalla stessa morfologia della mimica, dalla fisiognomica. Una polifonia di segnali accolti, qui, nello spazio spirituale dei volti dei poeti, degli scrittori e di quanti hanno percepito la cultura e gli altri del fare artistico quale elaborato altissimo di comunicazione, sollecitante diorama di poetiche. Impatto metonimico potremmo definire tale percorso, in quanto si viene a svolgere, grazie ad una "parte" del lavoro creativo, il grande ventaglio che spira sui problemi del mondo, sulla geografia dell'esistenza stesa, sul conflitto e su quel rapporto sinergico posto tra anime e quanto esse stesse possano essere in grado di rappresentare o hanno già mirabilmente rappresentare (soltanto così, continueranno ad esisterer, a convivere). E' il primo Novecento a costituire sostrato e tetto di un discorso che traccia, lungo le figure plastiche (con una mediazione privilegiata verso la terracotta), la molteplicità delle visioni del reale, soprattutto in rapporto alla scrittura, e, quasi in un percorso metalinguistico, con l'icona della scultura, con quel sostegno plastico, facitore di masse corporali, di mappe interiori. Certo, molteplicità di esigenze estetiche si accorpano in questi plurimi itinerari: ora assorti in esigenze cromatiche sempre rivolte asl fare scultoreo, o pervasi da una sorta di stupore naturalistico, o accolti in solchi pronti ad attraversare sensibilmente effigi e corpi, oppure sospinti verso l'emblema dell'occhio reso algido dal tempo, oppure immersi nel filo diretto di una continua interlocuzione esistenziale. In tal modo si articolano le impronte plastiche di matrice espressionista; altre volte, in modo probante, i sensi persistenti e stanchi dell'accademia, altre volte ancora - ricalcando motori che furono delle avanguardie storiche - solleciti dinamismi, oppure, per alcuni di essi, un rastremarsi in gusti materici o grotteschi, o uno sfociare in essenze metafisiche , in insinuanti ed epidermiche tangenze. I nomi dei "ritratti" appaiono immersi nei luoghi immaginifici, sin dalla prima collocazione a villa Piccolo di Calanovella : l'ampia regione di ombre dilatate dalla "poesia" di Lucio Piccolo (l'interpretazione plastica è di Pasquale Marino). Poi su tali ombre, su tali sciroccali filamenti barocchi, corrono sguardi che appartennero a Saba (Carmelo Barillà), a Tomasi (Sergio Capellini), a Ungaretti (Antonio Esposito). E la corsa continua in un affanno ideale teso a restituire la vertigine della parola: Deledda (M. Cristina Crespo), Luzi (Andrea Granchi), Levi (Ilaria Caputo), Pirandello (Alba Gonzales), Pasolini (Alberto Inglesi), Quasimodo (Giuseppe La Bruna).......
Aldo Gerbino
2006
"Introspezione", 1996 "Divenire", 2002
Giuseppe La Bruna -
Il viaggio di Ulisse Omaggio a Roland Barthes,
1998 legno e bronzo 120x90x35
2007 MUSEO DIOCESANO DI ARTE SACRA DI FIRENZE
G. La Bruna - "La nave delle donne", 2007
Arte come fecondo vento cosmico
di Giampaolo Trotta
Un catalogo di una mostra di scultura è sempre molto stimolante anche perchè, a differenza delle esposizioni di pittura, quelle di manufatti scultorei sono maggiormente rare e, nell'immaginario collettivo, ritenute più elitarie. Forse questo è vero se per elitario intendiamo una maggio selezione dovuta alla profondità del messaggio e alla difficoltà delle tecniche che vi sono sottese.
Sempre nel luogo comune la scultura è veduta come un qualcosa di monumentale, realizzato per grandi spazi aperti, in materiale duraturi come il marmo o il bronzo. a tale visione gli scultori contemporanei, a partire dal secondo dopoguerra, hanno contrapposto una eterogeneità di materiali (bronzo, legno, marmo) (fusione a cera persa) antichi. La Bruna scolpisce con gli strumenti della tradizione che egli stesso insegna anche quale docente all'Accademia di Palermo. Ciò nonostante, le sue opere- figurative, sì, ma non oleograficamente veriste- sono estremamente moderne e affascinanti. Spesso si è erroneamente ritenuto che un'arte concettuale dovesse esprimere un'idea senza ancorarsi alla bellezza della figurazione: le sculture di La Bruna rivelano una profonda meditazione simbolica ed allegorica sull'esistenza attraverso forme magistralmente ricche di pathos e di eleganza formale. La produzione degli ultimi anni si è concentrata sulla figura umana "rarefatta"che assurge a simbolo di una pacata riflessione sulla vita, sul Cosmo e sul suo costante ed inesorabile trasformarsi, creando il Tempo e la Storia. Le sue figure, per lo più asessuate, rappresentano l'umanità o meglio, forse, l'essere vivente creato che, in un silenzio siderale, assiste alla creazione di sestesso e dell'Universo. Una sorta di vento che è anemos, spirito di autocoscienza. Le sue messe materiche, per lo più di bronzo ma anche di marmo e di legno, prendonop gradualmente la forma nel riconoscersi come esistenti e pensanti e si ergono maestosamente ed epicamente come figure antiche sulla riva di un mare. I personaggi, astrattamente modernissimi, si ricollegano, non a caso, proprio alla scultura antica, come reperti archeologici, corrosi dalla salsedine e scuriti dalla terra, con quelle cromie e quelle patine impresse ai suoi bronzi un uso sapiente degli ossidi. Ci tornano in mente sculture preistoriche ma anche etrusche e italiche, in queste opere di La Bruna dove la materia stessa pare plasmata con il tempo e con lo spazio. Frammenti ripescati da un simbolico mare e proiettati nel vento cosmico: modellati con profondo senso della terra (le ditate impresse nella cera e riconoscibili nelle scaglie di bronzo; i colpi di scalpello nel legno), rivelano cicatrici e ferite, solchi e scabrosità simboliche che si annullano nei lisci volti contemplanti l'infinito con atarassia, metafisicamente senza connotati. Segni degli strumenti e delle dita dell'artista che, come un dio, forgia la materia primordiale, gli imprime segni e significati, creando la Storia. segni che possono divenire misteriosi alfabeti, nei quali sta racchiuso il significato e il segreto dell'Universo, ricoprendo lamine come in tyavolette sumeriche, ma si ricollegano direttamente alla Natura, che ha impresso linee e segmenti misteriosi nel magma poi solidificatosi in roccia. I suoi frammenti di scrittura cosmica assommano gli alfabeti alle solitarie figure e agli alberi di una natura anch'essa in formazione, così che le chiome si materializzano come da fluttuanti nubi pregne di vita. Nel turbinio di questa materia eterna si coglie e si perde l'attimo fuggente, l'incontro di amanti, in un continuo fluire dove gli esseri viventi si gonfiano e sgonfiano come vele, respirano sotto la spinta di quel vento rammentato. Nelle sculture di La Bruna è racchiuso il metro che misura il tempo e lo spazio alla ricerca di una catarsi finale, scrutando-cercando di penetrare cioè-la realtà fututra attraverso una pausata riflessione ed una memoria ancestrale. Simbolici monoliti di questo viaggio umano attraverso il Tempo mediante la Storia codificata dalla scrittura che assumono il tono di un seducente 2001 Odissea nello spazio.
