a cura
del
Liceo "Emanuele Basile"
Aula Consiliare
del
Comune di Monreale
Sono presenti, tra gli altri: le Insegnanti del Liceo E. Basile che hanno lavorato a questo progetto; l'Assessore alla Cultura Lia Giangreco, il Dott. Nicola Aiello del tribunale di PA, il Preside del Liceo E. Basile, il vice Sindaco Arch. Nazareno Salamone, il Colonnello Pietro Salsano, il Dott. Lucio Guarino, Direttore del Consorzio Sviluppo e Legalità, la neo-baby Sindaco eletta dagli alunni della Scuola "Guglielmo II"
Dopo il saluto da parte del Colonnello Pietro Salsano alle scolaresche presenti e al plauso per questo interessante progetto didattico sulla legalità, Il Dott. Nicola Aiello del Tribunale di Palermo espone il proprio pensiero sulla necessità della lotta alla mafia, spesso derivante da una mancanza di coscienza sociale;
ad un certo punto cita una frase di Gesualdo Bufalino:" Chi siamo noi per potere erergerci a giudici di altre persone?"e sulla necessità di mettere comunque delle regole per una società civile.
un momento della proiezione di un video su Falcone e Borsellino
letture di alcune poesie relative all'argomento trattato
la proiezione di un "power point" e un video realizzati da alcuni alunni del Liceo Basile
il dott. Lucio Guarino, Direttore del Consorzio Sviluppo e Legalità
il ricordo da parte dell'Arma dei carabinieri lasciato agli alunni: un pacco dell'Associazione LIBERA:"I SAPORI E I SAPERI DELLA LEGALITA"
il Preside del Liceo viene omaggiato con una targa del Comune di Monreale
poesie degli alunni del Liceo
A ME TERRA
Dicinu ca'nSicilia,
terra d'amuri e di travagghiu,
i fimmini arricogghiunu l'alivi
e sunnu bedde comu è beddu u suli.
Dinu ca 'n Sicilia,
terra d'aranci e di limiuna,
'nta chiuzza mancianu cannola
e vivunu muschitu i Siciliani.
Ma nuatri a canuscemu a Sicilia:
u sapemu ca è terra di morti
ammazzati d'a mafia,
terra d'eroi e viritati.
'Unu u scurdamu:
semu nuatri a Sicilia chidda vera,
chidda cu i'ammi,
c'avi a caminari!
Riccardo Grimaudo III B
UN INNO ALLA LOTTA...ALLO SCONTRO DA VINCERE
Coprono con un aspro silenzio la realtà
le persone,
oltraggio alla vita,
consumate son le vite da cotanti sfregi roventi,
e più si nascondono
ancor maggior dolore lei affligge.
I potenti cercan la giustizia,
tanto bramata,
ma alcuni,codardi malfattori,
nel gelido cuore son così consunti
da cattiveria e desiderio di potere,
peccati mortali.
E come rara è la quercia dei Nebrodi
tanto intricato è il sentier,
le cui buche e ortiche
se oltrepassate,
conducono ad un ben più felice
e giusto luogo.
Un paradiso in cui,
tra il quotidiano, coesistono l'elogiata cultura di tutte le cose
e i principi della legalità,
che da troppo fu trascurata.
Quella, per cui opera si lottò
e che con fede e speranza
vien cercata.
In una buia e tenebrosa grotta,
in cui regnò indisturbato
il malsano desiderio di potere,
essa è quello spiraglio di luce
di cui la vista non è assicurata,
ma nel profondo sai che esiste
perchè altri prima di te
tentarono di raggiungerla.
E' quel traguardo da perseguire
per cui bisogna faticare, e
non sarà sudore sprecato,
al contrario,
un inno alla lotta, alla battaglia più dura,
allo scontro da vincere.
Che mai lasci i nostri cuori
e che accompagni sempre, ogni momento di ogni giorno, le nostre vite
rendendole libere e gioiose.
LA STRAGGI DI PURTEDDA DI LA JNESTRA
Terrasi Saveria IV A Liceo Sc. E. Basile
Nta lu chianu dà Purtedda chiusa a'n menzu
a ddu' muntagni
c'è 'na petra supra l'erba pi ricordu a li compagni.
