Progetto IPAZIA Presentazione





Progetto grafico di Rocco Micale
Manifesto realizzato con rielaborazione dell'opera d'arte "Le radici della vita" di Carmen Malfattore


PROGETTO IPAZIA - I° INCONTRO:

"DA ANTIGONE A IPAZIA AD OGGI 

SCUOLA DI PARI OPPORTUNITA"
a
 MONREALE

-ARTE AL FEMMINILE-


DESCRIZIONE DEL PROGETTO

Il Progetto presentato dal Comune di Monreale e finanziato dal Ministero per le Pari Opportunità si svilupperà in tre fasi: 

La prima fase, teorica, consiste nell'organizzazione di seminari, destinati alla cittadinanza di Monreale e agli alunni delle scuole superiori di Monreale che coinvolgeranno quali relatori, docenti universitari, esponenti del mondo inprenditoriale, esperti sulle tematiche prescelte;

La seconda fase, laboratoriale, consisterà nell'attivazione di laboratori dopo ogni seminario.
Due esperti, uno psicologo e un'esperto della comunicazione, seguiti da alcuni tutor, accoglieranno i partecipanti nei laboratori e partendo dalle discussioni scaturite durante i seminari stimoleranno i partecipanti ad una rielaborazione critica delle problematiche affrontate;
I laboratori saranno finalizzarti alla produzione di lavori inerenti le tematiche del progetto (ipertesti, video, saggi brevi, articoli di giornale, stesura di un diario di bordo sulle proprie esperienze, realizzazione di opere d'arte);

La terza fase, in cui ciascun "gruppo" costituito valuterà le elaborazioni prodotte, verrà fissato un incontro conclusivo dei lavori e gli elaborati selezionati verranno illustrati dagli autori e poi premiati. 


TEMATICHE PRESCELTE PER QUATTRO SEMINARI

Partecipazione politica: poche candidate donne sul piano della rappresentanza politica in sede Nazionale, Regionale, e locale.

Valorizzazione delle competenze professionali delle donne: difficile equilibrio tra vita personale e vita professionale; due imprenditrici ci racconteranno la loro esperienza personale.

Da Ipazia a Margherita Hack: Cosa è cambiato? Due giovani ricercatrici ci parleranno della loro esperienza. Più si cresce culturalmente meno condizionamenti di genere dovrebbero persistere, è vero?

Arte al femminile: L'esperienza di due artiste o di donne impegnate nel mondo dell'arte. Il mondo dell'arte è libero da stereotipi e pregiudizi? Il ruolo della donna: da mera musa ispiratrice a artista.


A R T E   A L   F E M M I N I L E

A questa tematica partecipano gli Istituti d'Istruzione Superiore : Liceo "E. Basile" e Istituto d'Arte per il mosaico "M. D'Aleo"

Relatori: 
Prof.ssa M. Rosa Previti con l'argomento "La creatività della donna dall'antichità al nuovo millennio"
Prof.ssa M. Antonietta Spadaro con "L'altra metà dell'arte"