Da queste meteoriti piovute sulla Terra, da queste pietre di luna che recano codici alfabetici astrali, si sprigiona, come da crisalidi, si pensi appunto, a Crisalide, del 1998), la vita, da quegli archetipi dai quali deriva la molteplicità della natura e degli esseri viventi (Astro alfabetico del 1996, Scritto ancestrale del 1997). Una plasticità ed una permeabilità che libera i materiali dal proprio pondus. Quanto detto trova una puntuale conferma attravero l'analisi di alcune tra sue più paradigmatiche opere. Immersi nello spazio del 1985, è una fusione quasi informale di figure che si creano nell'Universo e la base, costituita da una pietr levigata e smussata, diviene come una meteora che, attraversando lo spazio, porta la vita, plasmati da venti astrali. Anche in Le sacre du printemps, parmenti del 1985 ed il cui titolo è ispirato al capolavoro di Igor Stravinskij, ci raffigura un monolite dal cui taglio verticale, origine della vita, sorge la figura della Primavera e il dinamico groviglio danzante di nuovi esseri sul palcoscenico del mondo. La grande statua ignea di Cibele (1998/2000) è una meditazione e una contemplazione di quel rammentato divenire cosmico e la materia con la quale è fattala dea frigia, la Gran Madre degli Dei, Personificazione della potenza della Natura, ha l'imponenza di un tronco che si forma uscendo dalla terra: in quell'assemblarsi di masse ritroviamo la rugosità di una corteccia d'albero e il profumo di boschi galattici che rimandano al significato originario e fecondatore di Cibele-Rea, figlia di Urano e sposa di Crono. Il viaggio di Ulisse (anch'esso del 1998) è metafora del viaggio dell'umanità in perenne ricerca di nuovi orizzonti e di nuove terre interiori: il libro, ancora una volta in legno,è quello della storia dell'uomo e il tocco lieve della farfalla in bronzo rimanda a voli in cristallini cieli surreali. Il tema della scrittura è presente anche in Libro cosmico (1998) nel quali il segreto dell'Universo sono incisi nella grande pietra di fronte alla quale medita una figura in tutta la sua "piccolezza"e anche la molteplicità di materiali (basalto, bronzo, legno) rinvia alla complessità della Natura e l'inclinazione del grande libro sotto il cuneo libro vuole quasi essere una raffigurazione dell'uomo che con il proprio intelletto penetra e dischiude i misteri del Creato. Similmente, Memoria del tempo, opera antecedente di tre anni (1995), è la pagina scritta dalla Natura nel libro della roccia e l'immagine sulla destra si richiama a quella già ricordata di Cibele. Nella Coppia (2005) le due figure stanti in terracotta rimandano anch'esse ad un simbolico mondo antico assumendo il fascino segreto ed enigmatico del manufatto archeologico: nella piccola dimensione hanno la valenza quasi di un bozzetto per la realizzazione di una più grande scultura dove le maggiori dimensioni inviterebbero l'osservatore a sedersi sulla parte inferiore, destinata ad accogliere e a fondersi con il fruitore, quasi come un manufatto, uscito da una grande necropoli o da uno scavo di un tempio, dove l'offerta alla divinità, diviene una fusione con l'Universo. E-venti cosmici, è quasi il bozzetto per un'istallazione, con le due figure in formazione, poste staticamente in verticale a serrare la scena ed il groviglio turbinoso delle altre che definiscono dinamicamente in orizzontale la "lingua" di terra dove l'evento si svolge (il vento fecondatore spira). Un significato diverso, più storico è riscontrabile ne Il muro del 1983, dove la figura trascinante l'altra, al di là del diaframma, è un richiamo specifico al muro di Berlino e, attraverso la simbologia di primo livello riferita all'anelito di libertà delle popolazioni allora ancora immerse nell'incubo plumbeo della dittatura, rimanda ad un significato ancora più profondo di liberazione dell'essere umano da ogni condizionamento e "fune" che lo tiene legato, impedendogli di volare. Elegantissimo il suo Omaggio a Gabriel Faurè 1983, il noto compositore francese vissuto fra l'Otto e Novecento (1845-1924). Isolato e schivo, sia come artista sia come uomo, Faurè è stato un protagonista della rinascita strumentale francese e si proietta nel nuovo secolo con l'economia del mezzo espressivo, con una semplicità di atteggiamento profonda e meditata, che mano a mano si spogliava della componente manieristica e sentimentale, dal "romanticismo emotivo", mirando sempre maggiormente a un'ideale essenzialità, tendente a trasformarsi in messaggio morale ed etico. Così, similmente, l'opera di La Bruna, risalente al 1983, sulla base marmorea del palcoscenico della vita, ci rappresenta tre figure femminili in bronzo, una ancora legata dai propri condizionamenti e dal passato, la seconda che si sta liberando, e l'ultima, libera, che con passo danzante si proietta al di fuori della base. Presentando analogiecon un'altra scultura di quegli anni (Crocifissione-Resurrezione del 1981), i vincoli, però, non si rieascono mai a cancellare completamente e nel corpo come nell'anima rimangono le cicatrici e i "legacci" del passato anche dopo la liberazione-resurrezione. Opera emblematica di La Bruna che vi esprime un pensiero artistico estremamente sofisticato, in una dimensione dominata dalle illusioni, dall'aristocratica e dinamica contemplazione, da uin lirismo spesso tenue, arioso, mai decorativo. Colma di simbologie è anche la scultura realizzata come Omaggio a Ludovico Ariosto (Angelica e Bradamante) del 1988. Su un ampio macigno che presenta levigate affossature riempite di ghiaia marina e di acqua, come un terreno di battaglia con pozze, vi sono i resti di lance e di armi di bronzo spezzate, dal cavallo impennato, dai tratti movimentati novecentisti alla Marino Marini, cade all'indietro Bradamante, in un convulso attimo di dinasmismo bloccato nella scultura come in un'istantanea; di lato in alto e separata, si erge la figura stante di Angelica che medita sul campo dopo la battaglia. Attraverso l'omaggio delle due eroine della Gerusalemme Liberata La Bruna ci ripropone una riflessione di Ariosto che diviene visceralmente sua ed espressione della sua filosofia cosmica. Bradamante cavalca vestita della propria armatura di bronzo e sconfigge cavalieri e maghi, mentre Angelica, figura in "formazione" attraverso il magma che si connota e cioè diventa autocosciente, pensa, riflette. Sono contrasti pensati per mostrare a chi guarda più facce della realtà, contrasti di concetti implicitamente legati tra loro, una volta ancora come metafora della vita. Così, la femminilità di Angelica e la mascolinità di Bradamante, non sono altreo che il "bianco" e il "nero" che si compenetrano e si fondono "necessariamente" nell'ambito della figura femminile in generale: ogni donna è un pò Angelica e un pò Bradamante, può usare la forza o la dolcezza può lottare strenuamente o scomparire. Tutto, nelle sculture di La Bruna, converge magicamente in un unicum armonico ed escatologico finale, pur nella variegata poliedricità di forme e di materiali (sempre naturali) come emble-maticamente pare suggerire il cerchio di figure danzanti attorno al grande obelico -monolite solare di Verso il Dio universale (2003), che come un cuore immanente e trascendente ad un tempo, batte e palpita nel Cosmo, in un Cosmo fatto di luci ed ombre, dove l'ombra non può esistere senza la Luce, ma neppure la Luce può sussistere senza le sue "ombre". In tal senso, già Trilogia di un evento del 1995, con le due figure delle quali, una è "doppia"(nascendo una in seno all'altra come Eva dalla costola di Adamo), possiamo leggerla attraverso le parole stesse dell'autore: "ogni cosa ha una sua verità entro la quale è nascosta una bugia, ma nella bugia spesso, è intrappolata la Verità che tanto fa male a chi usa con arroganza la bugia". E proprio con le parole disincantatamente esistenzialiste di La Bruna ma non prive di un ultima aurorale speranze, ci piace concludere queste brevi considerazioni-impressioni come colpi di luce nel buio della notte siderale-sulla sua arte e sul "vento" magico che imprime il suo creatore.
