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LE STORIE DI GIUFA'



di Marina Di Leo

Stupido e furbo. imbecille e genio, bestia e angelo, Giufà sembra essere l'improbabile somma di caratteristiche che si negano a vicenda. Ma se fossero proprio queste palesi contraddizioni a costituire l'identità profonda del personaggio? 
E se le sue storie ci affascinassero proprio per la loro imprevedibilità? 
Districare il groviglio di ambiguità che circonda questa celebre figura della narrativa siciliana, rintracciarne origini e motivi, esplorarne le potenzialità sono i principali obiettivi di questo volume, in cui viene proposto al lettore un preciso itinerario: dalla ricostruzione dello sfondo storico-culturale alla discussione dei problemi posti dall'enigmatico personaggio, alla proposta di una chiave di lettura delle sue storie, puntualmente verificata sui testi originali. 
L'analisi si intreccia così all'antologia di aneddoti e racconti tratti dalle opere di Bonaviri, Bufalino, De Franco, Gonzenbach, Lanza, Longo, Pitrè.


(da LE RACCOLTE SICILIANE DI GIUSEPPE PITRE')


<GIUFA' E LA STATUA DI GESSO>

Si racconta che c'era una mamma che aveva un figlio chiamato Giufà. La mamma era povera. Giufà era stupido, pigro, mariuolo. Un giorno la madre, che aveva un pò di tela, disse a Giufà: <Prendi questa tela e và in un paese lontano, ma devi venderla a qualcuno che parli poco". Giufà partì con la tela sulla spalla. Arrivato in un paese , cominciò a gridare: <Chi vuole la tela?>. Le persone lo chiamavano e cominciavano a discutere:  a qualcuno sembrava grezza, a qualcuno altro cara. A Giufà sembrava che parlassero troppo , e non voleva cedere. Cammina di qua, cammina di là, entrò in un cortile, dove non c'era nessuno tranne una statua di gesso. Giufà le chiese: <La volete comprare la tela?> Ma la statua non gli dava retta. Giufà allora disse: < E' a voi che devo vendere la tela, visto che parlate poco>. Prese la tela e gliela avvolse addosso. <Domani vengo per i soldi>, concluse.
L'indomani, tornato per i soldi, Giufà non trovò più la tela. Disse allora: <Dammi i soldi della tela>. E la statua non rispondeva. Visto che non mi vuoi dare i soldi - continuò-, ti faccio vedere chi sono io>. Prese uno zappone e cominciò a colpire la statua sino a farla cadere e rompere: nella pancia vi trovò una brocca piena di soldi. Mise i denari nel sacco e tornò dalla madre. Arrivato a casa, disse:< Ho venduto la tela a uno che non parlava, ma soldi la sera non me ne ha dato. Poi ci sono tornato la mattina con lo zappone, l'ho colpito, l'ho gettato a terra e mi ha dato questi soldi>. E la madre, che era furba, gli raccomandò: >Non dire niente a nessuno, che a poco a poco ce li godiamo questi soldi>. 














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