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PRINCIPI SOTTO IL VULCANO
Storia e leggenda di una dinastia di "gattopardi" anglosiciliani dai Borboni a Mussolini
Udii parlare per la prima volta di Tina Whitaker
nell’inverno del 1944 mentre, giovane ufficiale, mi trovavo a Roma. Rimasi in
Italia per altri due anni e, benché avessi frequentato alcuni membri della
famiglia Whitaker praticamente durante tutta la mia vita, non conobbi mai di
persona Tina che per me era una specie di leggenda: una gran dama,vecchia e imperiosa, che viveva ai Parioli, alla cui
casa non avrei mai osato presentarmi senza essere invitato. Comunque quando
misi piede a Roma avevo appena ventun anni
ed ero troppo occupato a godermi le mie prime impressioni della città e
a spassarmela con i suoi abitanti miei coetanei.
Sapevo
però che la signora Whitaker aveva superato da un pezzo l’ottantina e che aveva un passato in qualche
modo <straordinario>. Sapevo inoltre che lei e le sue due figlie Norina e
Delia, entrambe ormai anziane, conducevano una vita piuttosto agiata e, questo
fatto era di per sé già eccezionale.
Infatti come si spiegava che la madre e le figlie, che portavano un cognome
inglese, non fossero state molestate pur vivendo in un paese in guerra con al
Gran Bretagna? Un po’ alla volta, con l’andar degli anni, mi giunsero
all’orecchio aneddoti e particolari relativi ai Whitaker; le loro eccentricità,
la fortuna inizialmente derivata dal commercio del marsala, i rapporti con i
personaggi come Garibaldi, Wagner, l’imperatrice Eugenia e la regina Mary:
Sin
da bambino, comunque, avevo frequentato vari membri della famiglia Whitaker e,
fu per questo che nel maggio 1964 ricevetti improvvisamente un telegramma da
Delia Whitaker che mi invitava nella sua isola di Morya fra Trapani e Marsala.
Scoprii allora che ella desiderava che io curassi la pubblicazione delle carte
e dei diari di sua madre.
Di
fronte a una tale quantità di documenti rimasi scoraggiato, anche se Tina
Whitaker aveva già pubblicato altri suoi scritti e era stata inoltre una
cantante di notevole talento. Capii poi che Delia aveva in mente un volume
imperniato su visite di regnanti, balli e ricevimenti stupendi a Palermo e Roma
nel periodo dell Belle Epoque. E quando mi accorsi che i Lampedusa avevano
fatto parte del mondo dei Whitaker – il Gattopardo era stato pubblicato da poco
– cominciai a drizzare le orecchie. Successivamente scoprii che Tin, per quanto
educata all’inglese, era figlia di genitori italiani e siciliani, e che tra le
sue carte vi era anche del materiale riguardante il Risorgimento, e in
particolare i patrioti esuli a Londra prima del 1860. Infine, cosa ancora più
importante, vi fu la scoperta dei registri del fondatore delle fortune dei
Whitaker, Benjamin Ingham. Le lettere che facevano parte di questo materiale
andavano dal 1816 al 1860 e riportavano commenti di prima mano sugli
avvenimenti politici ed economici sotto i Borboni.
Dopo
di ciò non potevano esserci dubbi sull’accettazione dell’incarico da parte mia,
e Delia accettò senza difficoltà un progetto articolato su due piani, cioè una
saga di due secoli che trattasse rispettivamente di coloro che accumularono
quella fortuna, e di quelli che la esaurirono.
Naturalmente la prima parte di questo volume doveva essere più estesa, per le implicazioni
degli avvenimenti nazionali ed internazionali sulla comunità angloamericana,
mentre la seconda concerne fatti più personali e pungenti, perché, come Delia
sapeva bene, sua madre aveva, al contrario di lei, una lingua assai pungente.
Per la prima parte ho consultato descrizioni
di viaggio di contemporanei e scritti di altre famiglie inglesi o
americane, collegate un tempi con Marsala, Palermo e Messina, allo scopo di
ricostruire il più verosimilmente
possibile il tipo di vita di questi spatriati in una Sicilia <sotto
il vulcano>, espressione che non significa l’Etna – anche se per i siciliani
esso è simbolo di violenza spontanea – ma è sinonimo di una continua successione
di rivoluzioni, guerre, crisi finanziarie ed epidemie.