A l'addritta nni'sta petra a lu tempu di li
Fasci
un apostulu parrava di lu beni pi cu nasci.
E di tannu finu a ora a Purtedda dà Ginestra
quannu veni 'u primu maggiu 'i cumpagni
fannu festa...
E Giulianu lu sapia ch'era 'a festa di li
poveri,
'Na jurnata tutta suli doppu tantu tempu a
chiòviri
Cu ballava, cu cantava, cu accurdava li
canzuni
E li tavuli cunzati di vuciddi e di turruni!
Ogni asta di bannera, era zappa, vrazza e
manu
Era terra siminata, pani càudui, furnu, e granu.
La spiranza d'un dumani che fa 'u munnu 'na
famgghia
la vidèvanu vicinu e cuntavunu li migghia,
l'uraturi di ddu jornu jera Japicu Schirò,
dissi:Viva 'u primu maggiu, e la lingua
ci siccò.
Di lu munti'i Pizzuta ch'è l'artura cchiù
vicina
Giulianu e la so banna scatinò 'a carneficina.
A tappitu e a vintaggiu,
mityragghiavanu la genti
Comi fauci che meti
cu lu focu 'ntra li denti,
c'è cu cianci spavintatu,
c'è cu scappa e grida ajutu,
c'è cu etta 'i vrazza a l'aria
a difisa comu scutu...
E li matri cu lu ciatu,
cu lu ciatu-senza ciatu:
-Figghiu miu, corpu e vrazza
comu'ncchiommur'aggruppatu!
Doppu un quartu di ddu 'nfernu, vita,, mortie
passioni,
'i briganti si nni jeru senza cchiù munizioni,
arristàr a menzu 'o sannu e 'nta l'erba di lu
chianu,
vinti morti, puvireddi, chi vulìanu un munnu
umanu...
E 'nta l'erba li chianceru matri e patri
agginucchiati, cu li lacrimi li facci ci lavàvanu a vasati.
Epifania Barbatu, cu lu figghiu mortu 'nterra
dici:
A li poveri, puru ccà, ci fannu a guerra...
Mentri Margherita la Glisceri, ch'era ddà cu cincu figghi
arristò morta ammazzata, e nto ventri avea 'u sestu figghiu...
'A 'ddu jornu, fu a Purtedda, ca ci va doppu
tant'anni,
vidi morti 'n carni e ossa, testa,, facci, corpa e ammi,
vivi ancora, ancora vivi e 'na vuci 'n celu e 'n
terra,
e 'na vuci 'n celu e 'n terra:
O justizia,
quannu arrivi?
PORTELLA DELLA GINESTRA: UNA STRAGE DI MAFIA
Primo Maggio 1947.
Doveva essere un giorno di festa.
Gli abitanti dei comuni della zona limitrofa a Portella della Ginestra festeggiavano una data sacra: era la festa dei lavoratori, senza sfruttati, nè sfruttatori.
Circa duemila lavoratori, in prevalenza contadini, si riunirono nella vallata di Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo e per rivendicare i loro diritti.
Tale festa era organizzata dalle camere del lavoro dei rispettivi Comuni partecipanti e si festeggiavano, oltre la vittoria delle loro lotte, anche i primi successi della sinistra vincitrice alle elezioni regionali del mese precedente.
Dal momento che la vittoria della sinistra significava anche la vittoria del popolo contadino, dieci giorni dopo il primo maggio i banditi della banda di Giuliano, su indicazione di agrari e mafiosi, spararono sui contadini radunatasi con le loro famiglie nella piana di Portella della Ginestra. Il bilancio della sparatoria è di dodici morti, tra cui donne e bambini, e più di trenta feriti. I responsabili di questa strage erano disposti a tutto, al fine di bloccare i movimenti della sinistra e il movimento contadino; è chiaro pertanto il messaggio politico di questa strage: se non sparate voi, spariamo noi! Ogni mezzo era lecito, persino sparare su una folla di innocenti, affinchè si raggiungesse il proprio "obiettivo".
Ma ad oggi si è realmente scoperto chi fu il vero responsabile della strage?