 Il Sindaco Avv. Filippo Di Matteo





L'Assessore alla Cultura Lia Giangreco



I
Il fiume carsico

La creatività della donna 
dall'antichità al nuovo millennio

La storia della donna si intreccia con la storia della sua discriminazione per quasi due millenni. In una società umana imperniata sul genere maschile, l'immaginario femminile, che è sempre esistito, è stato filtrato da padri, mariti, fratelli.
Alla donna per secoli è stata cancellata l'identità insieme con la possibilità di godere di diritti civili, con la libertà di realizzare le proprie aspirazioni, di essere come voleva e non come altri, dell'altro genere, potevano volere per lei. 
La donna greca godeva di una certa libertà solo se era una prostituta dell'alta società. La donna romana poteva accedere all'istruzione, ma il marito era libero di ripudiarla quando voleva. La donna medievale non aveva diritto all'istruzione, dipendeva in tutto e per tutto dai maschi della famiglia, il marito poteva ripudiarla. In quei secoli bui il matrimonio era spesso assimilato ad una compravendita.
Il cristianesimo rifiutò il ripudio, ma rese ancora più rigidi i modelli del comportamento sessuale. La donna doveva stare in casa ad allevare i figli. La sua unica realizzazione era la procreazione. gravata da tabù e dall'oppressione del peccato originale la donna conduceva spesso un'esistenza opaca ed anonima.
mentre si diffondeva, a partire dal IV secolo, il modello della vergine, molte donne entravano in convento e vi trovavano spesso accesso alla cultura e a qualche forma d'arte.
la donna veniva tenuta lontana dalla dinamica dei diritti individuali e dalla vita pubblica per cui tutt'al più poteva essere dedita alle cosiddette arti minori quali la decorazione, la miniatura, il ricamo e la tessitura. La donna era considerata piuttosto soggetto da rappresentare. Gli artisti greci passarono dalla donna madre o dalla vergine vestita al nudo puro dell'Afrodite. L'arte romana rappresentò, oltre alla bellezza, la dignità dell'espressione della donna ricoperta dal suo morbido e fluente peplo. Gli affreschi pompeiani dalle forti tinte la mostrarono come oggetto di piacere ma presto si passò alla rappresentazione ieratica e mistica di Madonne e di sante. Da oggetto di possesso la donna passava ad una dimensione trascendente, diveniva soggetto sacro e pensante, unica all'uomo con pari dignità di ruolo nell'essere artefice della storia. Ma solo se <madonna, santa o religiosa. A partire dall'età rinascimentale, con il profondo rinnovamento nella cultura e nell'arte, la donna comuincia ad essere rappresentata con tutta la gamma delle sue caratteristiche introspettive e psicologiche, oltre che fisiche. raffaello, Michelangelo, Botticelli, Tiziano, Canova, Donatello dipingono e scolpiscono donne e madonne splendidamente, ma l'emblema assoluto della donna ispiratrice d'arte è sicuramente la Gioconda di Leonardo.
Ma perchè non si ricorda un Raffaello o un Leonardo donna? 

Perchè i graffiti rappresentano solo scene di caccia o animali?

Non sarà perchè alle donne era proibita l'arte della decorazione rupestre?






Se solo una donna si azzardava a prendere in mano una selce scheggiata per incidere le rupi, l'uomo primitivo, che aveva già scoperto il fuoco, la rimandava al falò a cucinare bistecche di bue muschiato. E col tempo le cose non migliorarono.
Alla donna medievale non si addiceva l'uso dei pennelli e dello scalpello
(secondo gli uomini).
Non le veniva quindi permesso di frequentare le botteghe d'arte per imparare i segreti del mestiere. Impedendole l'accesso all'istruzione non le permettevano di apprendere neanche le regole della prospettiva. Tagliata fuori. Ma qualcuna riusciva lo stesso a farcela perchè figlia o moglie di un pittore.
Marietta Robusti era figlia di Tintoretto, Sofonisba Anguissola, anche lei figlia di un appassionato cultore d'arte, divenne una famosa ritrattista. Siamo già nel cinquecento e i tempi maturavano. 
Qualcuna era riuscita ad emergere ancora prima solo perchè monaca, con accesso all'istruzione e con la possibilità di praticare la propria vocazione artistica, come Santa Caterina da Bologna, vissuta nel quindicesimo secolo, badessa e fondatrice dei monasteri, che dipinse anche pale d'altare.Nel seicento le porte delle accademie si schiusero, anche alle donne , pur guardate con sospetto.

 Artemisia Gentileschi

( 1593-1653 ) 

La maggiore pittrice del seicento era anche lei figlia d’arte, figlia di Orazio, pittore di scuola caravaggesca, vissuta tra Roma e Napoli, autrice di “ Giuditta che decapita Oloferne”, un capolavoro su tela ( cm.159 per 126) che rievoca il cruento episodio biblico trattato pure da Caravaggio.
Il padre la aiutò ad affermarsi scrivendo una lettera.


La lettera indirizzata alla granduchessa di Toscana da Orazio  il 6 luglio luglio 1612 è una
prova dell'impegno che il pittore impiegò per promuovere l'attività della figlia; nella lettera
Artemisia è descritta con parole di elogio: Orazio afferma che in tre anni ella aveva raggiunto
una competenza equiparabile a quella di artisti maturi:
« questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso ardir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere. »

Artemisia ebbe una vita avventurosa e in certi momenti  anche drammatica.

Artemisia Gentileschi  
"Giuditta che decapita Oloferne" 


La lettura del dipinto  fatta da Roberto Longhi nel 1916 sottolinea cosa significhi saperne "di pittura, e di colore e di impasto": sono evocati i colori squillanti della tavolozza di Artemisia, le luminescenze seriche delle vesti (con quel suo giallo inconfondibile), l'attenzione perfezionistica per la realtà dei gioielli e delle armi.