2008
GIAMPAOLO TROTTA
DIECI per CENTO
Dieci artisti contemporanei per due mostre a Cento
2008
CENTO DI FERRARA
Mostra Personale
di
Giuseppe La Bruna
al
Palazzo del Governatore (Comune di Cento)
Dibattito Mostra "Cento di Ferrara": L'Artista Beppe La Bruna
2008
G. La Bruna-Coppia, 1992 bronzo e pietra 65x45x20cm
Contemplazioni di amanti 1995 bronzo 100x50x35 cm
Contemplazioni 2002 bronzo 45x35x20cm
SUGGESTIONI TATTILI di Paolo Levi
La ricerca plastica di Giuseppe La Bruna si rivela, fin dagli inizi, per la decisa carica espressiva, dove il pathos della forma si coniuga alla poesia. Egli non ripete mai se stesso. Ogni composizione pare l'inizio di un ciclo, di un mondo di eventi arcani. Si tratta di uno scultore che opera all'interno di certezze creative e conclusive, con una tensione intellettuale nel rinnovare forme e materiali. Le sue immagini sono figlie anche di suggestioni interiori. Dagli inizi della sua carriera a oggi, i temi si sono via via arricchiti e caratterizzati entro simboli linguistici, tendendo sempre più a una narrazionelibera e aperta. Ci sono lavori come "Trilogia di un evento" del 1995 dove l'impianto formale è quanto mai vigoroso e si sviluppa, in chiave misterica entro lo spazio creato dalla luce. C'è in poeticità tattile ne "Il viaggio di Ulisse" del 1998, dove una farfalla sulla pagina di un libro aperto, fa pensare a una intimismo privato. Egli opera e inventa suggestioni plastiche entro spazi aperti, figure: umane dinamiche con atteggiamneti esteriori di inedita teatralità. Sono lavori che si liberano da ogni interferenza ambientale accessoria e si ritrovano in un'autonomioa di valori fluenti con tendenza a una controllata disgregazione espressiva. Il suo "espressionismo" supera in contenutismo esistenziale i maestri che lo hanno preceduto, costruendo al contrario strutture ermetiche dal simbolismo formalmente elegante, tutto da decodificare, come quello dei lavori di datazione più recente, come "Omaggio alla Siria" del 2004 che preclude, rispetto alla ricerca del passato, a un esito dove il cosatrutto ha una sua solare asetticità. Questo lavoro interrompe in parte l'arcaismo del apssato, quasi un avvicinarsi a un minimalismo purista. Egli, comunque, rimane uno scultore mediterraneo, di luce e vento con una sua moderna classicità.
Paolo Levi
2008 BIENNALE INTERNAZIONALE D'ARTE CONTEMPORANEA - FERRARA
Germania 2009 - Damme
MOSTRA DI PITTURA E SCULTURA
C A T A N I A
Espongono:
Maria Mantegna - Giuseppe La Bruna - Stefano Sichel
1968 G. La Bruna - Testa h 23x20 x15 Arenaria
Amanti 1974 legno h cm 40
Chosun 1976 terracotta trattata a cera h cm 30
Verso una meta - bronzo 1981
Crocifissione 1982, bronzo a cera persa h cm 75
Donna e albero 1982 bronzo a cera persa e legno h cm 60
Giocoliere 1982 bronzo a cera persa h cm 35
Tensione 1 - 1982 bronzo a cera persa h cm 30
Coppia 1982 bronzo a cera persa h cm 35
Illusione 1982 bronzo a cera persa h cm 35
L'uomo e il tempo 1982 terracotta trattat a cera cm 90x60
Tensione 2 - 1982 bronzo a cera persa h cm 45
Donna in corso 1982 bronzo a cera persa h cm 35
Verso una meta 1982 bronzo a cera persa h cm 38
Frammento di Urlicht 1982 terracotta tratta a cera cm 80x40
Uomo con albero - 1982 bronzo a cera persa e legno h cm 50
Due figure 1982 bronzo a cera persa h cm 35
Il MURO di Berlino 1983 bronzo a c.p. h35x50x25
Omaggio a...1983 partic. bronzo a c.p.h30x60x35
Rittatto di Cinzia 1983 bronzo a c.p. h45x20x30
Bozzetto del monumento al fante 1984Figura seduta bronzo a c.p. su pietra dell'Etna 1985 h70x60x45
1985 Dafne e Cloe - bronzo pietra
Dafne e Cloe - bronzo pietra 2
1986 Abraxsas Beppe La Bruna bronzo-pietra fossile 2
Le sacre du printemps 1986 bronzo a c.p. e travertino h70x50x35
Fuga dal Tempio 1986 bronzo e pietra
La coppia 1987 bronzo a c.p. pietra h.35x25x15
Fuga dal tempio 1987 laterale
Fuga dal Tempio 1987 bronzo a c.p. e travertino h45x60x35
Figura seduta 1987 h50x50x40 bronzo a c.p.e pietra
Figura seduta 1987 h 50x50x40 bronzo a c. p. e pietra
L'isola 1988 bronzo a c.p.h60x40x40
Spazio infinito 1988 bronzo a c.p. e travertino h30x80x45
1989 Progetto per Sacro e Profano
1991 Scrutando l'Universo - bronzo pietra cm 70x45
1993 E-Venti cosmici h 410x20x190 bronzo G.La Bruna
Coppia e Universo 1993 bronzo su pietra lavica 1997 bronzo a c.p. h70x50x40
Introspezione 1995 bronzo a c.p. h.100x50x45
Trilogia di un evento 1995 bronzo a c.p. con base h170x160x35
Spinte cosmiche 1995 bronzo a c.p. h.40x50x30
Scrutando l'Universo 1995 bronzo a c.p.h45x20x30
Contemplazioni di coppia 1995 h cm 100x 50x40
Bozzetto monumento Libertà 1995 cera h 50x30x20
Figura con albero 1996 bronzo a c.p. e pietra h60x45x25
Riflessioni sul tempo 1996 bronzo a c.p. h.45x75x30
Monolito tempo-scrittura 2 1996 bronzo a c.p. e basalto h60x70x35
Monolito tempo-scrittura 1996
L'antro delle Ninfe 1996 Porfirio bronzo a c.p. h 35x50x30
1997 - Libro cosmico (basalto, legno, bronzo) h 60x90x35
1998 Il viaggio di Ulisse 120x90xh140 legno e bronzo
1998 Il viaggio di Ulisse 120x90xh140 legno e bronzo laterale
Beppe La Bruna Korea 2000
Struttura scultura Korea 2000
Simposio internazionale in Korea anno 2000
Beppe La Bruna Korea 2000
Scrutando l'Universo in coppia 2000 Korea
h 260x160x80 ferro e rame battuto su granito
Dafne e Cloe 2000
Dafne e Cloe marmo Carrara h140x90x50
Coppia 2002 Bronzo h 35x20x12
Coppia bronzo su pietra lavica h 50x35x20
Divenire 2002 bronzo a cera persa h60x30x35
Ritratto in marmo Monsignor Bacile Chiesa Madre Bisacquino 2003
La nave delle donne 2007 bronzo a c.p. e legno di rovere h con base h 170x320x60
2007 Palpito d'amore marmo di Carrara h170x90x50
Mostra Museo Diocesano Firenze 2007 Comune di Firenze
2007 Palpito d'amore, partic. h.170x100x60 marmo di Carrara
Mostra Comune di Firenze 2007
Mostra a Piraino (Capo d'Orlando) 2007 Il viaggio di Ulise legno e bronzo a c.p.
PROGETTO PER UNA PISCINA COMUNALE 2013
ATTIVITA' DIDATTICHE NELLE ACCADEMIE
(CARRARA-PALERMO-VENEZIA)
(CARRARA-PALERMO-VENEZIA)
"LA VOCE DELLE ACCADEMIE"
Intervista
al
Docente Giuseppe La Bruna,
Titolare di Cattedra di Scultura
all'Accademia di Venezia
Professore, qual'è la situazione delle Accademie in Italia?
- La situazione delle Accademie ancora oggi soffre dell'abbandono da parte di una classe politica assolutamente lontana dal comprendere l'importanza ed il valore culturale che (se continua così, ancora per poco) gran parte delle Accademie Italiane posseggono, come contenitori di alta cultura, soprattutto per quelle discipline che continuano ad essere richieste dalle nuove generazioni quali Pittura, Cultura, Scenografia, Decorazione, Grafica e Nuove Tecnologie, nonostante un programma esterno fatto di molta "arte" virtuale. Il grande problema, a proposito di una classe politica cieca e sorda, è principalmente il non riconoscimento di quella equipollenza richiesta da anni agli addetti ai lavori. La necessaria ed urgente approvazione del DdL. 4822 riconoscerebbe a pieno titolo sia la messa in ordinamento dei dei bienni da anni già avviati, che quella equipollenza giuridica necessaria alla spendibilità del nostro titolo accademico pari a quello delle Accademie europee. Al contempo, i docenti italiani non hanno un riconoscimento economico adeguato al lavoro che svolgono (circa la metà del corrispettivo europeo) nonostante la firma del trattato di Lisbona del 2007 preveda un'uniformità do ordinamento e di riconoscimento dei titoli di pari livello universitario in tutti i Paesi Europei. Se teniamo conto di quanti Allievi stranieri vengono a frequentare i nostri corsi per apprendere quella professionalità specifica che è il frutto di centinaia di anni di esperienza artistica italiana, c'è solo da prenderne atto e in silenzio proseguire quel percorsi didattico, comprendendo con una certa punta di amarezza che tutto ciò è annualmente usufruito gratuitamente dai tanti e vari allievi stranieri provenienti da tutti quei paesi (vedi Cina, Australia, America e molti altri) che, a differenza dei politici e legislatori italiani, ci riconoscono un grande valore di patrimonio culturale".