Da un punto di vista storico, sono presenti diverse interpretazioni, espressione di una verità ancora non definita lasciando una ferita non rimarginata, una ferita ancora aperta perchè giustizia non è stata ancora fatta.
Tali interpretazioni, seppur differenti, presentano tutte un personaggio comune: Salvatore Giuliano, uno dei più noti banditi del secondo dopoguerra in sicilia.
Una prima interpretazione c'è stata data dall'allora Ministro degli Interni Mario Scelba, il quale sostenne che il solo responsabile dell'accaduto fosse Giuliano e che egli avesse agito per interessi propri e non per volere di terzi, politici o mafiosi che siano. Durante una prima analisi giudiziaria, al processo di Viterbo, furono avanzate denunce su presunti mandanti politici della strage da parte dell'assassino di Giuliano, Gaspare Pisciotta; queste rivelazioni, benchè ci fossero numerosi riscontri con le prove, non furono prese in considerazione e quindi non influirono sul verdetto finale che vide come unico colpevole Salvatore Giuliano.
Il deputato Girolamo Li Causi invece non rimase nella stessa linea di Scelba, poichè riteneva che Salvatore Giuliano fosse solamente l'esecutore materiale della strage e quindi una "pedina" nelle mani di alcuni mandanti che miravano a distruggere le forze della sinistra e le aspettative dei lavoratori. Per Li Causi, Portella fu solo il primo episodio di strage terroristica di Stato che, infatti, negli anni a seguire fu seguita da altre.
Anche da una più recente interpretazione che si è ottenuta dalla stampa e dalle pellicole cinematografiche, si arguisce che Salvatore Giuliano fosse il giusto mezzo per eseguire gli ordini imposti da una congregazione, in funzione anticomunista, che legava le forze più potenti di quel momento storico (mafia, servizi segreti americani, DC).
Del resto come affermò Paolo Borsellino, politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo. Su quale tra le due possibilità abbiano scelto i politici italiani ancora si discute nel processo tutt'ora in atto al tribunale di Palermo, ma una cosa è certa. Ci sono voluti tanti anni, fin troppi, per far sì che l'italia potesse permettere ai suoi studiosi di mettere luce sull'ombra che nasconde verità, forse troppo grandi, e quindi comportare importanti stravolgimenti.
Importante testimonianza letteraria per la strage di Portella della Ginestra è il dramma omonimo, ancora inedito, di Ignazio Buttitta che insegna come la poesia e il teatro possano diventare strumento per rivisitare la realtà consentendo ad ognuno di noi di avere una visione più ampia e una propria interpretazione su qualsiasi avvenimento storico.
Avere un'interpretazione però, non basta se non si agisce. Non si deve rimanere con le mani in mano e aspettare che qualcun altro faccia ciò che noi abbiamo il coraggio di fare. Non si può pensare che arrivi sempre qualcuno a risolvere la situazione.
Ognuno di noi deve avere la capacità di scegliere tra la paura e la vigliaccheria (A. Montinaro)
Noi abbiamo scelto la paura, perchè combattere fa paura!
E voi?
Silvana Granata e Fabiola Faraci
classe IV B Liceo Scientifico "E. Basile" Monreale
STRAGE
di Pino Giacopelli
Partono dall'alto i colpi di mitragli
Oscurano il sole che sovrasta le colline
Rabbrividisce la vallata di Piana degli Albanesi
Triste di pianti e di grida di madri disperate,
Esterrefatte: ai piedi della roccia insanguinata
Lacrime e lamenti, per i contadini e i braccianti morti
Lottando per terre da coltivare col sudore
Alzando inermi bandiere rosse, come ostensori al cielo
Delusi e indifesi sciamano frastornati
Erranti, Undici morti, più di cinquanta i feriti
Lapidi e commemorazioni ne evocano l'eccidio
Lasciando che il 1° Maggio del 1947
Adombri ancora una ferita aperta
Gettando sulla mafia brigante e sul potere
Imbelle, indelebili impronte criminose ed indignazioni
Nella tragedia, restano i segreti
Ed il mistero avvolge silenzi che vogliono
Seppellire martiri incolpevoli
Traditi da un sinedrio
Referendario arrogante e sanguinario
Avvinto dal rimorso. E così sia.