Caravaggio

 "Giuditta e Oloferne"( 1599 )


Autoritratto

di 

Artemisia Gentileschi



Artemisia Gentileschi

- Cleopatra- (1621)





Antesignana del femminismo, lottò a fondo contro il potere maschile, ma proprio questo accanimento finì col mettere in ombra il suo valore artistico.
Nel 1947 Anna Banti,  moglie di  Roberto Longhi , scrittrice attenta alla condizione della donna nella storia, le dedica
“ Artemisia “, opera importante in cui  ci racconta della vita della pittrice  a partire dai dieci anni.
Artemisia fu stuprata ancora giovane da Agostino Tasso, cavaliere e gran pittore, brutto e goffo. Artemisia non riuscirà mai a dimenticare:
 “ La nostra umile libertà è quella di una vergine che nel 1611 non ha se non quella del proprio corpo integro e non può capacitarsi in eterno di averla perduta
Lo denunciò, vi fu un processo, ma il Tassi fu prosciolto ad opera di intrighi e venali uffici. Dopo la conclusione del processo, Orazio combinò per Artemisia un matrimonio con Antonio Stiattesi, modesto artista fiorentino, che servì a restituire ad Artemisia, violentata, ingannata e denigrata dal Tassi, uno status di sufficiente "onorabilità".La cerimonia si tenne il 29 Novembre 1612. Artemisia , felice di avere un marito, riuscì a ritrovare la sua libertà ideale, quella che la affrancava e la esaltava nelle ore di lavoro, che furono tante.
 Col marito ebbe quattro figli, di cui la sola figlia Prudenzia visse sufficientemente a lungo da seguire la madre nel ritorno a Roma e poi a Napoli. Antonio però la lasciò.
 A Napoli Artemisia visse sola fino alla morte, nel 1653: il tarlo della separazione da un marito  che non aveva mai smesso di amare le impedì per sempre di ritrovare la serenità.



Susanna e i vecchioni è un dipinto ad olio su tela di cm 205 x 168 realizzato  da Artemisia nel 1649 È conservato nella Moravska Galerie di  Brno. La tela, firmata e datata, ci offre una preziosa testimonianza dell'ultimo periodo della lunga carriera artistica della pittrice, quello del definitivo rientro a Napoli dopo una breve parentesi londinese.




Dopo donne come Artemisia Gentileschi,
la creatività femminile, come un fiume carsico che ha scavato gole e forre, sotterraneo, nascosto ma impetuoso, sta finalmente uscendo allo scoperto ad opera di donne tormentate e feconde che cominciano ad affermarsi non solo in campo artistico ma anche in ambito letterario, filosofico, politico, scientifico.


George Sand ,
 icona del femminismo, scrittrice parigina dell’inizio ‘800, attiva politicamente, amica di Balzac e di Listz, gioca con la sua stessa ambiguità  mentre scrive romanzi d’amore come  “Elle et Lui”, si veste da uomo, fuma il sigaro, abbandona il marito, si lega con Chopin e maternamente lo cura come fosse un bambino. Amandine Lucie Aurore Dupin de Francueil  ( vero nome ) durante tutta la sua vita, mentre scrive numerosi romanzi, intreccia il suo genio e la sua sregolatezza con quella dei suoi amanti. Se le donne trasgressive  erano sempre esistite, George Sand  non resta certo in ombra ma provoca la società con la sua ostentazione.
L’’800 , con il suo movimento Romantico, con figure come Madame de Stael, con le sorelle Bronte, eccelse scrittrici , con artiste come Cocò Chanel, Isadora Duncan, Eleonora Duse, segna un punto di non ritorno  nell’affermazione delle abilità delle donne e nell’affrancamento, tuttora in corso, dalla discriminazione.