L'Accademia di Venezia mantiene intatto il suo prestigio nonostante la crisi che ha colpito anche i beni culturali? Quali sono i problemi principali?
"Ovviamente non si può far finta di ammettere che la crisi non esista e non si faccia sentire, anche se parliamo di una realtà operativa di un luogo abbatanza ricco anche di eventi culrturali rispondenti ai più svariati settori dei Beni Culturali, ma nonostante ciò, oggi l'Accademia di venezia dimostra attraverso un'intensa attività artistica espositiva e culturale di essere all'avanguardia per le nuove tecnologie, ma soprattutto dimostra di possedere decenti che operano su materie e discipline tradizionali, con una più che riconosciuta professionalità, evidenziabile attraverso la realizzazione di eventi perpetuati nell'arco di ogni Anno Accademico. Le problematiche da risolvere in un' Accademia sarebbero parecchie, innanzi tutto un carente o quasi inesistente supporto economico dello Stato, un mancato ordinamente autonomo che, diversamente dall'università che ha fondi eccellenti, non consente di organizzarsi sia come ampliamento di spazi operativi, che per tutte quelle attrazzature di laboratorio fondamentali per confrontarsi con le altre realtà accademiche europee. Molta didattica nei laboratori è affidata alla buona volontà di ogni docente".
Talento e studio: ingredienti fondamentali per l'artista. Come vede i giovani della Sua Accademia?
Nella norma, un docente di una materia come la Scultura (ma questo vale per tutte quelle materie cosìdette di laboratorio) deve avere un notevole bagaglio di conoscenze di gran parte dei materiali da usare, antichi, moderni e contemporanei, conoscerne le peculiarità e legarle anche ad una loro poetica, conoscere bene il modo di usare al meglio le tecniche, l'uso attento e corretto degli strumenti di lavoro, spesso pericolosi da maneggiare o nocivi alla salute se non usati correttamente. Deve possedere una più che buona conoscenza della Storia dell'Arte, dell'Estetica, della Filosofia, del Teatro, della Storia delle Religioni, aggiornandosi sugli eventi artistici contemporanei per far sì che ogni singolo allievo, attraverso il fare, possa manifestare tutto il suo apprendimento trovando il modo di esprimere al meglio poetiche e linguaggi artistici personali, sviluppando un sapere confacente alla sua personalità di artista, ma soprattutto di uomo libero e padrone delle sue idee il docente deve anche trasmettere il suo sapere e il suo e il suo pensiero di artista, ma sempre rispettando i bisogni e le idee dell'allievo, per favorire al meglio lo sviluppo artistico personale dell'allievo.
Come è cambiato l'approccio allo studio nelle Accademie?
"Potrei rispondere e spesso a sfavore degli insegnamenti di base e soprattuooto per quegli allievi che vi si iscrivono per specializzarsi in una materia così detta (erroneamente) di Laboratorio. In una fase di cambiamento degli anni '80, le finalità non erano così cattive, anzi l'aggiunta di un certo numero di materie teoriche aveva dato un buon riscontro nel rapporto fra il percorso espletato in laboratorio e un numero maggiore di materie di carattere teorico. Poi, l'ossessione di molti è stata quella di confrontarsi con le Università (sempre per l'annosa vicenda del titolo di studio) cercando di aggiungere troppe materie che disorientano gli allievi dal corso principale di indirizzo, rendendo quasi impossibile una frequenza regolare e finalizzabile al raggiungimento dei propri interessi, riducendo da quattro a tre anni il percorso di formazione di base e aggiungendo i due anni per i bienni di indirizzo. La verità è che le Accademie Italiane non dovrebbero confrontarsi con le Università solo in virtù dei crediti formativi e di un numero elevato di materie, ma, fermo restando che sia Accademie che Università debbano avere dignità di pari rango, nessun ruolo di subordine deve esistere, ma solo di grande collaborazione.... Queste intese, non facili da triovare in altri luoghi, hanno messo in moto una sinergia di fiducia e collaborazione che ha consentito e consentono armonia fondamente per la realizzazioen di tanti progetti, come le mostre di fine anno ai Magazzini del Sale e in Gallerie private. Concorsi, Simposi e tanti altri eventi che aiutano gli Allievi a crescere, maturare e lavorare con molta più grintae determinazione."
La scultura: un mondo antico e sempre moderno. Quando ha capito che la sua vita sarebbe stata dedicata all'arte e a questa disciplina?
"Comincio a respirare aria di lavoro nella bottega artigiana di mio padre Pietro e dello zio Francesco, luogo in cui sono stati realizzati gran parte degli arredi lignei delle varie chiese importanti della Plaermo dell'immediato dopo guerra e di gran parte di varie province siciliane, oltre alla realizzazione di tantissimi arredi nel settore del mobile in stile ed arredi lignei per varie chiese di rito greco ortodosso, anch'esse sparse nel territorio isolano. Inizio quindi da ragazzo, con le sgorbie, ad abbassare i fondi per i pannelli in legno dei cosidetti mobili Rinascimento fiorentino, che poi venivano intagliati dall'intagliatore, mentre io dovevo guardare come operava nell'uso corretto degli strumenti da lavoro. Ciò che ho appreso fin dall'inizio era quindi quella filosofia applicata al mondo del lavoro, che ti doveva far prendere atto del rigore morale ed etico applicato all'esigenza di costruire sempre e principalmente in nome della perfetta rwegola d'arte, partendo dalla scelta del tronco di legno ancora da tagliare nel giusto periodo, fino al suo lungo percorso di stagionatura e mettendo sempre in evidenza tutte le fasi di costruzione, dagli stili di appartenenza fino alla giusta verniciatura o laccatura da attare. Al di là dell'esistenza dei ruoli, padroni, capi operai, operai specializzati, operai semplici, ragazzi di bottega...tutti si ponevano in un piano di collaborazione e di forza che li accomunava con orgoglio, anteponendo prima di tutto la riuscita del alvoro rispetto al tempo da impiegare e alle ore in più di lavoro, anche non pagate, da fre. Mi creda, vivere e crescere in un luogo di questo tipo, nel tempo mi ha dato tantissime energie per la mia formazione di uomo, il mio lavoro di scultore e soprattutto di Docente che ha dedicato e condiviso ad oggi circa 35 anni di esperienza continua con gli Allievi. Aver frequentato "La Scuola" ed aver avuto la fortuna, di trovarmi di fronte, in alcuni casi al mio fianco, docenti preparati e colti, ha contribuito fermamente a farmi scegliere fin da ragazzo la strada della scultura, comprendendo ben presto che la bottega mi aveva fornito enormi elementi tecnici che si riconducevano al "fare", mentre lo studio della Storia dell'Arte, della Musica, del Teatro, della Filosofia, dell'Estetica mi ha dato l'opportunità di avere una visione del mondo talmente ampia da capire quanto, per la mia scultura, sia stato importante unire al "Fare" il "Pensare"e il "Sapere". L'Arte è la forza che un uomo impiega per il raggiungimento di un grande obiettivo: la libertà di scegliere con intelligenza, la libertà di poter essere antichi o moderni, senza la paura di sbagliare o di confrontarti con tanti altri migliori di te, cercando di essere comunque sempre te stesso, con l'intento di portare avanti il tuo progetto di vita, la libertà di essere liberi. Ai miei allievi dico sempre che la libertà ha un costo da pagare, implica di essere ben preparati e consapevoli di come nasce e si crea un lavoro ben fatto. Tanti anni fa scrissi un pensiero sulla mia scultura:"...cerco i valori del tempo e del suo divenire,l'eterno fluire della vita, e tutto ciò che riconduce gli individui al mondo...Una scultura che si offra al soffio del vento, alla brezza del mare, ad un paesaggio circostante ed alla continua presenza dell'uomo che possa toccarla e viverla come propria, per sedersi dentro, per riposare, meditare ed impossessarsene, anche per un momento, in condivisione con lo spazio circostante. Una scultura che dia la voglia di essere guardata ed ammirata, per prendere sempre più coscienza da essa che la vita, nonostante tutto, vale sempre la pena di essere vissuta e amata."
