L'OTTANTENNE MAGO DEGLI
ARCHIVI: "COSI' SALVO LA STORIA DELL'ISOLA"
di Amelia Crisantino
Se da Palermo da Roma o da Parigi uno
studioso volesse indagare fra le carte che, raccolte presso l'Archivio Diocesano
di Monreale, permetteranno di scrivere la storia sociale del vasto territorio
governato dall'arcivescovo non ha che da collegarsi via Internet al sito
dell'Archivio. Direttamente da casa potrà condurre la sua ricerca, accedere a
cataloghi e repertori, chiedere copia dei documenti. Un servizio
all'avanguardia, che funziona già da un paio d'anni. Un piccolo miracolo di
efficienza che pochi conoscono. L'ordinamento di un archivio storico è di
quelle cose che non ci si chiede mai come siano avvenute. Quando esiste e
funziona, l'archivio sembra esserci da sempre: l'antichità delle carte che
raccoglie crea un mondo a parte e aspira a essere libero da tutti quei problemi
legati al quotidiano barcamenarsi che affliggono le nostre istituzioni
culturali. Eppure sia l'archivio diocesano di Monreale che parecchi altri in
giro per la Sicilia hanno una nascita molto recente e anche un loro creatore
che oggi incontriamo.
Se esistesse una ideale tipologia umana
degli ordinatori d'archivio, non potrebbe che avere le fattezze del
professore Giuseppe Schirò. Di sicuro avrebbe il suo aspetto senza tempo,
simile a un saggio d'ascendenza orientale. come lui avrebbe una svagatezza
gentile, che senza preavviso si trasforma in puntigliosa precisione quando si
passa a parlare delle sue carte, dei criteri con cui sistemare i documenti. Se
si prova a immaginare il professore Schirò da giovane lui che ormai si avvicina
agli ottant'anni, è sempre come un sistematore di archivi che lo si pensa. E
lui conferma quest'intuizione. Mi accoglie cordiale e sorridente nel suo studio
naturalmente traboccante libri, subito mi dice che a creare archivi ha
cominciato dopo essere andato in pensione, con quella che definisce ripresa
tardiva di una vocazione originaria. Tutto comincia dal desiderio di conoscere
la storia di Monreale.
Avevo 10 o 12 anni, non trovavo libri su
Monreale. Però trovavo libri sul Duomo. Per esempio c'era il Gravina, volumi
enormi, che ad aprirli occupavano tutto il piano della scrivania. Ricordo che
comprai sei quaderni e cominciai a raccogliere le notizie dividendole per
argomenti, realizzando una specie di titolario. La curiosità era destinata a
crescere con gli anni: Ero già universitario quando il parroco mi chiese di
mettere in ordine i registri della Matrice. Non si trattava di registri di
battesimi, erano carte sciolte. C'erano documenti di ogni genere, centinaia di
carpette, tante notizie sulla città. C'erano quattro volumi intitolati
"Diversa Commentaria", li aveva raccolti un canonico ai primi dell'Ottocento
e dentro c'erano atti notarili, fatti di cronaca. Era una specie di zibaldone
storico, c'era di tutto. I contratti riguardanti i censi, le donazioni. Pensai
di scriverla io la storia di Monreale, visto che non esisteva niente. Esisteva
solo qualche opuscolo, nient'altro. Fra gli opuscoli di cui parla il professore
Schirò la parte del leone la facevano gli scritti dal canonico Millunzi, ucciso
nel 1992, non se n'è saputo più niente. Perchè non se n'è voluto sapere più
niente. Monreale era una delle capitali della mafia, figurarsi se qualcuno
parlava. Il paese sapeva perchè il canonico era stato ucciso, sapeva chi era
stato. Lui, il canonico, era un uomo di cultura ma s'era messo in testa idee
pericolose, voleva recuperare le rendite della Cattedrale, usurpate ormai da
tempo. S'illudeva che coi soldi sarebbe stato possibile finanziare i restauri
del Duomo. Aveva torto, le rendite erano state falcidiate dall'inflazione.