Le artiste totali


Il ‘900 segna il momento dell’ingresso delle donne, a pieno titolo e con pari dignità, nel campo dell’arte e non solo.
Le donne sono presenti nei vari movimenti dell’arte del ‘900 italiano. Molte aderirono al Futurismo.
Tra le voci femminili spicca quella di Rosa Rosà,  ( pseudonimo di Edith Von Haynau ), scrittrice e pittrice, autrice di “ Una donna con tre anime”           ( Milano, Studio editoriale Lombardo, 1918 ), fiaba di fantascienza imperniata su una donna che, colpita da spore di futuro, si trasforma in un essere evolutissimo, dotato di  enormi capacità artistiche, intellettuali e medianiche.
Nei suoi disegni di città futuribili le composizioni sono violente, le case, altissime, si alternano alle ciminiere delle fabbriche. Rosa Rosà coglie il respiro della tematica urbana, i rapporti tra macro e microcosmo della città. Nel racconto “ Moltitudine “ (L’Italia Futurista, 1917 ) la città è “un altoforno sempre acceso, un centro di tentacoli che si diramano nella lontananza, una lastra rovente che costringe ad un ballo incessante”.
 Spesso dimenticate, le artiste che aderirono al Futurismo, pur  essendo le donne disprezzate da Marinetti, furono presenti sia in pittura che in letteratura (Claudia Salaris: Le futuriste. Donne e letteratura d’avanguardia in Italia, 1982 ).  La prima ad aderirvi fu Valentine De Saint Point. Oltre al superamento dei canoni tradizionali femminili, le pittrici videro nel movimento un’occasione di fuga dai codici comportamentali tradizionali.  Trasgressiva fu Mina Loy, scrittrice, poetessa e pittrice inglese che intrecciò un rapporto letterario ed amoroso con Marinetti e con Papini. Venne considerata dal Sunday  Times di New York l’emblema della donna moderna per  avere prodotto un Feminist Manifesto , radicale nei contenuti.
     Pittrice e scrittrice di talento fu anche Benedetta Cappa, moglie del leader Marinetti, animatrice dinamica e geniale dei salotti del futurismo romano.


Frida Kahlo. Artista totale.Dolore, Arte e Mito



Frida Kahlo 
Autoritratto

Frida Kalho 

- La mia balia ed io-




Radici


L’ABBRACCIO D’AMORE DELL’UNIVERSO

( abrazo amoroso – Frida Kahlo- 1949 )



Frida Kahlo, pittrice messicana nata a Coyoacan nel 1907, era figlia di Carl Wilhelm Kahlo (1871–1941), tedesco emigrato in  Messico all'età di 19 anni, e della sua seconda moglie, Matilde Calderón y Gonzalez. Benché la stessa Frida Kahlo sostenesse che suo padre fosse di origine ebreo-ungherese, un gruppo di ricercatori ha stabilito che i genitori di Wilhelm Kahlo non erano ebrei bensì tedeschi luterani.
Dopo la sua nascita la madre si ammalò e lei, come si usava una volta, fu allattata da una balia. Era affetta da spina bifida, malattia che le impedì un perfetto sviluppo della gamba destra.
Copriva la gamba colpita dalla malattia con più di un paio di calze, indossava una scarpa speciale e saltellava come un uccellino, ma non le mancava la gioia di vivere.  Frida adorava il padre e andavano insieme al parco. Mentre lui dipingeva, lei raccoglieva insetti e piante che poi a casa guardava al microscopio; imparò anche a usare la macchina fotografica, a studiare l'arte e l'archeologia messicana che ritroveremo sempre come parte integrante della sua inconfondibile arte. All'età di diciotto anni, in seguito ad un incidente mentre era su un autobus, la sua spina dorsale viene fratturata in tre punti nella regione lombare, il bacino schiacciato, il piede destro spezzato, le pelvi rotte trapassate da parte a parte dal corrimano, situazione che le impedirà di conoscere la maternità, se non per pochi mesi, perché avrà solo aborti.  L’incidente dei diciotto anni aggravò drammaticamente l’inabilità di Frida. 

Per l'intera vita porterà con sé un dolore continuo e lacerante ma nonostante le trentadue operazioni, Frida Kahlo inneggerà alla vita con quella allegria che ha sempre ostentato in pubblico per nascondere invece la tristezza, il dolore, l'angoscia e la sofferenza che manifesterà sempre e comunque nei suoi quadri: un misto di dolore ma anche di forza, quella sola forza capace di reagire anche a situazioni che non hanno rimedio.
 Frida è diventata quasi inconsapevolmente icona femminista, icona delle rivolte popolari e bandiera di una cultura nazionale. La sua dipendenza dall’amore del marito Diego Rivera – almeno così come lo dichiarava al mondo e nei suoi diari – la allontanava in realtà dall’affrancamento emotivo che richiedevano i movimenti femministi; il suo benessere, il mondo brillante nel quale viveva con e senza il marito la allontanavano dalla realtà popolare. Icona solo di se stessa e, come tale, dedita al suo narcisismo.
La seconda cosa che si ricorda di Frida  dopo la  sua arte è proprio quel monumento eretto all’amore per Diego Rivera, marito a fasi alterne, che la tradiva e i cui tradimenti a un certo punto cominciò a ricambiare, oggetto perenne di adorazione in poesie e filigrane su tela. Sembra che una volta abbia detto che nella vita le fossero capitati due grandi incidenti: quello sull’autobus (che l’ha fisicamente devastata) e l’esser caduta tra le braccia di Rivera. Un amore difficile, certo drammaticamente romantico, ma non solo. 