L'Accademia di Venezia mantiene intatto il suo prestigio nonostante la crisi che ha colpito anche i beni culturali? Quali sono i problemi principali?
"Ovviamente non si può far finta di ammettere che la crisi non esista e non si faccia sentire, anche se parliamo di una realtà operativa di un luogo abbatanza ricco anche di eventi culrturali rispondenti ai più svariati settori dei Beni Culturali, ma nonostante ciò, oggi l'Accademia di venezia dimostra attraverso un'intensa attività artistica espositiva e culturale di essere all'avanguardia per le nuove tecnologie, ma soprattutto dimostra di possedere decenti che operano su materie e discipline tradizionali, con una più che riconosciuta professionalità, evidenziabile attraverso la realizzazione di eventi perpetuati nell'arco di ogni Anno Accademico. Le problematiche da risolvere in un' Accademia sarebbero parecchie, innanzi tutto un carente o quasi inesistente supporto economico dello Stato, un mancato ordinamente autonomo che, diversamente dall'università che ha fondi eccellenti, non consente di organizzarsi sia come ampliamento di spazi operativi, che per tutte quelle attrazzature di laboratorio fondamentali per confrontarsi con le altre realtà accademiche europee. Molta didattica nei laboratori è affidata alla buona volontà di ogni docente".
Talento e studio: ingredienti fondamentali per l'artista. Come vede i giovani della Sua Accademia?
Nella norma, un docente di una materia come la Scultura (ma questo vale per tutte quelle materie cosìdette di laboratorio) deve avere un notevole bagaglio di conoscenze di gran parte dei materiali da usare, antichi, moderni e contemporanei, conoscerne le peculiarità e legarle anche ad una loro poetica, conoscere bene il modo di usare al meglio le tecniche, l'uso attento e corretto degli strumenti di lavoro, spesso pericolosi da maneggiare o nocivi alla salute se non usati correttamente. Deve possedere una più che buona conoscenza della Storia dell'Arte, dell'Estetica, della Filosofia, del Teatro, della Storia delle Religioni, aggiornandosi sugli eventi artistici contemporanei per far sì che ogni singolo allievo, attraverso il fare, possa manifestare tutto il suo apprendimento trovando il modo di esprimere al meglio poetiche e linguaggi artistici personali, sviluppando un sapere confacente alla sua personalità di artista, ma soprattutto di uomo libero e padrone delle sue idee il docente deve anche trasmettere il suo sapere e il suo e il suo pensiero di artista, ma sempre rispettando i bisogni e le idee dell'allievo, per favorire al meglio lo sviluppo artistico personale dell'allievo.
Come è cambiato l'approccio allo studio nelle Accademie?
"Potrei rispondere e spesso a sfavore degli insegnamenti di base e soprattuooto per quegli allievi che vi si iscrivono per specializzarsi in una materia così detta (erroneamente) di Laboratorio. In una fase di cambiamento degli anni '80, le finalità non erano così cattive, anzi l'aggiunta di un certo numero di materie teoriche aveva dato un buon riscontro nel rapporto fra il percorso espletato in laboratorio e un numero maggiore di materie di carattere teorico. Poi, l'ossessione di molti è stata quella di confrontarsi con le Università (sempre per l'annosa vicenda del titolo di studio) cercando di aggiungere troppe materie che disorientano gli allievi dal corso principale di indirizzo, rendendo quasi impossibile una frequenza regolare e finalizzabile al raggiungimento dei propri interessi, riducendo da quattro a tre anni il percorso di formazione di base e aggiungendo i due anni per i bienni di indirizzo. La verità è che le Accademie Italiane non dovrebbero confrontarsi con le Università solo in virtù dei crediti formativi e di un numero elevato di materie, ma, fermo restando che sia Accademie che Università debbano avere dignità di pari rango, nessun ruolo di subordine deve esistere, ma solo di grande collaborazione.... Queste intese, non facili da triovare in altri luoghi, hanno messo in moto una sinergia di fiducia e collaborazione che ha consentito e consentono armonia fondamente per la realizzazioen di tanti progetti, come le mostre di fine anno ai Magazzini del Sale e in Gallerie private. Concorsi, Simposi e tanti altri eventi che aiutano gli Allievi a crescere, maturare e lavorare con molta più grintae determinazione."
La scultura: un mondo antico e sempre moderno. Quando ha capito che la sua vita sarebbe stata dedicata all'arte e a questa disciplina?
"Comincio a respirare aria di lavoro nella bottega artigiana di mio padre Pietro e dello zio Francesco, luogo in cui sono stati realizzati gran parte degli arredi lignei delle varie chiese importanti della Plaermo dell'immediato dopo guerra e di gran parte di varie province siciliane, oltre alla realizzazione di tantissimi arredi nel settore del mobile in stile ed arredi lignei per varie chiese di rito greco ortodosso, anch'esse sparse nel territorio isolano. Inizio quindi da ragazzo, con le sgorbie, ad abbassare i fondi per i pannelli in legno dei cosidetti mobili Rinascimento fiorentino, che poi venivano intagliati dall'intagliatore, mentre io dovevo guardare come operava nell'uso corretto degli strumenti da lavoro. Ciò che ho appreso fin dall'inizio era quindi quella filosofia applicata al mondo del lavoro, che ti doveva far prendere atto del rigore morale ed etico applicato all'esigenza di costruire sempre e principalmente in nome della perfetta rwegola d'arte, partendo dalla scelta del tronco di legno ancora da tagliare nel giusto periodo, fino al suo lungo percorso di stagionatura e mettendo sempre in evidenza tutte le fasi di costruzione, dagli stili di appartenenza fino alla giusta verniciatura o laccatura da attare. Al di là dell'esistenza dei ruoli, padroni, capi operai, operai specializzati, operai semplici, ragazzi di bottega...tutti si ponevano in un piano di collaborazione e di forza che li accomunava con orgoglio, anteponendo prima di tutto la riuscita del alvoro rispetto al tempo da impiegare e alle ore in più di lavoro, anche non pagate, da fre. Mi creda, vivere e crescere in un luogo di questo tipo, nel tempo mi ha dato tantissime energie per la mia formazione di uomo, il mio lavoro di scultore e soprattutto di Docente che ha dedicato e condiviso ad oggi circa 35 anni di esperienza continua con gli Allievi. Aver frequentato "La Scuola" ed aver avuto la fortuna, di trovarmi di fronte, in alcuni casi al mio fianco, docenti preparati e colti, ha contribuito fermamente a farmi scegliere fin da ragazzo la strada della scultura, comprendendo ben presto che la bottega mi aveva fornito enormi elementi tecnici che si riconducevano al "fare", mentre lo studio della Storia dell'Arte, della Musica, del Teatro, della Filosofia, dell'Estetica mi ha dato l'opportunità di avere una visione del mondo talmente ampia da capire quanto, per la mia scultura, sia stato importante unire al "Fare" il "Pensare"e il "Sapere". L'Arte è la forza che un uomo impiega per il raggiungimento di un grande obiettivo: la libertà di scegliere con intelligenza, la libertà di poter essere antichi o moderni, senza la paura di sbagliare o di confrontarti con tanti altri migliori di te, cercando di essere comunque sempre te stesso, con l'intento di portare avanti il tuo progetto di vita, la libertà di essere liberi. Ai miei allievi dico sempre che la libertà ha un costo da pagare, implica di essere ben preparati e consapevoli di come nasce e si crea un lavoro ben fatto. Tanti anni fa scrissi un pensiero sulla mia scultura:"...cerco i valori del tempo e del suo divenire,l'eterno fluire della vita, e tutto ciò che riconduce gli individui al mondo...Una scultura che si offra al soffio del vento, alla brezza del mare, ad un paesaggio circostante ed alla continua presenza dell'uomo che possa toccarla e viverla come propria, per sedersi dentro, per riposare, meditare ed impossessarsene, anche per un momento, in condivisione con lo spazio circostante. Una scultura che dia la voglia di essere guardata ed ammirata, per prendere sempre più coscienza da essa che la vita, nonostante tutto, vale sempre la pena di essere vissuta e amata."
