Buon Capo d'anno di S.S. Marino

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BUON CAPO D'ANNO  

di  Salvatore Salomone Marino


Contadini siciliani  da La Sicile di G. Vuiller


E’ il saluto che tutti si scambiano il 1° di gennaio nelle alte, nelle medie e nelle infime classi sociali, nelle città come né comunelli rurali, dell’interno dell’isola, Secondo le persone e i luoghi e l’ambiente in cui si vive, l’augurioso saluto è or aperto e sincero, che erompe dal cuore, ora freddo e artificioso, intenso, cò varij atteggiamenti di forzato sorriso, a velare una invidiuzza, un dispetto, un odio feroce anche… .

Bon Capu d’annu! Dunque. E notate bene, come il nostro contadino, conservando la formula già adoperata dai  Quiriti suoi antecessori: Annum novum faustum felicem, vi formuli sempre con quelle precise parole l’augurio suo: più ragionevole e più sincero e più vero di quelli altri auguri che noi cittadini ci regaliamo tutti gli anni con iperbolica leggerezza: Cent’anni di felicità! – Mille di questi giorni! Ecc. ecc.

Conformemente all’antico uso de’ primitivi Romani, il primo giorno dell’anno è un giorno festivo e sacro, un giorno  che dà norma agli altri trecento sessantaquattro. Ciò che in esso si fa, si farà per tutta l’annata; ciò che in esso ci accade, ci accadrà ugualmente fino a che l’annata non abbia attinto il suo fine … . In appoggio di tale credenza, il contadino vi sciorina alcuni proverbi, che fanno parte del suo codice di sapienza tradizionale, immutabile ed infallibile, che sono i seguenti:

Zoccu si fa lu Capu di l’annu/ Si fa tuttu l’annu. Capu di l’annu saluti e dinari!/ Pènzaci  beni lu chiddu ch’ha fari.

…è naturale che il contadino faccia di tutto perché questo primo giorno si passi allegramente in compagnia dè suoi cari, per i quali apparecchio un desinare che si sforza di rendere ricco e piacevole, per quanto gli è possibile, di tutto il ben di Dio. Nel qual desinare però, possono mancare, e mancano in fatti molte e molte cose: ma non vi mancheranno mai le larghissime lasagne speciali condite con ricotta che per tutta l’Isola portano uniformemente un nome poco pulito,… le lasagne del Capo d’anno non debbono essere manipolate nelle singole case dei contadini, come nel resto dell’annata suole praticarsi, ma comprate sempre dal pastajo, che appositamente le lavora per quel dì ed è perciò che in tutte le pasterie si vedono, il dì primodell’anno, messe in bella mostra in gran copia e sole, queste larghissime lasagne dal bordo ondulato: le quali poi vanno cotte così lunghe come sono evitandosi con la massima attenzione che si spezzino. La  ricotta viene aggiunta né piatti  e con essa il formaggio e l’indispensabile sugo dello stufato… Cui mància a Capud’annu maccarruni, /Tuttu l’annu a ruzzuluni:

Lasagni cacati e e vinu a cannata/ Bon sangu  fannu pri tutta l’annata.

Il flagello delle mance, con cui nelle città vi percuotono inesorabilmente a Capo d’anno e portinaj e servitori e barbieri e portalettere e fattorini e tutta la caterva di gente ai quali avete dato lavoro nell’anno chè terminato e pè quali non vi son venute spesso che seccature e dispiacente, questo flagello, dico, vi è risparmiato  dai buoni contadini che con voi hanno relazione, che lavorano la vostra terra, che vi han reso e rendono dei veri servigi. Il contadino accampa qualche diritto, se così vogliam dire, a qualche piccolo dono nelle solennità del Carnevale, della Pasqua, del Natale; ma non pretende nulla, non chiede nulla pel Capo d’anno, giorno nel quale non vuole affatto far la figura di pitocco, chiedendo. Se gli regalerete spontaneo alcun che, lo accoglie esso con vera contentezza, come pronostico felice per l’anno che si inizia, come ottimo cominciamento di prosperità che avrà in esso, e però ne ringrazia lietissimamente Dio… Un solo proverbio mostrerebbe ch’egli chiede, una cosa  soltanto: Bon Capu d’annu! Bon Capu di misi! Li cucciddata unni su’ misi?

…Un’altra usanza mi resta a menzionare, propria a questo giorno, ad essa appartiene alla massaia ed alle figliuole del contadino. Se un lavoro casalingo si è intrapreso o si trova già in corso il 31 dicembre, è bisogna ad ogni costo che sia terminato innanzi che l’anno termini; l’ora prima dell’anno novo non deve trovare incompleto quel lavoro, perocchè  se ciò accadesse, il lavoro rimarrebbe  incompleto tutto l’anno, per quanti sforzi di volontà e di opera si abbaino a fare per condurlo a fine. C’è tuttavia un mezzo di scongiurare questa singolare fatalità. Se la massaja o la giovinetta che sia  s’è affannata tutto il santo di per completare il lavoro suo, ed intanto la mezzanotte scocca mentre non rimarrebbero al compimento che insignificanti o accessorj residui, allora ella, prima che i rintocchi dell’orologio sien  cessati, dee, ginocchioni, e con le mani levate, recitare fervorosamente cinque Credo, cinque Salve Regina, cinque Pater cinque Ave, cinque Gloria Patri, e per ultimo questa tradizionale Orazione:  <U patri, u Figghiu, lu Spiritu santu, eterna Trinitati di cumannu, chistu travàgghiu l’hè stintau tantu! Ora na sula grazia ‘ddimannu: Vui lu tuccati e lu faciti santu binidittu m’arresta tuttu l’annu; e binidittu sia, biniditta la virgini Maria!

Si capisce bene che, recitate in furia, le preci sono espletate prima degli ultimi tocchi della mezzanotte: e allora la massaja va a dormire, lieta di avere scongiurata una fatalità, che l’avrebbe preoccupata ed attristata assai.



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