Frida pittrice

Non amava essere considerata surrealista.
 Al tempo stesso sapeva però che quest’etichetta avrebbe facilitato la vendita dei suoi quadri. Dopo il ‘40, passato di moda il surrealismo, negò di aver mai fatto parte di quella corrente artistica. Col suo stile inequivocabilmente surreale, Frida raccontava la sua vita usando dei simboli. Le sue immagini sono al contempo accademiche e naif, ma sempre affascinanti.
Di se stessa diceva:
"Non sono malata, sono spezzata. Ma finché riesco a dipingere sono felice di essere viva"


Frida scrittrice

     Diego Rivera era un marito ma soprattutto un artista, narciso e concentrato come ogni grande artista. Di lui scriveva: “Nessuno saprà mai quanto amo Diego. Perché lo chiamo mio Diego? Mai fu né mai sarà mio, appartiene a se stesso.”
Se la scrittura è la rappresentazione grafica della lingua per mezzo di segni, lei, di segni, metaforici e fisici, ha riempito la sua vita.
Frida produsse un diario fittissimo, una piroetta infinita di frasi pensate già con la genialità della sintesi, già pronte per essere trasformate in aforismi.  C’è dentro tutta la sua vita, compresa la passione politica.
    «Avevo sette anni quando ci fu la Decena Trágica e vidi con i miei occhi la lotta tra i contadini di Zapata e i Cammeisti Così scrive sul suo diario Frida Kahlo all'inizio degli anni quaranta, ricordando la rivoluzione messicana (1910—1920).
L'artista s'identificò a tal punto con questo avvenimento da indicare il 1910 come sua data di nascita. Tutto il suo diario è un epistolario corposo dove si rincorrono personaggi famosi, la fede politica, l’amore e l’odio verso il partito e le sue scelte, mecenati ricchissimi, il rapporto con il modello statunitense che le mostrava già limiti e contraddizioni, il continuum – per la verità fatto più di curiosità e studio piuttosto che di citazioni - con la cultura e la pittura europea, il dolore fisico, caparbio compagno di viaggio.



   Frida Kahlo fece propria l'arte messicana, quella indigena, delle masse a cui legò anche l'impegno politico (fu membro della Lega giovanile comunista)
Nel 1938 il poeta e saggista surrealista André Breton vide per la prima volta il suo lavoro: ne rimase talmente stregato da proporle una mostra a Parigi e proclamò che Frida fosse ‘una surrealista creatasi con le proprie mani’. A Parigi Frida frequentò i surrealisti facendosi scortare nei caffè degli artisti e nei night club; tuttavia trovò la città decadente. Quello che può essere considerato il suo lavoro più surrealista è "Ciò che ho visto nell’acqua e ciò che l’acqua mi ha dato ": immagini di paura, sessualità, memoria e dolore galleggiano nell’acqua di una vasca da bagno, dalla quale affiorano le gambe dell’artista.
In quest’opera così enigmatica sono chiari i riferimenti a Dalì, soprattutto per l’insistenza sui dettagli minuti. Il quadro è del 1938
Tre importanti esposizioni le furono dedicate nel 1938 a New York, dove aveva vissuto per un periodo col marito,  l'anno successivo a  Parigi e nel 1953, un anno prima della morte, a Città del Messico. Nella sua casa di Coyoacán, la "Casa Azul", sorge oggi il Museo Frida Kahlo.