Benjamin
Ingham partecipò agli avvenimenti direttamente, mentre Tina fu piuttosto una
osservatrice, …
D’altro
canto in seguito ai bombardamenti di Marsala e Palermo del 1943 da parte degli
alleati, numerosi importantissimi documenti riguardanti soprattutto
l’esportazione di vini verso la Gran Brategna e gli Stati Uniti sono andati dispersi o risultano comunque
introvabili. Il fatto che relativamente
poco si sappia delle attività personali quotidiane, di Ingham, eccezion fatta per quanto si è
tramandato oralmente nelle storie di famiglia, è causa - me ne rendo conto – di un divario fra le due
parti del libro, ma anche questo rientrava nelle mie intenzioni. Le vicende storiche della Sicilia sono tali
da provocare quasi un senso di irritazione e di collera. Agli occhi di alcuni
l’isola non è che un <incubo assolato<> e le sue miserie passate e
attuali sarebbero il diretto risultato dello sfruttamento, oltre che
dell’incuria e della stupidità. Altri, come il defunto lord Bridport, che ha
ereditato da Nelson la Ducea di Bronte, oppongono un netto rifiuto ad
abbandonare la vecchia interpretazione sul latifondo assenteista. Per quanto mi
riguarda ho cercato di mantenermi imparziale in questo accanito scontro tra
esperti. Questo volume si occupa per lo più di commercianti angloamericani
all’estero, alcuni dei quali grandi filantropi; all’inizio nouveaux riches,
erano però abbastanza riches da instaurare rapporti con le famiglie
aristocratiche di Palermo, tali quindi da rappresentare un fenomeno mai più
verificatosi. Spero inoltre di essere riuscito, sia pure di passata, a portare
acqua alla celebre affermazione di Lampedusa circa i siciliani di ogni ceto
sociale, i quali sarebbero , a suo dire, caratterizzati da una <terrificante
insularità d’animo>. Mi sono sforzato di far mio il punto di vista
dell’osservatore distaccato, estraneo agli avvenimenti narrati.
La
Sicilia possiede luoghi di incomparabile bellezza, ma nel suo seno ospita anche
miseria e squallore. Può essere violenta e sinistra e insieme dolce e sommessa.
E’ stata teatro di molti efferati atti di crudeltà e di disastri, alcuni dei
quali recenti. Ha attratto predatori di ogni specie che poi hanno finito per
amarla e abbellirla. E’ stata definita un crocevia, una regione non europea,
una porta per l’Europa. E tuttavia sia in arte che in politica ha dato i natali
ad alcuni grandi europei. Da un certo punto di vista è la regione d’Italia più tipicamente italiana, con virtù e difetti
molteplici. Per un inglese la Sicilia è per molti aspetti l’Irlanda d’Italia,
con la sua diversa civiltà, i suoi enigmi, il suo cristianesimo, per metà
paganeggiante, la sua perversità, i suoi odi intestini, le sue disperate
correnti di emigrazione prodotte da un sistema economico semplicemente
mostruoso.
Ai
Colli e a Bagheria le cadenti ville degli aristocratici, con le delicate
balaustre e le statue ricoperte di licheni, provano ampiamente che i loro
proprietari del XVIII e del XIX secolo, molti dei quali di ascendenza spagnola
preferivano le delizie della Conca d’Oro alle loro polverose, assolate
Donnafugate. E tuttavia, vien fatto di chiedersi fino a che punto alla mancanza
di strade e alle asprezze di paesaggi esposti all’erosione degli agenti
atmosferici per il fatto di essere stati denudati, in epoca romana e araba, del
manto forestale che li rivestiva: Mentre
la distruzione era in atto i contadini poveri cercavano di sopravvivere,
generazione dopo generazione, in preda alla superstizione e alla paura, punta o poco al corrente di
ciò che accadeva nel resto del mondo ....continua
"QUESTO LIBRO ...SAREBBE PIACIUTO A PROUST, COME IL RITRATTO DI UN TEMPO RITROVATO, RICOSTRUITO CON UN UNDERSTATEMENT BRITANNICO CHE VELA D'UMORISMO GLI ACCESI COLORI SICILIANI, IL RITRATTO DI UNA SICILIA VISTA DA UN COMPRENSIVO OCCHIO INGLESE CHE ARRICCHISCE E COMPLETA L'ORZZONTE SU CUI SPAZIAVA LO SGUARDO DEL PRINCIPE DI SALINA"
Guido Artom, Tuttolibri
Raleigh Trevelyan, storico di fama mondiale, ha vinto nel 1968 il Premio Florio per la sua traduzione inglese del volume di Luigi Meneghello I piccoli maestri. Durante la guerra ha partecipato allo sbarco di Anzio e, come capitano, per due anni è stato addetto militare a Roma.
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