Accademia di Belle Arti di Carrara
ANNO ACCADEMICO 1994 - 1995
"In fieri"
Mostra annuale degli allievi dell'Accademia
Felice di poter scrivere qualcosa che
possa perorare la causa di manifestazioni artistiche all'interno di questa
scuola, credo che l'impegno di tutti noi docenti, hic et nuc, debba evolversi
verso un unico fine: rendersi disponibili in tutto e per tutto per quegli
allievi che, nonostante i tempi (confusi ed oscuri) dimostrino volontà e
inclinazione verso l'arte. Gli studenti, che si iscrivono al primo anno di
scultura, si trovano con una preparazione di base inadeguata per affrontare il
loro percorso accademico. Per questo motivo il primo anno è dedicato a un corso
propedeutico, finalizzato allo studio e all'apprendimento di un linguaggio di
base: far comprendere le dinamiche e le strutture portanti dei piani da
tradurre in terza dimensione, un uso degli strumenti di lavoro per trovare con
più facilità la soluzione ai problemi che, progressivamente, si incontrano
nell'evolversi dello studio plastico. In base alla risposta di ogni singolo
allievo sul tema dato, cerco di indirizzarlo, facendolo crescere, verso quello
che per lui è più sconosciuto. Ritengo utile anche indicare la lettura di un
libro, o di un argomento storico, o un percorso legato alla storia dell'arte. o
parlare di musica, di spettacolo, di filosofia, di religioni. Gli allievi devono
essere aggiornati e aperti verso l'arte di oggi, ma anche attenti al passato, a
quelle memorie di appartenenza, per "trovarsi" nell'evoluzione
delpercorso formativo di artisti, ma soprattutto di uomini. Noi docenti siamo
quasi obbligati a far sì che ciò avvenga, trovando in noi la forza di accettare
un diverso modo di intendersi. La mia scultura entra in scena solo quando lo
ritengo necessario. perchè prima e innanzi tutto esiste il rispetto per
l'allievo, su un piano di conoscenza e di collaborazione. Il suo impegno sarà
quindi quello di capire cosa accade intorno a sè, con una dinamica di
apprendimento simile simile all'uso del boomerang, che viene lanciato verso una
meta e lungo il percorso raccoglie eventi, suoni, umori dell'intero universo.
Rodin scrisse: "l'importante è essere commossi, amare, sperare, tremare,
vivere. Sii un uomo prima di essere un artista". Credo che dovremmo
ritrovare le nostre identità e prendere coscienza delle esigenze del presente
per riacquistare la libertà. Dobbiamo apprendere ma, al contempo, stravolgere.
per concludere credo che in questo anno accademico i miei lallievi abbiano
lavorato bene, ma soprattutto abbiano compreso quanto dovranno continuare a "faticare"
per essere sempre presenti con sè stessi e con il tempo. Ho scritto: "la
strada della scultura, per fortuna, è infinita. Noi non ci stancheremo mai di
percorrerla"
Prof. Giuseppe La Bruna
CARRARA
in fieri '97
Accademia di Belle Arti
(25 luglio 20 settembre)
Cercherò di esprimere un pensiero di
consapevolezza che racconti, attraverso queste poche righe di scrittura, quanto
sia profondo ed incognito il percorso della Scultura. E che cosa in una realtà
come l'Accademia oggi, può aiutare il "fare" per renderlo meno
impervio. Ribadire continuamente questo principio con fede implica uno sforzo
non indifferente, da parte di chi, attraverso questa disciplina (nel tempo,
nella sua proiezione, nella sua memoria, nella sua pratica) percorre con fatica
la strada dell'arte. In questa Accademia esistono (grazie a quei docenti ancora
disposti ad offrire la loro disponibilità tecnica) possibilità di conoscenza
che, nel merito riescono a dare un valore al percorso didattico, perpetuando
una volontà del verbo che, nell'esercizio quotidiano, conduce l'allievo ad un
apprendimento di formazione e ad un mestiere. Ma l'Accademia deve soprattutto
essere, a mio avviso, luogo di crescita e di confronto che lega insieme:
innovazione e memoria storica, tecnologia e linguaggio, mestiere e
poetica...oserei dire un luogo di meditazione e di ricerca che aiuti a
ripristinare (quindi a dare un valore) una dignità nell'essere. Cito due nomi:
Platone e Socrate. "Far nascere il desiderio di ricercare dentro di sè e
ritrovare, a lume del logos, la via della conoscenza usando ogni esperienza per
un severo esame interiore"
Prof. Giuseppe La Bruna
Scuole d'Arte
Gli allievi dell'Accademia di Belle Arti
di Carrara all'Istituto d'Arte di Pisa
MOSTRA DI SCULTURA
12 Giugno - 12 Luglio 1998
Corso del
Prof. Giuseppe la Bruna
Michela Cinelli-Comunicazione
Marie-Ange Despras-Pensieri
Ashenafi Frassinelli BirKu- Tae- Gyung
Giovanna Garbini-Senza Titolo
Caterina Grimaldi-Senza Titolo
Seung Woo Hwang-Senza Titolo
Enrica Legname-Ritratto
Alberto Mariani- Senza Titolo
Elisa Nicolaci -Autoritratto con me in braccio il gioco del cavallino
Giuseppe Priola-Baccante
Elena Roncoli-L'attesa
Consuelo Zatta-Senza Titolo
ACCADEMIA DI BELLE ARTI
DI
CARRARA 1998
"Convitati di pietra alla Biennale
di Carrara"
"PENSO, DUNQUE CLONO" si tiene in occasione dell'inaugurazione
della IX edizione della Biennale Internazionale di Scultura che si apre a
Carrara il 25 Luglio 1998 e che ha un'inattesa appendice, non prevista dal
programma ufficiale approntato da Enrico Crispolti e soci.
Una vera e propria "performance"
che vede le sculture a tutto tondo dei professori dell'Accademia di Belle Arti
di Carrara sistemate su reali autobus di linea, utilizzati per il trasporto
urbano delle persone, in servizio nella provincia di Massa-Carrara. A dire il
vero l'autobus con il suo prezioso carico di installazioni artistiche staziona
davanti all'ingresso dell'Accademia dal 25 luglio, in occasione
dell'inaugurazione della IX Biennale e per tutto il tempo della kermesse
carrarese. Un autobus particolare su cui gli ignari viaggiatori salgono accanto
a compassati signori in gesso, bianchi e impenetrabili, veri convitati di
pietra, che non si alzano per cedere il posto alle signore durante le ore di
punta, ma in compenso sono compagni di viaggio discreti e silenziosi. L'èquipe
che sta curando la performance, diretta da Domenico Annicchiarico, docente di
Tecniche della Scultura, esperto di calchi in alginato, comprende studenti,
assistenti e professori, come Giuseppe Agnello, entusiasti di esprimere un
gesto artistico così insolito e per niente effimero. Oltre alle registrazioni
video e fotografiche del "work in progress", al termine della
Biennale le sculture troveranno posto in un vecchio autobus in disarmo,
perfettamente bianco come i rigidi professori che trasporta. Diventeranno pezzi
da museo. "E' un idea brillante, ma anche provocatoria - spiega Giuseppe
La Bruna, palermitano, docente di scultura a Carrara - La nostra presenza in
"effigie", ma non con le nostre opere d'arte individuali, vuole
sottolineare la presenza stessa dell'Accademia di Belle Arti di Carrara,
l'importanza del suo patrimonio, la sua capacità di ricerca artistica e di
nuove forme espressive".