  Il quadro più surrealista di Frida Kahlo:
“ Ciò che ho visto nell’acqua e ciò che l’acqua mi ha dato “


Viva la vida

Nonostante il suo calvario si stia concludendo,  una settimana prima di morire, nel 1954, a soli 47 anni, Frida dipinge quest’ultimo quadro che è l’emblema della sua vitalità, della sua esuberanza e della sua capacità di gioire


Quello dell’arte come appannaggio esclusivo dell’uomo è un luogo comune che oggi sta per cadere. Le donne creative sono moltissime oggi, non solo pittrici  o scrittrici ma anche registe, scenografe, coreografe, stiliste, attrici, cantautrici. Senza dimenticarne nessuna, vorrei dedicare un piccolo cammeo a Jane Campion, regista e uno a Pina Bausch, coreografa , di recente scomparsa. La Bausch, tedesca, già attrice e ballerina, crea una nuova forma di danza e una nuova forma di teatro, totale, rivoluzionario, in cui i danzatori esprimono forza e fragilità e mettono in scena questi sentimenti interagendo con i materiali scenici che la  Bausch inserisce nelle sue composizioni. Colleziona premi, riconoscimenti ed onorificenze e Wim Wenders, nel 2011 le dedica  un intenso film-documentario,  Pina, premiato al 61° festival di Berlino.
La Campion, neozelandese che lavora in Australia e negli Stati Uniti, riesce come pochi a trasferire sullo schermo la delicatezza, le pulsioni, il tormento e l’estasi del mondo femminile, ma non femminista. La Campion ci racconta di donne che, come in “ Lezioni di piano “ ( il suo capolavoro del 1993 ) o in “ Ritratto di signora “ del 1996, riescono ad emergere e a riscattarsi, infine, grazie a tenacia e grande forza interiore, da un vissuto di grande sofferenza.


Alda Merini

      A tutte le donne
      Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso            
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d'amore.






II
COMUNE DI MONREALE 


Progetto Pari Opportunità


L'ALTRA META' DELL'ARTE


Maria Antonietta Spadaro


Monreale 16 aprile 2012


Nata dalla nobile famiglia degli Anguissola di Cremona, Sofonisba Anguissola fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea e partecipò come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane, data anche la sua competenza letteraria e musicale, ebbe una fitta corrispondenza con i più famosi artisti del suo tempo. Fu citata anche nelle Vite di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo il quale sosteneva che la giovane fanciulla avesse talento. Fu il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. Fra quei disegni c'era anche un Fanciullo morso da un granchio, nel quale la giovanissima artista cremonese, allora poco più che ventenne, aveva colto l'espressione del dolore infantile con un'invenzione che piacque molto al grande artista fiorentino. 



Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel Ragazzo morso dal ramarro di Caravaggio. Nel 1559 Sofonisba approdò alla corte di Filippo II di Spagna, come dama di corte della regina, Isabella. Fu la ritrattista della famiglia reale fino alla morte, nel 1568, della sua protettrice. Nel 1573 sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia nel palazzo dei Moncada aPaternò. Con la morte del marito, avvenuta nel 1578 in mare durante una visita alla corte spagnola, Sofonisba lasciò la Sicilia per raggiungere la Liguria. La pittrice lombarda, conobbe e sposò, in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini a Pisa nel 1579. 


Tornata nel 1615 con il nuovo marito a Palermo, dove egli aveva numerosi interessi, Sofonisba continuò a dipingere nonostante un forte calo della vista, ma alla lunga questo problema le impedì di continuare a esercitare la sua arte, non prima di raggiungere una grandissima fama, tanto che il celebre Antoon van Dyck, succedutole come ritrattista ufficiale della corte spagnola, confessò tutta la sua ammirazione per l'arte di Sofonisba Anguissola, che incontrò personalmente verso la fine della vita della pittrice, nel 1624 a Palermo presso la corte del viceré di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia. Sofonisba Anguissola morì l'anno dopo, il 16 novembre1625, e fu sepolta nella chiesa palermitana di San Giorgio, chiesa appartenente alla Nazione Genovese di Palermo.







Sofonisba Anguissola (Cremona 1535-Palermo 1625), Autoritratto



 
Sofonisba Anguissola (Cremona 1535-Palermo 1625), Ritratto, 1591


Sofonisba Anguissola (Cremona 1535-Palermo 1625), Ritratto di Filippo II di Spagna


Marietta Robusti la Tintoretta (Venezia 1556-90) era la figlia del grande artista veneziano Jacopo Robusti, detto il Tintoretto. Sin da giovanissima fu avviata dal padre all’arte e alla musica. Per il suo grande talento - i suoi ritratti erano molto richiesti dalla nobiltà veneziana - era stata invitata da Filippo II di Spagna e da Massimiliano d’Austria, ma il padre, per non perdere un così valido aiuto, non la lasciò andare, facendola sposare con un gioielliere tedesco. Morì a poco più di trent’anni di parto o di altro male ed è tumulata nella chiesa di S. Maria dell’Orto a Venezia, dov’è sepolto anche il padre, il quale sembra che l’abbia ritratta anche sul letto di morte. 