Buona parte dei cespiti era costituita dalle acque, le acque della Conca d'Oro
erano tutte della cattedrale. Lui cercò di lottare, anche aderendo a una linea
mafiosa. Allora la mafia non suscitava quell'automatica condanna che si spera
susciti adesso in molti di noi, se non in tutti. Puntò su un cavallo sbagliato,
si appoggiò a qualche cosca perdente. E fu ucciso. Mettere in ordine gli
archivi era indispensabile al progetto di scrivere la storia e Schirò, che a
lungo è stato direttore della Biblioteca comunale di Monreale, stava per andare
in pensione quando ebbe l'incarico di riordinare l'archivio del Comune. Nel
frattempo una sua storia di Monreale l'aveva scritta, s'era adattato a che la
Cassa Rurale ne facesse omaggio ai soci. Ma una storia sociale, come quella che
Le roy Ladurie scrisse per il paese di Montaillou, era possibile solo creando
gli archivi. Dopo quello del Comune, Schirò passa a riordinare l'archivio
dell'arcivescovado: è uno dei più importanti dell'Italia meridionale, è nel
portale dell'Unesco, che raccoglie 17 archivi ecclesiastici italiani. Ma gli
altri hanno tutti un tono minore, gli orari, l'elogio del vescovo, cose di
questo genere. Quello di Monreale contiene una corposa monografia introduttiva,
a mia firma, e poi ci sono ben 18 mila record: sono schede che contengono gli
elementi di individuazione e una sintesi del contenuto, è l'unico che è fatto
così>. Dell'archivio diocesano, il professore Schirò può andare fiero: è fra
i pochi a permettere la consultazione on line del catalogo, a rilasciare copia
integrale dei documenti attraverso la posta elettronica, è una di quelle isole
di eccellenza che ahimè non riescono a collegarsi una all'altra e restano a
galleggiare nel malcostume e nell'inefficienza che tutti ogni giorno
sperimentiamo. Dopo l'archivio diocesano c'è stata una vera pioggia di
incarichi e negli ultimi venti anni Schirò ha ordinato 33 archivi, un'enorme
quantità di carte. Dico sempre che pianto un albero. Ci sono dei giovani che mi
aiutano, li indicano gli enti di pertinenza. io do gli elementi per continuare
il lavoro, per tenerlo in vita. Ho ordinato gli archivi di Cefalù, importanti
per tutto il territorio delle Madonie, quello di Piana, di Alcamo, San Giuseppe
e tanti altri. La storia sociale e materiale della Sicilia, quella che volevo
fare io, si potrà scrivere solo perchè ho preparato il lavoro. Ho sistemato gli
archivi sempre pensando alla ricerca storica. Ho cercato una chiave di lettura,
noi in Sicilia abbiamo sempre avuto una storia celebrativa o, all'opposto, una
storia piagnona. Non mi piace il lamentarsi dei siciliani, nè l'elogio della
sicilianità. Ho cercato una chiave di lettura, noi in Sicilia abbiamo sempre
avuto una storia celebrativa o, all'opposto, una storia piagnona. Non mi piace
il lamentarsi dei siciliani, nè l'elogio della sicilianità. Ho cercato di
mettere le basi per una storia diversa, ho preparato tutto. Nel riordino degli
archivi, ma forse sarebbe più giusto dire nella loro creazione, viste le
pessime condizioni in cui spesso erano abbandonati i documenti , l'ambizione è
sempre stata quella di ripristinare la struttura esistente, così come doveva
essere quando funzionava. Per questo gli archivi ordinati da Schirò beneficiano
tutti di un'accurata premessa storica, che ricostruisce le vicende dell'ente.
Quanto alla precisione che il professore cerca di contagiare ai suoi aiutanti,
spesso sono Isu forniti dai Comuni, basti dire che probabilmente si ispira al
vescovo di Mazara, che addirittura comminava la scomunica a quei sacerdoti che
non avessero ben tenuto l'amministrazione e quindi l'archivio, perchè
responsabili della mancata salvezza delle anime del purgatorio. Molte rendite
erano destinate alle messe in suffragio, se non si celebrava la messa le anime
restavano a languire nel purgatorio spiega il professore sorridendo.
Oggi che gli archivi riordinati da Schirò
sono in buona parte on line, lui continua a lavorare per metterli tutti in
rete. Si entusiasma ancora mentre parla delle possibilità che gli archivi
offrono per la promozione della cultura: Il riordino è solo un primo passo,
indispensabile. Poi l'archivio torna a essere una istituzione viva, che fa
cultura. Sono radici che tornano a fornire linfa vitale, possono essere la
nostra salvezza in un mondo in cui le differenze si dimenticano.