..."Certo non essere una sorta di
anti-Biennale - risponde Carlo Bordoni, direttore dell'Istituto Carrarese - ora
che è in discussione al Senato la riforma delle Accademie e si punta al
riconoscimento universitario, la nostra iniziativa può contribuire a far
conoscere al grande pubblico quanta sete di cambiamento e di novità, quanta
fantasia, quanta intelligenza c'è nella vecchia Accademia. Doti spesso
misconosciute, ignorate, sottovalutate. Questo può farci conoscere la stupenda
sede storica della nostra Accademia, il Palazzo Cybo malaspina, che la gran
parte dei cittadini di Carrara non ha mai visitato. Questa volta siamo noi ad
uscire fuori, sia pure come alias in gesso. Ma speriamo che la gente ci renda
la visita. In carne ed ossa."
...Partecipano un pò tutti i professori e
un gruppo di studenti volenterosi. Dal Direttore, Carlo Bordoni, autore del
Progetto di "Penso, dunque clono", ai docenti Domenico Annicchiarico
e Giuseppe Agnello, che hanno realizzato le opere nel laboratorio di Scultura dell'Accademia
di Belle Arti di Carrara.
2000 - MOSTRA
NELLA PINACOTECA
DI
CAPO D'ORLANDO
RASSEGNA CURATA DA GIUSEPPE LA BRUNA DELEGAZIONE INTERNAZIONALE
NELLA PINACOTECA
DI
CAPO D'ORLANDO
RASSEGNA CURATA DA GIUSEPPE LA BRUNA DELEGAZIONE INTERNAZIONALE
ACCADEMIA DI BELLE ARTI
DI
CARRARA 2001
"In fieri 2001"
IV Biennale degli studenti
- L'Arte in città -
14 luglio-30 settembre
Forse questo mio scritto sarà l'ultimo,
per una scuola dalla quale mi congedo dopo dodici anni per trasferirmi in un
altro luogo; una scuola per la quale mi sono sempre battuto a favore della sua
crescita culturale e artistica e dalla quale credo di aver ricevuto e per
la quale credo di aver dato. Ho sempre cercato di far capire ai miei lallievi
quanto occorra credere nel "fare" e quanto sia importante la
conoscenza della memoria storica. Come siciliano, come artista, come
insegnante, ma soprattutto come uomo ho sempre ritenuto che l'arte è
comunicazione, è confronto, è dialogo, apertura, crescita. L'arte è la linfa di
un popolo. L'Accademia è come un vascello con dentro uomini e cose in eterno
viaggio. Ho già scritto (ma forse è il caso di ricordarlo) che attraverso il
viaggio ogni uomo costruisce la propria storia. Il viaggio è la metafora
sublime di un percorso che è tanto spazio-temporale quanto interiore; è la
dimensione più complessa che l'uomo attraversa durante la sua crescita
culturale e umana, ma certamente la più affascinante. I giovani devono
conoscere per cotruire ma bisogna aiutarli a costruire insieme. Ma i giovani
devono anche essere disponibili a capire e soprattutto ad ascoltare. Anche in
questa biennale degli allievi ci aranno sculture molto apprezzabili ed altre un
pò meno, ma c'è tanto lavoro e, pertanto, credo sia doveroso da parte mia
apprezzarne lo sforzo e la fatica. Per concludere vorrei donare a chi ne voglia
usufruire e a chi crede nel "vascello" Accademia una frase di un
autore a me caro che è Dylan Thomas: "Voi soltanto potete udire e vedere
dietro gli occhi dei dormienti, i moti e i paesi e i labirinti e i colori e gli
sgomenti e gli arcobaleni e le melodie e i desideri e i mari in tempesta dei
loro sogni.
Dal luogo dove siete potete udire i loro sogni".
Giuseppe La Bruna
S C U L T U R A Titolare: Prof. Giuseppe La
Bruna - Prof. Alessandra Porfidia -
Assistente: Prof. Piero Marchetti
LABORATORIO DEL RITRATTO a cura di Giuseppe la Bruna e Piero Marchetti
ACCADEMIA DI PALERMO 2005
Aula
di
Beppe La Bruna
Allieva: Stefania Palumbo
Mostra di fine anno
ACCADEMIA VENEZIA
PARTICOLARI
(Video-Mostra Allievi La Bruna Accademia Venezia 2013)
da inserire
da inserire
CURRICULUM
VITAE
dell'Artista
Cenni biografici
Nato a Monreale il 21 marzo 1953.
Nel 1972 frequenta l’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Nel 1974 si trasferisce all’Accademia di Belle Arti di Ravenna.
Nel 1976 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Dal 1978 al 1981 insegna scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Dal 1981 al 1986 svolge libera professione ed attività didattica.
Nel 1986 gli viene assegnata la Cattedra di Figura ed Ornato modellato presso
il I° Liceo Artistico Statale di
Palermo.
Dal 1989 al 2001 Titolare della Cattedra di Scultura presso l’Accademia di
Belle Arti
di Carrara.
Dal 2001 Titolare della cattedra di Scultura presso l’Accademia di
Belle Arti di Palermo.
Dal 2007 Titolare della Cattedra di Scultura presso l’Accademia di Belle
Arti di Venezia
MOSTRE COLLETTIVE
1976 “Galleria Il Peplo”, Palermo
1978 Rassegna di Grafica Internazionale, Città di Lecce, Lecce
1979-80 Omaggio a Mario Tozzi, “Poggibonsi Arte”, Siena
MOSTRE COLLETTIVE
1976 “Galleria Il Peplo”, Palermo
1978 Rassegna di Grafica Internazionale, Città di Lecce, Lecce
1979-80 Omaggio a Mario Tozzi, “Poggibonsi Arte”, Siena
1981 Omaggio
a Santo Di Bianca, Monreale (Palermo)
1982 Incontro
di Scultura, Galleria “Il Paladino”, Palermo
1982 Rassegna
Arti Plastiche Artisti Monrealesi, Monreale (Palermo)
1984 VI
Biennale d’Arte Contemporanea Accademia Siculo Normanna, Monreale (Palermo)
1984 XIX
Mostra Internazionale di Scultura all’Aperto, “Fondazione Pagani”, Museo
d’Arte Moderna, Legnano-Castellanza (Milano)
1986 Premio
d’Arte Contemporanea, Città di Campobello di Mazara (Trapani)
1986 Mostra
di Scultura Contemporanea - Giacomo Serpotta, Alcamo (Trapani)
1987 Premio
della Cultura: riconoscimento per la scultura a Giuseppe La Bruna,
Giacalone di Monreale (Palermo)
1988 Mostra
di Scultura Contemporanea - Giacomo Serpotta, Alcamo (Trapani)
1988
Mostra Nazionale Concorso - Omaggio a Ludovico Ariosto e la sua
opera,
Reggio Emilia
1988 Asta
Mercato German Auktienen, Zurigo (Svizzera)
1989 Mostra
di scultura Natale ’89, “Galleria Ai Fiori Chiari”, Palermo
1990 Arte
Fiera, Bologna
1995 Omaggio
a Walter Tobagi - “Protagonista la Scultura”, Castiglioncello
(Livorno)
1995 Mostra
Storicizzata di Scultura - Attorno al Monumento, Petralia Soprana
(Palermo)
1995 Iª
Fiera del Mediterraneo, Palermo
1996 Arte
Fiera, Padova
1996 Cultura/Scultura,
Palazzo Osterio Magno, Cefalù (Palermo)
1996 IIª
Fiera del Mediterraneo, Palermo
1996 Mostra
di Scultura “Galleria Civica d’Arte Moderna”, Monreale (Palermo)
1997 MIART,
Milano
1997 Mostra
di scultura Omaggio a Roland Barthes, Petralia Soprana (Palermo)
1997 Incontro