Marietta Robusti la Tintoretta (Venezia 1556-90)




                                         Marietta Robusti la Tintoretta (Venezia 1556-90)



Artemisia Gentileschi nasce a Roma nel 1593, figlia del noto artista Orazio, che la avvia alla pittura nel clima di passaggio dal manierismo al barocco. La sua pittura passionale e a volte cruenta risente della violenza espressiva del Caravaggio. Dopo la vicenda dello stupro, da parte del pittore Agostino Tassi, e il relativo processo (che la vide accusare il suo violentatore al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue accuse), vicenda che destò scalpore nella Roma dell'epoca, nel 1612 Artemisia - probabilmente per rendere meno pesante la propria situazione - sposa il fiorentino Pierantonio Stiattesi e si trasferisce a Firenze. Viaggia però molto tra Roma e Firenze, realizzando una serie di importanti opere e facendo molte amicizie tra cui Galileo Galilei, con il quale si scambieranno a lungo lettere. Nel 1621 parte con il padre alla volta di Genova, l'anno seguente torna a Roma per rimanervi tre anni. Nel 1627 circa si trasferisce a Napoli dove i suoi lavori riscontrano un certo successo. Inoltre qui Artemisia ha modo di instaurare fecondi scambi culturali con pittori locali quali Bernardo Cavallino, Massimo Stanzione, Francesco Guarino. Tra il 1639 e il 1641 si reca in Inghilterra, su richiesta del re e per assistere il padre anziano e malato, fino alla morte di questi, lavorando a più riprese per la corte e l'aristocrazia. Poi fece ritorno a Napoli, dove morì nel 1653.


Artemisia Gentileschi (1593-1653), Autoritratto come allegoria della pittura
(1638)




Artemisia Gentileschi (1593-1653), Giuditta e Oloferne (1613)


Rosalba Carriera è nata a Venezia il 7 ottobre 1675 e studiò sin da piccola musica, pittura e ricamo, quest’ultima attività era la più normale tra le coetanee. Invece Rosalba si distaccò dagli stereotipi del tempo, si levò di dosso il clichè della damina frivola fondando addirittura un circolo dove partecipavano illustri artisti e letterati. Coltivò la passione per la pittura, ricevendo riconoscimenti in tutta Europa e commissioni per i suoi ritratti da principi e principesse, arrivando fino in Francia da Luigi XV. Durante il soggiorno Parigino riuscì a far parte dell’Accademia Reale, mentre era a lavorare per Pierre Crozat. Riuscì, successivamente, grazie ad una conoscenza ad entrare nell’Accademia nazionale di San Luca a Roma. Una caratteristica dei ritratti di Rosalba Carriera sono i particolari dei volti, riusciva a trasporre in pittura tutto ciò che vedeva, rendendo con profondo realismo i caratteri delle figure ritratte. In particolare nei suoi ritratti femminili, mai leziosi, i visi risultano incredibilmente morbidi e delicati; i vestiti, le perle i merletti vengono messi in risalto da una luce sempre molto viva e particolarmente piena di grazia. Rosalba aveva una grande attenzione per i drappeggi dei tessuti, probabilmente perché iniziò a disegnare merletti per la madre. L’artista muore a Venezia nel 15 aprile 1757.


Rosalba Carriera (Venezia 1675-1757), Allegoria dell’aria



Rosalba Carriera (Venezia 1675-1757), Ritratto di Caterina Sagredo Barbarigo, 1741



Rosalba Carriera (Venezia 1675-1757),
Portrait of a Boy of the Leblond Family




Rosalba Carriera (Venezia 1675-1757),
Ritratto di dama




Rosalba Carriera (Venezia 1675-1757), Dama

Berthe Morisot (Bourges 1841-Parigi 1895)

Una delle più grandi artiste dell’Impressionismo, nella sua vita ha dovuto lottare contro i pregiudizi di chi trovava disdicevole per una donna la professione di pittrice, tanto che, nel suo certificato di morte, sarà identificata come “senza professione”. Berthe mostra un notevole talento, ma non potendo essere accettata all’Acc. di Belle Arti in quanto donna, studia privatamente nello studio del pittore accademico Joseph Guichard, che la presenta a Corot, sotto la cui guida impara a dipingere all’aperto. Nel 1864 è ammessa al Salon e vi partecipa regolarmente fino al 1873. Inseritasi nel gruppo impressionista, nel 1874 sposa Eugène Manet, fratello di Edouard, da cui avrà una figlia, Julie. Edouard le farà 11 ritratti.