di culture, “Centro Profilo in Rosso”, Roma
1997 “Chiesa
dello Spasimo”, Palermo
1998 “Museo
del Louvre”, Parigi
1998 IIIª
Fiera del Mediterraneo, Palermo
1998 MIART, Milano
1998 Mostra
di Scultura - “Palazzo delle Logge”, Volterra (Siena)
1998/99 Mostra di Scultura De
Statua e dintorni, “Palazzo Osterio Magno”, Cefalù (Palermo)
1999 Mostra
di Scultura Forme dal Bianco, ex Banca d’Italia, Carrara (Massa)
1999
Internazionale Marmi e Macchine, Giorni d’Arte, Marina di
Carrara (Massa)
1999 “Andiamo
al Piazzo”, Città di Biella, Assessorato alla Cultura
2000 XXXV
Edizione “Vita e paesaggio di Capo d’Orlando”, Scultura a Carrara
in viaggio, Pinacoteca Comunale “Tono Zancanaro”, Capo d’Orlando
(Messina)
2000
Direzione Artistica XXXV Edizione “Vita e paesaggio di Capo
d’Orlando”, Scultura a Carrara in viaggio, Pinacoteca
Comunale “Tono Zancanaro”, Capo d’Orlando (Messina)
2000 “Giorni
d’Arte 2000”, Fiera Mercato d’Arte Contemporanea, Marina di Carrara
(Massa)
2000 Open
Studios, ASART, Carrara-Seravezza-Pietrasanta-Camaiore
2000 X
Biennale Internazionale di Scultura a Carrara, Comune di Carrara (Massa)
2000 III
Simposio Internazionale di Scultura in Ichon, Città di Ichon (Seul),
Korea
2000 Mostra
di scultura - “Gallery Seojong”, Korea
2001 Recontre
européenne de sculture, Montauban, Francia
2001
Carrara, XIV Simposio Scultura 2001, Studi Aperti, 30 luglio -
13 agosto
2001
Itinerario Biennale di Venezia, Chiesa San Zaccaria, Venezia
2001 Expo
Fiera d’Arte, Padova
2001 Expo
Fiera d’Arte, Parma
2002 Mostra
di scultura Le acacie si muovono appena..., Palazzo Pottino,
Petralia Soprana (Palermo)
2002
Contemporanea Forlì Fiera, Forlì
2003 XIV
Biennale Internazionale Dantesca “Dante europeo”, Ravenna
2004
I° Simposio Internazionale di scultura “Jeem” Lattakia Siria;
2007 Gli
Intellettuali del Novecento a Villa Piccolo, Capo D’Orlando (ME);
Gli Intellettuali del Novecento, Castello di Castelbuono (PA);
Arteincontro / Monreale 2007 Fondazione Artistico Culturale Greco Carlino,
Monreale (PA);
Ariaart Gallery- Pietrasanta (LU);
La Donna e il Mare – 2° edizione – Omaggio a Piero Gauli Comune di Piraino
(ME);
2008 Mostra
dei Ritratti dei Poeti – Omaggio a Quasimodo – Palazzo della Provincia di
Messina
2010 Italia
Arte Villa Gualino, Internazionale Torino;
Italian Arte Collection Capri;
Simposio Internazionale di Scultura a Vrsar-Montraker – Istria;
2011 Italia
Arte Torino, Circolo degli Artisti “Casa di Dante” Firenze;
Italia Arte Torino, Villa Gualino “Arte Metropolitana” Torino;
Galleria Italian Art Collection
Napoli “World Market Center” Las Vegas (USA);
Italia Arte Torino, Villa Gualino
“Arte Alchemica” Torino;
Italia Arte Torino, Sala delle
Colonne Castello Reale del Valentino – Torino;
Italia Arte Torino, Istituto
Italiano di Cultura a Copenaghen (Danimarca);
Città di Catania, galleria d’Arte
Moderna Le Ciminiere – Catania a cura di Nicolò D’Alessandro;
Italia Arte Torino, 33 Contemporay
Gallery Network from Turin to Chicago and vice-versa – Chicago;
Italia Arte Torino, Istituto
Italiano di Cultura, Praga;
2012 Italia Arte
Torino, Istituto Italiano di Cultura, Sofia;
Italia Arte Torino, Istituto Italiano di Cultura,
Colonia;
.
.
MOSTRE PERSONALI
1982
“Galleria Prati”, Palermo
1984 “Mood
Gallery”, Milano
1986
“Galleria Rà”, Zurigo (Svizzera)
1988
“Galleria Carini”, Milano
1990
“Galleria 6”, Aarau (Svizzera)
1992
“Orts Museum”, Kloten (Svizzera)
1993
“Galleria Ai Fiori Chiari”, Palermo
1995
“Galleria Centro Arti Visive T. Signorini”. Porto Ferraio, Isola d’Elba
(Livorno)
1996 Comune
di Siena “Palazzo Patrizi”, Siena
1997
“Galleria Spazio Prospettive”, Milano
1998 Regione
Campania - Museo Possibile, “Chiesa di San Giovanni Battista”, Scisciano
(Napoli)
1998 Comune
di Porto Vecchio, “Ai Bastioni di Francia”, Porto Vecchio (Corsica)
2002 “Riflessioni
sul tempo”, Sala Mostre CEPU, Palermo
2003 Comune di
Pietrasanta “Lucca” Estate Pietrasantina Sala delle Grasce;
2007 Comune
di Firenze - Museo Diocesano d’Arte Sacra di Firenze;
2008 Comune
di Cento “Dieci per Cento” Galleria d’Arte Moderna, Palazzo del Governatore –
Cento (Ferrara) ;
2008 IV
Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea – Ferrara;
2009 Lagart
Art Projects – Fiera del Lusso – Vicenza;
2013 Comune
di Catania Palazzo della Borsa Sala delle Grida – Tecniche a Confronto
Camera di Commercio – Catania;
.
|
Giuseppe La Bruna
in fondo Vito Di Gesù-Pietro La Bruna-Natale Parisi
La Bruna 1982
1986 La Bruna e Modella allo Studio di Monreale
La Bruna con Pablo Volo a Roma
1998 Portovecchio - Corsica: sopra da sinistra, Enza Di Fede, Pierre Claverie, La Bruna
La Bruna con lo scultore americano Tim Curtis Korea 2000
Mostra a Seul - Scultori del Simposio internazionale di scultura
Enza Di Fede moglie dello scultore La Bruna - Korea 2000
La Bruna e la scultrice Ckoi a Seul 2000
La Bruna con Fabio Norcini Firenze 2007
Il Maestro Picchi alla Personale di La Bruna Firenze 2007
Il Maestro Picchi e la figlia Beatrice
Firenze 2007 - La Bruna col figlio Pietro
Firenze 2007 da destra Falchini -Trotta -La Bruna -Di Cesare
Firenze 2007 - da destra, Falchini, La Bruna, Di Cesare
Firenze 2007 da destra Falchini -Trotta -La Bruna -Di Cesare
2009 Mare del Nord: Da sinistra, Jorge, Romeo, Carlos Monge Kenji Takahashi Hang,
Muller e moglie, La Bruna - Gemania del Nord
Muller e moglie, La Bruna - Gemania del Nord
La Bruna a Damme 2009
La Bruna, Muller, Romeo a Damme 2009
La Bruna e Jorge Romeo a Damme 2009
La Bruna a Kengy a Damme
Damme
Damme
La Bruna ad Arcevia Premio Ed. Mannucci per le Accademie 2010
La Bruna con i suoi Allievi cortile interno Accademia 2011
La Bruna a Venezia con Geng Zongqi e Usam
Accademia Venezia : La Bruna in relax, osserva e riflette
ALLESTIMENTO Mostra Accademia Venezia
Montaggio Mostra allievi 2011con Chiara Angelini
Mostra Allievi La Bruna - Accademia di Belle Arti di Venezia 2011
Accademia di Venezia 2011: Prof. Roberto Pozzobon - Prof. La Bruna - Presidente Accademia
Dott. Luigino Rossi
Accademia di Venezia 2011 - Mostra allievi dell'artista La Bruna, qui col Presidente dell'Accademia
Dott. Luigino Rossi
La Bruna a Pozzobon in Accademia 2011
2003 - Foto di Giuseppe D'Angelo
La Bruna allo specchio nel suo studio di Monreale
Mostra Recycle a Milano - La Bruna Lepore - Perini 2012
Studio LA BRUNA: "Posacenere"