Berthe Morisot (1841-1895),
La culla, 1872







O’Tama Kiyohara (Tokyo 1861-1939)
avendo sposato lo scultore palermitano, Vincenzo Ragusa, conosciuto a Tokyo, rimase a Palermo 51 anni. Da una formazione orientale, la sua pittura troverà modi espressivi propri del naturalismo ottocentesco occidentale.


O'Tama Kiyohara, La notte dell'Ascensione, 1891







O’Tama Kiyohara, La pesca delle vongole




Benedetta Cappa Marinetti (Roma 1897-1977), pittrice e scrittrice di area futurista, era la moglie di F. T. Marinetti, che nel 1909 aveva fondato il Futurismo, pubblicando sulle pagine de Le Figaro il famoso Manifesto.


Benedetta Cappa Marinetti (Roma 1897-1977), Porto






Sonia Terk Delaunay (Odessa 1885-Parigi 1979), dalla Russia a Parigi segue la vorticosa vita intellettuale della capitale francese dei primi decenni del sec. XX. Sposa nel 1910 Robert Delaunay e insieme porterano avanti una ricerca artistica non lontana dagli esiti del cubismo (orfico). 
Una pittura che affida ai giochi cromatici un ruolo fondamentale. Dalla pitturatrasferì alla moda le sue invenzioni formali, conrisultati di grande epiacevole effetto. Arazzi e tessuti rimangono a testimoniare la riccacreatività di Sonia.




Sonia Delaunay (Odessa 1885-Parigi 1979)






Sonia Delaunay (1885-1979), esercizi di moda



Tamara de Lempicka (Varsavia 1898-Messico 1980), è una delle artiste che ha avuto grandi riconoscimenti in vita, pur non avendo sposato artisti. Dopo la morte vi fu un periodo di silenzio sulla sua opera, ma da qualche anno si moltiplicano le mostre a lei dedicate e sempre più vivo è l’interesse per i suoi straordinari dipinti. Fuggita dalla Russia in seguito alla rivoluzione del 1917, si trasferì a Parigi, poi fu in America e ancora in Europa. Il suo inconfondibile stile (Decò) si nutre di spunti futuristi e cubisti, ma anche della grande pittura del Rinascimento e del Manierismo italiani.



Tamara de Lempicka (Varsavia 1898-Messico 1980)



























Frida Kahlo (Messico 1907-1954), figura complessa dalla vita travagliata, anche per problemi di salute (fu vittima di un tragico incidente che la segnerà per la vita), si sentiva legata alla rivoluzione messicana, anche per aver sposato l’artista Diego Rivera. La sua è una pittura visionaria, spesso autobiografica. Quando dopo l’incidente fu costretta a letto, i genitori le misero uno specchio sul soffitto così potè realizzare la serie dei suoi autoritratti. Il folklore messicano unito a surreali composizioni rendono la sua pittura carica di emozione.
Diceva: “la magica sorpresa di trovare un leone nell’armadio, dove eri sicuro di trovare le camicie”. La sua casa Azul è ora il Museo Frida Kahlo.





Frida Kahlo (Messico 1907-1954)


Frida Kahlo (Messico 1907-1954), Autoritratto con scimmiette




Frida Kahlo (Messico 1907-1954), Autoritratto con vestito in velluto




Casa Azul - Museo Frida Kahlo - Città del Messico


Carla Accardi (Trapani 1924) è un’artista siciliana che però ha vissuto quasi sempre a Roma. Nel 1947 fondò insieme ad altri artisti (Antonio Sanfilippo, Pietro Consagra, Dorazio, Attardi ed altri) il Gruppo Forma, rifiutando l’arte figurativa ed esprimendosi attraverso l’astrattismo. 




Carla Accardi (Trapani 1924)







Abbiamo parlato di:
Sofonisba Anguissola
Marietta Robusti la Tintoretta
Artemisia
Gentileschi
Rosalba Carriera
Berté Morisot
O’
Tama Kiyohara
Benedetta Cappa Marinetti
Sonia
Delaunay
Tamara de
Lempicka
Frida
Kahlo
Carla
Accardi
In apertura un’opera di Leonor Fini